La mia prima sessione old school (Lo Scrigno d'Avorio)

Salve a tutti!
Mi chiamo Gianmario (aka “Prof Marrelli”) e mi sono avvicinato da poco, per curiosità, all’OSR.
Dopo aver letto molti regolamenti, qualcuno mi ha fatto notare che, per capire l’OSR, avrei dovuto giocarla.
E così ho cercato qualcuno che ne avesse voglia e, assieme ad altri due aspiranti avventurieri, ho provato Lo Scrigno d’Avorio di Luigi Castellani (che trovate qui: Lo Scrigno d'Avorio by artikid)

Ho discusso a lungo sul canale di Telegram di Ruling the Game, nel quale sono noto per essere un rompiscatole semiprofessionista, e dopo aver letto il mio debriefing mi hanno spinto a condividerlo anche qui.

PS: a un certo punto potrebbe apparire anche il filmato della sessione :smiley:

SINOSSI DELLA SESSIONE
In un mondo simile all’Inghilterra post-romana dove Latini e Angli (qui “Prideni” e “Merseriani”) si mescolano assieme alle loro culture e religioni (vecchio culto druidico druidico e nuovo, “la fonte”, in stile abramitico), popolata anche dai non umani (qui “le fate”), un’ondata di barbari dell’est (“Algeti”) conquista e mette a ferro e fuoco il principato accanto.
Tre mercenari, due nani e un mago, al confine si trovano in un paesino con un paio di opportunità: occuparsi di un gruppo di Algeti che ha conquistato un monastero oppure indagare su misteriose sparizioni nella foresta.
Optiamo per la prima, prendendo contatto con un sergente locale, mercanteggiando una missione di ricognizione e facendosi aiutare (a fatica) dai frati minori locali per la descrizione del monastero.
Ci inoltriamo poi nella vallata, punteggiata da alcune cascine e da un boschetto con un vecchio podere abbandonato: nella più vicina delle cascine otteniamo riparo e informazioni sui druidi, scopriamo anche lo stato della valle e abbiamo modo, di notte, di monitorare cosa accade nella valle.
Scopriamo così che gli Algeti liberano cani di notte e che nel boschetto c’è qualcuno accampato.
Il giorno dopo decidiamo di fargli visita: tentiamo un approccio furtivo, ma sono loro a sorprenderci in numero di tre a uno.
Ci arrendiamo subito: fortunatamente si tratta della resistenza del principato accanto, un gruppo di “partigiani” che si dimostra amichevole e sarà indubbiamente utile nella prossima sessione…

DINAMICA
Delle meccaniche parlo dopo, qui parlo della dinamica perché su di essa si regge tutto il gioco.
La sessione è stata molto “pianificativa”, capita di farne tuttora con il mio gruppo storico alla 3.5 ma sostanzialmente mi ha ricordato un periodo (piacevolissimo) a metà anni 2000 in cui il mantra era “come sono belle queste sessioni di vampiri senza tiri di dado”.
Ora ci vedo di più i librigame moderni dove, spesso, i dadi neanche ci sono e tutto poggia sulle decisioni dei giocatori (solo che, ovviamente, qui il pool di scelte non è predefinito ne limitato).
Chiaramente la qualità di questo tipo di gioco si poggia su due elementi: la capacità del narratore di creare un mondo coerente e quella di rivederlo 'on the fly".
Ad esempio, il problema della direzione del vento per essere più o meno percepiti dai cani è venuto fuori in game. Meno importanti invece le doti puramente attoriali del giocatori.

MECCANICHE
Usato pochissimo il tiro di dado: è stato necessario solo quando c’erano cose che si sarebbero potute notare oppure no (un fuoco ben nascosto in un boschetto di notte, i partigiani nascosti).
C’è stato anche un paio di tiri di reazione sociale.
Ci sono invece elementi di meccanica, separati dalla volontà del narratore (o meglio “fissati”) meno evidenti ma fondamentali: innanzitutto le doti “statiche” dei PG (come la scurovisione); poi l’equipaggiamento, la mappa e il fatto che le distanze su di essa (e la velocità di marcia) fossero definiti a priori.
In questo modo è stato possibile strutturare spostamenti e tattiche sensate, mentre un approccio più narrativo forse non ci avrebbe consentito la stessa libertà di gioco.
Infine, per quanto non sia meccanizzato, il “chi sei” ha un effetto evidente sul gioco (ovviamente sottoposto al parere del narratore).
Faremo probabilmente una seconda sessione. Ad ora non ho visto molto le meccaniche pure (botte et similia).

