È uscito fuori di recente il discorso relativo a “come dovrebbero essere scritti i manuali”, sia nel thread di critica di @Osiride che in nel thread su Heart @Matteo_Sciutteri.
Qui è emerso uno dei principi con il cui gestisco questo forum che a molti di voi potrà sembrare una bizzarra idiosincrasia – non mi piace parlare di come debbano essere scritti i manuali. O meglio, non è il tema delle sezioni Giochi e giocare e affini di questo forum.
Recentemente ho avuto la possibilità di avere una conversazione dove sono riuscito a mettere in chiaro le ragioni di questo approccio, e spiegarle più in dettaglio. Cercherò di riassumere qua le conclusioni.
Spero che vi aiutino a capire meglio la filosofia di questo spazio e perché il Vademecum della Locanda contiene quello che contiene. Fatemi sapere se sono riuscito nel mio scopo.
Il principio dell’auto-riflessione
Ora, davvero non ci sono legittime conversazioni su come debbano essere scritti i manuali? Chiaramente no. La mia è una risposta a un problema diffuso, per cercare di incanalare la conversazione di questo forum verso la discussione dell’attività di gioco vera, al tavolo, che è l’argomento a mio parere fondamentale, ed estremamente trascurato più o meno in qualunque altro spazio di discussione in lingua italiana.
Questo argomento, anzi questo processo di commento e autoriflessione, è quello che a mio parere (a) ci insegna a diventare migliori giocatori e a trarre più soddisfazione dal medium, e (b) solo in secondo luogo ci permette di inventare sistemi nuovi.
La discussione di “quali giochi siano i migliori da usare” è completamente irrilevante a questa autoriflessione – perché è chiaro che la presenza di un gioco fisico da leggere o osservare non è necessaria all’osservazione di questa attività.
Gioco-oggetto vs. Gioco-attività
Se notate faccio spesso distinzione tra gioco-oggetto e gioco-attività. Questo è un artificio linguistico per tradurre il concetto ben diverso in inglese di di game e play (entrambi possono essere sia nome che verbo).
In breve, play è l’attività di gioco in divenire, quello che succede quando giochi, io la chiamo “gioco-attività” o semplicemente il “giocare”. Game è il gioco come oggetto o entità, quello che adotti per giocare – può avere altri significati per metonimia, ma ignoriamoli per adesso.
Mi sembra che la differenza sia osservabilmente chiara a tutti.
Manuale vs. Sistema
Ora, con sistema intendo qui sempre il sistema di gioco come realizzato come parte dell’attività di gioco, piuttosto che le regole come scritte sul manuale. Ovvero, quali procedure ci permettono di far proseguire il gioco. Che cosa facciamo, fisicamente, tra noi? Quali vincoli ci imponiamo? Questo è il sistema.
Il manuale del gioco non è la stessa cosa di un sistema (come definito sopra). Ad alcuni sembrerà ovvia come affermazione, ma è importante fare il distinguo. Si tratta di un manuale di istruzioni per realizzare un sistema.
I processi di un manuale
Un pochino di Storia: un’idea abbastanza problematica scaturita dal “movimento indie” italiano incentrato su Narrattiva a cavallo del 2010, e diffusa a macchia d’olio negli anni è che il problema con i manuali è che non siano abbastanza chiari/precisi/focalizzati[1]. Ovvero che non descrivano il sistema abbastanza in dettaglio, o con la necessaria coerenza.
La conseguenza di questa idea è che il manuale ideale diventa una disanima procedurale, quasi algoritmica, del sistema. E che il giocatore ideale segue alla lettera il manuale come se fosse un computer[2], “Il sistema conta, quindi noi seguiamo il manuale com’è scritto”, il terrore esistenziale di aggiungere del proprio o riempire dei buchi – può confermare @Alek come io abbia dovuto martellargli fuori dalla testa questa idea quando abbiamo giocato a Dungeon World. Magari potresti raccontarci dove l’hai assorbita.
Io trovo che questa idea sia una rozza semplificazione di un fenomeno più complesso. L’oggetto del manuale osservabilmente partecipa a tre principali processi[3]:
- Pedagogia – come portarti da zero a “sto giocando a questo gioco”.
- Riferimento procedurale – la descrizione procedurale del gioco, che non è algoritmica e scevra dal contesto, ma dipendente dallo specifico uso che si fa di questo riferimento al tavolo.
- Analisi – spiegazioni del perché le cose sono fatte come sono, e consigli su come usarle al meglio.
L’idea problematica che ho citato dipende da dei fondamentali fraintendimenti, ciascuno conseguente dagli altri:
- Che più la parte del manuale che si occupa di (2) sia vicina a una precisa descrizione procedurale del gioco, più esso sia facile da realizzare come sistema al tavolo – qualcosa di facilmente osservabile come falso, se messo nei termini in cui l’ho appena descritto.
- Che (1), (2), e (3) siano in realtà un’unico processo.
