Faccio una premessa. Lo scopo del thread non sarà passare al vaglio una posizione, valutando Pro e Contro. Bensì, vorrei fare un esercizio maieutico per capire se davvero abbiamo bisogno di regole meccaniche in un GdR.
La domanda è nata nella mia testa leggendo i post di Eric Nieudan, Jim Parkin e Chris McDowall.
La tesi di fondo è che per avere un gioco di ruolo bastino solo regole diegetiche. Eventuali situazioni si gestiscono solamente con rulings. Si identifica questo come il nocciolo minimo per avere un gioco di ruolo tabletop.
Che cosa intendo con quest’idea? Prendiamo l’articolo Diegetic Mechanics, dove si mostra un sistema di magia diegetico senza regole.
Jo-Jo’s Mischievious Magic
When Jo-Jo calls upon the Mistress of the Hidden to misdirect or disappear, she must promise to repay the demon by causing mischief in the near future. The Mistress will state the price in advance (James and Eric can both suggest ideas, and they must agree on the price).
Jo-Jo doesn’t have to accept it, but no magic will take place is she won’t.
If Jo-Jo hasn’t paid the price for the last spell when she petitions the Mistress again, the demands escalate and the price becomes heavier and bloodier. The Mistress may refuse to work her magic, or even play a trick on the young sorcerer to teach her a lesson.
Qui abbiamo declinato in fiction il funzionamento della magia senza dover ricorrere a regole meccaniche.
La domanda è: abbiamo bisogno di regole meccaniche per giocare? Potrei definire tutto con la stessa procedura descritta sopra. Il mondo narrativo ci offre già tutto quello di cui abbiamo bisogno, se ci pensate.
Definisci “regole meccaniche” e “regole diegetiche”. Perché per me la regola che hai postato sotto è anche una regola meccanica:
-Il giocatore di Jo-Jo decide che il suo personaggio chiede al demone di nasconderla.
-Il giocatore di Jo-Jo e l’interprete del demone (il master?) concordano un prezzo fuori dalla narrazione.
-Il giocatore di Jo-Jo decide se accettare (la magia ha effetto) oppure no (la magia non ha effetto).
-L’interprete del demone ha delle indicazioni su come giocare il personaggio la prossima volta che il giocatore di Jo-Jo si appellerà alla meccanica.
Insomma, sono comunque definiti dei ruoli precisi esterni alla narrazione, decidendo chi ha autorità di dire cosa. Il processo è solo occultato dal modo in cui è espressa la meccanica.
Concordo con @Chiaki : nel tuo esempio io vedo una procedura meccanica mascherata. Anche io, per poterti rispondere, ho bisogno di una definizione più chiara o un esempio più calzante.
Innanzitutto ti ringrazio, perchè è un bellissimo thread e sono molto interessanti e provocatori anche gli articoli che hai riportato.
Quoto quanto scritto da @Chiaki , giusto con la precisazione che il prezzo non mi sembra affatto stabilito “fuori dalla narrazione” , ma al contrario proprio diegeticamente dentro la fiction (al di là del tipo di comunicazione concretamente utilizzata per il dialogo al tavolo, il “patto e la sua narrativa” mi sembrano sempre ricondotti alle Icone di gioco, pg e mistress)
Tuttavia.
Anche se la regola riportata è a tutti gli effetti una meccanica di gioco (anche abbastanza stretta, complessa e precisa) , semplicemente scritta in forma simil-PBTA (solo a me sembra similissima ad una mossa?) e anche se vogliamo ipotizzare che la differenza potrebbe allora sussistere fra meccaniche quantitative- numeriche da un lato e meccaniche narrative-linquistiche dall’altro, siamo proprio sicuri che sia una differenza realmente importante?
Siamo sicuri che la vera differenza a cui puntano gli articoli sia quella?
I numeri infatti possono tranquillamente essere un linguaggio e introdurre, come le meccaniche fatte solo di narrazione, relazioni narrative.
Se dico che la forza del mio supereroe è “10” e quella del tuo è “8”, di per sè e fino a questo punto , la regola è del tutto identica a quella che narrativamente stabilisce che la forza del mio supereroe è “di poco superiore a quella del tuo perchè il mio solleva una nave e il tuo uno yacht”.
Le parole ed i numeri, allo stesso modo, stabiliscono relazioni nel mondo di gioco.
E a cosa serve stabilire relazioni?
A prendere decisioni e a stabilire il rapporto fiction-randomizzatore e la dinamica eventuale interna al randomizzatore, cioè le sue probabilità e il tipo di risposte (o co-incidenze) che consente.
Che è come dire che stabilire relazioni tramite uno strumento tecnico, una tecnica (cioè ad esempio, tramite parti di espressioni linguistiche ovvero numeri), serve da un lato a chiarire il perimetro delle Autorità, dall’altro a risolvere conflitti diegetiche fra le icone di gioco.
Per fare il primo esempio che mi viene in mente prendi Trollbabe.
Il Conflitto può essere da 1 o 2 o 3 Tiri principali.
Cosa dice il fatto che abbiamo stabilito che il conflitto è passo 1 o 2 o 3 usando dei numeri?