CONCLUSIONI
Alla luce della sessione e del dialogo con membri della community come Alessio Persichesi e Francisco Pettigiani, credo di poter fare questa analisi sui giochi OSR e il loro game design.

Il focus dei giochi OSR è quello di essere una sfida per il giocatore più che per il suo personaggio: questa sfida si declina nell’ambito specificatamente strategico e organizzativo.
Lo strumento principale di creazione e risoluzione di fiction all’interno dei giochi Old School è infatti il dialogo tra giocatori e arbitro: quest’ultimo è guidato dal suo buon senso, contestualizzato nell’ambiente di gioco. Solo in seconda istanza vengono applicate eventuali procedure “meccaniche”, spesso supportate dalla casualità del dado.
Questa premessa richiede ovviamente un contratto sociale forte al tavolo, con una grossa enfasi sul rapporto fiduciario tra giocatori e arbitro.
Al fine di ottenere l’esperienza promessa, i giochi OSR hanno, a livello di game design, alcune specifiche caratteristiche.

Per prima cosa, le regole che fanno uso del dado sono di solito pericolose per i PG: quando essi si affidano al caso, rischiano spesso di lasciarci le penne. Questo è il motore principale che porta i giocatori a ragionare e pianificare: evitare di infilarsi in quelle situazioni in cui il dado potrebbe essere loro fatale.

Il secondo elemento fondamentale è l’avere un parco regole asciutto, limitato e che non copra moltissime situazioni: in tal modo, aumenta la quantità di operazioni che i PG possono affrontare e risolvere tramite il dialogo con l’arbitro piuttosto che il tiro del dado.
Aumenta così la loro libertà di azione, dando all’arbitro lo spazio tra le regole (rules) per produrre egli stesso risoluzione della fiction: questo avviene tramite un’analisi oggettiva del contesto e l’inserimento di eventuali meccaniche ad-hoc (ruling).

Inoltre, per porre una maggiore sfida ai giocatori, i giochi OSR cercando di basarsi il meno possibile sulle statistiche e caratteristiche dei personaggi: si vanno invece a premiare elementi di logistica e creatività, come la gestione dell’inventario e l’uso astuto degli incantesimi sull’ambiente di gioco.

L’introspezione di un gioco OSR è limitata rispetto a quella di altri tipi di GDR: il suo focus infatti è sull’affrontare un’esperienza avventurosa. Proprio però per questo e i precedenti punti, le capacità contrattualie del giocatore sono premiate quando egli si confronta coi PNG.

Ultimo approccio è infine quello di proporre al giocatore non tanto una trama da esperire, bensì un ambiente di gioco aperto: l’arbitro dovrà avere chiaro il contesto precedente all’arrivo degli avventurieri, pronto a reagire alle loro azioni. Il gioco OSR infatti predilige un approccio sandbox e fornisce, spesso, tabelle di generazione casuale per aiutare l’arbitro a creare tali mondi.

Il vantaggio dunque di un gioco di questo tipo è che fornisce una grande libertà di movimento in fiction ai PG, senza appesantirli con un regolamento lungo e complesso: inoltre e propone una sfida interessante al giocatore e alle sue capacità di pensiero laterale. D’altra parte, rispetto ad altri tipi di giochi di ruolo, la componente di introspezione del personaggio è spesso ridotta. Infine, il lavoro sulle spalle dell’arbitro e tendenzialmente maggiore, poiché il suo parere pesa molto di più sulla risoluzione degli eventi di esito incerto.

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Benvenuto prima di tutto!

Ti ringrazio personalmente del post, che è molto bello completo e utile.

Si potrebbe usare come il maiale e smontarlo per far partire 3 o 4 discussioni davvero interessanti, per le quali però io non credo di essere la persona più accreditata.

Mi permetto di aggiungere solo un ingrediente a quelli da te citati, che secondo me (ma correggetemi se mi sbaglio) contribuiscono a cucinare la torta old school. LA PREPARAZIONE

Il gioco sta in piedi realmente se alla base c è un avventura e ci sono ostacoli preparati, che siano stati previsto e descritti bene nel loro funzionamento e nelle loro conseguenze ed effetti, in modo che l’interazione dei giocatori con quel pezzo di mondo possa essere il più libero, inventivo e vario possibile, perché di fatto si potranno arbitrare con il minor livello di fatica/tempo/arbitrarietà le conseguenze delle azioni dei personaggi.

OSRA è figo nella Tomba dei Serpenti.
Lo è meno in un dungeon sfocato e abbozzato o in una landa ancora molto da decidere un passo o anche tre avanti ai personaggi.

Ha senso?

