Autorità nel gioco di ruolo: una chiaccherata a due

Ho fatto una chiaccherata con @danieledirubbo sul suo podcast cercando di spiegare la mia visione del concetto delle autorità in gioco, come queste provengono dal fondamento del gioco di ruolo che è ascoltarsi a vicenda, e come queste si collegano al concetto di agency o agentività. Abbiamo anche esplorato il “ciclo base” di un gioco di ruolo e i vari tipi di autorità che vi si trovano.

Lo posto in Giochi e giocare perché l’episodio ha una buona parte di contenuto di gioco concreto, specialmente riferito a The Pool e Trollbabe. Riguardo l’argomento “autorità”, non penso di essermi ancora riuscito a esprimere chiaramente qua sul forum quanto in questa conversazione. Specialmente invito l’ascolto a utenti come @Osiride e @AndreaParducci che in passato hanno chiesto chiarimenti sul concetto.

Cercherò di mettere i momenti salienti in un riassunto testuale, anche per renderli cercabili sul forum – intanto, vi invito ad ascoltare il podcast.

Vi lascio qua anche una versione semplificata del diagramma che ho postato nell’argomento relativo a Blades – dove si trova una spiegazione testuale di alcuni degli stessi concetti.

Vecchio diagramma

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Avevo segnato tre osservazioni che avrei voluto fare in live; le riporto qui:

  • Pensare alle autorità come un doppio movimento è per me la chiave per non impantanarsi nella definizione e distribuzione del diritto di parola: cioè è la realizzazione del binomio "porto in gioco qualcosa / quel qualcosa è reincorporato dai partecipanti al tavolo " a essere importante, le due mani che si avvicinano per stringersi reciprocamente. Se si realizza solo la prima condizione, al contrario, è facile che i contributi si accumulino tra di loro, senza portare a reciproco ascolto, e in questo caso è più probabile che il divertimento al tavolo assuma la forma di compartimenti stagni presidiati dal giocatore con l’ “autorità” di turno. Qui sul forum ho parlato di quelle che sono state le mie esperienze con Fiasco, e ritengo che siano pertinenti con questo punto. I singoli regolamenti di gioco, naturalmente, non possono forzare telepaticamente la gente all’ascolto attivo; possono però incoraggiare confusione su alcuni punti, su cui è necessario prestare attenzione.

  • Il fatto che diverse di queste autorità non debbano necessariamente essere espresse su carta, ma possano divenire tali con configurazioni diverse in gioco è per me affascinante. Mentre parlavate, pensavo a Sorcerer: gli outcome delle situazioni di incertezza sono disciplinati da precise procedure, ma chi narra questi esiti è volutamente lasciato in bianco. Utilizziamo una configurazione “classica”, con il GM che narra i fallimenti e i giocatori i successi? Il contrario? Tutto il peso su una specifica figura coinvolta nel conflitto? Pensando a questi casi, mi piacerebbe prestare più attenzione a cosa succede sul momento al tavolo, e al perchè non ci blocchiamo per chiarire questi momenti sorprendenti e non programmati - @ranocchio ha dato una sua risposta con l’esempio di CY_BORG, ma voglio esplorare di più il tema.

  • Sugli “ogre quantistici”, c’è un caso particolare di ogre teleportante perfettamente accettabile in un dungeon crawler…la tabella dei mostri erranti! Fino a quando non tiriamo ogni 10 minuti di esplorazione, la sezione 2B che ho segnato del complesso di caverne potrebbe anche essere vuota, o avere altro. Ma un tiro di tabella materializza magicamente un opposizione in campo. Naturalmente non dico questo per squalificare lo scambio avuto, ma per puntare il dito su un esempio molto evidente di vincolo all’autorità della situazione del GM: è ovvio che in assenza di questa tabella teleportare ogre sarebbe scorretto e squalificante per i giocatori al tavolo. E, se esploro una villa vittoriana, dovrebbero esserci eccellenti ragioni perchè un tiro sui mostri erranti materializzi un drago nel salotto!

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A mio avviso la determinazione dei contenuti con procedure casuali (tra cui tabelle e/o mostri erranti) è qualcosa di completamente diverso rispetto al cosiddetto quantum ogre.

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Beh…sni; forse accostarli senza chiarire ulteriormente ha generato confusione. Specifico la parte che mi interessa.

