È passato qualche mese da quando ci siamo lanciati in una partita breve di Not the End. Ne avevo sentito recensioni diametralmente opposte ed era da un bel po’ che volevo provarlo.
La nostra intenzione era giocarlo tirandone fuori il meglio possibile, senza modificare le regole, ma cercando onestamente di usarle per una giocata emergente (secondo i princìpi della rana, potremmo dire).
Su invito di @ranocchio riassumerò qui le impressioni che abbiamo avuto. Le inquadrerò soprattutto dal mio punto di vista: gli altri potranno poi commentare e aggiungere i loro. Il tempo trascorso non mi permetterà di essere molto preciso e puntuale.
Il master ha fornito una breve descrizione dell’ambientazione: la cittadina di Green Falls nel Wyoming del vecchio West, con una nuova ferrovia in costruzione, una miniera di rame, e nativi intenzionati a difendere un loro luogo sacro. (Vedi anche: Green Falls - Scenario Western)
Abbiamo creato i nostri personaggi (un dottore, un operaio, un cowboy e un guerriero nativo) abbastanza facilmente.
C’è stata solo qualche incertezza sulla differenza tra Qualità e Abilità (il confine è labile) e su significato / utilizzo dell’equipaggiamento (Risorse). Niente di grave, comunque: il sistema lascia molta libertà. La creazione è veloce e direi carina.
A questo stadio, avendo dato anche una lettura al regolamento, la mia impressione era: “non è così male, pensavo peggio”.
La sessione di gioco (online) è stata abbastanza divertente, per merito delle belle persone che giocavano, con spirito costruttivo e creativo. Il sistema però non ci ha supportato in modo funzionale. A questo punto il mio giudizio è diventato apertamente negativo.
Il problema è il sistema di risoluzione. Riassumendo, si basa sull’estrazione di token “buoni” e “cattivi” da un sacchetto, con la possibilità di scegliere quanti estrarne e la possibilità di allocare in vario modo quelli “cattivi”, mentre ne basta uno buono per il successo.
A queste condizioni il fallimento è molto improbabile: non ricordo che ne abbiamo visti affatto; forse giusto uno.
Intanto, attraverso l’allocazione dei token, ogni check tende a produrre un gran numero di “complicazioni” e altri “elementi collaterali”, che spesso vanno inventati da zero, e bisogna poi incorporare nella narrazione. Il grosso dell’attenzione e dello sforzo creativo viene dirottato su quello.
In diversi casi ho visto il master in difficoltà a inventare, malgrado il nostro aiuto, le complicazioni richieste mantenendo il senso compiuto della scena. @Eujohn mi ha confermato che è faticoso.
In ben 3 casi (se non sbaglio) si è avuto un successo combinato con l’uscita di scena del PG (è un’altra delle possibilità date dal sistema); peccato che avesse poco senso nel contesto; non è stato semplice far quadrare le cose.
Il mio dubbio è che il gioco cambi (almeno un po’) quando si gioca molto a lungo, coi PG che accumulano sventure e tratti negativi, per cui il sacchetto si riempie davvero di token “cattivi”. Forse è così, forse no. Di sicuro in questa sessione il peso di sventure e complicazioni si è sentito davvero poco.
D’altronde, non si può escludere nemmeno che le meccaniche siano proprio pensate per avere un effetto meno decisivo possibile, offrendo a chi gioca un modo di accordarsi (anche implicitamente) per portare la storia dove si vuole.
Un paragone di @ranocchio mi è parso molto azzeccato: “È come un PbtA in cui quasi tutti i risultati sono ‘successo con un costo’ e ci sono tantissime manopole per influenzare quel costo”.
La mia impressione è che funzionasse meglio come “generatore di spunti” (neanche troppo ispirato) che come strumento per sciogliere in modo chiaro un’incertezza.
Conosco Not the End quindi posso dire la mia.
Prima cosa: il sistema è pensato per non smettere mai (Non è mai la fine) quindi tutto il suo sistema verte sul fatto che i PG avranno sempre qualcosa da dire. Seconda cosa: riuscire con un costo nel 99% dei casi è più interessante del fallire. Perché se hai fallito, hai fallito, se riesci con un costo le cose si sviluppano in modo inaspettato. Per far questo richiede per prima cosa, una preparazione nulla o minimale ed una buona capacità di improvvisazione per prendere gli spunti che vengono dati ed integrarli nel mondo di gioco (ma ci sono molti altri GdR che lo fanno). La seconda cosa, purtroppo, non è presente nel manuale: tutti i consigli, le procedure ed altro necessario ad utilizzare le varie complicazioni e gli altri “elementi collaterali” si trovano nei blog, podcast, forum ed altro
Riepilogo
(come con D&D, ma lì la fan base è immensa)
Come tale, risulta molto difficile applicare tutti gli strumenti che vengono dati.
Sul fallimento improbabile: lo è ed è voltuo, come detto, ma il “molto improbabile” no perché a lungo andare le complicazioni si accumulano e le probabilità di estrarre l’unico token bianco che alla fine ti è rimasto, si riducono drasticamente.
Le Ciccatrici e le Sventure, come dichiarato, sono per lo sviluppo successivo dei PG e hanno poco o nulla impatto nelle one shot.
Ora, sicuro è che è faticoso inventarsi ogni volta una complicazione, visto che il sistema lancia il sasso e nasconde la mano, però mi chiedo se il “sistema non ci ha supportato in modo funzionale” non fosse dovuto anche ad aspettative sbagliate: perché Not the End, anche se è generico rispetto all’ambientazione, non è generico rispetto al tipo di storie che crea.