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Non mi esprimo ancora a riguardo per carenza di esperienza, MA tutte le tabelle di generazione casuale mi fanno pensare che sia effettivamente possibile fare diversa roba “on the fly”

2 apprezzamenti

Ci sta, @ProfMarrelli, ma – almeno nella mia esperienza – inventare al volo basandosi su tabelle casuali è un bel po’ diverso dall’avere un dungeon preparato. La tabella è comunque un oracolo: può essere utile per deresponsabilizzarsi della scelta, ma va quasi sempre interpretata.

Lì c’è sempre la possibilità di operare anche senza volerlo un GM fiat che va a compromettere la veridicità dell’esperienza.

Le tabelle le vedo più come modi di riempire i buchi tra il preparato, che così può essere progettato più facilmente a grandi linee, che per sostituire il preparato stesso.

2 apprezzamenti

Grazie @ProfMarrelli per questa disamina molto interessante, e molto ben spiegata, che mi permetterò anche di linkare e citare la prossima volta che parlerò di Vecchia Scuola sul mio blog.

E grazie perché mi hai dato l’occasione di dirmi pienamente d’accordo con @Davos. Una giornata da segnare sul calendario :wink:

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Ha senso, ma è una materia di preferenza e non di stile di gioco. Si può benissimo generare una campagna sandbox essenzialmente on the fly.
Poi c’è chi preferisce preparare un livello di sfida di base prima della sessione, soprattutto evitando di genere il dungeon stanza per stanza (cosa che a me, da solo player, invece piace parecchio), più per garantire un “ecosistema” coerente ed evitare effetti “quantistici” sul gioco. Non va, tuttavia, secondo me esagerata questa preparazione. Mediamente se non si ha un’avventura pronta in mano, creare un dungeon non dovrebbe portare via più di mezz’ora/un’ora.
Vanno definiti bene il tema e l’uso del dungeon e magari una sfida maggiore e un tesoro.
Per il resto le tabelle di incontri casuali e di reazione possono garantire svolte inaspettate alla sessione.

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Credo che il punto sia più che altro l’oggettività, e quindi la non arbitrarietà, del funzionamento degli ostacoli, che non della loro generazione.

Non penso che sia un problema generare casualmente gli incontri, il contenuto delle stanze, la reazione dei mostri, le trappole eccetera (a me non piacerebbe ma concordo: è solo questione di gusti).

Credo che più che altro, una volta che i PG fronteggiano una sfida (comunque sia stata generata), sia utile che lo “stato delle cose” riguardante quella sfida sia oggettivo a priori, in modo che la adjudication delle interazioni dei PG con l’ostacolo sia il più obiettiva possibile, legata certo al buonsenso ma senza eccessi di arbitrarietà che diventano un fardello anche per il DM.

My 2 cents, poi sono tutt’altro che un esperto di Old School.

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Ok, ma non capisco il punto… la tabella casuale non ti da una generica denominazione di qualcosa… si riferisce a materiale del manuale o di qualche supplemento. È quello che ti da l’oggettività di aggiudicazione cui fai riferimento

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Vista questa cosa che dici, credo che siamo allineati.

Credo nelle tabelle di incontri casuali, tabelle più tematiche e complesse dei soli mostri erranti, credo anche in tabelle randomiche di parziale generazione o mutamento accidental-naturale-magico di un "dungeon.

In fondo è, sotto molti aspetti, la trasposizione del principio lascia spazi vuoti sulla mappa di un pbta medio.

Più volte ho citato come ottimo esempio di preparazione, per quanto riguarda il setting, blades in the dark.

Il concetto fondamentale rimane questo:

La randomizzazione deve essere preparata.
Sembra un controsenso ma non lo è. Se vuoi che una parte, un sotto sistema del dungeon, dell’avventura si possa (o si voglia) generare on the fly, allora devi costruirne prima i criteri, i temi, i presupposti e i possibili rientri.

Costruire questo genere di tabelle randomiche non solo è divertentissimo, ma, se ci pensi intensamente e fino in fondo, equivale di fatto a preparare/impostare mosse personalizzate per luoghi, situazioni, png, in generale icone di gioco.

Tanto per essere diretto. I mostri erranti sono Mosse morbide.

È ovvio che il paragone si dovrebbe portar dietro tanti distinguo e tante precisazioni, ma nella fenomenologia reale di quello che accade al tavolo, nel flusso di gioco, nella conversazione master-giocatori, se ci pensi è davvero così.