Quanto lungo/interessante/dettagliato/diffiicile/pericoloso sarà la scena di conflitto che stiamo per giocare.
Ci sono serviti per stabilire il rapporto fra quello che sta accadendo in fiction e la granularità del randomizzatore.
C’è differenza se esprimiamo questo rapporto narrativamente e se lo risolviamo solo narrativamente?. (magari parlando di Conflitto “difficile o esteso” e di “vittoria parziale o con ferite lievi/gravi”)?
O la vera differenza fra sistemi in questi casi sta proprio nel numero di tiri di dado che le regole richiedono per risolvere un determinato momento di incertezza o interesse particolare?
Mi riservo di rileggere più approfonditamente gli articoli e di rifletterci meglio, sono stato frettoloso per necessità , ma per ora a me sembra che il punto che essi vogliono spingere è in fondo più radicale (e banale): “chiariamo narrativamente i rapporti fra le cose in fiction così un arbitro che ha ogni Autorità Narrativa aggiudica ciò che succede di volta in volta senza montare un sistema di regole di tipo numerico-quantitativo”.
Non è la prima volta che esce la questione e devo dire che è sicuramente una possibile forma di gioco.
La domanda tuttavia che segue non può che essere: non riusciamo davvero a fare di meglio che far decidere tutto ad uno e quindi a dover “convincere” quella persona che le nostre descrizioni ed idee funzionano?
In prima approssimazione a me pare forse una potenziale deriva old school, una volta che il ruling è impazzito: se ciò che conta è l’abilità del giocatore e della sua mente nell’usare lo zaino con quello che c è dentro per descrivere soluzioni a problemi della preparazione del master … che bisogno c è di tirare?
Giochi old school che tendono ad andare in quella direzione, tipo knave, a me, per questi motivi, non piacciono, preferisco OSE.
Chiedo venia se non riesco per ora a dire di più e meglio
Leggendo gli articoli con Google Traduttore (perché io e l’inglese facciamo a pugni), posso dire di aver capito due cose:
Con questo sistema si cerca di far sì che i giocatori (compresi i master) pensino di più all’immaginario collettivo che non ai numeri sulla scheda
Il primo articolo linkato fa una confusione pazzesca tra: sistemi per la fisica nel gioco, sistemi aleatori per la risoluzione delle azioni, bonus numerici e vantaggi meccanici ad azioni di gioco, posizionamento nella fiction (tanto per usare un termine abusato) e tante altre cose…
Benché l’intento sia lodevole, la risposta breve è: non funziona!
Come dice d66, il tutto si può riassumere in una frase:
Il che significa che se giocatori e master sono in “sintonia”, tutto funziona, altrimenti scoppiano le liti.
Principalmente si ritorna ai seguenti tre problemi:
“BUM! Ti ho colpito” “No, non è vero! Mi hai mancato di un chilometro!”
Mi siedo ad un tavolo a giocare il gioco X e sarà completamente diverso dal giocare allo stesso identico gioco ad un altro tavolo. È come se le regole del monopoli cambiassero ad ogni partita…
Ognuno se la canta e se la suona come gli pare.
Bastionland cerca di metterci la pezza, non eliminando completamente la parte meccanica ma eliminando solo i “modificatori”: hai una serie di tratti (del personaggio, dell’equipaggiamento, di quello che serve) che ti dice cosa puoi fare nel mondo immaginario. Se fai qualcosa all’interno di quei limiti, riesci, lontano dai quei limiti, fallisci, al limite tiri 2d6. Un tabella generica ti dice a seconda del risultato del dado tre cose: riesci o fallisci con diversi gradi, posizionamento nel mondo di gioco, efficacia nel mondo di gioco (mi ricorda qualcosa…). Concept interessante ma con per me due problemi:
cosa stabilisce se una cosa è dentro i limiti, fuori dai limiti od al bordo? Il Master? il giocatore? Gli altri al tavolo? Vedo potenziali problemi di applicazione man mano che si entra nello specifico delle persone che giocano…
siamo sicuri che riuscita/fallimento, posizionamento ed efficacia siano così intimamente legati? E che siano valide per qualsiasi cosa accada in fiction? Ci devo riflettere su, ma ho l’impressione che la risposta sia… no!
Infine, voglio fare l’avvocato del diavolo: l’esempio riportato funziona perché è creato ad uopo per funzionare. Ma cosa succede quando uno invisibile interagisce con gli altri? E se invece del patto con l’entità, fosse stato un combattimento? Un inseguimento? Il tentativo di convincere qualcuno? La creazione di un qualche oggetto? La ricerca di qualcosa? Davvero si sarebbe stato in grado di decidere oggettivamente cosa succede in gioco?
Con Bastionland intendi Electric Bastionland?
Se sì, mi spieghi cosa intendi? Non mi pare di ricordare nulla di simile nel regolamento e sono curioso di capire quale parte stai descrivendo.
Di base mi accodo a @Chiaki nel dire che non mi è chiara la distinzione tra regole meccaniche e regole diegetiche.