Ero sicuro che sarebbe stato regolare come l’orologio il “non l’avete capito” “l’avete giocato male” “aspettative sbagliate” [1] che va a svalidare l’esperienza condivisa, come succede regolarmente quando qualcuno condivide un’esperienza negativa con un gioco popolare. Lo fermo sul nascere.
No, guarda, non si tratta di alcune di queste cose, si tratta che la sessione di gioco era fondamentalmente funzionale, ci ascoltavamo, costruivamo a vicenda su quello che ciascuno contribuiva, eravamo tutti interessati e impegnati nello scoprire quello che stava accadendo. NtE non fornisce tante indicazioni da questo punto di vista (e non è necessariamente un male), ma questo gruppo l’ha fatto in maniera perfetta. Non era semplicemente adeguato, ma era eccellente.
Dettagli
C’era una situazione succosissima che coinvolgeva gli interessi della tribù degli indiani, i costruttori della ferrovia, e gli operai cinesi,
Penso davvero che con queste persone, in questo gruppo, con questo atteggiamento positivo e intraprendente, non ci fosse modo migliore di giocare a questo gioco.
Tutto questo fintanto che non abbiamo attivato le meccaniche descritte da Not the End, esattamente come erano descritte. Non solo, penso che abbiamo cercato di dare la massima importanza e impatto alle meccaniche. E ciò ha causato un immediato afflosciamento della partita, un “non me ne frega più un cazzo” e perdita d’interesse di ognuno. E dopo ogni utilizzo delle meccaniche, dovevamo impegnarci per ricostruire la situazione in maniera decente e giocabile, che poi veniva inevitabilmente distrutta al successivo innesco. Non è che “non ci ha supportato in modo funzionale”, ha attivamente leso alla nostra sessione. Non riesco a ricordarmi di aver giocato un sistema peggiore.
Come funziona
Ogniqualvolta arriva un momento di tensione e di conflitto, abbiamo innescato la meccanica dell’estrazione dei token dal sacco. Riuscirà Zheng a intercettare il cavallo di Anthony facendolo imbizzarrire? Vediamo come rispondere alla domanda.
Come funziona? Si possono estrarre da una a cinque rocce dal sacco, che può essere caricato di rocce bianche (successo) o nere (complicazioni). Si estraggono (a scelta) da 1 a 5 rocce dal sacco, che vanno estratte tutte insieme. Una roccia bianca indica il successo del conflitto innescato, mentre le rocce nere indicano eventuali complicazioni (o altre cose negative). Le rocce bianche sono invece come delle tacche per indicare cose positive durante la narrazione.
Ovvero posso raggiungere questi risultati, ve li metto proprio qui. La quantità di rocce nere e bianche caricate nel sacco è relativamente irrilevante, dato che ce ne sono abbastanza per esserne estratte di entrambi i colori in tutti i casi.
Faccio notare che questi non sono “gradi di successo”, dove la quantità piena di rocce bianche indica un successo completo. No, almeno una roccia bianca indica il successo dell’intera posta del conflitto, mentre ciascuna roccia nera indica sempre una complicazione o una sventura o qualcosa di negativo. Con l’estrazione da cinque rocce puoi trovarti con un successo completo con 4 complicazioni.
Terrore esistenziale
Ora immaginatevi noi che cerchiamo di dare impatto forte a un successo completo con 4 complicazioni, ciascuna unica e diversa rispetto all’altra. Non è solo che è faticoso farlo, è impossibile. Non ci sono nella maggior parte delle situazioni già 4 elementi da tirare addosso al giocatore, quindi il GM è stato costretto a inventarsi cose a caso, non sequitur (“scoppia improvvisamente una rissa!”), che è la prima volta che io abbia visto il famoso “attaccano i ninja!” avvenire durante un “tiro di dado”.
E in tutto questo ti ritrovi con un successo completo a cui, magari abbiamo dato forte impatto, ma dato che poi entra in contatto col non sequitur creato da complicazioni che non c’entrano nulla, e perde del tutto la sua importanza, perché che ho convinto il taverniere che non sono una poca di buono quando poi è scoppiata la rissa mentre parlavamo, non importa più a nessuno.
E la probabilità di fallire è praticamente nulla con estrazioni alte, insomma, l’unico modo di avere un risultato netto è estrarre 1 roccia (che ti da un risultato binario, perfetto e nitido) e 2 rocce (che ti da un risultato simile a un tiro di un PbtA). Che sarebbe un modo funzionale di giocare a questo gioco; mettersi d’accordo di non estrarre più di due rocce.
Il problema è che poi se fallisci l’estrazione, puoi decidere comunque di estrarre le rimanenti rocce per arrivare a 5![2], e questa è considerata una meccanica chiave del gioco. Dunque 5, l’estrazione più problematica, è in realtà la più comune!
Ora, ti ritrovi con una meccanica che apparentemente dovrebbe risolvermi un momento di tensione e invece fa di tutto anziché quello, crea torbidità nella situazione, non mi risponde efficacemente alla domanda che mi sono dato quando l’ho usata.
E non sono nemmeno entrato nei dettagli di cosa è successo quando un personaggio è uscito di scena.
Col senno del poi
In realtà, dopo averci riflettuto, ho capito benissimo che non abbiamo usato il testo come inteso. Perché non c’è modo che una persona possa scrivere questa cosa, averla playtestata e pubblicata, senza accorgersi di come non funziona: è semplicemente impossibile. Però l’abbiamo certamente usato come era scritto, anzi, abbiamo fatto diversi sforzi per onorare quanto ci diceva di fare.
