Se mi si permette una polemica generale, non è specifica per Adam e Sage, io dico che più di così si può fare molto
Un problema che noto con vari autori indie è che progettano i loro regolamenti usando come pubblico di riferimento il loro gruppetto di gioco personale. E quando poi laGGente gli fa domande spiegano cose che nei manuali non ci sono, o sono accennate appena, o sono formulate alle “fate come vi pare” perchè nel magico gruppo dell’autore la cosa non ha mai dato problemi e tutti se vogliono bbbene.
Non basta.
E discussioni come questa, sulla personale interpretazione dello spirito delle regole attraverso le intenzioni dell’autore previa preferenza del giocatore, abbondano. È un problema di DW, ma non solo. Moltissimi PbtA, capostipite AW incluso, hanno lo stesso problema.
The Veil è da mettersi le mani nei capelli a questo riguardo.
City of Myst è pure una bella gatta da pelare quando smetti di leggerlo e provi a giocarlo.
Urban Shadows sta messo meglio, ma marginalmente.
AW2 ha chiarito alcune cose al costo di generare quasi più dubbi di quelli che risolve.
IMHO il design di un “manuale tecnico” ha bisogno di scrittura tecnica. Scrittura che tenga conto dell’audience di riferimento, delle necessità comunicative per far passare X concetti che poi starà all’utente finale capire, ricordare e usare.
Ci saranno sempre punti poco chiari. Ci sarà sempre gente confusa. Ma trovo sia responsabilità dell’autore (o qualcuno nel suo team) di scrivere il regolamento di gioco in modo appropriato. Così da minimizzare questo tipo di problemi.
Nell’ambito boardgame questa è una scienza a parte, ci sono critici che valutano la bontà di esposizione di un regolamento di 4 pagine, e lo distruggono se non è fatto secondo certi criteri ormai consolidati.
Un regolamento di 100-200-300 pagine ha bisogno di questo tipo di attenzione come l’aria … ma sono ben pochi gli autori che se ne curano.
Sono completamente d’accordo. Infatti è per quello che mi segno le domande che mi fanno le persone che giocano ai miei giochi e poi provvedo a charire il testo, a costo di sembrare un precisino del cavolo.
Concordo in pieno. Una cosa che mi sento di aggiungere è che, di tanto in tanto, vedo nella blogosfera qualcuno che parla di “information design” come di un punto chiave per valutare regolamenti, moduli e via dicendo. Ho trovato un po’ di opinioni contrastanti sull’argomento (e magari sarebbe interessante splittare la cosa su un thread a parte, probabilmente una discussione sul tema sarebbe utile a molti qua dentro - appena ho tempo di articolare meglio la cosa lo faccio), ma, se dovessi compilare il curriculum di studi del bravo game designer, sicuramente Information Design sarebbe un bel corsone di quelli che ripeti cinque o sei volte.
Dei quanto è vero, per anni ho pensato di sbagliare approccio con i PbA. Con alcune precisazioni in più chiunque potrebbe agevolmente usare un PbA nel modo più corretto al primo colpo.
Non sono solo le precisazioni, secondo me. E’ fisiologico che uno non sappia a memoria tutto il manuale e si trovi in cerca di chiarimenti durante la sessione. Quanto più queste informazioni sono facili da trovare (e da comprendere) al volo tanto più è facile seguire le procedure di gioco senza intoppi.
È una considerazione abbastanza ovvia. Praticamente chiunque preferisce un manuale scritto in modo chiaro e tecnico.
Tutti noi preferiremmo giocare basandoci sul manuale, invece che dover perdere giornate a confrontarci con le community on-line o subissando l’autore di domande.
Per molti autori indie posso però chiudere un occhio. Se lavori per anni ad un manuale, e alla fine ne ricavi 10.000$, e magari metà della cifra li hai dovuti dare all’editor e all’artista delle illustrazioni, ci sono un sacco di cose che puoi permetterti di fare “male”.
Discorso diverso se cominci ad essere conosciuto e fai Kickstarter da 200.000$…
Necroposto un po’ perché ho trovato giusto oggi un bellissimo esempio di uso dell’artwork nella preparazione di un manuale.
Il contesto è quello di un manuale dei mostri curato da Skerples (una delle figure più prominenti della scena OSR), Monster Overhaul (già il titolo, secondo me, è ben più chiaro di “Manuale dei Mostri X”).
Il disegno sta girando in rete ed è opera di Robin Carpenter, ma per non rischiare di mettere in difficoltà il buon froggy dal punto di vista legale ve lo linko dal mio canale:
Ora, a me un’immagine del genere passa chiaramente il messaggio che quel coso è un mostro, ti vuole morto e ti farà veramente male, più di non possa fare un testo (a meno che non sia un romanzo breve) o una tabella. Da GM, mi fa pensare che quel mostro deve essere uno scontro difficile, da cui qualcuno potrebbe non tornare. Di sicuro non è una sacca di XP che vaga per il Dungeon. Da giocatore, mi fa pensare che devo starci alla larga o assicurarmi di avere un qualche tipo di vantaggio prima di affrontarne uno, non certo il classico “vado in ira e carico”.
Non è per fare il puffo quattrocchi (“ve l’avevo detto iooooo!”), ma qua e là ho cercato di far passare l’idea che un manuale, anche di core rules, dovrebbe essere fatto per più del 50% di immagini evocative con didascalie potenziali di sviluppo.
La prima regola non scritta di ogni gdr è "crea un immaginato e storicamente il modo migliore per farlo, anche in tanti altri media narrativi, è un’immagine.