Tutto quindi sta nello “scrivere bene” queste “mosse personalizzate” affinchè siano a servizio della preparazione che già è stata fatta e possano entrare in gioco proprio quando servono, non come modo di creare avventure se non hai preparato nulla e peschi nel mare del vuoto di idee, ma come strumento di integrazione dei contenuti dell’avventura preparata, anche se ciò che hai preparato è poco.

Perché se intesa in questo modo la “costruzione randomizzata” valida il resto del mondo di gioco oltre che il materiale della tabella stessa.
E quindi anche l’avventura in corso.

Lo valida perché crea in modo imparziale e terzo rispetto alle autorità dei giocatori elementi nuovi ma coerenti che per forza di cose collegandosi con quanto già presente tenderanno a spiegare, approfondire, portare a compimento quello che è stato preparato.
La tabella randomica in questo caso è un vero e proprio rimbalzo (per usare un termine di Ron Edwards, che però non so proprio come vedrebbe quello che sto dicendo, che è farina magari avariata del mio sacco).

Tutti credo abbiamo avuto un attimo di perplessità quando chi ci ha masterizzato ha semplicemente dichiarato, in un momento o in un altro della partita, dopo mezza giornata di cammino ci trovate alle falde del monte… ed ecco davanti a voi un gruppo di 20 orchi che vi avvistano.

Ma non avremmo la stessa perplessità se tirando su una tabella randomica, dopo un lasso di tempo deciso da una regola, ottenessimo come risultato un bel “una tribù di Orchi vomitata dal ventre della montagna…”.

Come mai?
Il Rimbalzo sulla tabella, oltre a creare sorpresa per tutti, in primis il master, ha validato gli Orchi e la loro collocazione molto di più di quanto non faccia una dichiarazione ad minchiam di chi al tavolo pur ha l’Autorità di Scena.

Ma questo vale solo se la tabella è preparata nel modo giusto. Come se avessimo la possibilità di inserire triangolo o cerchio o quadrato o rettangolo e nella tabella ci trovi una mela.

Tutto questo per dire che se l’Avventura non è preparata, ma è in sè e principalmente lanciata sul momento tramite tabelle, allora non si valida nulla, semplicemente diventa tutto aleatorio e ogni scelta precedente non trova riscontro nella successiva perché la successiva non sappiamo nemmeno su cosa cadrà.

Senza contare l’effetto zibaldone.

Non sto parlando del caso in cui le tabelle vengono usate prima del gioco, per fare la preparazione, quest’ultimo è solo un diverso modo di creare a tavolino prima del gioco le avventure, come tipicamente in titoli quali stars without numbers

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Davos, sono d’accordo con quanto hai detto, ma vista la sezione non so se fare metafore relative alle mosse dei PbtA sia particolarmente utile :slight_smile:.

@ProfMarrelli il thread per te rimane utile se seguiamo questa linea di discussione?

devo confessarti che infatti su quei paragoni io vi ho perso

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Ciao Prof! Hai scritto male il mio cognome! Per questa volta ti perdono. :grinning_face_with_smiling_eyes:

Ho già visto il testo prima che tu pubblicassi, ma vorrei sottolineare la distinzione Arbitro di Gioco e Narratore. Capisco che spesso si usino in maniera intercambiabile, ma non sono per nulla la stessa cosa.

Narratore: Spinge la fiction in una certa direzione focalizzandosi sul tessere una trama; spesso “cucendo” quello che avviene al tavolo verso una certa direzione. Questo può avvenire o usando regole del gioco che vanno a influenzare direttamente la fiction o usando metodi poco corretti come il Quantum Ogre. Potrebbe usare la regola 0 per rendere la campagna pù divertente.

Arbitro di Gioco: È un demiurgo neutrale e non ha interesse nello spingere la fiction in una direzione particolare. Non ostacola né tifa per i personaggi e compie i tiri allo scoperto per mostrare che non interviene in alcun modo per determinare l’esito delle azioni. Invece ha interesse nel proporre un mondo con le proprie leggi ed eventi con cui i personaggi si trovano ad interagire liberamente (i.e. Naturalismo Gygaxiano). Il suo scopo è proporre una sfida divertente ed aggiudica l’applicazione delle regole e le loro conseguenze in maniera imparziale.

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Ciao @LordPersi: ottima la distinzione tra Narratore e Arbitro di gioco. Cosa è il Quantum Ogre?

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Qui c’è un articolo di Billie Boo che lo spiega bene

In breve, il Quantum Ogre è la falsa illusione di scelta. L’esempio classico è quando il giocatore può scegliere fra tre strade ma non importa quale sceglierà, l’incontro sarà sempre lo stesso.