Il fatto è che, con tutti i grandi pipponi e luoghi comuni che il libro fa sul gioco emergente, non solo non ha nulla di emergente, ma mi spiace dirlo, non credo che sia inteso per essere giocato.
Se questa meccanica evidentemente ingiocabile la interpretiamo non come una meccanica di risoluzione di un momento di tensione in una situazione (come la dichiara il libro), ma un generatore di prompt per un gruppo che scrive una storia a X mani, tutto si spiega immediatamente.
Il gioco non definisce bene come mettere insieme una situazione giocabile non perché come The Pool presuppone la competenza del lettore, ma perché la cosa è irrilevante a chi l’ha scritto
Il risultato netto e chiaro è completamente da rifuggire, perché potrebbe mandare la storia in una direzione che non vogliamo, giammai dovessimo rispettarlo e le nostre aspettative su come debba svolgersi il tutto venissero infrante.
La torbidità nell’uso delle rocce bianche e nere diventa un punto di forza, perché invece che dare completo impatto ad ogni roccia, scelgo e misuro quanto effettivamente far contare ciascuna[3], e dunque più rocce mi danno più modi di manipolare il risultato. La garanzia che escano quasi sempre alcune rocce bianche e alcune nere fa in modo che:
Se voglio “spingere” sul negativo, posso farlo, e smagheggio il successo con un’azione priva di conseguenze o che viene resa inutile dalle complicazioni.
E se voglio “spingere” il positivo, posso farlo minimizzando l’importanza delle rocce nere e dando impatto a quelle bianche.
Insomma, così “giocato”, è impossibile che il sistema produca qualcosa che non ci abbiamo messo dentro consapevolmente noi. È un cencio mollo, non una palla. Non rimbalza.
Il gioco si svolge dunque come una sessione di scrittura dove cinque persone si condividono la penna, tirandola in direzioni diverse, senza alcuna interazione funzionale: nel momento che ci mettiamo a tirare in direzioni opposte, crolla tutto[4]. È l’unica spiegazione che riesco a darmi, e se questo è l’uso inteso di questo libro, mi rifiuto di considerarlo giocare.
A questo punto le varie elucubrazioni del libro sul gioco emergente sono praticamente uno specchietto per le allodole, potenzialmente dannoso a chi voglia approcciarsi a questa attività[5].
Cito D. V. Baker, dato che è citato come ispirazione dagli autori.
Se le tue regole formali non fanno altro che strutturare l’accordo continuo del tuo gruppo su ciò che accade nel gioco, sono a) intercambiabili con qualsiasi altra regola di un gioco di ruolo e b) probabilmente uno spreco della tua attenzione. La negoziazione dal vivo e la collaborazione onesta sono quasi certamente migliori.
Il calcio col cencio mollo
La maniera migliore in cui riesco a descrivere la sessione è “giocare a calcio con un cencio mollo invece del pallone”.
Seriamente, dopo aver giocato, metto in discussione chiunque dica di giocare a questo gioco, e che non stia facendo invece un esercizio di scrittura a X mani senza alcun tipo di interazione ludica. So che spesso dico “no, non è il gioco, è l’approccio”, ma in questo caso l’approccio c’era ed era eccellente: non vedo come estrarre da questo testo qualcosa di giocabile.
A ciascuno il suo? Sì, però non mi veniate a dire che abbia qualcosa a che vedere con l’attività di cui parliamo in questo forum, così riccamente, in tutti gli altri thread di Giochi e giocare .
Questa cosa delle aspettative davvero non ha senso. Non dovremmo avere aspettative quando ci sediamo a giocare. ↩︎
Con la “penalità” che il GM adesso narrerà il risultato delle rocce nere prima delle tue rocce bianche. ↩︎
E dunque questo non ha niente a che vedere, come dice @Red_Dragon , con la capacità di improvvisare, o l’aver colto i magici suggerimenti del podcast, ma tutto con la volontà di vanificare la meccanica stessa che si è innescata. ↩︎
Questa in realtà è l’interpretazione più caritatevole, perché potrei essere più cattivo e dire che in tutta probabilità è utilizzato per railroad in senso univoco, dove una persona usa il proprio ruolo sociale all’interno del gruppo per influenzare come si interpretano le rocce estratte, dove il sistema crea la giusta torbidità per favorire la manipolazione. Sono sicuro che c’è almeno qualche gruppo che fa questo. ↩︎
Come le cose simili scritte sui manuali di Vampiri degli anni '90, con il caveat che almeno Vampiri aveva un’ambientazione interessante e cose recuperabili al suo interno. ↩︎
Anche io ho un’opinione molto negativa di NtE; nella mia (unica) esperienza fu aggravato anche da un gruppo che, per una buona parte iniziale della sessione, infilava tratti per massimizzare la pool dei token…un disastro.
Comunque sia, non ho ben compreso se il problema maggiore che avete riscontrato sia legato alla sostanziale assenza di fallimenti oppure alla ipertrofica emersione di complicazioni che porta a esiti senza impatto alcuno.
Posso supporre che sia la combinazione delle due cose; io da parte mia non ho grossi problemi se la matematica di un “sistema” non offre grosse possibilità di fallimento, piuttosto il grosso handicap (fastidio?) l’ho trovato in questo:
… se riesci con un costo le cose si sviluppano in modo inaspettatoprospettato. C’è differenza.