Ma provo a fare un’ipotesi. Secondo me, è possibile che la distinzione di @LordPersi sia tra le procedure di gioco che richiedono a chi gioca di “staccarsi” momentaneamente dalla fiction (anche solo per un momento, anche solo per tirare un dado, annunciare un numero, fare un gesto) e quelle che non lo richiedono perché tutti i messaggi, le informazioni eccetera sono veicolate attraverso la fiction stessa con un opportuno codice.
Non ho molta esperienza in materia, ma ricordo che nell’unico periodo in cui mi sono avvicinato fuggevolmente al mondo del LARP vi era un dibattito tra le meccaniche basate sul “chiamare” a voce certi “comandi” convenzionali (parole che non erano pronunciate dal personaggio, appunto, ma solo dal giocatore) e altre meccaniche, che non ho avuto l’occasione di provare, basate su un sistema di convenzioni per cui il giocatore non doveva mai dire qualcosa che il personaggio non dicesse, né fare qualcosa che il personaggio non facesse (la meccanica si inferiva da quelle cose indirettamente).
Nell’ambito LARP mi è chiaro il vantaggio di questa seconda opzione: è volta, penso, a non interrompere mai la cosiddetta “immersione”.
Nell’ambito dei GdR da tavolo ammetto di non avere chiaro il vantaggio. Forse l’estrema “leggerezza” delle regole? Ma non sarebbe sostituita da una maggiore “pesantezza” delle conoscenze minime della lore del mondo di gioco necessarie a giocare?
Mi incuriosisce molto il tema, anche se ho delle perplessità sull’attuazione. Per esempio, nei miei mondi fantasy l’uso della magia non è legato a una contrattazione con un’entità personale, quindi immagino che sarebbe molto più difficile tradurlo in fiction pura.
Il secondo sito linkato. Non so se c’entra qualcosa col gioco…
Il vantaggio (secondo me, non raggiunto) è far sì che i giocatori non agiscano usando termini di gioco (ho fatto x, lo colpisco, tot pf; la CA è y quindi se sommo z…) ma usando solo la fiction.
Ah, adesso ho capito >_< Sì, è il blog dell’autore del sito (ma gli articoli che pubblica spesso parlano di altri giochi / sistemi).
Grazie.
Cmq, riguardo all’argomento, ho ritrovato ieri un thread di Harper su twitter, che secondo me va nella direzione degli articoli postati sopra (quanto meno, ne analizza un aspetto).
Ma, anche qui, sono comunque meccaniche, per quanto narrative:
WOW, sono sorpreso dall’interesse sul thread. Ho iniziato questa discussione impromptu, quindi le domande di tutti mi aiutano a mettere a fuoco la questione. I FKR sono un caso interessante per dare una definizione in maniera minimale di gioco di ruolo. Cioè, trovare una linea di demarcazione fra un make-believe game fra ragazzini ed un GdR vero e proprio. Se non riesco a rispondere a tutti, farò un secondo post.
Fornire veridicità senza appesantire il gioco (fornirò un esempio sotto).
Evitare uno scollamento fra cosa succede nella fiction ed eventuali meccaniche di risoluzione. Es. Ha perfettamente senso che qualcosa abbia successo, ma: a) una regola mi forza ad un esito controintuitivo o b) non mi fornisce supporto nella risoluzione.
Maggiore Tactical Infinity dato che non vado a cozzare con nessuna regola meccanica che mi impedisce qualcosa, ma solo costrizioni narrative (e.g. gli elfi non possono volare).
In poche parole, aumentare il realismo, come fa notare quest’altro post in merito:
Cito:
Minimalist games aren’t really minimalist. They merely shift complexity to the players and result in potentially more complicated gameplay situations. Characters have potentially MORE options, while GMS become more than just the guy (or gal) who rolls dice for the monsters, which makes the game infinitely more complex and enjoyable for them as well. And their world(s) are better for it…
Se dovessi riassumere il Free Kriegspiel in poche parole, sarebbe: trasformare tutte le regole in rulings. (Sotto risponderò anche al punto sulla distinzione regole diegetiche/meccaniche.) La fiction ed il buon senso sarebbero l’unica guida. Ovviamente questo richiede un contratto sociale al tavolo granitico: devi fidarti dell’arbitro e del suo giudizio e fairness.
Qui @Davos e @Red_Dragon hanno colto il nocciolo dell’intera questione.
[…] il punto che essi vogliono spingere è in fondo più radicale (e banale): “chiariamo narrativamente i rapporti fra le cose in fiction così un arbitro che ha ogni Autorità Narrativa aggiudica ciò che succede di volta in volta senza montare un sistema di regole di tipo numerico-quantitativo”.
Non è la prima volta che esce la questione e devo dire che è sicuramente una possibile forma di gioco.
La domanda tuttavia che segue non può che essere: non riusciamo davvero a fare di meglio che far decidere tutto ad uno e quindi a dover “convincere” quella persona che le nostre descrizioni ed idee funzionano ?
Il che significa che se giocatori e master sono in “sintonia”, tutto funziona, altrimenti scoppiano le liti.
Principalmente si ritorna ai seguenti tre problemi:
“BUM! Ti ho colpito” “No, non è vero! Mi hai mancato di un chilometro!”
