Allora, siccome la questione mi interessa e mi appassiona molto (ringrazio @Viandante per averla posta) non sono riuscito a essere meno prolisso di così, anche se sono due giorni che limo la risposta. Mi scuso davvero.
Indice
In grassetto le parti “principali” che non ho messo in spoiler, in corsivo le parti opzionali in spoiler che potete saltare.
Premesse
Non sono nessuno per parlare di OSR
...
Personalmente non mi riconosco nella OSR, e non ho titolo a parlare per essa.
Nel seguito parlerò di come gioco io, senza la pretesa di rientrare in alcuna scuola di pensiero, e senza giudizi su chi gioca in modo diverso.
OSR e D&D 5e
...
Ho sentito più di una volta, da persone più autorevoli di me, che si possono applicare i princìpi OSR anche a diversi giochi che non sono espressamente pubblicati per supportarli; in particolare, che è del tutto possibile giocare OSR con D&D 5e e perfino con D&D 3.5 / Pathfinder. Io ci credo, mi quadra.
Motivazione
Si tratta infatti di giochi in cui il master è autore dello scenario. I procedimenti / criteri / precetti usati per progettare lo scenario stesso si possono disaccoppiare quasi del tutto dal regolamento (tra quelli) usato per giocarlo. In nessuna edizione di D&D e affini, che io sappia, ci sono regole rigide per creare un dungeon: ci sono tuttalpiù raccomandazioni, linee guida, e infinite varianti di approccio, anche molto divergenti.
Ora però vedo che @Checco la pensa in modo opposto e rispetto la sua opinione, che è sicuramente più qualificata della mia.
OSR e “non bilanciare”
...
Per quanto ne so, il “non bilanciare le sfide”, nel senso che dice @Viandante (= non tenere conto delle capacità dei PG quando si progettano i pericoli e gli ostacoli dello scenario), è abbastanza un principio cardine dell’OSR. Molte persone dicono di seguirlo e divertirsi molto in questo modo. Io non lo metto in dubbio. Anche se nel seguito forse sembrerà che lo metta in dubbio, in realtà ci credo, sia chiaro.
Il “bilanciamento” di D&D 5e
...
È noto come il sistema dei “Gradi di Sfida” dei nemici in D&D 5e lasci molto a desiderare; non mantiene, cioè, quello che promette, specialmente ai medio-alti livelli: il “bilanciamento” che ne deriva è spesso aleatorio. Non lo ritengo un problema grave, per me, ma certo non aiuta chi vorrebbe affidarcisi.
Non parliamo di aspettative
...
Ci tengo a dire che non voglio parlare, qui, delle aspettative dei giocatori circa il bilanciamento. Riconosco che ci sono regolamenti di gioco, ma ancor più tradizioni di gioco, che tendono a creare determinate aspettative, ma non credo sia questo il punto. Do per scontato che ci sia allineamento totale tra master e giocatori su ciò che ci si aspetta dal gioco, incluso il bilanciamento; se si ritiene che i propri giocatori abbiano aspettative errate basta parlarne e chiarirsi.
Come gioco io?
Ho masterato varie edizioni di D&D e affini, anche con pesanti modifiche. Tra cui D&D 5e di cui stiamo parlando.
In gioventù tendevo a ricercare il “bilanciamento” in modo attento, anche se occasionali minacce “fuori scala” c’erano. In seguito non ho cambiato radicalmente il mio approccio, anche se vado molto più “a braccio” e meno di precisione, ma ora sono molto più esplicito con i giocatori, a riguardo: metto in chiaro già in sessione zero che non c’è nessuna garanzia che tutti i nemici saranno alla portata dei PG, per cui fanno meglio a regolarsi di conseguenza. Devo dire che funziona. Quello che mi preme, però, è il criterio con cui “regolo” l’uso del “bilanciamento”.
La mia opinione sul tema è complessa. Per introdurla a dovere vorrei premettere alcuni esempi. Ma li metto in spoiler per non farmi odiare troppo.
Alcune esperienze personali
Indagine su un omicidio
...
In Omicidio alla Fiera di San Tocco (qui il post di “lancio”, qui il resoconto di com’è andata) la giocata era orientata all’obiettivo di scoprire il colpevole di un delitto. I miei commenti citati da @Viandante si riferiscono proprio a quella giocata. Per me l’esempio è pertinente perché ho trattato l’investigazione come un dungeon. Ovviamente ha richiesto un paio di accorgimenti particolari, ma nessuno che la renda inadatta a questa discussione.