Perché garantisce contemporaneamente che tutte le complicazioni che il GM ha in lista vengano fuori e che l’intenzione del giocatore si materializzi (sempre di sviluppo si tratta). E secondo me non è un caso che la guida al master spinga il GM a fare varie liste di complicazioni preventivamente.
A mio parere questa cosa funziona (e può legittimamente piacere) se tutti siamo d’accordo che il GM ha un sacco di cose interessanti da mostrare, i PG pure, e vogliamo tutti metterle efficientemente sul tavolo.
Se il gusto ricercato è questo, il sistama di estrazione funziona.
Mi dispiace non poter fare esempi precisi per via del tempo trascorso. Ma quello che ho provato più o meno è questo:
Mettiamo che il mio PG sia al saloon. Dico che vuole provare a fare una cosa rischiosa. Vuole barare a Poker senza farsi scoprire. O vuole avvelenare di nascosto il wiskey di un tizio.
L’attenzione del tavolo è focalizzata su quello. Mi chiedo se ce la farà o no, a che prezzo e quali saranno le conseguenze. Sono queste le risposte che vorrei avere.
Estraggo, diciamo, 2 token “buoni” e 3 “cattivi”. Quindi il PG riesce. Prendo un bonus per il futuro (o una narrazione più efficace del successo), e consegno 3 token al master per le complicazioni.
Quello che ho osservato è che a questo punto il 90% dell’attenzione del tavolo, del nostro sforzo creativo, viene dirottato sulle complicazioni stesse. Al centro non c’è più l’azione del mio PG, con la sua suspence, ma lo sforzo di inventarsi roba e di incastrarla in modo plausibile nella narrazione.
(Edit: non parliamo poi delle diverse volte in cui si è avuto successo combinato con uscita di scena, lì abbiamo dovuto fare proprio le acrobazie mentali.)
Il master con quei 3 token può procedere in due modi.
Può creare complicazioni “piccole”, accessorie, che rimangono sullo sfondo e “colorano” la scena senza interferire davvero. A quel punto il successo del mio PG, almeno nel qui e ora, è indistinguibile da un successo pieno.
O può creare complicazioni “grosse” e impattanti. Queste in genere, inevitabilmente, cambiano la situazione a tal punto che il successo del mio PG diventa in pratica irrilevante. Cosa me ne faccio di aver vinto a carte, o avvelenato il bicchiere, se un attimo dopo gli indiani assaltano il saloon, scoppia un incendio e un ubriaco nel panico mi salta addosso? È come se la “scena” che avevo iniziato si troncasse a metà e se ne aprisse un’altra.
La linea che si va a seguire, tra questi due estremi, è del tutto arbitraria.
Quindi, di fatto, non c’è una vera differenza tra avere N complicazioni e averne 1.
Il che crea un enorme incentivo, come giocatore, a dare tutti i token “cattivi” al master, a meno che proprio non voglia dargliene nessuno (a quel punto me li piazzo sulla scheda e quello, se vogliamo, è l’unico vero successo “con costo” - sempre entro certi limiti).
Anche qui; nessuno sta parlando se è legittimo o meno farsi piacere qualcosa. Ciascuno ha la libertà di fare quello che vuole nella sua vita; ci stiamo chiedendo se questo ha alcunché a che fare con l’attività che discutiamo regolarmente su questo forum, e la risposta è no.
Non proprio. Ci sono degli esempi di minacce con le relative sventure e complicazioni, ma se non ricordo male i consigli a riguardo si limitano a “guarda gli esempi e fa’ qualcosa di simile”. Tra l’altro il fatto che non abbia un’ambientazione predefinita intorbidisce molto le acque: possiamo intuitivamente pensare che i pallozzi “belli” e “brutti” (perché nell’edizione inglese sono diventati arancioni e viola à la Ubuntu, se mi è concessa questa… nota di colore ) vadano tarati sul genere e sul “livello di potere” che si vuole abbiano i personaggi, però non ricordo un’indicazione precisa in tal senso nel manuale.
Comunque, visto che @Bille_Boo ha citato la mia preparazione, un commento che faccio a proposito è che quella parte di lavoro preliminare è completamente fuori dalle indicazioni del manuale. Non si parla di fronti come in tanti PbtA con una vena d’azione, non si parla di fazioni come si fa nella cerchia OSR. Insomma, quello che dice di preparare sono minacce e sfide, che però finiscono per apparire un po’ dei set piece da tenersi pronti per inquadrare le scene con un chiaro avversario.
Questa differenza che rilevi ha un qualche precipitato meccanico o di design o di gioco concreto che vuole suggerire? Perché la definizione semantica la capisco e la trovo bella ma all’atto pratico che significa e cosa comporta?
Io invece non la capisco.
Non trovo alcuna differenza fra i due termini inseriti in una situazione di ruolo, che non sia e non si riveli una spippettata fritta nel nulla cerebrale.
Per il resto mi limito ad aggiungere un mio pensiero: un design come quello descritto sopra è la diretta conseguenza del non aver capito un cazzo del 7-9 dei PBTA e di averlo trasformato nel famigerato e mortale fail forward.
Lo stesso brutto effetto causato dall’errore concettuale sul fail forward lo si ritrova in BROKEN COMPASS . Sono pronto a scommettere che chi trova bella Not the End trova bello anche Broken Compass.
Sono sistemi costruiti sul fail forward, che usano il fail forward come mezzo di narrazione intuitiva a nastro per un’azione rocambolesca.