Mi siedo ad un tavolo a giocare il gioco X e sarà completamente diverso dal giocare allo stesso identico gioco ad un altro tavolo. È come se le regole del monopoli cambiassero ad ogni partita…
Ognuno se la canta e se la suona come gli pare.
Colgo l’occasione per chiarire questo punto. I FKR non sono Matrix Game. Non devo fornire un argomento deduttivo per convincere l’arbitro che accade X. Il giocatore dichiara l’azione. L’arbitro decide se riesce o meno e a quali condizioni. Se la fiction è sottodeterminata — quindi non si capisce bene le possibilità di riuscita di un’azione —, si tira un dado. La decisione non è appellabile in alcun modo.
Ora è giusto che risponda anche all’ottima domanda di @Chiaki e @Matteo_Sciutteri. Qual è la distinzione fra regole diegetiche e meccaniche? Ammetto che Nieudan non è chiarissimo, ma provo a fare l’avvocato del diavolo.
Regole Diegetiche: Sono regole che pongono limiti a che cosa può accadere in fiction dentro la fiction. Es. La magia per essere lanciata richiede del sangue. I pugnali colpiscono sempre le armature a piastre perché si infilano nelle giunture.
Regole Meccaniche Sono regole sganciate dalla fiction che mi dicono cosa succede in fiction. Sono definibili in termini algoritmici e non euristici (semplifico, ma è per capirci). Si applicano e poi si interpreta a posteriori cosa accade dentro la fiction. Es. La meccanica di risoluzione di Traveller 8+ o il D20 di un tiro abilità. (Ora me ne vengono in mente solo con i dadi; ma do ragione a Chiara che ne esistono altre non necessarimente di questo tipo.)
L’esempio della magia è fuorviante, ma quello degli PF vs. Ferite è secondo me più illuminante per spiegare la differenza. (Rappresenta anche la spiegazione per @ranocchio sul perché FKR vada verso il maggiore realismo.)
Perché abbisogno di una meccanica di PF quando so che il morso di un lupo può staccare un braccio non corazzato? Invece di tirare e vedere quante ferite il personaggio subisce e dove, basta dire: “Il Lupo ti stacca il braccio e stai morendo sanguinando”. Qui abbiamo una regola diegetica: se un animale di una certa taglia prendesse di sorpresa un avversario senza armatura, infliggerebbe ferite gravissime.
Ammetto che non sono soddisfattissimo della demarcazione diegetico/meccanico. Ma al momento non ho modi migliori per definirle meglio.
A parte il fatto che sapere se ti ha colpito oggettivamente o meno, potrebbe essere complicato, così abbiamo le battaglie che finiscono al primo colpo. Ma siamo sicuri che sia quello che vogliamo dal gioco? Siamo sicuri che sia più appassionante morire per un morso del lupo? Dipende da quello che stai cercando ma proprio per questo non è una soluzione omnicomprensiva.
Il che è tutt’altro che scontato. Puoi andare a rivederti tutte le mie affermazioni sull’OSR per vedere quanto questo contratto sia messo al tavolo…
Quindi, no: il contratto per essere granitico significa che le persone si devono conoscere e sapere ognuno come gioca l’altro o, come dico io, essere in “sintonia”. Ma nel 90% questo è falso. Mi sembra più utile avere regole oggettive che aiutino a costruire tale fiducia che non darla per presupposto e speriamo che tutto funzioni…
Continuo a rimanere dubbioso che la cosa funzioni oggettivamente e non si arrivi, di fatto, al “convincere l’arbitro”.
Ciao
PS: giusto per ribadire: sono d’accordo sull’esistenza delle regole digetiche, come qui definite; non sono d’accordo che bastino da sole.
Ah, su questo sono d’accordo. Ma una cosa simile la raggiungi con delle regole - meccaniche - in un gioco fiction first.
Prendi, per esempio, un mostro “tipo” di DW.
Etichette, Istinto, Mosse… sono esattamente questo. Sono il “descrittore meccanico” di qualcosa.
Ma sono meccaniche (e come tali sono regolate: il mostro può fare la sua mossa solo in un certo contesto e solo quando il GM può farla).
A me sembra che i tuoi esempi vadano più nella direzione di “togliamo i numeri e, possibilmente i dadi”, che però non significa affatto “togliamo le regole meccaniche”.
Aggiungo una riflessione che stavo facendo oggi, sull’argomento del thread - a proposito del concetto di permesso narrativo (fictional permission).
Con permesso narrativo si intende la possibilità di dire che un personaggio fa una cerca cosa e renderla vera nella storia. Il permesso narrativo dipende dalla realtà della storia.
PER ESEMPIO: una personaggio comune, privo di poteri, non può volare saltando da un palazzo.
Il giocatore, quindi, non ha il permesso narrativo di dire “il mio personaggio vola tra i grattacieli”. Può sicuramente dire “il mio personaggio salta dal tetto di un palazzo”, ma la conseguenza di questa azione, all’interno della storia, sarà la caduta nel vuoto del suo personaggio.
Per poter descrivere il suo personaggio che vola, deve trovare un modo di ottenere il permesso narrativo. Per esempio, potrebbe acquistare un jetpack oppure bere una pozione magica.