Cosa sarebbe successo, lì, se i PG avessero attaccato uno o più PNG e li avessero trovati nettamente superiori alle loro forze? Sarebbe una bella domanda da girare ai giocatori nell’altro thread. Secondo me non sarebbe stato visto come un problema. Io non lo avrei visto come tale.
Spiego meglio... (per chi ha letto il modulo o il resoconto)
Sfidando i banditi al magazzino abbandonato hanno corso un grosso rischio, di cui erano consapevoli, ma hanno vinto. Quando uno di loro ha osato troppo con le guardie ed è stato arrestato, ha preso con filosofia la disparità di forze e si è arreso; non mi sono sentito in colpa. Se avessero attaccato a testa bassa la villa di messer Moretti, un eccellente spadaccino di alto livello con due guardaspalle ben equipaggiati, ritengo probabile che se la sarebbero vista bruttissima; ma anche lì non avrei avuto nulla da rimproverarmi, né credo che i giocatori avrebbero avuto il diritto di avercela con me.
Però, che cosa sarebbe successo se fosse saltato fuori che gli indizi presenti nello scenario non consentivano in alcuna maniera di individuare il colpevole? Peggio, che avevo messo solo indizi fuorvianti per portare i PG ad accusare la persona sbagliata e fare poi una figura barbina?
Secondo me, se il quadro indiziario dello scenario fosse stato palesemente fallato, illogico o incompleto, al punto da rendere impossibile la soluzione del caso, avrei avuto valide ragioni per sentirmi in colpa, e i giocatori avrebbero fatto bene ad avercela con me.
Un drop-in dei Re Serpenti
...
Di recente, in una delle mie campagne di lungo corso, ho riutilizzato la Tomba dei Re Serpenti: l’ho inserita nel mio mondo così com’era, con minime variazioni. La situazione pregressa era che i PG, per motivi loro, erano alla ricerca di certe specifiche cose, antiche e preziose; le ho inserite nella Tomba, ho fatto in modo che sapessero che le avrebbero trovate lì, e così è cominciato il dungeon.
Come tutti i dungeon, la Tomba ha un suo “livello di difficoltà”: il suo contenuto, confrontato con le capacità dei PG, è più o meno pericoloso. Per qualunque dungeon, a prescindere dall’edizione e dallo stile di gioco, questa cosa esiste, anche se magari non c’è un modo affidabile di quantificarla. In D&D e derivati, dove ci sono i livelli, sicuramente esiste un livello X al di sotto del quale gli abitanti della Tomba sono tutti minacce ultra-letali da allarme rosso; e un livello Y al di sopra del quale sono tutti mezze calzette indegne di considerazione; con varie sfumature intermedie nell’intervallo X-Y, che potrebbe anche essere ampio, s’intende.
Ora, supponiamo che io avessi la ragionevole certezza che il livello dei miei PG fosse minore di X. Avrei fatto bene a usare la Tomba come l’ho usata? Avrei potuto giustificarmi dicendo: è logico e coerente che le cose che i PG cercano siano in una tomba di non morti serpidi; i non morti serpidi sono ultra-letali per loro; io ne prendo atto e basta, da arbitro imparziale. E i giocatori avrebbero potuto accorgersi dell’alta pericolosità del dungeon e rinunciare alla missione, andando a cercare altrove, o roba del genere. Eppure, non penso che mi sarei sentito a posto comportandomi così. E sia chiaro che la stessa sensazione l’avrei avuta se avessi pensato che il livello dei miei PG fosse maggiore di Y.
Questo non significa che nel dungeon non possa esserci una specifica sfida ultra-letale. Il suo signore, Xiximanter, lo è, o almeno vorrebbe esserlo. Non mi sarei sentito “in colpa” se Xiximanter avesse fatto un bel total party kill (conseguente a decisioni dei giocatori, con pericolosità del nemico ben “telegrafata” eccetera, sia chiaro). Ma Xiximanter è uno. L’intero dungeon è una cosa diversa, non so se mi spiego.
Un paladino a colazione
...
In un’avventura della prima campagna lunga che ho masterato (D&D 3.5) i PG erano sulle tracce di un idolo rubato; conducevano a delle rovine in una palude infestata da dinosauri. Un bel tirannosauro bazzicava l’area davanti all’ingresso. Una sfida decisamente fuori scala per il loro 3° livello.
Ma era un animale affamato, in fondo: c’erano molti modi di aggirarlo, o distrarlo, quel tanto che bastava per tuffarsi nell’entrata. Come in effetti tutto il gruppo ha fatto, tranne un paladino che ha voluto fare l’eroe e affrontare il bestio a spada tratta. Ovviamente è stato sgranocchiato a morte.
