Non ho molto da aggiungere, trovo la tua esperienza una riconferma tra le tante di alcune cose che ormai affermo da anni:
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I giocatori più occasionali e meno coinvolti nella community del GDR sono tendenzialmente anche quelli che hanno la meno probabilità di aver sviluppato abitudini negative che gli impediscono di godersi una giocata come questa, dove l’ascolto attivo è alla base di tutto quello che succede, e nessuno cerca di “spingere” da nessuna parte o guidare la giocata: semplicemente si risponde in conseguenza a quello che hanno detto gli altri e si vede dove va a finire.
Il che mi fa poi trarre delle conclusioni abbastanza negative da cosa insegni a fare la community dei GDR in media. -
Possiamo stare a criticare D&D5 quanto vogliamo (e io stesso lo considero uno strumento mediocre su cui tuttora rifiuto di mettere le mani) ma sta di fatto che qualunque problema abbia questo gioco per com’è scritto non è il problema alla radice ma piuttosto un sintomo, e non è assolutamente ingiocabile come dicono alcuni. Un gruppo con voglia di ascoltarsi e divertirsi insieme può farlo funzionare con i dovuti accorgimenti, poi magari bisognerebbe chiedersi perché farlo.
(In più, so che in realtà @Bille_Boo ne giochi una versione pesantemente modificata da te) -
Il vero divertimento e il vero piacere del gioco è impossibile da nascondere, confrontato con il “mi sono divertito” di chi non vuole ammettere di essersi annoiato per non creare problemi (o, peggio, che si è abituato così tanto a non divertirsi da non riuscire ad ammetterlo a sé stesso).
Comunque, mi fa molto piacere questa tua esperienza. Faccio un paio di commenti su alcuni episodi che hai citato.
Faccio notare come, senza i mantra imparati tipo “don’t split the party” e l’orrore di “non giocare” quando si è fuori scena, il gruppo non ha avuto remore a separarsi immediatamente. Immagino perché anche quando si era fuori scena c’era un ascolto e investimento collettivo nelle scene dove giocavano gli altri, e probabilmente anche una dose di commenti e reazioni.
Questa è un’ottima tecnica chiamata “incrocio” da Ron Edwards per mantenere il collegamento tra due storie parallele.
Ad esempio, nella mia campagna di Sorcerer, una delle due stregone, che gestiva una clinica illegale, ha subito una retata da parte della polizia, spinta dal primo ministro che stava cercando di mostrare forza in seguito a uno scandalo del suo ministro dell’interno.
Nella scena dell’altra stregona, che era una candidata alle elezioni per un partito di opposizione, ho presentato come vedevano alla televisione le notizie delle operazioni di polizia spinte dal primo ministro e nella scena abbiamo giocato le reazioni dei membri del suo partito e come hanno gestito la cosa a livello di campagna elettorale.
Praticamente, le azioni di un personaggio sono finite per influenzare l’altro indirettamente, semplicemente perché interagivano come parte della stessa situazione, solo inquadrati in scene diverse.
Rafforza i miei due commenti precedenti. In più, in netto contrasto all’altra tua storia, il giocatore sembra aver abbracciato il fallimento e la potenziale morte come parte del divertimento. Bene!
Faccio notare come (lo dico conoscendo come giochi), questo in tutta probabilità era tutt’altro che garantito! Nessuno l’ha fatto accadere da solo, è stata una combinazione dei vostri contributi, mediata anche dalla fortuna nei dadi. Ma sarebbe potuta andare ben diversamente.