Entrambi i casi, a mio avviso, sono accomunati dal seguente elemento: un contenuto della situazione viene generato sul momento - in questo caso, quando si entra in una nuova stanza del dungeon o si perde un tot limite di tempo ad esplorare una stanza. Ecco allora che qualcosa si “teleporta” - o “materializza” o “entra d’improvviso”. A meno che non stiamo parlando di un GM che va totalmente a braccio, entrambi i casi genereranno qualcosa di quantomeno coerente con la struttura dell’avventura che il tavolo sta vivendo: siamo in una tana di ogre, e guarda caso aprendo una porta ecco che spunta un ogre (per favore concedetemi il semplificare l’ecosistema di questo dungeon iperuranico). Per i giocatori, il fatto che quell’ogre fosse stato programmato 3 settimane fa mentre si costruiva il dungeon, generato con un tiro in itinere o creato sul momento “perchè non ci sono abbastanza combattimenti” è fondamentalmente irrilevante. Si, lo ripeto, a mio avviso irrilevante. A meno che non ci sia un fondatissimo sospetto che il GM stia seguendo la terza opzione, gli effetti di quelle tre scelte portano grossomodo agli stessi esiti - contrattazioni, fughe, combattimenti e qualsivoglia.

Quello che mi interessava chiarire con il commento è che, giustamente, solo due di questi casi iniettano incertezza nella situazione, mentre uno è un modo di annullare gli effetti di determinazione dei giocatori sulla stessa e seguire un copione in mano a un giocatore - poco importa quanto completo sul momento.

La sola differenza che vedo tra i due meccanismi è dove risiede il controllo. Ma il fatto che procedure casuali e quantum ogre siano intrinsecamente differenti? Che il solo fatto di usare le prime generi effetti completamente differenti sulla situazione rispetto al secondo metodo quantistico? Ecco, lì sarei in totale disaccordo.

Prima di proseguire con questa discussione vorrei capire quanto stiamo andando off topic (e qui mi rifaccio a @ranocchio che ha aperto il thread), ma ovvio che mi piacerebbe capire di più che cosa volevi dire.

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Penso siate abbastanza fuori tema. Separo l’argomento a tempo debito, ma per ora per piacere non proseguite su questa linea di discussione.

C’è il rischio di saltare nella discussione senza chiarire cosa intendiamo con quantum ogre, specialmente dato che la conversazione che hai citato è alla fine di un podcast di due ore.

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A mio avviso questo è un ottimo esempio per capire il concetto di Autorità.

Perchè la domanda per me fondamentale rimane la seguente: chi materializza il mostro errante?

La Tabella dei mostri erranti/il Tiro del dado sarebbe una risposta naïve. Un dado o una tabella non hanno bocca o mente, sono strumenti procedurali inerti ovviamente.

Ritenere il contrario (cioè che siano il dado o la tabella a generare nello spazio immaginato il mostro errante) significa dare a cose inerti Autorità nel gioco al posto delle persone sedute al tavolo.

È quanto nella conversazione @ranocchio ha riportato circa il glossario provvisorio della Forgia , nel quale è riportato, erroneamente, che anche cose e regole possono avere “autorità”.

L’Autorità è solo delle persone in carne e ossa che giocano.

La tabella e il tiro per i mostri erranti sono invece un vincolo di contenuto all’Autorità che una persona al tavolo deve comunque esprimere.

Quella regola, quel tiro e quella tabella individuano un momento di incertezza rispetto all’immaginato che deve essere risolto dall’Autorità di qualcuno, nè più nè meno dell’innesco di una Mossa dell’Apocalisse.

Così come le persone concrete danno un giudizio sull’innesco di una Mossa, nel senso di ritenerlo attivato o meno dalla fiction, così allo stesso modo danno un giudizio sull’attivazione dello strumento Tabella dei mostri erranti.

Chiunque abbia giocato quel tipo di giochi penso se ne renda perfettamente ed intuitivamente conto: non esiste un meccanicismo ineluttabile e strettamente matematico-oggettivo che fa scattare da solo l’uso della tabella dei mostri erranti.
Tutto è sempre filtrato ed adeguato dal giudizio dei partecipanti, solitamente del master.
Infatti nelle prime edizioni del gioco più famoso del mondo le stesse regole chiariscono che il master può effettuare tiri più frequenti, con percentuali maggiori o minori di incontro o anche tiri speciali in occasioni speciali (classico il caso in cui i personaggi compiano azioni disastrose e rumorose).

