Ecco una piccola riflessione che ho fatto dopo la sessione a Ultraviolet Grasslands di ieri sera. Parto dall’episodio:
La carovana dei personaggi sta viaggiando verso la Città Violetta. Tiro per gli incontri, ottenendo “un gran numero di derelitti (tipo zombie idrofobi) vi attaccano all’improvviso”. Giochiamo l’incontro, un combattimento da un paio di turni che si conclude con la fuga dei derelitti. Dal momento che, quando colpiti, dal loro corpo fuoriusciva una sostanza arancione simile al pus (un dettaglio di colore da me improvvisato al quale ho deciso di dare importanza subito dopo), il botanista del gruppo ha voluto raccoglierne una fiala. Il pus era probabilmente una conseguenza del morbo dei derelitti, quindi mi sono chiesto se far tirare o meno al giocatore, il cui personaggio aveva l’abilità di alchimista e un kit da naturalista. Alla fine faccio fare una prova facile (Classe Difficoltà 7) con Vantaggio per via del kit. Il giocatore tira 2d20 ottenendo un 5 e un 6 (dopo aver sommato al risultato del dado Attributo e Abilità da Alchimista). Ouch.
In situazioni come queste, quando faccio il master, non vedo l’ora di vedere un bel fallimento. Mi capita spesso: quando i giocatori devono evitare catastrofi magiche, passare inosservati nella tana di un drago o nel covo di un PNG, farla franca con la giustizia o le creature extraplanari con le quali contrattano ecc…
Tutte situazioni nelle quali i fallimenti sono in grado di alterare drammaticamente lo status quo (almeno, io ho la tendenza ad attribuire al solo fallimento di una prova questa proprietà, vedere il messaggio bonus finale alla fine del post). In situazioni del genere ho sempre la fortissima tentazione di spingere verso il fallimento…che è un po’ l’equivalente di voler controllare la storia che si sta creando al tavolo. Si tratta di una pulsione che ignoro il 99% delle volte grazie alla “disciplina” maturata in anni di gioco e buoni consigli. E non ci sto troppo a pensare, ma l’episodio a UVG mi ha fatto venire voglia di scriverci un post.
Altri pensieri sparsi e poco argomentati (sono più delle sensazioni che dei ragionamenti):
in diversi Pbta, dove la difficoltà può essere aumentata richiedendo di innescare più mosse ma lo Svantaggio ai tiri è ben codificato e non a completa discrezione del master (in d&d, ad esempio, è molto più facile dare Svantaggio ad un tiro che in fantasy world), mi viene il nervoso quando vedo i giocatori tirare senza una “difficoltà artificiale” al tiro. Sto parlando dei casi in cui per mia natura provo avversione per quello che stanno facendo i personaggi, oppure quando vedo il mio amatissimo PNG brutalmente asfaltato (nooo, ridatemi il mio giocattolo!) oppure ho voglia di gettare nel caos il mondo di gioco con qualche catastrofe magica.
il fatto che in The Pool io possa giocare in maniera positiva questa mia inclinazione assegnando i dadi del master anche in base a fattori come il tifo/antipatia per i personaggi/png è uno degli aspetti che mi piacciono di più del gioco.
Ritornando all’episodio capitato giocando a UVG: la mia prima reazione alla richiesta del giocatore è stata: “dai, voglio una bella infezione nel party!”, e la prima cosa alla quale ho pensato è stata come poter favorire il fallimento in modo da giocare quella cosa lì. Non si tratta di sadismo nei confronti dei giocatori, semplicemente ho iniziato a immaginarmi epidemie, strambi medici della peste delle terre ultraviolette, cerche cavalleresche alla ricerca di una fantomatica cura ecc…tutte cose che mi piacerebbe un botto giocare.
Come ho già detto ho maturato una certa disciplina che tiene a bada questi pensieri intrusivi e ho deciso di far comunque tirare, ma tenendo la classe difficoltà al minimo e dando Vantaggio per via della preparazione del giocatore (= riconosco che sei esperto in questo campo, ma un minimo di rischio di infezione lo stai correndo).
Ed ecco il fallimento, senza che io spingessi attivamente verso un particolare risultato (insomma, giocando onestamente al tavolo).
Il fatto che questi episodi mi capitino di continuo mi ricorda sempre che nel tiro dei dadi c’è sempre il solito Caos che riserva grandi sorprese e divertimento quando non viene controllato. E che i fallimenti più improbabili e inaspettati sono i migliori.
Messaggio finale bonus: non penso quasi mai a quanto un successo possa avere effetti altrettanto drammatici di un fallimento sul nostro mondo di gioco. E questo è un peccato.
Premetto che non so come si svolgono i tiri in UVG e cambia proprio la filosofia da gioco in gioco, ma credo che ci sia qualcosa di fondo che dovrebbe accomunare tutte queste diverse filosofie.
