Per quanto riguarda fiction, o per scriverlo all’italiota ficcion (visto per davvero), ho notato che i giocatori italiani che non fanno parte di un certo circolo stretto tendono proprio a non capire questo termine e cosa significa (al massimo gli si può associare al volo una soap opera televisiva, e la declinazione al femminile non aiuta). Richiede sempre una spiegazione e definizione, e molti non capiscono che significa.
Ho avuto abbastanza successo sia a usare “racconto” che “narrazione”. Mi hanno fatto notare che “racconto” ha un’accezione da “il racconto è scritto in anticipo”, e avendo notato che “narrazione” è molto più diffuso, sto cominciando a usare quasi esclusivamente il secondo.
Prima un breve OT: Fiction andrebbe tradotto come “ciò che sta avvenendo nella scena immaginata collettivamente da tutti i giocatori al tavolo”, il che è improponibile in un discorso. Come dice, però, Ranocchio, il termine è un “slang” usato da chi bazzica sui GdR da parecchio tempo ed è di poco aiuto a chi non è abitutato a sentirlo. Il termine narrazione è anch’esso foriero di dubbi. Quando uso il termine “narrazione” subito parte la domanda: “da parte di chi?” e non basta dire “di tutti” perché “non si parla tutti insieme, c’è sempre uno ed uno solo che narra. Quindi narrazione da parte di chi?” (o frasi analoghe).
A differenza di “immaginario collettivo” che molti mi comprendono senza nemmeno spiegarlo (ed ai pochi a cui lo spiego, fanno poi la faccia di “elementare Watson”), non ho ancora trovato un buon termine per questa “Fiction”.
IT: Actual Play… non sono mai riuscito a capirli. Quelli che vedo sono un resoconto ben poco chiaro di quello che fa la gente: se non viene messo in ballo perché un dado viene tirato o perché deve raggiungere un certo risultato, cosa causa questo nella “Fiction” e perché la “Fiction” ha richiamato detta regola, siamo parlando di aria fritta. Ma il descrivere il tutto affinché rimanga chiaro è più facile a dirsi che a farsi ed in genere semplicemente non sono mai riuscito a capirli né a farli capibili.
Ti stupisci se ti dico che anche in inglese c’è questo problema? Fiction è il termine inglese per i libri di narrativa, opposto alla non-fiction (saggistica). Si potrebbe dire ma chi la scrive questa fiction? E può andare a richiamare il vecchio metaplot di vampiri, ad esempio.
C’è questa credenza diffusa che i termini in lingua inglese non siano ambigui, ma non è vero per niente.
Ah! Ecco una cosa che non sapevo! Insomma non esiste in nessuna lingua un termine adatto per “ciò che sta avvenendo nella scena immaginata collettivamente da tutti i giocatori al tavolo”.
C`è in realtà, il termine tecnico usato su The Forge era Shared Imagined Space, in italiano tradotto con “spazio immaginato condiviso”, anche se è leggermente più specifico di fiction. Ma al giorno d’oggi si usa poco perché suona molto pretenzioso.
Un termine che viene dal mondo del cinema che mi piace usare a volte è diegèsi, che, guardacaso, vuol dire “narrazione” in greco antico.
Ho separato la discussione relativa alla fiction per chiarezza e leggibilità. Continuate pure a discutere, ma preferirei che non si cominciasse a deragliare più e più volte parlando di varie parole e terminologia che poi sono costretto a separare nel proprio argomento. Va benissimo parlare di queste cose, ma automoderiamoci.
In ambito cinematografico “fiction” viene spesso tradotto come finzione, all’interno della distinzione un po’ anacronistica tra documentario (reale) e fiction (finzione). Altra distinzione utile che possiamo rubare dal cinema è quella tra elementi diegetici ed extradiegetici. Il modo più semplice per capirla è attraverso la musica: se ascoltiamo un brano di miles davis in una scena di un film e quella musica fuoriesce da una radio accesa in camera da letto allora la definiamo diegetica; se invece la musica non ha una fonte sonora dichiarata in scena e viene inserita al montaggio come contrappunto emotivo alla scena, allora la definiamo extradiegetica. Parliamo quindi di elementi interni al racconto (diegetici) o esterni al racconto e che quindi attengono alla grammatica del cinema (extradiegetici).