D’altronde il tempo di gioco è disallineato rispetto al tempo reale e generalmente rileva per l’uso della tabella non solo il passaggio del primo tipo di tempo formattato in “unità significative di tempo-azione” (cercare trappole fa passare un turno etc…), ma anche il passaggio del secondo (i giocatori perdono troppo tempo a parlare fra loro di problem solving) può rilevare per l’attivazione della tabella.

La Tabella è solo uno strumento inerte. E’ l’Autorità Situazionale di qualcuno che, utilizzando la tabella, fa comparire il mostro errante.

Lo dimostra ancor di più il fatto che anche il risultato sia del tiro sia della tabella non possono essere auto applicati naturalmente.

Il risultato di dado e tabella consegnano solo dei vincoli di contenuto a chi dovrà narrare l’esito del momento di incertezza.

L’incontro avverrà, ma non sappiamo esattamente come nè esattamente quandodove ne perchè e, a voler essere precisi precisi neppure se esso sia ancora evitabile fin dall’inizio con qualche accortezza.

Neppure sappiamo ancora cosa sarà incontrato: la Tabella, in quasi ogni sua incarnazione, contiene elementi che normalmente ricorrono in quella zona di esplorazione e che quindi possono ricorrere anche questa volta, ma non impedisce che l’Autorità di chi deve narrare utilizzi elementi coerenti e già presenti in gioco in quel momento, in quella precisa zona di esplorazione.

Ovvero: se nelle stanze intorno sono presenti Troll di caverna a caccia e la tabella indica come incontro “un serpente cornuto”, l’Autorità rimane autorizzata a far arrivare uno dei Troll, presente o meno anche il serpente.
Perchè quale è il punto significativo rispetto al contenuto vincolato da tabella, che ci sia anche il serpente o che avvenga un incontro di qualche pericolo/particolarità presente attualmente nell’esplorazione?

Tutto questo è esattamente il contrario dell’Ogre quantistico.
Che appare e scompare senza vincolo e soprattutto senza che si sia venuta a creare un’incertezza nella fiction da risolvere con qualche Autorità: l’Ogre compare e basta per qualche scopo di una sola persona che impone il suo controllo su quanto sta normalmente accadendo in gioco e dunque sulle decisioni delle altre persone che stanno giocando: non risolve un nodo/dubbio che si è venuto a creare entro precisi confini e limiti riprendendo qualcosa di quanto giocato e deciso dagli altri e collegandocisi.

Accade a prescindere: a prescindere dal giudizio rispetto all’innesco della tabella, cioè a prescindere da un momento di incertezza da risolvere con un’autorità, a prescindere dal contenuto di quanto giocato fino ad ora, a prescindere dal contenuto della tabella, a prescindere dalle decisioni e autorità degli altri partecipanti, a prescindere . Perciò non esiste, perchè prescinde e non si reincorpora.

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Ok, mi sembra che @Davos abbia riportato la conversazione sul tema. Grazie.

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Sono a 2/3 del podcast e mi sembra interessante (anche se io faccio una super fatica ad ascoltare i podcast perchè non ho la parte visuale di chi sta parlando).

Comunque, my 2 cents alla discussione: secondo me, data la definizione di @ranocchio , più che il termine autorità andrebbe usato il termine autorialità (authorship in inglese, che infatti può anche essere tradotto come “paternità” quando si parla di un’opera).

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Per “che termine usare” vedi il post di Ron che ho tradotto.

All’inizio la pensavo come te, @Matteo_Sciutteri, e cercavo un’alternativa. Tuttavia con il tempo mi sono reso conto che alla fine la parola scelta da Ron va benissimo. Il problema è che le persone sono bloccate in una comprensione del medium basata sulla prevaricazione o sull’accordo sociale fuori dal gioco, e quindi non capiscono – fare i salti carpiati per trovare una parola migliore non risolve davvero il problema.

Chiaramente rimani libero di usare le parole come vuoi.

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Adriano, questo è uno dei tuoi migliori interventi su questo forum a mio parere.

Hai centrato il problema, in una maniera nella quale non sono riuscito mentre parlavo con Daniele. L’elemento ricettivo di ascolto e reincorporazione è tanto importante e necessario quanto quello attivo del portare le cose in gioco. L’autorità esiste quando è riconosciuta dagli altri.