Ero giovane, lo eravamo tutti. Ci siamo sentiti in imbarazzo, me compreso, per quell’indegna fine. Ho “riavvolto il tempo” e permesso la fuga del personaggio.
Oggi, però, ripensandoci con quel briciolo di maturità che ho guadagnato, non penso di aver fatto errori da DM in quello scenario. “Riportare in vita” il PG: quello ora lo ritengo un errore. E prima ancora ho sbagliato a non allinearmi coi giocatori, in anticipo, circa l’esistenza di situazioni del genere. Sono lezioni che ora ho imparato.
Tuttavia… ripeto: “era un animale affamato, in fondo: c’erano molti modi di aggirarlo, o distrarlo, quel tanto che bastava per tuffarsi nell’entrata”. Questo non è irrilevante. Quell’incontro era “sbilanciato”? Se lo guardiamo in funzione del solo combattimento, sì. Ma se lo guardiamo nel complesso, come problema da risolvere per raggiungere un obiettivo, no: perché l’obiettivo si poteva raggiungere. Capite cosa sto dicendo? Se al posto del tirannosauro avessi messo un demone intelligentissimo, incorruttibile e in grado di inseguire i PG anche dentro le rovine… allora penso che avrei sbagliato.
Tre draghi neri
...
C’era un enorme e potentissimo drago nero nella mia prima campagna. Non era una minaccia diretta contro i PG: serviva solo come pretesto per combinare guai e scombinare qua e là lo scenario generando nuove quest (ah, e come aggancio di backstory per una PG). Era “sbilanciato”? Sì, decisamente. Ma non lo riterrei un errore e non ha dato problemi.
In una campagna successiva i PG, per eseguire un rituale potentissimo (erano ai livelli epici), dovevano impadronirsi del tesoro e di parti del corpo di un grande dragone nero, il più antico del mondo. Raggiungere lo scopo senza combatterlo era un’illusione inverosimile. Si sono preparati al peggio, l’hanno affrontato, e seppur con delle perdite hanno vinto. Ecco, quello scontro lì lo avevo “bilanciato” secondo le linee guida (D&D 3.5); ero stato attento a fare in modo che fosse difficile, ma non impossibile. Se fosse stato impossibile penso che sarebbe stato uno sbaglio.
Ma l’ultimo caso è il più interessante.
In una mia campagna molto recente dei poveri PG di 2° livello hanno avvistato un enorme drago nero, infuriato per il furto di un suo uovo, e intento a vendicarsi distruggendo un villaggio. Avrebbero potuto darsela a gambe (un PNG che conoscevano offriva un passaggio sicuro), ma erano legati in molti modi a quel villaggio e non se la sono sentita di abbandonarlo. Hanno parlamentato col drago. La tensione era altissima: erano consapevoli che la minaccia era seria e che le armi sarebbero state inutili. Ecco, quell’incontro era “sbilanciato” se lo si vedeva come combattimento. Ma aveva altre vie di possibile successo (benché rischiose), perché io mi ero assicurato che ci fossero (avevano delle argomentazioni molto valide da portare al drago, sulla base di informazioni che erano riusciti a trovare in precedenza). In quel senso lo avevo “bilanciato”, e non me ne sono pentito: penso anzi che fosse una mia responsabilità. Mi sarei sentito in colpa se i PG si fossero visti costretti a darsela a gambe e lasciar distruggere il villaggio perché non avevano nessuna possibilità di rendersi utili.
Quale penso sia il punto
Questione di obiettivi
In ogni mia avventura o campagna in D&D (restiamo pure su D&D 5e) i PG hanno un obiettivo che cercano di raggiungere: è quello che dà un senso al loro essere gruppo e all’avventura/campagna stessa.
In molti casi fa parte delle premesse stesse della giocata: era così in Omicidio alla Fiera di San Tocco, è così quasi sempre quando si gioca un modulo di avventura già pronto. Ma in altri casi può emergere in corsa mentre si gioca: è quello che avviene nel cosiddetto sandbox, e ci sono moduli “di puro scenario” fatti apposta per questo.
Credo, inoltre, che quando giochiamo a questo gioco vogliamo giocare “una sfida” anziché “una storia”, nel senso dei termini che ho imparato su questo forum. Per cui l’obiettivo dei PG è anche, in molti sensi, l’obiettivo dei giocatori.