- Che si possa scrivere un manuale che così perfettamente contribuisce al monoprocesso da poterlo leggere e dire “conosco il kung fu” – e che questa sia la misura di un buon manuale.
- Che tale miglior manuale sia in un rapporto 1:1 con un unico sistema realizzato al tavolo[4]. Ovvero che se non necessariamente precisa tutte le minuzie procedurali e porta alla realizzazione di un sistema univoco indipendentemente dal gruppo di persone, è fatto male.
La realtà, e spero sia ben chiaro, è che tutte queste idee non hanno niente a che vedere con l’avere un sistema al tavolo funzionante. A mio parere sono tutte misurabilmente false, ma se non siete d’accordo, sono al massimo opinioni, che a mio parere troppo facilmente sovrastano discussioni importanti sull’osservazione di gioco realmente accaduto piuttosto che di parole su carta.
Murk, o “disallineamento”
Discutevo sempre con il mio interlocutore del problema di quello che lui ha definito “allineamento”. Non si parla di essere allineati su come va a finire, ma essere allineati sul fatto che qui e ora, stiamo giocando a questo gioco, le regole sono queste, la situazione in gioco è questa, queste sono le cose certe e incerte, siamo a questo punto del meccanismo di risoluzione.
Il “disallineamento” come da lui definito, è la stessa cosa di quello che è stato definito altrove come murk, ovvero la cecità nei confronti di quello che sta succedendo nel gioco. Un giocatore sta risolvendo un’azione e l’altro interrompe per dire che vuole scalare la fortezza. Nessuno ha chiaro come funzioni il gioco o quali siano i rispettivi ruoli.
Ecco, l’idea di cui sopra a mio parere proviene dalla credenza che la fonte del murk o “disallineamento” sia un manuale troppo poco chiaro, o un gioco brutto. Ovvero che si possa risolvere facilmente passando a giochi “migliori”. La diffusione di questa credenza ha ovvi benefici per chi abbia interesse a proporre il “gioco del momento” e a partecipare nei soliti cicli di hype, per ragioni commerciali o di status. Mentre ha pochi benefici per i giocatori.
E penso sia fondamentalmente una credenza sciocca – questo è un problema che si impara a risolvere giocando e osservandosi. È chiaro che alcuni giochi possono essere migliori di altri a mostrarci i nostri problemi (The Pool lo è stato molto per per me). Ma alla fine siamo noi che dobbiamo imparare a essere giocatori migliori. Non c’è il libro magico che ci aiuterà.
Conclusione
In breve: Il manuale è al meglio un oggetto di supporto. Ci sono discussioni legittime su come scrivere un manuale per avere la massima efficacia, ma (a) non sono direttamente riconducibili all’esperienza di gioco e (b) sono per la maggior parte rilevanti a chi vuole pubblicare manuali, non a chi vuole giocare.
Per questo, Il sistema – come usato in pratica al tavolo – è la cosa che principalmente mi interessa osservare e commentare, come parte procedurale dell’attività di gioco, e non il manuale. E per questo rompo le scatole perché si faccia molta attenzione tra descrivere i sistemi e commentare i manuali.
Questo deriva da un’interpretazione distorta del concetto che “il sistema conta”. Qualcosa che Ron Edwards aveva scritto alla fine degli anni '90 per criticare l’idea che il gioco di ruolo fosse tutto uguale, il sistema del gioco non conta, e ti serve solo un bravo master o un bravo gruppo di gioco. La reazione a questa idea da parte del “movimento indie” italiano è stata di concludere che se il sistema di gioco conta, allora ci sono giochi peggiori e migliori, e il nostro compito è quello di selezionare i giochi migliori e portarli in Italia. Come vedete c’è un passaggio logico fondamentale che viene saltato – qualcosa che quando in passato ho insistito veniva ammesso ma trattato come un dettaglio trascurabile. ↩︎
Un’argomento interessante da esplorare, che sarebbe fuori tema per questa discussione, è come questa idea abbia portato al cosiddetto fenomeno della widgetry, ovvero di giochi “a orologeria” – con la promessa di dare un’esperienza senza sforzo, ma così precisamente determinati da non lasciare alcuno spazio per i giocatori di esprimersi in maniera significativa. Parzialmente, ne parlavo quando ho affermato che il gioco è uno strumento musicale. ↩︎
Questa analisi è un riassunto del risultato di una mia discussione con Ron Edwards. ↩︎
Avrei voluto soffermarmi più su questa idea ma avrebbe reso il post troppo lungo. Ma se ci pensate, è perfettamente legittimo e naturale che un manuale sia in rapporto 1:n con i sistemi, ovvero che possa essere usato per realizzare una gamma di sistemi diversi, di cui magari alcuni sono più utili di altri. Dobbiamo chiederci – è necessariamente un negativo? La discussione su cosa e quanto specificare in un manuale è legittima ma deve rimanere aperta a varie soluzioni. ↩︎