E hai anche espresso benissimo il perché l’ossessione di alcuni in italia sulla scrittura procedurale del manuale è una strada senza uscita – se non sei capace di ascoltarti a vicenda, nessun regolamento può obbligarti a farlo.

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Sto ascoltando con grande interesse il podcast. Oltre a fissare dei concetti che, da ignorante, non pensavo fossero stati formalizzati (la agency; la non necessità di “collaborazione” intesa come accordo esplicito…) mi è di grande conforto perché sto avendo una “brutta esperienza” a causa di un gioco… un “non gioco” a dire il vero.

Un “non gioco” che mi ha messo di fronte a meccaniche e ad una serie pratiche ed approcci che evidenziano il disinteresse nel stimolare il reciproco ascolto, della mancanza di piacere nel costruire su quanto viene detto dall’altro, di questo tendersi la mano. Ma soprattutto mi ha posto davanti al fatto che nessuno al tavolo abbia interesse e l’esigenza che questi fattori ci siano. In pratica il piacere di giocare ad un “non gioco”.

E in effetti la sensazione è proprio quella di muovermi tra compartimenti stagni dove le decisioni mie e degli altri giocatori non hanno conseguenze in fiction. Dove potrei (e in effetti posso) non ascoltare quanto viene detto da chi non ha autorità, perché quanto narrato da un giocatore non ha nessuna ricaduta nella fiction.

Ed è frustrante soprattutto, notare che nessuno al tavolo abbia l’esigenza che quello che si racconta abbia una qualche ripercussione, un impatto significativo, sulla storia, che non ci sia attenzione al di là di una semplice reazione temporanea come una risatina o una pacca sulla spalla.

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di quale gioco si tratta?
Potresti fare un esempio di quanto avviene concretamente in gioco?
Sarebbe molto utile!

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Ciao,
visto che, nel tentativo di salvare la giocata ho anche proposto delle semplici modifiche al gioco e visto che temo di andare OT in questo thread, ne ho aperto un altro nella sezione Creazione e Design

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Penso sia molto importante chiarire che quando dico “non gioco” in nessuna maniera intendo fare una critica ad alcun gioco specifico chiamandolo “non gioco”. Mi pare di essermi ripetuto più volte nel podcast che non mi interessava parlare del design dei manuali dei giochi di ruolo, ma di quello che le persone nella pratica fanno giocando.

Sto esprimendo in italiano quello che in inglese esprimerei come non-play o unplay, che forse dovrei chiamare “non giocare” o “assenza di giocare”.

Per ripetere quello che ho detto nel podcast, non intendo con questa espressione escludere persone dall’hobby, o dire che alcuni giochi sono megli di altri. Potete chiamare le cose come vi pare.

Semplicemente voglio stabilire una differenza tra due attività incompatibili l’una con l’altra, una dove ci si ascolta ed esistono le autorità in gioco di cui stiamo parlando adesso, e l’altra fatta al peggio di prevaricazioni o al meglio di accordi interpersonali, dove esistono le autorità sociali sugli altri. La stessa differenza, appunto che c’è tra il pugilato e la WWE.

Non sto cercando di indicare che un qualunque gioco, inteso come oggetto, possa descriversi un “non gioco”.

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A dire il vero il tuo punto di vista mi sembrava chiaro fin dall’inizio.

Per me è stato un episodio illuminante (proprio nel senso di rendere chiaro qualcosa che per ora era solo un’intuizione nebulosa).
Ciò detto, sono una persona puntigliosa: quando si dice che l’agency è intrinsecamente bidirezionale, a me vengono in mente vecchie partite a d&d con questa struttura nella conversazione:

  1. il DM introduce una verità impattante
  2. un PG agisce in conseguenza a questa verità
  3. il GM tira dritto ignorando quanto detto dal PG

Ricordo che all’epoca come pg avevo la sensazione di dover rispondere alla storia del DM con delle considerazioni o azioni teatrali, ma preoccupato dal fatto che impattassero sulla storia. Spesso specificando “il mio pg dice o fa X, ma solo come nota di colore eh, poi non importa”.
Questo non è un esempio di momento in cui l’agency è unidirezionale?


@Davos non sono convintissimo sul considerare le tabelle di generazione (e affini) una forma di autorità dei giocatori. Non dico che sbegli, dico che la tua analisi mi lascia dei dubbi. Ovvero …

… se è vero questo, allora “qualcuno” chi è? Il master (se c’è)? Uno dei giocatori? E cosa cambia a seconda della persona cui riteniamo appartenga l’autorità? Perché aldilà del fatto che magari tirerà lui il dado, la tabella genererà un risultato randomico.