Stesso errore rischia di commetterlo il design di Dhakajaar di Elios PU, dove però la struttura della risoluzione “alla Trollbabe” (soprattutto grazie alla meccanica degli “aiuti”) riesce a reggere il continuo “mezzo successo della statistica”.
Il mio “aspettative sbagliate” riguarda il fatto che ogni gioco spinge su qualcosa: se usi D&D per fare storie d’amore, probabilmente (sicuramente) l’esperienza di gioco sarà un disastro ed il sistema remerà sempre contro. Quindi quando leggo che tutto il sistema ha sempre remato contro, mi scatta sempre il campanello d’allarme. Alla luce di quanto ho letto successivamente, posso anche ritirare la mia affermazione
Ciò detto, ricapitolo un attimo come funzionano le prove di Not the End, aggiungendo alcune cose prese da Fumble (e da altri che ci hanno giocato) perché credo di aver individuato qualche errore nella gestione. Poi, come prima, posso aver capito fischi per fiaschi: non prendetela come un attacco personale.
Una prova in Not the End esiste in questi tre casi (devono essere presenti tutte e tre):
c’è una posta in gioco (che può essere diversa dall’obbiettivo che verrà dichiarato). La posta in gioco è quella che si perde quando si fallisce la prova.
c’è la possibilità di fallire.
ha senso che ci siano Complicazioni (cosa che rendono la scena più difficile da gestire, ora) o Sventure (cose che renderanno le prove successive, che siano in questa scena od in successive, più difficili).
Nota: il manuale (ed anche gli autori) fanno molta confusione tra posta in gioco ed obbiettivo, visto che se fallisci la prova non raggiungi l’obbiettivo e perdi la posta mentre se riesci raggiungi l’obbiettivo e mantieni la posta. Inoltre è giusto e sacrosanto che posta in gioco ed obbiettivo possano coincidere. Tuttavia la loro differenza è quella che permette di raggiungere l’obbiettivo, mantenere la posta ed uscire di scena. Se in un duello la posta in gioco è “non perdere la faccia” e l’obbiettivo è “colpire l’avversario”, io posso colpire l’avversario, non perdere la faccia ma essere “uscito di scena” perché quello ha sparato per primo…
Sulle Complicazioni e Sventure: se sto cercando di avvelenare un Wisky, le Complicazioni possibili potrebbero essere, ad esempio, che qualcuno si accorge che è stato avvelenato, che lo prende qualcun’altro, che il destinatario non lo beva (sicuramente anche altre). Mentre è difficile che possa accadere (a causa dell’estrazione) che arrivino degli indiani, scoppi un incendio, qualcuno ti spara. Potrebbe esserci la Sventura Visto Male con cui la gente sospetta di te, mentre sarà difficile che ci sia la Sventura Braccio Rotto.
Se manca uno dei tre punti detti, non è una Prova e va risolta guardando i Tratti del Personaggio.
Se la prova è esistente, il GM sceglie la difficoltà e se è pericolosa (e quanto) o meno ed il giocatore l’obbiettivo ed il modo per raggiungerlo.
La difficoltà viene scelta in base a diversi fattori: come è costruita la scena, i tratti che ha il personaggio, eventuali caratteristiche della sfida, eventuali Sventure presenti. Ad esempio: colpire qualcuno a 50 metri sarà un’azione difficile ma se ho il Trato Cecchino probabilmente sarà facile. Viceversa non farsi notare da qualcuno “Spiato ad ogni pié sospinto”, sarà quasi impossibile. Così come sarà impossibile abbattere un robot da guerra a mani nude (se sei un uomo normale).
Compito del giocatore è decidere l’obbiettivo (e deve essere raggiungibile: non posso far bere un wisky avvelenato se nessuno ha avvelenato il wisky) e come raggiungerlo in modo da poter mettere in gioco i Tratti e riempire il sacchetto di bianchi.
Il sacchetto non è bilanciato: potrei avere 7-8 neri e un solo bianco (ho un solo tratto da applicare) oppure avere 3-4 bianchi ed un solo nero. Questo può far variare molto le probabilità di riuscita. Si decide se estrarre da 1 a 4 token (non 5) e, come è stato detto, basta un bianco per vincere la prova; ulteriori bianchi la migliorano; i neri complicano la cosa. È il giocatore a stabilire se vuole complicazioni, sventure, adrenalina o confusione, a meno che non decida di rischiare ed arrivare a 5 estrazioni. In tal caso consegna tutti i token neri al GM che può decidere di usarli come vuole (solo complicazioni o sventure). E no, a volte è più conveniente usare meno estrazioni piuttosto che essere sobillato da complicazioni e sventure od uscire di scena.
Sul pericolo: una prova è pericolosa se un personaggio rischia di “uscire di scena” durante essa. Se stai cercando di avvelenare un wisky, probabilmente non sarà una prova pericolsa, mentre se stai affrontando in duello l’equivalente di Tex Willer, la prova sarà estramente pericolosa. Uscire di scena ha il problema che non puoi più influenzare la scena (appunto) e questa non sempre è una cosa auspicabile (anche se non è la fine, visto che il personaggio, uscito di scena, non è detto che sia morto). Se si affronta una Sfida (il manuale usa il termine Sfida per indicare PNG, luoghi od altro con cui puoi affrontare durante una prova e quanto queste possano essere difficili e/o pericolose), in genere è già codificata la difficoltà e l’eventuale pericolosità della Prova che vuoi andare ad affrontare (sono creati apposta per questo).
