Colore e informazioni interagibili

Giocando con @ranocchio (qui trovate il resoconto della campagna in corso) mi sono reso conto di una cosa alla quale ora faccio molta più attenzione: ovvero l’equilibrio fra Azione e Colore che è in grado di mantenere mentre gioca.

Mi spiego meglio. Quando, in qualità di master, deve impostare una scena o descrivere gli esiti delle prove, lui opera secondo quella che ho percepito essere una gerarchia altamente funzionale:

  1. Il suo interesse primario è individuare come dare impatto alle azioni dei giocatori e come sviluppare la scena individuando o inserendo elementi interagibili, attivi, dinamici (e perché no, interessanti!).
  2. In secondo luogo, è in grado di inserire Colore nelle sue descrizioni e azioni, rendendole a seconda del caso divertenti, drammatiche, eccitanti… insomma, “speciali” e dotate di un forte peso drammatico.

Questo ragionamento, all’apparenza semplice, porta invece a un dubbio (e a una sua risoluzione) importante: come dare colore senza scadere nella teatralità? Dove sta il confine?

La risposta mi pare possa essere chiaramente ritrovata proprio nella gerarchizzazione stessa: se come master mi interesso sempre in primis alle azioni dei giocatori, più che alla mera messa in scena (con chiaro riferimento al mondo teatrale), allora quando deciderò di colorare una scena avrò minimizzato il rischio di cadere nella teatralità fine a sé stessa.

A quel punto, infatti, la mia intenzione non è atteggiarmi da "master figo"® in grado di fare le descrizioni accattivanti e le scenette strappalacrime, ma la prospettiva è invertita: voglio rendere drammatico, immersivo, speciale questo momento non in quanto tale, ma per ri-sottolineare la profonda bellezza estetica di questo momento nato dall’intreccio delle azioni di tutti i giocatori, e volerlo rendere speciale o semplicemente piacevole.

E in ciò il concetto di “drammatico” è emblematico: una scena o una azione non sono drammatiche perché si sono spente le luci del teatro e abbiamo puntato la spotlight su di esse, ma in quanto rappresentano le volontà di uno o più giocatori all’interno di una situazione dinamica, nella quale decidere “se premere o meno il grilletto” sarà sempre più importante di descrivere la faccia in lacrime della vittima, nella quale tutti i giocatori sono coscenti che ogni scelta avrà un vero impatto.

Insomma: le Azioni sono più importanti del Colore; ma il Colore è uno strumento che ci permette di aggiungere Drammaticità alle Azioni e contribuisce al nostro divertimento durante una sessione. Inoltre, la Drammaticità non è mai generata dal Colore, ma anch’essa deriva dalle Azioni e dall’impatto che siamo in grado di dargli.

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Concordo su tutto

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Ciao @Xeno , ringrazio molto del complimento anche se vorrei redirigere la discussione su qualcosa di più concreto e lontano dai paroloni che hai tirato fuori in maniera che secondo me rischia di confondere le acque.

In primis non penso di essere particolarmente bravo ma solo di aver assunto consapevolezza su alcune caratteristiche fondamentali del mezzo gioco di ruolo. Sinceramente, nemmeno tanto bene, e c’è una tristezza dietro al dover celebrare quello che secondo me dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo.

In secondo luogo non penso sia davvero una proprietà di fare il GM, ma qualcosa che andrebbe fatto in ogni caso, ma che forse l’applicazione è meno immediata in quel caso.

Ma andiamo al dunque, fondamentalmente quello che faccio è questo.

La consapevolezza è che quando giochiamo a un gioco di ruolo l’equivalente delle pedine e del tabellone sono una situazione e dei personaggi in essa coinvolti. Con personaggio intendo qualunque entità in grado di apportare cambiamenti alla situazione—che è la definizione di personaggio in una storia. Essendo fautori di questi personaggi trasformiamo la situazione.

Una situazione contiene elementi di certezza e incertezza:

  • Fissi, non soggetti a cambiamento.
  • Soggetti potenzialmente a cambiamento.
  • In bilico, soggetti sicuramente a cambiamento.