In estrema sintesi, le regole di un gioco di ruolo servono a stabilire:
Il permesso narrativo di dire fare accadere qualcosa (posso farlo?)
l’efficacia dell’azione descritta, nel raggiungere un obiettivo (quante possibilità ci sono che io ci riesca / quanto sono bravo a farlo?)
le eventuali conseguenze che l’azione descritta scatena (sia in caso di obiettivo raggiunto che fallito) (cosa succede se ci riesco / cosa succede se fallisco?)
Questi tre punti possono basarsi su tantissimi tipi di meccaniche di gioco, che non per forza devono essere legate a numeri o lanci di dado (es. valutazioni del mondo di gioco, coerenza, etichette sul personaggio, aspetti tipo “FATE”, ecc).
Ora, credo che uno dei problemi delle definizioni sia che non vogliono dire una mazza fuori da un contesto specifico, quindi non so davvero se ha senso stare qui a discutere di “è una regola meccanica / è una regola diegetica”.
Mi interessa però andare al punto della questione sollevato da @LordPersi:
Facendo quindi il discorso “in senso inverso”, queste sono delle necessità interessanti. Che però non sono sicuro che possano essere soddisfatte semplicemente dicendo “usiamo regole diegetiche!”.
Intanto, per il punto 1 (veridicità senza appesantire il gioco) → direi che dipende tantissimo da quante valutazioni deve fare chi stabilisce l’esito di un’azione. E questo o viene regolamentato con una procedura, oppure varia di persona in persona, situazione in situazione.
Valutare che “il lupo ti ha morso il braccio e quindi adesso muori dissanguato” può essere una cosa immediata o una cosa che richiede 5 minuti di valutazione da parte del GM.
Infatti più si vuole essere verosimili e accurati nelle valutazioni, e più fattori andranno tenuti conto. Per usare un termine desueto, si tratta di simulazionismo estremo, senza però numeri o tabelle.
Punto 2: ti direi che dipende tantissimo dal sistema di risoluzione meccanico del quale parli. Anche inserendo i dadi (o carte, ecc) in questo ragionamento, ci sono sistemi che in effetti danno esiti controintuitivi e che non supportano la risoluzione dell’azione (che incanalano in maniera forte la narrazione dopo la risoluzione del conflitto) e sistemi che invece funzionano molto bene.
Prendi per esempio il sistema di risoluzione di Agon:
Al di là di come poi si creano i pool di dadi e come si leggono i risultati, è un sistema di risoluzione che permette all’esito di essere assolutamente in linea con il conflitto e le azioni intraprese e che supporta la risoluzione dell’azione. Questo perché è un sistema a fortuna all’inizio (fortune at the beginning)
Onestamente, il punto 2 mi pare più un problema creato da certi sistemi di risoluzione che altro.
Punto 3: dovrei chiederti cosa intendi per tactical infinity, giusto per essere sicuro che stiamo usando la stessa definizione.
Se intendi che ogni cosa (letteralmente ogni cosa) nel mondo di gioco può essere manipolata / usata e potrebbe contribuire alla risoluzione di un’azione, allora credo che qui il problema sia - di nuovo - dei sistemi ai quali stai pensando scrivendo questo paragrafo.
Perché sì, in D&D4 hai questo problema: una serie di opzioni talmente variegate e codificate da rendere il mondo di gioco solo colore di sfondo quando non è legato a queste opzioni.
Ma in altri sistemi (anche solo pensando a DW - e sto scegliendo un esempio che ha tanti altri difetti tra quelli che hai elencato, ma non questo!) non è affatto così.
Quindi, per concludere (che ho scritto come al solito un papiro): capisco benissimo le necessità di cui parli. Non sono sicuro che la via discussa dai thread e articoli che hai linkato sia quella più comoda (o banalmente l’unica via) per raggiungerli.
Per coincidenza ieri è emerso un thread anche su OSR Italia e ho finito per tradurre il miglior articolo, a mio parere, esistente sull’argomento: “How I Run and Play an Ultralight Game” di Jim Parkin.
Jim è stato così cortese da accordarmi il permesso di tradurlo e quindi lo riporto qui:
Un’unica nota molto breve, poi tornerò a leggere con calma e cercare di argomentare meglio.
Questi giochi funzionano, ci sono due interi server Discord dedicati all’FKR con centinaia di utenti. Il fatto che, leggendo, possa non interessare è lecito, ma vi inviterei a non proiettare il vostro gusto in un giudizio normativo. Jim lo spiega bene qui:
Potrebbe non piacervi questa forma di gioco . E non è necessario. Ciò che conta è che se semplicemente non siete interessati ai “sistemi senza sistema” super-ridotti che sono spesso messi in mostra in questa modalità di gioco, ignorateli. Ci sono giochi eccellenti, alcuni dei quali sono quasi altrettanto snelli, che permettono ancora una maggiore flessione nelle meccaniche, nei minigiochi e nei crunch numerici di quanto troverete qui.
Come detto da @zeruhur, c’è gente che effettivamente gioca FKR. Non è solo teoria.