Dettagli
Vogliamo, cioè, che i giocatori siano chiamati a confrontarsi, tramite le loro decisioni e le loro menti, con gli ostacoli che lo scenario frappone tra loro e l’obiettivo dei PG; e che possano “vincere” o “perdere”, a seconda se riescono a farglielo raggiungere oppure no. Poi da questo può “emergere” una storia. Ma i giocatori non sono co-narratori che contribuiscono a costruire una narrazione, non è quello lo scopo primario. Infatti il gioco mette a disposizione strumenti per fare la prima cosa (affrontare gli ostacoli) e non per fare la seconda (manipolare direttamente la storia, gli eventi).
Se così stanno le cose, essendo il DM il creatore di quella sfida, non può esimersi secondo me dalla responsabilità di creare una sfida “leale”.
Cosa intendo? È il DM che crea lo scenario e gli ostacoli, tutti i costituenti della sfida; non sempre è lui che decide l’obiettivo della giocata, ma anche quando lo decidono i giocatori lui lo conosce e non può ignorarlo. Quand’è che una sfida è “leale”? Banalmente, quando è possibile “vincere” (raggiungere l’obiettivo) ma c’è anche un rischio concreto di “perdere” (altrimenti non c’è gusto). Insomma, una sfida insuperabile non è divertente. Una sfida banale priva di rischi non è divertente. Ci vuole una sfida avventurosa.
Di questo io mi sento responsabile quando faccio il DM.
Cosa faccio io, quindi
Il tipo di “calibrazione” che cerco di raggiungere è questo: far sì che tutti gli ostacoli che è necessario superare per arrivare all’obiettivo siano possibili da superare, ma non banali.
Non implica “bilanciamento” nel senso dei Gradi di Sfida in combattimento: quello può anche infrangerlo, purché combattere non sia l’unico approccio possibile (in genere non lo è, perché non amo che sia una cosa obbligata; ma può capitare che lo sia).
Significa però tener conto delle capacità dei PG (tutte: in-combat e out-of-combat) e delle loro risorse (informazioni, oggetti, contatti eccetera) per assicurarmi che esista una via, possibilmente più d’una, che renda possibile (benché rischioso) superare l’ostacolo: rientra sempre, direi, nella definizione di “bilanciamento” di questo thread.
Occhio che tutti gli ostacoli che non sono necessari per arrivare all’obiettivo non sono soggetti a questo tipo di attenzione. Se nel mondo c’è un grande dragone irascibile e i PG di loro iniziativa vanno a derubarlo, non mi sento in colpa se sono matematicamente spacciati. Se però derubare quel grande dragone è uno step necessario per l’obiettivo della giocata (per “vincere” la sfida) penso che sia mia responsabilità far sì che lo si possa fare (non per forza combattendo, eh) senza essere matematicamente spacciati.
Mi sento arbitro imparziale per quanto riguarda la storia: penso, cioè, che sia giusto lasciarla evolvere così come emerge giocando, dall’interazione tra i giocatori e con lo scenario, senza cercare di indirizzarla. E sono arbitro imparziale nel gestire i nemici e gli ostacoli una volta al tavolo. Ma quando progetto lo scenario non mi sento puramente imparziale né puramente obiettivo, e non penso di doverlo essere: penso, invece, di avere queste responsabilità ben precise.
Un esempio di trappola “sleale”
...
In una stanza di dungeon c’è una trappola impossibile da rilevare, del tutto ignota (impossibile quindi anche aspettarsela), che uccide il primo che ci entra in modo automatico, senza nemmeno un tiro salvezza.
È plausibile? Non vedo perché no; spetta a me decidere cosa è plausibile nel mio mondo, alla fine. È coerente? Beh, se i creatori del dungeon avevano accesso a sistemi per creare trappole del genere sarebbero stati stupidi a non metterla. Quando il malcapitato PG varca la soglia e crolla stecchito, io sto solo arbitrando la cosa in modo neutrale. Giusto?
Eppure tutti, credo, storceremmo il naso di fronte a quella cosa. Tutti preferiremmo una trappola che desse ai giocatori la possibilità di trovarla e/o di evitarla, prendendo le opportune decisioni in modo informato, correndo rischi consapevoli. E chi è responsabile di fare in modo che questa possibilità ci sia? Chi crea il dungeon (= il DM), non certo i giocatori.