Mi allargherei dicendo che deve essere fatto di “elementi” perché anche qualche paragrafo narrativo o lo stile dell’impaginazione possono dare molto (per dire, a me l’impaginazione di Changeling: the Lost aveva trasmesso molto bene l’idea della Siepe come confine tra i mondi - uno degli elementi chiave della cosmologia del gioco), ma i racconti sono così abusati che forse non è il caso di incoraggiarli…
Io credo che dipenda molto da chi legge il manuale.
Ci sono persone più visive che vengono stimolate più facilmente da immagini e ci sono persone più mentali che vengono stimolate di più dalla lettura di un testo e da ciò che quel testo evoca nella loro mente.
E’ chiaro che - avendo il budget - se un manuale può includere entrambi abbraccerà un target maggiore; ma non è detto che un autore abbia i soldi (o il tempo o i mezzi) per includere entrambi.
In ogni caso, un manuale è un testo informativo ed evocativo - e tutto quello che lo compone è linguaggio usato per trasmettere quelle informazioni.
L’impaginazione, i colori usati, il font, la formattazione, le illustrazioni, i testi… tutto fa parte di una grammatica usata per trasmettere queste informazioni e queste suggestioni immaginarie nel lettore.
sì e no.
per dire, che ci faresti con il 50% di immagini nel manuale di Microscope?
dipende quindi dai giochi e dall’intento al tavolo e dal crunch del gioco e da mille fattori.
Come tutte le regole ha le sue eccezioni (per esempio, i miei giochi sono autoprodotti e io non so disegnare: ho dei limiti agl artwork che posso usare), la prenderei più come linea generale che come cosa scritta nella pietra.
Una linea più rigida, che mi sono dato io, è che tutti gli elementi grafici devono correre nella direzione dello spiegare che tipo di fiction voglio ottenere col mio gioco. Se non aiuta non lo metto.
Tutto sacrosanto.
Per me è però più di una eccezione, sono proprio tipologie di gioco, quelle dove l’ambientazione ha un valore forte e quelle dove non.
Se fantasy World avesse il 50% delle illustrazioni per me non sarebbe valore aggiunto, con il massimo rispetto per Luca, perché io non lo giocherò con quella ambientazione.
BitD ha un’ambientazione molto forte e nel manuale ci sono poche immagini che personalmente trovo neanche eccelse (non le denigro, dico solo che non sono capolavori), per me è apposto così.
I cosiddetti sistemi generici sono uno scherzo della natura, niente più che una cassetta degli attrezzi, un non ancora gioco che mette il carro davanti ai buoi e ti costringe a tutti gli effetti a completare il gioco prima di sederti e giocare e che ti lascia inconsapevole fino a quando inizi a giocare se l’adattamento delle icone di gioco che hai fatto tiene o ha bisogno di un’incarnazione di quelle regole diversa.
Se voglio imparare un gioco devo prima di tutto impararne, comprenderne, l’ambientazione.
Regole astratte le possiamo certamente imparare, per così dire, nel vuoto, ma non esistono realmente fino a quando non esiste un immaginato che le usa.
Puoi imparare un linguaggio ma fino a che non lo parli con qualcuno… lo hai davvero imparato? Esiste davvero?
L’immagine di un drago esprime molto meglio il concetto meccanicistico di punti ferita di quanto non faccia una facciata che te li spiega i punti ferita.
Infatti è in virtù di questo che può esistere il drago da 16 punti ferita.
Basta prenderne consapevolezza.
“Ma lo hai visto?!” Potrebbe essere una regola a turti gli effetti.
Eccezioni? Microscope? Può essere, hai con molto acume preso un gioco che crea ambientazioni, come può avere lui stesso bisogno di un’ambientazione?
Eppure sostengo che anche Microscope sarebbe migliore se avesse dozzine di illustrazioni mute o didascalizzate che “raccontano” l’evolversi di 4-5 ambientazioni lungo il testo del gioco.
Migliore in che senso?
meno cassetta degli attrezzi e più gioco immediato (anche solo perché qualche gruppo potrebbe prendere uno dei “racconti per immagine” e intessere su quello la partita o essere sintonizzato sul tipo di fiction e di temi)
più facile da apprendere e più efficace nella spiegazione delle parti meccanicistiche delle regole (anche solo perché titilla e stimola il gusto)
più profondo e longevo (meno raccontate quel che cazzo vi pare, che è un po’ un refrain in certi tipi di giochi)
Esistono però anche le ambientazioni implicite (non ho giocato a FW quindi ti cito D&D e il suo mondo post-apocalittico): fanno parte della fiction di riferimento del gioco ed è importante farle passare.
Per fare un esempio concreto: tempo fa ho giocato a Maze Rats con un modulo di un altro gioco OSR, Death Frost Doom per Lamentations of the Flame Princess. Entrambi i giochi hanno un setting implicito molto simile, con la differenza che in Maze Rats i non morti (core del modulo) sono una roba da prendi e scappa che non ci sono speranze. Questa cosa in Maze Rats non passava, quindi ci siamo beccati un TPK da incubo, con personaggi sbranati sul posto. Se questo dettaglio del setting implicito fosse stato più chiaro, avrei fatto una scelta diversa o di gioco o di modulo.
Questa affermazione forse merita un thread a parte - anche perché ci sono sistemi generici che riescono comunque a spiegarti che tipo di giochi vogliono produrre (vedi: Fate).
E io dissento dall’affermazione sui sistemi generici, anche perché ne ho scritto uno.
Come dice Matteo cerco di non andare fuori tema.
Per me le procedure chiare sono alla base di un buon manuale e personalmente delle immagini nei manuali, scusate la ripetizione, non ho nessun amore.
Vorrei più attenzione allo spiegare le regole, meno flavor text e disegni solo a contorno minimo.