Diègesi è certo il termine appropriato… ma lo trovo inutilizzabile nel dialogo con chiunque non sia un tecnico, e spesso anche con altri tecnici
Narrazione nella mia esperienza incontra gli stessi problemi delineati da @Red_Dragon, ragion per cui io lo evito. E comunque scrivendo regolamenti nativamente in inglese non mi viene naturale usarlo.
Fiction stranamente mi è stato contestato unicamente da italiani… e italiani che avevano già una conoscenza tecnica di design e volevano usare un termine diverso per il SIS. Altrove, sia fra italiani che anglofoni, è tacitamente inteso come “la narrazione che abbiamo prodotto assieme”.
Mentre narrazione suona come un verbo prima che una cosa… fiction è sempre una cosa, un artefatto, un oggetto fittizio e immaginario e immaginato.
Scrivendo manuali in inglese è il termine più calzante che io abbia trovato, e i risultati mi paiono soddisfacenti.
In italiano… pure
Non so spiegare bene perchè. Ho solo notato che le volte in cui devo “spiegare” cosa intendo con fiction, la spiegazione stessa non sembra aiutare comunque la persona perplessa. E questo sia parlando con giocatori di ruolo che con normies. Anzi spesso i normies sembrano afferrare il senso del termine più facilmente >_>
Questo solo per condividere la mia personale esperienza.
Non ho un particolare amore o preferenza per questo o quel termine
Il mio principale interesse è comunicare le procedure di gioco in modo efficace e accessibile… sono sempre alla ricerca di nuove formule
Breve premessa: qui stiamo parlando di quello che su “The Forge” veniva chiamato shared imagined space (SIS) o, in italiano, “spazio immaginato condiviso” (@ranocchio, non “immaginario”, mi raccomando).
Io, una volta, usavo “fiction” senza problemi. Però, nel corso degli anni, sono arrivato su posizioni più simili a quelle di @ranocchio, anche per il costante rigetto che sto avendo per usare termini della lingua inglese quando ne abbiamo di italiani parimenti buoni.
Adesso, io parlo di “narrazione” per lo spazio immaginato condiviso in divenire, mentre tendo a usare “storia” per lo spazio immaginato condiviso come percepito a posteriori.
Per cui posso dire a un giocatore che sta narrando l’esito di una scena:
“Ok, come mi metti questa cosa nella narrazione?”
ma posso parlare col mio amico Vincenzo della sessione di Dungeons & Dragons che sta giocando con Stefano e chiedergli:
“Non ho ben capito cosa è successo nella vostra storia. Me lo spieghi?”
È sicuramente un termine equivalente, ma nell’uso si è affermato poco, anche perché rimanda facilmente ai significati 2 a e b del dizionario online Treccani:
2. a. Genere letterario che comprende il romanzo, la novella, il racconto, la fiaba, ecc., cioè opere, generalmente in prosa, in cui l’autore espone fatti reali, più o meno liberamente interpretati, o puramente immaginarî: ha abbandonato l’attività critica per dedicarsi interamente alla narrativa. b. Il complesso delle opere narrative di una lingua o letteratura, di un periodo, di un movimento o di un gusto letterario: la n. russa dell’Ottocento ; la n. verista , futurista ; i temi della n. contemporanea ; anche le opere di un singolo autore, o la sua arte narrativa: la n. di D’Annunzio ; i caratteri peculiari della n. di Pirandello.
Però sai qual è il vantaggio di usare termini di altre lingue nella tua? Che puoi investirli di singnificati carichi e settoriali. Per cui, se usi “fiction” nel campo del gioco di ruolo, tutti gli addetti ai lavori sanno che stai parlando dello spazio immaginato condiviso, anche se è vero che in inglese quel termine vuol dire esattamente “narrativa”, come fai notare tu.
Capisco benissimo. A me questo uso non piace per niente: porta a imparare significati sbagliati o distorti di parole straniere, e rende difficile la comunicazione all’infuori dell’Italia man mano che i significati diventano più e più distorti.
Lo si trova anche nell’uso italiano della parola smart. Lo trovo aberrante.
Comunque, dal Cambridge (lo scrivo per chi legge):