Il termine fu infatti coniato in ambito OSR come esempio di una cattiva procedura di gioco dal blog Hack & Slash. Il primo uso del termine apparve qui:

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Premetto che come master sono scarso ma un moderato uso di quantum Ogre mi pare un buon modo di risparmiare tempo e riusare materiale già pronto. Certo bisogna moderarsi perchè se i giocatori si accorgono delle forzature e se queste si ripetono si disamorano presto del gioco.

Secondo me, più che nella percezione dei giocatori, il rischio sta nell’invalidare il senso delle loro scelte. Riutilizzare in un’avventura / sessione futura dei “pezzi” rimasti inutilizzati da un’avventura / sessione precedente è una cosa che è capitata anche a me. Il problema si ha quando si giocatori si aspettano che una loro scelta abbia senso, cioè che abbia determinate conseguenze (rischi e benefici), mentre finisce per non averle. Scegliere tra due porte uguali non è una “vera” scelta, ma se scelgo la porta di sinistra perché ho validi motivi di pensare che a sinistra non ci sia l’ogre, allora se ci trovo dentro l’ogre è un problema. Ora qui sono stato contorto, nell’articolo mi esprimo un po’ meglio (grazie mille @LordPersi per averlo citato :blush:).

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Ciao @LordPersi,

Se non ti dispiace, vorrei correggere una cosa che hai detto. Preferirei evitare è che si diano queste definizioni categoriche di termini che spesso vengono definiti contestualmente in base al gioco.

Capisco a cosa ti riferisci con “narratore”, ovvero – un certo concetto di gamemaster illusionista derivato dalla pratica e interpretazione di V:tM – tuttavia una cosa che ho imparato è che la pratica dei giochi di ruolo è molto vasta e che i ruoli sono molto diversi in base al gioco e al contesto. Se domani esce un gioco e per qualche ragione chiama il suo giocatore asimmetrico “narratore” non è limitato in alcun modo da quello che hai descritto qua sopra.

Il concetto di “arbitro” è più chiaramente riferito a questo contesto – stiamo parlando di uno stile old-school dove ha un significato più preciso. A mio parere sarebbe stato più utile se l’avessi descritto da solo.

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Riguardo al problema dell’ogre quantistico o dell’agency, ne abbiamo parlato a dismisura su questo forum – ho cercato di taggarne alcune con il tag agency. Sono convinto che le spiegazioni che @Bille_Boo dia a riguardo siano un troppo semplicistiche.

In particolare, mi sembra che il modo in cui lo pone lasci aperto lo spazio a “se preparo una scelta con un numero limitato di opzioni, allora i giocatori hanno agency”, il che per me è assurdo. Se posso togliere una persona dal tavolo, rimpiazzarla con un’altra, e la gamma di esiti possibili è la stessa, per me quella persona non sta contribuendo realmente al gioco.

Non voglio litigare con lui qui, anche perché abbiamo diverse discussioni in sospeso che non sono ancora riuscito ad affrontare. Volevo solo esprimere che quell’articolo non è neanche lontanamente vicino per me a mettere la parola “fine” su cosa sia l’agency.

@Jean_Luc_Picard Il problema fondamentale è la realtà di quello che è posto. Tu, come GM/arbitro, credi sul serio in quello che poni davanti ai giocatori? O lo usi come strumento per generare “divertimento”? Perché per te conta soltanto se se ne accorgono?

Quando assorbi questo concetto di base, questo è estremamente liberatorio, sia per te che per i giocatori. Da GM, puoi usare il gioco per esprimere delle cose (che sia anche questo dungeon che hai preparato) piuttosto che per tirare il guinzaglio dei giocatori, e loro stessi possono esprimere cose in contrasto con quello che dici tu e da questa interazione può uscirne qualcosa di nuovo.

Ho tenuto i messaggi separati perché non ho capito bene dove vogliamo portare questo thread.

@ProfMarrelli ti interessa uno dei temi in particolare che abbiamo sollevato? Altrimenti comincerei a separare.

Neppure io voglio litigare, né qui né altrove, e quell’articolo non ha mai preteso di mettere la parola “fine” su niente. Non sono stato io a citarlo qui. Sono grato se qualcun altro lo ha fatto, ma credo intendesse usarlo solo per la parte sul quantum ogre e non per iniziare un discorso generale sull’agency.

Aggiungo che il numero di opzioni non è mai limitato, dal mio punto di vista. Il numero di opzioni preparate (se la scelta è preparata, cosa che non è obbligatoria) non può che essere limitato. Il numero di opzioni possibili ha come solo limite la fantasia, le regole del gioco e il buonsenso. Il numero di opzioni non è mai stato il punto in quell’articolo, ma qui si va fuori tema.

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