Però come detto sempre da zeruhur, evitiamo giudizi normativi: può piacere o meno, ma funzionano. L’idea del thread – e richiamo tutti – è quella di capire se l’FKR può essere considerato un nocciolo minimo per l’etichetta di GdR oppre No. Questo è l’argomento di cui vorrei discutere.
Rispondo brevemente a @Matteo_Sciutteri sulla Tactical Infinity. Riprendo pari pari la definizione dal secondo articolo di Jim Parkin (che è lo stesso tradotto sempre da zeruhur.)
The freedom of the Player Characters to attempt any tactic to solve a problem, subject to the adjudication of the Game Master.
Intendo né più né meno questo.
Essendo di fretta, poi risponderò anch’io con calma al resto. Volevo solo chiarire un paio di punti dato che la discussione si è spostata altrove rispetto allo scopo.
Probabilmente mi sbaglio e non avrò inteso il reale punto della questione.
Però.
Boh, a me gli articoli alla fine danno l’impressione di essere piuttosto confinati in un certo mondo (OSR), di non frequentare sistemi, come ad esempio quello dell’Apocalisse, che ormai funzionano da 12 anni secondo il fictional positioning e che in sostanza praticano già tranquillamente l’“aspirazione” degli autori degli articoli.
Qualcuno negli articoli parla di lasciar decidere e descrivere al master invece che farlo rollare dadi per colpire.
Beh, insomma…il master non rolla più per colpire da eoni in millemila giochi.
Parlano di ferite descrittive e anche qui ci sono X giochi che le hanno da anni ed anni (ma in modo molto più preciso e profondo di come le propongono gli articoli, vedi blades in the dark, ma basterebbe Trollbabe.).
Parlano di flessibilità e complessità della fiction per dare ai giocatori la libertà di descrivere ciò che vogliono e tutto questo è già da tempo alla base di un’intera ondata di giochi che ormai ha sommerso il mercato. E con connessione o meno a regole quantitativo-numeriche (ancora Blades, ma da ultimo addirittura Broken Compass)
C’è invece in più, a mio avviso, una brutta e pericolosa differenza generale nell’approccio a questi argomenti. Che è l’Omni Ruling".
Nei sistemi forgiti-post forgiti c’è la consapevolezza che un master (chiamarlo arbitro non fa alcuna differenza, nemmeno di impostazione filosofica)non può letteralmente costituire il sistema di gioco
Quello a cui si rischia di arrivare seguendo gli autori degli articoli postati è invece, in sostanza, il buon vecchio system-0, o, per dirla alla Ranocchio (ed è dirlo meglio) il sistema che tende allo 0.
Il master, a leggere gli articoli, a seconda del posizionamento di fiction, sceglie se:
ce la fai e basta
non ce la puoi fare
tiri un dado con percentuale X di successo
tiri un dado con percentuale X di quasi successo (e qui si apre il buon vecchio problema della finta granularità e della tartaruga che non raggiunge mai la linea)
devi dare una risposta corretta altrimenti corri un pericolo
tiri un dado con percentuale X di successo ma comunque hai un effetto anche negativo
tiri un dado con percentuale X di successo ma anche percentuale di Y che accada qualcosa di orribile
scegli fra 2-3 alternative che il master ti descrive, ognuna ha sfumature, benefici/malus, magari per alcune tiri 1 volta, per altre 2
fai N tiri, li sommeremo tutti solo alla fine e sempre che non fai 2 fallimenti di fila
fai N tiri e poi fa lui N tiri e confrontiamo come a risiko per avere granularità e precisione degli outcome del randomizzatore
mischia tutte le precedenti, in successione o in contraddittorio una con l’altra
vinci se gli paghi il cinema, all’Arbitro.
forza Juve
altre millemiliardidimilioni di cose/configurazioni possibili che è inutile descrivere o immaginare.
Il Sistema tende a non esistere, liquido o anche gassoso.
O meglio, il sistema è Lui. Il Master of the Universe. E lo è sul momento, sulla botta, ad impronta.
Incidentalmente è il motivo per cui tendo ad amare davvero pochissimo (in effetti ne ho una brutta opinione) i sistemi a tool box , che si presentano come una cassetta degli attrezzi: hai una situazione? Ecco qui 5 regole e procedure interscambiabili a ricomponibili che puoi usare a piacimento come metodi di risoluzione! Che figata!
A mio giudizio rischiano il murk e la vaghezza di gioco e dell’immaginato.
Guarda caso anche questo concetto della cassetta degli attrezzi è citato negli articoli.
E guarda caso anche questa roba esiste da decenni fin dal primo Fate.
E’ come se nel sistema dell’Apocalisse il Master inventasse di volta in volta le Mosse più varie sul momento chiamandole a suo giudizio.
E’ certamente possibile e in un paio di sessioni che volevano essere l’inizio del solito gioco mai portato a termine anche io di fatto ho giocato così (se vuoi fare un PBTA trova un tema e come dice anche Baker inizia a giocare vedendo di quali tipi di Mosse o regole hai bisogno mentre giochi).
Ma onestamente mi sembra proprio un passo indietro nel mondo del gdr.
Non è questione di gusto personale, ognuno è libero di divertirsi come vuole ci mancherebbe.
E’ che personalmente ci leggo un pò di confusione come cose tipo “sistema senza sistema”.