Questo perché giocando ci interessa evolverla, ma non possiamo farlo senza niente di certo su cui appoggiarci, ed egualmente non possiamo farlo se sappiamo già come andrà a finire, e il cambiamento deve essere almeno per alcuni elementi obbligatorio[1]. Servono dunque tutti e tre i tipi di elemento.

Ma soprattutto, per essere effettivamente giocabile, alcune incertezze della situazione devono per tutti i giocatori:

  • Avere presenza in una scena in corso, chiaramente inquadrate nello spazio e nel tempo.
  • Essere interessanti da scoprire, o meglio dire risonanti con quel determinato gruppo di persone.
  • Infine devono essere interagibili. Almeno un personaggio in scena deve poter fare qualcosa a riguardo e apportare un cambiamento.

L’ultima qualità dell’interagibilità è probabilmente quella che hai notato e cui stai dando il nome di “azione”, mentre la risonanza è quella che hai chiamato “drammaticità”.

Ora, sia quando inquadro una scena da GM, sia quando descrivo l’esito di un tiro in The Pool, sto praticamente costruendo la mia parte di una situazione: usando i miei personaggi cerco di fare in modo, conoscendo le persone con cui gioco e i loro personaggi, di mantenere queste qualità.

È la stessa ragione per cui ho fatto il timeskip nella nostra serie. Non c’era niente di risonante e interagibile che mi venisse in mente di inquadrare nel breve termine, perciò ho accelerato il tempo e inquadrato qualche mese nel futuro.

Faccio notare che egualmente da giocatore quando posiziono il mio personaggio devo farlo arrivare a un punto di incertezza dove altri personaggi (gestiti dal GM o meno) possano interagire con lui. Non c’è differenza da questo punto di vista.


Torniamo sull’aspetto invece che hai meglio descritto come “colore”. Il colore sono tutti quei contenuti che non sono immediatamente interagibili ma che danno vividezza e impatto al resto della situazione. Non sappiamo bene cosa farcene ora, ma siamo ispirati per una ragione o per l’altra a descriverli.

La cosa importante è che non sono inutili![2] Perché non sai quando un elemento di colore potrà poi diventare effettivamente interagibile o avere un impatto sulla situazione. Quindi, li descrivi per ispirazione e vividezza, ma possono in maniera inaspettata balzare in primo piano e avere un’effetto imprevisto e molto forte.

Per questo è anche importante avere dettagli di questo tipo, e ogni persona li include secondo la sua sensibilità e preferenze.

Se vedi la nostra sessione di S/Lay W/Me, ci sono tanti momenti di questo tipo, dove una descrizione di passaggio viene mantenuta e reincorporata da entrambi, e diventa impattante più tardi. Se ti va, come esercizio, riguarda il video e identificami almeno un paio di avvenimenti di questo tipo, una descrizione di colore, cosa abbiamo fatto per mantenerla viva, e quando è diventata interagibile.


  1. Se non deve cambiare qualcosa, perché questa situazione? ↩︎

  2. A differenza di quello che molti dicono sul flavor text dei poteri di D&D 4E, esso diventa effettivamente rilevante. ↩︎

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Grazie @ranocchio!

Mi piace in particolare il discorso che fai sulla Risonanza. Credo che spesso quando si gioca si tende a dimenticare l’importanza imprescindibile delle altre persone al tavolo e, di conseguenza, l’impossibilità di definire elementi “universalmente risonanti”. Una situazione può essere infinitamente interagibile, ma se non risuona con i giocatori allora viene da chiedersi perché dovremmo giocarla.