È possibile affrontare una prova anche senza avere Tratti (magari perché sei costretto: immagina un PG senza alcun tratto di combattimento che viene gettato in un’arena); in tal caso saprai già che la prova fallirà (e potrebbe essere un modo per mettere in discussione l’avanzamento del personaggio).
Lascio perdere le prove di gruppo, l’aiuto e le prove cruciali.
Quindi, ricapitolando, abbiamo:
posta in gioco: la perdi se la prova fallisce
obbiettivo: l’ottieni se la prova riesce
tratti da mettere in gioco (per ottenere i bianchi)
difficoltà (darà il numero di neri)
sventure (aumenta il numero dei neri)
eventuale adrenalina o confusione che causano il cambio dei token (ad esempio potresti inserire dei neri al posto dei bianchi).
altro che per adesso glissiamo
Estrai e vedi quanti token bianchi e neri hai estratto. Ogni nero decidi se darlo al GM come Complicazione (a sua scelta), come Sventura (a sua scelta), decidere tu la Sventura che vuoi, decidere se avere Adrenalina o Confusione. Se hai ottenuto almeno un bianco, sei riuscito nella prova. Ulteriori bianchi ti fanno riuscire meglio, invece che per un pelo.
Le Complicazioni non sono inventate al momento, ma decise quando si prepara la prova (almeno a grandi linee), anche se un “lampo di genio” è sempre ammesso. Le Complicazioni fanno parte della prova: come detto, se non ci sono Complicazioni possibili, non è una prova.
Piccola nota: è possibile che siano necessarie più prove per raggiungere l’obbiettivo che si è prefissato il giocatore (motivo per cui nell’esempio dell’avvelenare il wisky ho messo come complicazione, lo prende qualcun’altro e non lo beve, perché così il giocatore ha ancora possibilità di agire) oppure che la Sfida richieda più di un successo per vincere (in tal caso la prova sarà riuscita se riesci ad ottenere il numero di bianchi prefissato).
Ora, in tutto 'sto papiè, devo aggiungere una cosa: non so come diavolo facciano quelli di Fumble ad inventarsi in due e due quattro anche dieci Complicazioni prima di tirare una prova perché io personalmente riesco a fare qualcosa di simile solo giocando in asincrono, dove ho diverso tempo per pensare a cosa può andare storto… Nonostante questo, ho sempre trovato molto interessante questa cosa delle Complicazioni e Sventure perché rendono il gioco più interessante del riesco o fallisco (sì, altri giochi usano altre meccaniche ma qui stiamo parlando di quelle di Not the End).
Tornando a noi, leggendo le cose che sono state dette, mi è sembrato proprio che ci siano stati degli errori di applicazione delle prove (di nuovo: non ero lì, posso aver capito fischi per fiaschi) e che forse (e ripeto forse) possano aver inciso sulla giocata.
Credo di aver dimenticato di rispondere a qualcuno, ma lo farò successivamente
Cosa ti rimane da narrare dopo il tiro se hai già stabilito posta - obiettivo (che sembra tanto una sub posta micro nella posta macro) e complicazioni ?
La narrazione post tiro è autorità a tutti gli effetti, come tale deve esprimere libertà e autorialità.
Fermarmi a stabilire 4-5 complicazioni, oltre alle difficoltà, i tratti coinvolti, posta, sub posta, sventure … ma cos’è un procedimento amministrativo per l’ottenimento di un permesso di costruire?
@Red_Dragon non ho davvero capito, dalla tua spiegazione, la differenza tra “posta” e “obiettivo”. La posta la perdi se la prova fallisce: ma anche l’obiettivo, a quanto hai detto:
E l’obiettivo lo ottieni se la prova riesce. Ma anche la posta, a quanto hai detto:
A meno che la “posta” non sia “qualcosa che hai già e che rischi di perdere”, e l’obiettivo non sia “qualcosa che non hai e che vuoi ottenere”. Forse intendevi dire questo?
Inoltre hai detto che l’obiettivo lo decide il giocatore, ma non mi è chiaro chi decide la posta.
Sono comunque curiosità mie che non modificano la mia opinione: infatti, comunque la giriamo, posta e obiettivo sono chiaramente legati al successo / fallimento, alla “risposta principale” binaria che ci aspettiamo da un sistema di risoluzione, e va benissimo.
I problemi che stavo evidenziando sono invece che: (a) questa risposta è stata sempre, o praticamente sempre, un successo; e (b) l’attenzione veniva sistematicamente sviata da questa risposta e dirottata sulle complicazioni: dapprima sulla loro invenzione e il loro inserimento coerente nella scena, quindi sul fatto di doverle fronteggiare. Sembrava di aprire continuamente delle parentesi e non arrivare mai al punto.
Ti posso garantire che abbiamo seguito bene i criteri da te elencati. In particolare che non abbiamo mai fatto prove in circostanze in cui non andavano fatte. Se ne dubiti ancora, mi puoi per favore chiarire cosa pensi che abbiamo sbagliato, di preciso?
Che ci siano casi in cui è possibile uscire di scena avendo comunque successo è ovvio. Ma non è sempre così. Converrai con me che, se mi immagino su due piedi una situazione pericolosa, mi è molto più naturale immaginare che il pericolo scatti in caso di fallimento. Come dici tu, una prova è pericolosa se un personaggio rischia di uscire di scena, punto. Conciliare questo rischio con il successo non è sempre altrettanto facile, ed è un problema perché invece è uno degli esiti più probabili.