Un sistema è sempre presente, è fenomenologico.
Solo che qui il sistema è un giocatore.
Inoltre trovo un’altra oggetiva confusione nei benefici affermati.
Ad esempio, dove risiederebbe il realismo in questo?
Forse è più realistico dei vecchi punti ferita ( a mio avviso peraltro non lo è).
Ma non lo è per nulla rispetto al sistema di ferite di Blades ad esempio.
A essere sinceri io non riesco davvero a vedere come possa c’entrare il realismo rispetto al livello di astrazione ed al tipo di espressione (linguistica o meccanica) di una regola.
Sempre che ci riusciamo prima a capire su cosa intendiamo per realismo.
E’ realistico che un lupo selvaggio mi stacchi un braccio con un morso se mi coglie di sorpresa?.
E chi lo dice?
La Realtà Primaria è troppo complessa perchè possiamo davvero ed oggettivamente per tutti
stabilirlo senza una regola di meccanica di relazione fra grandezze e dunque di sola, pura autorità.
Le Autorità infatti non c’entrano con il (supposto) realismo, servono per regolare i permessi ed i divieti di modifica allo spazio immaginato condiviso e la successione della conversazione di gioco, sono comunque sempre extradiegetiche, “arrivano” sempre ai giocatori in carne e ossa, a prescindere da dove passano, se da riferimenti diegetici o meno (“quando un Lupo ti attacca…”.
E lo sono perchè devono consentire prima di tutto scelte estetiche.
Consentire ad un Arbitro di avere autorità sulla meccanica da utilizzare al volo non fa realismo. Fa solo incertezza e se non ci si allinea rende tutto vago e discutibile, dunque meno realistico.
D’altronde per qualcuno forse è più realistico pensare che il Lupo non attaccherebbe il braccio e andrebbe direttamente per la gola.
Forse qualcosa lo potrebbe disturbare nell’odore del personaggio e lui attaccherebbe si di sorpresa, ma con cautela.
Forse non “strapperebbe” (i lupi non lo fanno) ma azzannerebbe per tenere in pugno, dissanguare e soffocare.
Forse preferisce prendersi solo la mano tagliandola via all’altezza del polso per nutrirsi in fretta.
Forse non strapperebbe via nulla perchè preferirebbe gettare di impeto a terra l’avversario con il braccio ancora attaccato per romperlo disarticolandolo (preferiscono anche questo come tipo di dinamica i lupi).
Che ne sa il master/arbitro, è uno zoologo accademico e ha studiato e seguito quell’esemplare di lupo con il suo carattere e le sue abitudini?
E siamo solo al Lupo Selvaggio.
Perchè se finiamo all’Aboleth…ma cosa diavolo fa e come lo fa un aboleth.
E il Bugbear? E il Mimic?
D’altronde ogni Lupo Selvaggio può ben essere diverso dagli altri suoi simili.
D’altronde: è bello e utile se riusciamo a stabilire cosa può succedere più frequentemente e con una buona media di Lupi Selvaggi…ma questa volta?. Proprio in questo particolare caso? Piove a dirotto, fa lo stesso? Tira un casino di vento, è uguale? C’è un incendio, non è che il lupo è meno deciso nell’attacco? O forse era già sazio.
La Realtà Primaria ha troppi fattori, troppe eccezioni e troppe … coincidenze per poter pensare di creare vero realismo attraverso una qualunque regola, scritta con numeri o solo con riferimenti narrativi alla fiction che dir si voglia e un grado di astrazione nelle meccaniche sarà sempre necessario.
La cosa non cambia se la creazione delle meccaniche o regole di risoluzione di un momento di gioco vengono lasciate in assoluta carta bianca ad uno solo dei giocatori al tavolo, sulla base del retropensiero che quella persona sia un’intelligenza artificiale che compie un istantaneo adeguamento fra circostanze concrete di fiction e strumenti per risolvere domande e incertezze di quella stessa situazione.
“Se un Lupo selvaggio riesce ad assalire un personaggio di sorpresa, è di taglia grossa ed è in piena salute e il personaggio non è corazzato e il Lupo non ha paura o non è comunque cauto per qualche motivo e il Personaggio non è molto grosso di costituzione fisica e non decide di gettarsi subito a terra come reazione…allora il braccio viene perduto se il personaggio subisce almeno X ferite”
“Se l’attacco di un Lupo Selvaggio che ha ottenuto sorpresa (1 su 1d6 o a discrezione dell’Arbitro) infligge X danni ad un personaggio con classe armatura inferiore a 14, il Master può applicare effetto vorpal.”
“L’Arbitro di gioco decide se l’attacco di una creatura è per circostanze e qualità dell’incontro ed eventualmente entità dei danni subiti (qualora decida di stabilire per essi un valore numerico) tanto letale e pericoloso da riuscire a strappare arti sul colpo al personaggio”
“L’Arbitro di gioco decide con quale meccanica ed in quali circostanze di fiction un Lupo Selvaggio può strappare in un sol colpo il braccio ad un personaggio. Magari è bene che lo chiarisca prima al giocatore.”
