Voglio premettere una cosa: solitamente la fiction sul genere politico non mi piace, così come non sono un grande amante delle ambientazioni arabeggianti e desertiche. E infatti proprio per questo sono sorpreso anche io da quanto stia continuando a giocare per scoprire le vicende di Alrhamaal.
Quello che sta funzionando secondo me ritengo siano diverse cose:
- La semplicità delle regole
- Profondità del gioco
- L’ascolto reciproco e il coraggio di dare forza alle cose
Ora approfondirò i tre punti uno per volta
Semplicità delle regole
Io negli ultimi anni faccio fatica a imparare e memorizzare regolamenti nuovi, e The Pool ha un numero di regole che, per fortuna, mi semplifica molto il gioco.
Sembra banale, ma non lo è per me. Vedo nell’avere solo le regole utili un grossissimo valore aggiunto.
Profondità del gioco
Nonostante la sua semplicità, ho trovato il gioco estremamente profondo. Anzi, il fatto che le meccaniche siano ridotte all’osso permette di concentrarsi molto di più sulla parte che trovo veramente succulenta del gioco di ruolo: i contributi alla fiction, il riempire vuoti regolistici e il dialogo al tavolo.
Questo gioco mi ha fatto intimamente capire il valore del “fallimento” dei conflitti e il perché non sono cose da evitare, ma semplicemente da accettare e sviluppare.
Per tutte queste cose, a mio modestissimo parere, The Pool è il gioco minimo per giocare di ruolo in modo efficace con una distribuzione delle autorità narrative divise tra GM e giocatori.
Ascolto reciproco e il coraggio di dare forza
La cosa fondamentale, però, è la generosità e il coraggio che ciascuno di noi tira fuori quando si tratta di dare impatto a quello che facciamo.
I conflitti hanno sempre poste interessanti per la fiction, le conseguenze sono sempre abbracciate senza paura di “fare troppo”, tutto è preso sul serio e mai sminuito: l’ esempio più lampante è il Djinn, il cui operato ha sempre generato esiti veramente forti e spettacolari!