Due esempi di meteorite coerente
... (questo è lungo ma è bello)
Per la prossima campagna potrei creare un’ambientazione in cui c’è un meteorite gigante in rotta di collisione, che distruggerà il mondo dopo sei mesi dall’inizio del gioco. Magari la gente lo sa. Sarebbe una miniera di bel worldbuilding e di scelte interessanti, non trovate? I PG cercheranno di salvare la pellaccia, o di godersi in allegria i giorni che restano, o di trovare il modo di arrestare la catastrofe? In ogni caso, da DM interpreterei lo scenario in modo coerente e logico e dopo sei mesi, se nessuno lo ha impedito, farei arrivare lo schianto.
Oppure potrei creare un’ambientazione del tutto uguale a quella, con una piccola differenza: il meteorite si schianterà dopo cinque minuti dall’inizio del gioco. I PG hanno appena il tempo di dirsi “ciao” e bam! Tutti morti, fine del mondo. Anche in questo caso lo starei arbitrando in modo logico e coerente, eh. E non c’è ragione di ritenere un mondo in cui il meteorite arriva tra pochi mesi più plausibile di uno in cui arriva tra pochi minuti: in entrambi i casi è un tempo irrisorio rispetto all’età del mondo, dov’è la differenza?
Se tutti noi sappiamo (e credo che lo sappiamo) che il primo mondo è bello per giocare e il secondo no, significa secondo me che siamo consapevoli che, nell’atto di progettare lo scenario, la coerenza è solo una delle variabili (e responsabilità) da considerare, ma non è l’unica.
Qual è l’obiettivo dei PG, e dei giocatori attraverso di loro, nella “giocata-sfida” di cui stiamo parlando? Qualunque sia, una fine del mondo totale e inevitabile dopo pochi minuti impedisce di raggiungerlo senza via d’uscita: quindi la “sfida” è “sleale”, per me. Il primo scenario non è detto che sia “leale”: se l’obiettivo è godersi la vita al massimo per sei mesi, allora tutto ok; se è trovare il modo di fermare la catastrofe, allora fa parte delle responsabilità di chi definisce lo “scenario-sfida” (in genere: il DM) far sì che sia possibile fermare la catastrofe; difficile, rischioso, ma possibile.
Ho fatto un esempio volutamente estremo che vi sembrerà fuori tema, ma lo stesso ragionamento si applica ad ogni singolo ostacolo di piccola scala, nel momento in cui superarlo è propedeutico a “vincere” la giocata.
E le tabelle casuali?
...
So che l’ampio uso di tabelle casuali è caratteristico dell’OSR. Onestamente non vedo perché D&D 5e non dovrebbe prestarsi ad applicarlo: Internet pullula di tabelle, e qualora qualcuna fosse pensata per altre edizioni ci vorrebbe un attimo ad adattarla.
È un’usanza con cui, per inclinazione personale, non mi trovo bene, se non a piccolissime dosi (es. mostri erranti e simili), ma la rispetto, e non metto in dubbio che porti a ottime giocate.
Anche il più massiccio uso delle tabelle comunque non invalida, dal mio punto di vista, le cose che ho detto fin qui. Tutte le responsabilità che sento come DM le sentirei ancora anche se usassi una tabella. Non posso certo dire “non sono stato io, è stata la tabella”. Chi ha scritto o scelto la tabella? Io.
Sandbox e obiettivi liberi
Avevo detto che non ho titoli per parlare di OSR e non lo farò, ma consentitemi di azzardare un’ipotesi.
Nel momento in cui si gioca in un “mondo aperto” con infinite possibilità, e non esiste alcun obiettivo definito se non qualcosa di molto generico e flessibile (il classico “ammassare tesori”, ad esempio), le responsabilità di cui ho parlato, di fatto, cadono. E allora si può davvero giocare “senza bilanciare più niente”.
Cadono perché nessun elemento del mondo sarà mai un ostacolo che è necessario superare per arrivare all’obiettivo. Il dungeon è al di sopra delle mie forze? Esco e cerco un altro dungeon (dove troverò comunque altri tesori da ammassare). Il mostro è troppo forte? Scappo e vado a cercarne uno più abbordabile. Non ci sono indizi per scoprire l’assassino? Pazienza, per stavolta non intascherò la ricompensa (a meno che io non sia abbastanza astuto e spregiudicato da incastrare qualcuno), ma posso andare al prossimo villaggio e vedere cosa mi riserva.
Insomma, se si usa l’approccio “sandbox purissimo” (che è un approccio con cui personalmente non mi trovo bene, ma che rispetto) allora sono d’accordo al cento per cento con “non bilanciare più niente” (= non tenere mai conto delle capacità dei PG quando si progettano i pericoli dello scenario).
In caso contrario, sono d’accordo con riserva. E su quella riserva ho speso un sacco di pagine… vi prego davvero di perdonarmi.