Esempi:
Usando Not the End per la tua scena di duello con Tex Willer otterrei che sono praticamente certo di far fuori Tex, ma con alto rischio di essere colpito anch’io; mentre che lui colpisca me senza che io gli faccia niente è altamente improbabile. Strano, no?
Ma ci sono casi ancora più plateali. Sto camminando su una corda sospesa nel vuoto, o su un cornicione, e voglio arrivare dall’altra parte. C’è una posta in gioco / un obiettivo? Sì. C’è possibilità di fallire? Sì. Ha senso che ci siano complicazioni? Sì, ad esempio potrei perdere dell’equipaggiamento o attirare l’attenzione. La scena è pericolosa? Sì: potrei precipitare. Tutti i criteri sono rispettati.
Ma mi spieghi come diamine dovrei fare a narrare un successo con uscita di scena? Arrivo dall’altra parte ma poi scivolo e precipito? Precipito ma poi rimbalzo e finisco svenuto a destinazione?
Con un po’ di sforzo qualcosa mi invento, eh, per carità, ma nei 3 casi in cui è capitato ti assicuro che di sforzo ce ne voleva tanto.
Certo, i miei esempi erano volutamente estremi per enfatizzare la cosa, ma fa lo stesso: ti sei accorto che anche queste complicazioni di fatto vanificano il mio successo rendendolo inutile? Di questo stavo parlando. Non è un “successo ad un costo”, è un “finto successo che di fatto non serve a niente, ciao ciao”. O va così, o le complicazioni sono puro colore che fa solo perdere tempo. (Inoltre, anche i tuoi esempi confermano che subire 1 complicazione o subirne N è sostanzialmente equivalente.)
Un successo / fallimento binario, con il master che ti spiega perché fallisci (“il tizio se ne accorge!”, “il tizio scambia il bicchiere con un altro!”), sarebbe molto più chiaro e lineare, e non riesco a vedere che svantaggi avrebbe rispetto al sistema com’è adesso.
So già che @ranocchio mi censurerà perché quella che segue è una dissertazione legalistica sul regolamento. Però a fronte dell’obiezione “non vi siete trovati bene perché non avete giocato da manuale” è anche sano tirare una riga tra quello che è effettivamente scritto sul manuale e la vulgata in proposito.
Probabilmente la confusione dipende dal fatto che sono due nomi diversi per la stessa cosa. Come faceva notare @Bille_Boo nella risposta precedente, non c’è modo di non raggiungere l’Obiettivo e confermare la posta. Tant’è che il tuo esempio parla di un caso in cui vanno a braccetto. Oltre al fatto che nel regolamento è molto chiara la distinzione: l’Obiettivo è ciò che il giocatore dichiara di volere ottenere, mentre si parla di “posta in gioco” solo nei requisiti per fare le prove. Non è altro che un modo di dire che deve esserci una qualche forma di conflittualità, di ostacolo, qualcosa da perdere. Infatti il controesempio a questa indicazione è proprio “non si fanno Prove per vedere se un personaggio conosce qualcosa o qualcuno”, perché solo Talete è caduto in un pozzo per studiare le stelle.
In realtà la Difficoltà va scelta escludendo Tratti e Sventure. I primi sono da escludere categoricamente (ed è anche ragionevole, siccome sono quelli che consentono di introdurre cazzilli positivi), sulle seconde il manuale lascia la porta aperta a calcare la mano in aggiunta ai cazzilli negativi che aggiungono come loro effetto meccanico. Un esempio simile al tuo dei cecchini c’è proprio nel manuale, ma è per spiegare l’effetto delle Risorse: sparare a qualcuno da cinquanta metri ha una Difficoltà Facile se hai la Risorsa “fucile da cecchino”, è quantomeno Difficile se ha una “pistola semiautomatica” e diventa Quasi Impossibile con una “fionda”.
Questo però è rules lawyering: il regolamento è esplicito nel dire che senza Tratti rilevanti non hai alcuna probabilità di successo (e in effetti non ha bisogno di esserlo, è proprio del tutto evidente per come funziona il riempimento del sacchetto), ma allo stesso tempo sconsiglia le Prove impossibili. Sinceramente fare una prova senza avere Tratti lo vedo proprio come un accanimento che ci si può sognare solo cavillando sui condizionali.
Non è mai il giocatore a decidere che Sventura applicarsi. Sceglie soltanto quanti dei cazzilli negativi estratti assegnare alle Sventure e quanti a Complicare la Scena, ma poi è il narratore a decidere come usarli. Quando si Rischia si perde anche la scelta di come ripartirli e fa tutto il narratore.
Ti faccio alcuni esempi concreti di Prove da quella sessione. Vado un po’ a memoria e potrei ricordare male qualche dettaglio, ma non mi aspetto errori madornali. Abbiamo effettuato una Prova:
quando il guerriero nativo americano (che, se non ricordo male, era anche per metà afroamericano) ha deciso di sparare al capo dei picchiatori al soldo della compagnia ferroviaria mentre le altre guardie tenevano sotto tiro lui e gli altri cheyenne in campo aperto;
quando il dottore si è messo a indagare sul motivo degli screzi tra l’oste del saloon e la maîtresse del bordello di Green Falls infilandosi in uno scambio di accuse tra i due;
quando il cowboy ha portato fuori dal saloon la prostituta con cui aveva una storia, nonostante i tafferugli scatenatisi per via della Prova di cui sopra;
quando il cowboy ha scaricato la suddetta prostituta dicendole fuori dai denti che non le interessava più perché era una poco di buono;
quando l’operaio cinese si è lanciato davanti al cavallo al galoppo del cheyenne che stava riportando al villaggio il guerriero afro-nativo-americano (che in quel momento era tramortito per via del successo con uscita di scena riscontrato nella sparatoria) per catturare quest’ultimo;
quando il cowboy, invitata a uscire la figlia del padrone delle miniere, si è sentito rispondere che per coronare il loro amore doveva ucciderne il padre.
