Poi la smetto di intasarvi con post su D&D, ma ormai che sono in buona finisco la catena di quelli arretrati.
Stavo masterando The Fall of Silverpine Watch, modulo di The Angry GM, leggermente rimaneggiato.
Dettagli:
(L’ho accorciato, eliminando quasi tutta la lunga parte introduttiva, ho aggiunto una meccanica di incontri casuali col passare del tempo, e ho tradotto in italiano nomi, descrizioni eccetera.)
Era la prima sessione di una two-shot, online, su Discord, con persone con cui non avevo mai giocato prima. Conoscevano bene D&D quinta edizione.
In sessione: la scalata
Senza andare nel dettaglio, l’entrata nel dungeon non è ovvia: c’è una struttura con torri e mura, senza finestre, e l’ingresso principale bloccato.
La prima idea che è venuta ai giocatori è stata provare a scalare una delle torri. Avevano una corda abbastanza lunga. Uno dei PG volava (era una piccola fata), quindi è potuto andare su ad assicurarla per gli altri, che hanno provato a salire, uno dopo l’altro.
Ho chiesto una prova (di Forza, Atletica, CD 15). Ci sono stati alcuni fallimenti: quando succedeva, ho determinato casualmente da che altezza cadeva il malcapitato e ho inflitto i danni corrispondenti. In un caso il PG fata si è giocato un incantesimo caduta morbida per salvare un altro.
Dopo un po’ di notevole sfortuna nei dadi, si sono sforzati di trovare un altro modo. Uno ha avuto una discreta idea: legare un’altra corda alla prima per raddoppiare la lunghezza, in modo che potesse salire, passare dietro la merlatura della torre e ridiscendere. Così, usando la merlatura “a mo’ di carrucola”, le persone rimaste giù potevano sollevarne un’altra fino in cima.
Ho giudicato che poteva starci. Il forzuto del gruppo aveva limiti di carico elevati, superiori al peso dei compagni più leggeri, quindi glieli ho fatti tirare su senza chiedere prove. Quando, per ultimo, è toccato a lui, sommando i limiti di carico dei compagni veniva fuori un valore che mi sembrava sul filo del rasoio. Gli ho chiesto una prova (con Vantaggio, visto l’aiuto degli altri). Ha fallito e si è preso i danni da caduta. Al secondo tentativo è riuscito, e l’esplorazione ha potuto proseguire.
In sessione: la serratura
In un’altra scena si sono messi a scassinare una serratura. Il PG che ci ha provato aveva attrezzi adatti e competenza.
Ho detto che l’unica cosa a rischio mi sembrava il tempo, quindi gli ho chiesto una prova (di Destrezza + competenza negli attrezzi, CD 25) dicendo che in caso di successo avrebbe fatto in fretta, mentre in caso di fallimento avrei fatto passare una “tacca” di tempo sul contatore che innescava gli incontri casuali.
Post gioco
Nel debriefing alcuni giocatori hanno detto di aver trovato noiosa la scena della scalata. Uno, in particolare, ha detto di essersi sentito davvero frustrato per tutti quei fallimenti che avevano impedito al gioco di proseguire, e mi ha chiesto perché non avessi applicato lo stesso approccio che ho usato dopo con la serratura: cioè, in caso di fallimento della prova far passare del tempo, magari fare qualche danno, ma far arrivare comunque tutti a destinazione.
La cosa è stata discussa anche su un gruppo Telegram, dove un’altra persona, estranea alla giocata, si è impuntata molto sul cercare di capire perché non avessi usato la regola delle “prove di gruppo” di D&D 5e.
Dettagli:
(Una regola per cui in alcuni casi, se il DM lo ritiene appropriato, si può chiedere a ognuno del gruppo di fare il tiro, e considerarlo superato se lo supera almeno metà dei membri.)
(Detesto questa regola - per i casi del genere ho in mente alternative migliori - ma nella fattispecie non mi pareva che avesse senso applicarla: stavano scalando uno alla volta, non erano, tipo, in cordata su una scarpata, non avevano modo di aiutarsi davvero a vicenda.)
Senz’altro un bello spunto di riflessione, perché avevo arbitrato le due situazioni in modo abbastanza istintivo, per abitudine, senza ragionarci troppo.
La risposta che mi sono dato (e ho dato ai giocatori) è stata grossomodo questa:
- Nel caso della serratura il peggio che poteva succedere era effettivamente solo la perdita di tempo. Nel caso della scalata, invece, qualcuno poteva rimanerci secco. Anche se non fosse successo, determinare quante risorse (punti ferita, incantesimi…) “costava” il superamento dell’ostacolo mi sembrava importante, abbastanza da risolvere la scena in modo più dettagliato. Anche il rischio che qualcuno arrivasse in cima e qualcun altro no, quindi che il gruppo si trovasse forzatamente diviso, mi sembrava un rischio interessante e meritevole di non essere rimosso dal gioco (come avrei fatto usando un approccio che ammettesse solo “passate tutti” o “non passa nessuno” come possibili risultati).
- L’approccio usato ha spinto i giocatori a farsi venire in mente una soluzione nuova, creativa e a cui io stesso non avevo minimamente pensato (la pseudo-carrucola): non sarebbe successo con un altro approccio.
- Riconosco che questo non è oggettivamente l’approccio migliore per arbitrare la scalata: è solo uno dei tanti possibili. Altri master si sarebbero regolati in modo diverso, e non penso che sia un male. Anziché considerare gli “arbitri” dei meri calcolatori che devono applicare le regole in modo assolutamente univoco, credo sia giusto riconoscere anche a loro un certo spazio di espressione personale, come succede coi giocatori.
- Può capitare di sentirsi annoiati o frustrati (specialmente quando si fallisce), ma se si sente che si sta superando la soglia di guardia è bene dirlo. Se me lo avessero fatto presente a gioco in corso avremmo potuto discutere insieme di come risolvere la scena in modo accettabile per tutti.
- Da ultimo: nessuno obbligava i giocatori a insistere. Quando ho detto questa cosa ho sentito dall’altra parte un certo sconcerto. Scalare il muro era stata una loro libera iniziativa, ed erano altrettanto liberi di smettere di provarci e cercare un’altra via. Qualcuno lo aveva proprio proposto, in effetti, durante il gioco, ma poi avevano detto di no temendo trappole o pericoli nascosti (che ci sta; e avrei invalidato questa loro decisione se mi fossi imposto io affinché smettessero).