In secondo luogo, in riferimento al colore, come mai secondo te “siamo ispirati per una ragione o per l’altra a descriverli” (cosa che come giustamente aggiungi poi varia da persona a persona)? Non credo che tutto ciò che aggiungiamo per colorare sia necessariamente tramutabile in qualcosa di utile per la situazione, eppure tentiamo in qualche modo di raggiungere una vividezza e di esprimere emozioni attraverso la narrazione. Secondo me anche questo ha una qualità estetica propria, che ricerco nel qui e ora per celebrare un momento e cercare di farlo risuonare con più forza fra tutti i giocatori. Forse è facile liquidare questa cosa come un semplice obiettivo di “voler raccontare una bella storia”, ma secondo me non si limita a questo (che chiaramente non è il fulcro della nostra attività).
Ma, sempre ricollegandoci agli altri, credo si possa interpretare questo agire come la necessità di comunicare informazioni, trasmettere emozioni e sincronizzarmi emotivamente con gli altri giocatori. A quale fine descrivo un momento triste per il mio personaggio come uno “struggente pianto, seguito da un urlo che fa tremare il cuore”? Per fare poesia? Personalmente credo che la poesia non abbia particolare posto ai nostri tavoli… eppure, una vivida descrizione è in grado di investire un momento di una potente carica emotiva. L’intenzione vera, però, non sta nell’intrattenere o stupire gli altri, quanto nel rendere vivido (mi sta piacendo un po’ troppo questo aggettivo) un momento che per noi è importante, dire indirettamente e attraverso parole pesate “ragazzi, sta roba qui per me è veramente importante, vi sto comunicando qualcosa, ascoltatemi”.

Cosa ne pensi?


Nel fine settimana provo a fare l’esercizio!

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Per gettare uno sguardo all’esterno, vi menziono i principi blorb pubblicati su idiomdrottning.org. Tra questi c’è anche il principio della rilevanza della carta da parati che mette sotto i riflettori il colore e chiede di non trascurarlo nella preparazione. I principi non sono necessariamente condivisibili, sono un manifesto per un approccio piuttosto estremo al gioco OSR con l’ideale di una preparazione onnicomprensiva, però possono essere una prospettiva interessante. Trovo degno di nota che diverse linee di pensiero consapevole sul GdR finiscano, pur partendo da premesse non sovrapponibili, a sottolineare l’importanza del colore come spunto da integrare nella situazione.


Per tornare al concreto, i giochi avventurosi sono i più fecondi di esempi in cui il colore assurge a una grande importanza, grazie alle interazioni materiali e dirette con l’ambiente che è molto naturale provare. Mi vengono in mente almeno due esempi di elementi di colore che sono finiti ad avere grande impatto in sessioni a cui ho giocato.

  • Una volta giocavo a D&D 5e con amici dell’università e stavamo fuggendo da una prigione, quando siamo arrivati in una stanza con vari arazzi. Siccome era un’evasione non avevamo con noi una fida pertica da tre metri, ma me ne sono procurata una strappando dalla parete l’asta che sorreggeva uno di questi arazzi. Proprio nell’esplorare la stessa stanza abbiamo trovato una scala dietro agli arazzi e tastare gli scalini con il bastone ci ha salvati da una trappola che non ci avrebbe certo fatto le carezze.
  • A una vecchia COSMO il buon @danieledirubbo aveva portato Black Sword Hack, se non ricordo male. In quell’occasione, in un tempio avevamo trovato l’ingresso di un passaggio segreto verso il forte in cui ci dovevamo intrufolare. Il nostro problema era che la porta sul passaggio era bloccata. Fortuna vuole che il tempio non fosse illuminato da torce, ma da lampade, così l’olio lampante di una di queste è stato subito riconvertito in lubrificante, evitandoci di dovere cercare un accesso alternativo.
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Non mi ricordavo di questo episodio, ma mi capita spesso di portare gli stessi scenari agli eventi, e lì mi capita spesso di variare alcuni dettagli più o meno secondari nelle descrizioni, oppure di cambiare come alcuni eventi più o meno predeterminati dallo scenario avvengono nella narrazione rispetto alle partite precedenti e, spesso, questi cambiamenti, entrando in risonanza con le scelte dei giocatori, diventano molto significativi e portano a esiti sensibilmente o, tavolta, anche completamente diversi.

Nel caso che citi, non mi stupirei se la questione delle lampade a olio fosse stata una di queste variazioni che faccio in continuazione. Non mi ricordo a memoria se è stato questo il caso, ma mi sembra plausibile per come gioco di solito nel ruolo di game master.

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Penso che tu abbia ragione.