Secondo me c’è un problema e nasce nella giusta volontà di far accadere qualcosa, ma attraverso tiri di dado dove solo un esito è interessante. Ottime le conseguenze del fallimento, ma se al successo non sarebbe cambiato nulla allora non è un tiro di dado. La fiala era solo un veicolo per infliggere pestilenza sui personaggi (portandoli ad interagire con il luogo ed npc per curarsi), oppure era anche un veicolo di informazioni sulla pestilenza degli zombie (che magari portava, ugualmente al fallimento, ad interagire con il luogo ed npc)?
Nel primo caso io avrei dato direttamente la pestilenza, perché il tiro è finto. Oppure non avrei dato nulla se il gioco non prevede la possibilità di dispensare pestilenze. Nel secondo caso avrei fatto tirare, perché entrambi gli esiti (fallimento e successo) sarebbero stati interessanti ed avrebbero portato i giocatori ad interagire attraverso i propri personaggi con il mondo.
Senza entrare in dettagli meccanici di un gioco che non conosco, da quello che leggo, tu hai il “problema” opposto al mio: vedi la novità, il cambiamento, l’evoluzione o quello che sia nel fallimento mentre io lo vedo nel successo. Il mio punto di vista è che il fallimento è ciò che capita normalmente: se c’è un’epidemia è normale che si venga contagiata; non c’è nulla di eccezione, niente che sorprenda, niente che faccia andare le cose in modo inaspettato. Invece il successo è quello che porta a far sì che le cose cambino, che la storia si smuova da ciò che mi aspetto accada e che causa una valanga di nuovi eventi. Che poi è in piccolo quello che capita con gli Oscuri Presagi di DungeonWorld-iana memoria: se i PG falliscono od ignorano il Pericolo, accade esattamente quello che avevi programmato; se i PG riescono, ecco che la sequenza di passi viene interrotta e quello che succede è una sorpresa
Non conoscendo il gioco in questione posso solo provare contruibuire con uno spunto, parlando dalla prospettiva del sistema che sto usando al momento, Dungeon World.
I fallimenti sono ovviamente un potente motore narrativo, anche e soprattutto quando sono azioni semplici o apparentemente innocue, come potrebbe essere un Rivelare Conoscenze (Sput Lore).
E se i PG stanno interagendo con qualcosa di rilevante/importante/potente etc, c’è sempre la possibilità di risvolti inattesi, anche drammatici.
dall’ultima campagna:
un semplice tiro di Parlare con i Morti del chierico, andato male, seguito da un paio d’altri nella gestione delle conseguenze, e ora c’è una mezza apocalisse zombie che minaccia tutto il nord della Britannia…
poco tempo dopo il chierico in piena crisi di fede abbandona il suo dio, cedendo ad un patto con forze infernali, diventando praticamente uno dei cattivi.
Eventi che in altri sistemi avrebbero persino rischiato di rompere la storia, ma essendo un PbtA, non ha un plot che si può rovinare.
Siamo tutti felici e soddisfatti: loro perchè hanno un impatto sul mondo, anche grande, ed io perchè mi portano in luoghi e in storie che non avrei mai pensato.
Quindi concentrandomi sui cardini di “Gioca per scoprire cosa succede” e “Sii un fan del personaggi” direi che ho raramente la voglia di aggiungere ulteriore “difficoltà artificiale”.
Solo in situazioni in cui la coerenza con la storia esige un impennata del rischio/difficoltà, come affrontare un Lich nel proprio antro, metto mano agli strumenti che dà il sistema per rendere la vita infernale ai personaggi.
Per il resto i PbtA hanno già in sè una curva statistica che spinge decisamente alle complicazioni.
Ci sono un sacco di cose che non ho capito nel discorso di @Viandante , per cui farò un po’ di domande a riguardo.
perchè pensi che per vedere in gioco una cosa che ti interessa come GM, tu abbia bisogno di un fallimento da parte dei giocatori? Nel senso: perchè se una situazione o un ostacolo ti piace, non lo porti in scena con la tua preparazione o con la tua improvvisazione al tavolo?
Non sono convinto che sia vero questo:
Voglio dire: se come GM sei un giocatore come gli altri e hai momenti e strumenti per inserire nella storia cose che ti piacciono, drammi nel mondo o nella vita dei personaggi, perchè pensi che sia un modo di controllare la storia? Creare ostacoli o creare difficoltà non è controllare la storia. Certo che se cambi il risultato di un tuo tiro di nascosto perchè vuoi a tutti i costi un risultato, è un conto. Ma dire “questa cosa accade - non serve che tiriate i dadi, perchè non dipende da voi. Voi quello che potete fare è decidere come reagire a questa cosa” non mi pare forzare la storia.
@_Elil_50@Red_Dragon@Narhijan@Matteo_Sciutteri ci tengo a dire che ho letto tutto e ho assolutamente intenzione di rispondervi e proseguire la discussione, ma queste settimane sono particolarmente intense e non riesco a trovare il tempo di rispondere come vorrei.