L’unica cosa che mi fa dubitare che il manuale abbia una sua autorità, è che non può intervenire autonomamente, e visto che abbiamo detto che l’autorità non viene elergita da qualcuno a qualcun altro, non sono neanche i giocatori a concederla al manuale.

ByBobo

Se il DM decide, a sua discrezione, di ignorare quello che ha detto il giocatore, è il classico esempio di railroad o affini.

Se invece siamo tutti d’accordo che una certa cosa sia detta solo come dettaglio di colore, o come battuta, e non ci aspettiamo che abbia delle conseguenze, direi che è normale, può succedere, non ci vedo problemi: non è detto che ogni singola parola che diciamo debba andare a impattare sul gioco.

In entrambi i casi, a mio avviso, direi che non si ha alcuna agency, più che parlare di agency unilaterale.

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Ho aggiornato il diagramma del primo post includendo anche le due “sotto-autorità” di cui parliamo nella seconda metà del podcast. Spero aiuti a chiarire.

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Oh, l’ho ascoltato un paio di volte. Ma devo essere sincero, non mi ha aiutato molto, o forse mi aspettavo toccasse punti diversi (probabilmente quelli degli audio precedenti a cui fate riferimento, fra Daniele e Claudia…).
Queste autorità di cui parli, @ranocchio , continuano ad essere un concetto talmente astratto, talmente elevato, che fatico a calarle nella pratica del mio giocare. O forse sono così terra-terra che sto aspettando una sorta di rivelazione, e questa rivelazione non arriva.

Tutta la parte da minuto 12 a minuto 19 è un continuo dire cosa l’autorità NON è.

Poi, le autorità di cui parli, non sono (dal minuto 19) autorità di “chi ha il diritto di parlare in quel momento”, o “autorità narrazionale”, e (20:40) non c’entrano con il problema del “master potente”, non c’entrano con “calpestare l’autorità specifica”.
Poi “Non parliamo di autorità centralizzata, autorità monolitica, o eccesso di autorità, ma di assenza di autorità”. “Non c’è ascolto reciproco. E’ non-gioco.”
Questo è facile, se il GM non ascolta i giocatori, e tira avanti per la sua strada, facendo rail-roading, è un problema, ma come dici tu non è di questo che vuoi parlare.

23:35 “C’è al massimo un’autorità sociale del gioco.” “L’autorità può essere confusa con il diritto di parola.”

25:00 io mi sento molto Daniele, in questi minuti.

30:00 questa parte è chiara, nulla da dire sul discorso “cosa fai?” “giocatori che fanno domande per poter fare una scelta ecc.” Tutto ovvio.

35:35 “questa non è autorità, questo è chi inventa qualcosa”.
37:00 bisogna separare dall’autorità sociale da questo concetto dell’autorità in gioco. La centralizzazione dell’autorità in gioco non implica una disposizione sociale malsana."
Daniele ha dubbi, ma, come in altri momenti prima durante il podcast, io credo (magari sbaglio di brutto) che nemmeno lui riesca a venirti dietro…

38:55 questa parte è ovvia, cristallina: rispetto sul costruire su quello che è già stato detto in precedenza. Questo è chiaro, e va fatto da tutti al tavolo, ed è uno dei nuclei fondamentali del GdR. “Agency è la capacità di essere ascoltati, e che gli altri ti rispondano”; ok.

46:40 esempio di The Pool, poi il problema di GM di Daniele: ecco che qui si vedono problemi nell’agency (o nell’autorita!?). Io dico che PROBABILMENTE è perché il regolamento non ti spiega nel modo corretto, o abbastanza in dettaglio, proprio il “chi può dire cosa”, ma soprattutto fin dove può spingersi, E se alla fine c’è una figura (solitamente il GM) che può validare e far proseguire il gioco, o che può fermare e chiedere al giocatore di riavvolgere, di ripensarci un po’, perché sta “rovinando” qualcosa - ad esempio il mood della campagna, o quello che (almeno nella testa del GM) è un pilastro dell’ambientazione, ecc.