“Se un guerriero è in palese condizione di inferiorità o ignaro o senza difese un Lupo Selvaggio causa danni devastanti fino allo smembramento”
Cosa cambia in ognuna di queste regole rispetto al Realismo del gioco? E all’Immersione?.
Boh. Forse niente.
E questo senza neanche iniziare ad affrontare il tema della chiarezza, trasparenza, fairness della comunicazione al tavolo, se non per dire che non può ridursi tutto a: fidati dell’arbitro che ci pensa lui, se no non sederti.
Perchè se il gdr viene tessuto e filato tramite permessi e divieti di modifica dello spazio immaginato condiviso a contenuto specifico e a gradi di contenuto specifico, affidare letteralmente carta bianca a un solo giocatore è una contraddizione in termini: se ha carta bianca, non ha bisogno di permessi.
Non è in questo modo e a questo livello , a mio parere, che si crea in un gdr da tavolo immersione/immedesimazione/realtà secondaria, così si finisce nel railroad o nell’Accordo (con o senza negoziazione), che è la morte della realtà secondaria, perchè ne sta totalmente al di fuori. Chiaro esempio di eterogenesi dei fini rispetto agli articoli.
Scusate per l’autocitazione, però ribadisco che il “realismo” o “immersione” o “immedesimazione” o “credibilità” a mio avviso sono legati al modo, al processo con cui viene percepita la fiction comunicata e con cui viene attribuito significato alla fiction comunicata, al modo cioè con cui accade la relazione fra percezione e significazione dello spazio immaginato tramite il linguaggio.
Poi sono possibili tantissime tecniche di gioco, regole, più o meno numerose, pesanti, cruchose, ognuno usa i termini che vuole.
Ma se tende a mancare un certo tipo di relazione fra i partecipanti allora il realismo a mio giudizio tende parimenti a sparire.
La regola unica e sostanziale del sistema di gioco non può essere l’Autorità Totale di uno solo dei giocatori al tavolo, perchè significherebbe che quel giocatore…sta simulando Dio.
Peccato che nella Realtà Primaria (sempre per parlare di realismo ) Dio sia decisamente absconditus , talmente tanto che moltissimi, del tutto legittimamente e con solidi argomenti, negano la sua esistenza e presenza.
Se Dio c’è, opera con coincidenze provvidenziali.
Che il più delle volte non vengono nemmeno capite.
Il Master come simulazione di Dio è una pessima simulazione.
Chiedo scusa per la lunghezza, in effetti ha detto molto in meno parole @Matteo_Sciutteri
Edito perchè mi sono sovrapposto con @LordPersi e non avevo vista questa sua richiesta.
Personalmente la mia risposta è: certamente è gioco di ruolo a pieno titolo. Solo non lo trovo oggettivamente funzionale.
Preso atto che solo questo è l’argomento, non sono sicuro di come interpretare la domanda.
Se la domanda è: “Questo può considerarsi un GdR?”, direi che la risposta è sì. Mi sembra evidente. Non penso che qualcuno possa davvero negarlo.
Se la domanda è: “Nell’ambito dei GdR, questo costituisce un nocciolo minimo?”, è difficile rispondere senza prima dibattere su cosa si intenda per minimo. Immagino che possa esserlo o non esserlo a seconda delle esigenze minime (appunto) che si hanno.
Se le esigenze sono i tre punti da te esplicitati prima, mi sembra che la discussione su se, e come, soddisfi effettivamente quei tre punti torni ad essere abbastanza in topic.
Ma certo che funziona! Ci ho giocato per una vita. Ho iniziato a fare il GM in questo modo! Solo che… non mi sembra oggettivo ma soggettivo: funziona bene fin quando il gruppo è in “sintonia” altrimenti iniziano i problemi.
Il resto lo ha detto @Davos meglio di come direi io
Beh, la risposta è ovviamente sì: stai giocando ad interpretare un ruolo! Ma… Qual’è quel “livello minimo” con cui accettiamo di giocare? Non credo si possa dare una risposta. Quindi rimane: è funzionale giocare ai GdR in questo modo? Ed è su questa che abbiamo risposto
Concordo con @Bille_Boo : la domanda alla quale vuoi rispondere @LordPersi mi sembra molto “teorica” e poco concreta.
Chi può stabilire se una cosa è un gioco di ruolo oppure no? Che senso ha dare delle etichette?
Per altro, già dal primo scambio di messaggi si era deviato su “a cosa serve giocare così”:
Ad ogni modo, il thread lo hai aperto tu e ovviamente ha senso che sia tu a dire “ehi, ragazzi, bellissimo quello che state dicendo MA io volevo solo sapere questo”.
Solo che mi pare un po’ parlare del sesso degli angeli, cercando di dare definizioni.
Potremmo andare avanti all’infinito. Per esempio: prima di stabilire se FKR può essere considerato un nocciolo minimo per i GdR, dovremmo stabilire cosa intendi per nocciolo minimo e per GdR.
Ma io personalmente mi tiro via da questo pantano: non credo sia davvero possibile o utile appiccicare etichette e definire cose.
Diverso è se vogliamo parlare di come funziona, di cosa non funziona e di come eventualmente migliorare l’esperienza. In quel caso, hai la mia ascia.