Ora che ci ripenso, quest’ultima è una Prova che a mente fredda mi sembra un po’ al limite. E forse è qualcosa di cui abbiamo discusso proprio durante la sessione e abbiamo preso di comune accordo la decisione di fare la Prova perché lì per lì ci sembrava fossero più i pro che i contro. Da una parte c’era una molto evidente posta in gioco: la donna era solo un po’ svitata? Una subdola ingannatrice che lo stava manipolando? Era sinceramente interessata, ma al contempo sinceramente disperata? Dall’altra non era così immediato decidere quali fossero le azioni per raggiungere l’obiettivo. L’obiettivo è piuttosto chiaro: “voglio sapere cosa c’è dietro”. Ma le azioni? In fin dei conti stavamo discutendo di affermazioni di lei: “la ascolto molto attentamente”, “drizzo le antenne”, “mi sforzo tanto tanto per avere un’intuizione”? Forse se rigiocassi la stessa situazione oggi mi impunterei sul non fare la Prova e lasciare all’interpretazione dei giocatori i veri intenti dietro le parole di questa donna, ma in sessione la Prova c’è stata e con il successo ho rivelato che era tutto solo un inganno per liberarsi di due seccature in un colpo solo: il padre in una fossa, il cowboy galante appeso a una forca.
Non vorrei sembrare quello che difende a spada tratta un gioco, perché Not the End ha un sacco di problemi specie dovuti al fatto che molte cose non sono spiegate. Tuttavia quando sento parlare di un gioco che conosco, cerco di capire esattamente cosa non ha funzionato. Dopo le ultime argomentazioni, posso dire che mi confermate che la maggior parte del problema sono proprio le complicazioni: possono capitarne troppe in una prova da rendere difficile ideare che diavolo succede. È un problema che ho pure io. I ragazzi di Fumble invece no.
Invece sul fatto che il successo vi sembra automatico, prima faccio notare che a gioco avanzato, quando non potrai sempre usare i tuoi Tratti, hai un pacco di Sventure appresso e Sfide difficili, il successo non è così garantito. Ma usandolo liscio (come di solito avviene nelle one shot), le probabilità di successo sono alte ed è voluto dal sistema.
Ciò detto, rispondo ad un paio di cose:
Sì, intendevo questo.
La verità? Nessuno. Dovrebbe essere chiaro dalla scena. E sì, c’è una gran confusione tra Posta in gioco ed obbiettivo e la faccio pure io.
Nulla, se non vogliamo essere puntigliosi. Se vogliamo essere puntigliosi, le Complicazioni andavano stabilite a priori e non inventate sul momento (no, è folle: ma i ragazzi di Fumble ci riescono senza fermare il gioco per ore).
Sull’uscita di scena:
L’uscita di scena è qualcosa che impedisce al personaggio di influenzare il resto della scena e gli infligge una Sventura per il futuro. Quindi l’uscire di scena potrebbe non essere il fatto che sei precipitato ma che, ad esempio, hai fatto uno sforzo troppo forte per riuscire a raggiungere l’altro lato e ti sei preso la Sventura Sfinito e sei “fuori scena”: hai raggiunto l’altro lato ma non potrai più influenzarla, a meno che non rientri (esistono le regole anche per questo) o la scena non finisca. Magari potresti essere troppo stanco per muovere un muscolo oppure troppo scioccato dal pericolo corso. Od ancora sei ancora appeso al bordo e non hai finito di tirarti su. Dipende molto da come è fatta la scena (non si esaurisce con la prova). Condivido che non è immediato ma ci sono anche altri giochi che hanno cose analoghe e nessuno si è mai posto il problema.
Lo lasci al libero arbitrio del Master decidere cosa significa riuscire e fallire. Se il Master ogni volta che riesci può inserire ogni complicazione che vuole, può renderti la vita più difficile che se invece avessi fallito (ti risparmio l’esempio del burrone). Con questo sistema invece sai se sei riuscito ma ci saranno complicazioni o meno.
Ciò detto, credo di aver esaurito le mie argomentazioni e mi sono chiarito per bene le difficoltà incontrate (perché dalla prima lettura, davvero non le avevo capite).
L’esempio del veleno dimostra che questo è purtroppo possibile anche con il sistema attuale, anzi, è addirittura supportato e giustificato.
In un sistema a esito binario, invece, se il master al mio successo rispondesse arbitrariamente “uhm, ok, avveleni il bicchiere ma il tizio lo scambia per sbaglio con quello di un altro” sono convinto che non la prenderemmo bene.
Certo: come ho già detto, se uno si ingegna un po’ un sistema lo trova sempre. Ma, come vedi, richiede un bel po’ di acrobazie mentali, perché non abbiamo usato l’elemento, già presente, che rendeva la scena pericolosa (il rischio di precipitare), ce ne siamo dovuti inventare un altro da zero (il rischio di stancarsi, che non era stato neppure menzionato e in una camminata su un cornicione è pure poco plausibile, mica stiamo scalando una parete). Non sto dicendo che è impossibile farlo funzionare, sto dicendo che costringe molto spesso a un surplus superfluo di impegno.