54:00 - ok, questo tutto facile, tutto ovvio. Ecco che poi 1:00:00 si arriva a parlare del sistema di risoluzione. “L’autorità cambia”. “Chi ha l’autorità sull’esito?”. Ok, le regole devono spiegare questo.
1:04:00 a Daniele qualcosa non torna…
1:05:25 “Questo è una regolamentazione che non riguarda l’autorità stessa ma il transizionamento da un’autorità all’altra”.
Dubbi su manuale di Trollbabe…
1:05:55 “tutte le autorità i sistemi si realizzano in maniera diversa da gruppo a gruppo; le distribuzioni di autorità non sono sempre le stesse anche se il manuale è lo stesso, ma dipende anche dalle persone al tavolo e da come interpretano certe regole e certe indicazioni del manuale”.

1:06:15 (e dopo, a 1:15:15) ma questo vuol dire semplicemente che lasci al giocatore un po’ di colore, può narrare il “colore” invece di sentirselo narrare dal GM, ma non ha nessun “potere”, non c’è un’autorità di quelle che per me contano qualcosa. Ma vabbè, questi son solo un paio di esempi di come tu giochi The Pool o CyBorg.

1:07:00 ok, chiaro. “Autorità sui retroscena”. “Delegare qualcosa dei retroscena al giocatore”. ecc.ecc. Qui si capisce che è il regolamento che (in teoria, se fatto bene) spiega al tavolo queste parti di autorità, o almeno dà delle indicazioni abbastanza precise. E qui tutto facile, il manuale se fatto bene dice chi può dire cosa, chi ha diritti di veto ecc.

1:16:40 Anche qui sono con Daniele. E comunque stiamo parlando di una parte del gioco davvero minore.

1:23:10 Anche qui sono con Daniele, è questo . E anche qui viene di nuovo fuori “ma non è quello di cui stiamo parlando”. E ancora 1:25:30 “non riguarda il tema di oggi, il tema di oggi sono le cose che succedono al tavolo una volta che hai già realizzato il sistema al tavolo e letto il manuale”. …

1:26:10 “Distinguere quando si passa dall’autorità situazionale a quella degli esiti è importante, cambia i ruoli delle persone al tavolo”. … “Se si perde la sensazione sull’autorità situazionale si percepisce questa ossessione sugli esiti”.
“Si confonde l’autorità in gioco da quella sociale”.
Anche qui mi pare che Daniele fatichi a venirti dietro.
Nel mio piccolo, io sono uno di quelli che ha piacere ad avere chiare le autorità sugli esiti (ma soprattutto, un buon manuale che faccia comprendere al gruppo che il GM non sta facendo il dio, ma sta seguendo delle buone regole, delle buone norme, agende, principi ecc.).

1:30:55 Ok, qui entra in campo l’Ogre Quantico. Ignoriamola pure, non è poi così importante, distrae dal resto.

1:39:15 “Molto importante capire queste autorità, specificamente”. “Capire queste parti mi ha aiutato ad capire dove avevo degli automatismi che non funzionavano, che creavano dei problemi”. Boh, non vedo quali siano, non mi sono arrivate. Sarebbe interessante avere una sorta di riassuntino, di elenco puntato che possono essere utili a tutti, e sulle quali forse possiamo provare a confrontarci in futuro.

IMPORTANTE: questo post non ha un gran filo logico. E’ un semplice mio commento/reaction all’audio. E’ un riportare alcune frasi che tutto sommato ho sentito, ma che alla fine non mi hanno dato nulla.

Non so se ho qualcosa di preciso da aggiungere.

Una domanda un po’ netta, @AndreaParducci.

Ti interessa, sul serio, capire di cosa parliamo, e di perché a me e ad alcuni queste paiono cose non solo poco astratte, ma fenomeni pratici facilmente osservabili?

O ti interessa semplicemente mettere in piedi un dibattito dove ti dichiari in disaccordo e consideri il discorso inutile?

Più approfonditamente, ti interessa sapere perché secondo me non cogli la questione e quali sarebbero i passi da compiere per farlo?

In secondo luogo – non comprendo perché hai inquadrato gli interventi di Daniele come se fossero fondamentalmente in contrasto con i miei, o come se ci fossimo trovati a dibattere punti di vista diversi. Si tratta di un dialogo dove lui e io siamo fondamentalmente d’accordo su quello che stiamo descrivendo, o lo diventiamo tramite la conversazione, e lui usa il suo punto di vista diverso per spronarmi a chiarire e specificare meglio quello che dico.