Regole sulla creazione di regole

Solo per correggermi; è incredibile la quantità di idee e procedure presenti nelle vecchie edizioni di D&D che a detta di alcuni già allora non venivano applicate :slight_smile:

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E’ come se la middle school fosse sempre stata lì, in attesa di essere codificata, e solo dopo che è stato fatto e ce la siamo “tolta dal sistema”, per usare un inglesismo, si sia andati avanti.

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Occhio a dirlo. Per esempio, rileggendo il manuale della terza edizione di Vampiri, @Spiegel lo ha trovato pieno di procedure. Il problema è che nessuno le leggeva, le capiva e le seguiva. Persino noi abbiamo dovuto rileggere questi manuali ad anni di distanza, e con una cultura di gioco totalmente diversa in testa, per riuscire a vedere quello che il gioco ci chiedeva davvero di fare.

La mia teoria è questa: la cultura della middle school era culturale e tribale. La gente la apprendeva per imitazione e per rituale, senza che fosse davvero scritta chiara e tonda da nessuna parte. Al punto che chi è nato e cresciuto in quella cultura (alzo la mano) continuava ad applicarla anche ai giochi coerenti dal design forgita senza accorgersene.

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Credo che il problema fosse proprio questo: c’era una cultura del gioco prettamente orale e non codificata, che sovrascriveva il gioco come era scritto. Solo quando è iniziata ad essere messa giù nero su bianco (l’esempio più lampante è la Regola Zero), è diventata qualcosa che poteva essere discusso, rigettato o modificato.

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Dato che parlavamo di “regole sulla creazione di regole”, penso di aver trovato una delle formulazioni più sane del cosiddetto paragrafo. Si trova in “Blade of the Iron Throne” (2013), il successore spirituale di “The Riddle of Steel”.

FINAL WORD: THE IRON RULE

These rules are yours, and you are invited to make them even more so by customising them to your heart’s content. Add, change, and ignore what you like. There is however only a single rule that cannot be altered while still playing Blade and this is the Iron Rule: When we encourage “you” to make these rules your own we are referring to the gaming group, not the referee. The gaming group has every authority to change the rules; the ref on his own has none. He doesn’t own the game he is refereeing, the group does. If he wants to change a rule, ignore a rule, or add a rule, he has to run this by his group, and if the majority of the group (himself included as but one member among several members of equal rights) repudiates this change, the change cannot be enacted.

The ref has but one special authority over the rules: He can vetoe any rules change proposed by any of the players. It doesn’t matter if the majority of the group wants to change one of the rules presented herein, if the ref isn’t comfortable with such a change, the rule still stands.

So that’s the Rule of Iron. The group as a whole may change the rules as it likes, the ref without the group’s consent may not.

Personalmente, sono un po’ deluso. Con un nome del genere mi aspettavo che avrebbe richiesto ai giocatori in disaccordo di scontrarsi a singolar tenzone.

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Quello della cultura tribale è un discorso che si lega all’autodisciplina di cui parlavamo ieri.
Puoi aggirare un gioco e le sue procedure, in toto o in parte, per importare le tue (lo farai più o meno istintivamente). E una certa parte delle volte funzionerà (otterrai un risultato funzionale).
Ma tu personalmente non avrai imparato nulla. È ok non imparare nulla, è tutto questione di vedere cosa vuoi da un gioco, da quella particolare esperienza di gioco.

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Lo dico per gli altri: ne parlavamo ieri in videochiamata. Non ci stiamo riferendo ad alcuna conversazione che potete leggere qui.

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Si pardon, sono entrato un pò a gamba tesa in una discussione già avviata.

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Comincio a pensare che sono stato così traviato dalla cultura tribale che mi sono immaginato di leggere della regola zero anche laddove non ce n’è traccia.

Appena posso cerco di passare all’expert o al companion (se non ricordo male l’expert era un libro unico).

Era sul “companion” dove si cianciava di tornei di D&D (tanto per dire quale fosse all’epoca l’ambiente competitivo)? Forse stava lì quello che ho letto, nel qual caso l’avrei decontestualizzato.

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Scatola rossa editrice giochi, 1985:

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Ahhhh i bellissimi tiri dietro lo schermo del master

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Grazie @PedroCeleste allora qualcosa ricordavo bene! :slight_smile:

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I tiri nascosti sono una delle cose più tossiche che io abbia mai visto. Non li ho mai fatti, nemmeno quando giocavo a D&D. E, lato giocatore, sono una cosa proprio straniante – un tipo tira un dado e mi dice cosa è successo. Ma allora perché non mostrare il tiro? Qual è lo scopo? Se mi siedo a un tavolo con delle persone e non riesco neanche a stabilire un livello di fiducia base dove posso fidarmi che non mi mentono sul risultato dei dadi, perché giocare?

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Ti rispondo io che, invece, li ho sempre fatti.
Li ho fatti esattamente per i motivi riportati su quelle pagine di manuale: perché le regole del gioco mi dicevano che se una situazione era troppo negativa per i giocatori, allora avrei rovinato il divertimento di tutti e che creare delle situazioni “in bilico” alzava la tensione e rendeva più interessante la scena.

Però attento: non erano così diversi dal cambiare la durezza di una mossa in DW. Anche qui il regolamento mi dice che se voglio, al posto di una mossa dura posso farne una morbida.
Quando capita di farlo… perché lo si fa? A me, a volte, capita per lo stesso motivo: perché è più interessante come scelta: apre di più il gioco, crea più spunti, permette ad altri di intervenire.

Faccio un esempio concreto:
Guerriero e Mago stanno ripiegando, scappando lungo un corridoio inseguiti da 5 goblin.
Arrivano a un vicolo cieco. Il mago si prepara a lanciare un incantesimo ma uno dei goblin prende la mira per colpirlo con una freccia.

D&D:

  • tiro iniziativa → Goblin, poi Mago e poi Guerriero.
  • Il Goblin tira la freccia, tiro dietro allo schermo e ottengo 20. Se seguo le regole infliggo danno al mago, 1d6+1 x2. Rischio di ucciderlo o, nel migliore dei casi, ferirlo gravemente e fargli perdere la possibilità di lanciare un incantesimo.
  • Cambio il risultato con un 6.
    GM “la freccia vola nell’aria e si conficca a un cm dalla tua testa. C’è mancato poco. Comunque, per lo spavento, avrai un -1 al lancio dell’incantesimo”

DW:

  • Mago: “Compio due gesti veloci in aria, tracciando un glifo invisibile: lancio un incantesimo contro il goblin” Tira → 6-
  • Come GM potrei fare una mossa DURA, magari facendo partire la freccia prima dell’incantesimo e provocando un effetto inaspettato, e infliggendo anche danno.
  • Invece faccio una mossa morbida, dando modo al Guerriero di intervenire (che magari userà lo scudo per proteggere il mago?
    GM “impieghi qualche secondo di troppo nella preparazione dell’incantesimo e il goblin è più veloce di te e scocca la freccia che adesso vola verso il tuo petto. Ma non è più veloce di te, Guerriero! Sei vicino al Mago e i tuoi riflessi sono pronti a scattare. Cosa fai?”

Non vedo così tanta differenza.

Questa è infatti la regola di Dungeon World, e di Apocalypse World, che più non sopporto. Faccio sempre una mossa dura sul fallimento, a meno che non ci sia un modo sensato di farla. Mossa dura senza paura.

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Io un po’ di differenza ce la vedo.

Da una parte, un sistema costruito per funzionare in un modo, che chiaramente trova momenti in cui rischia di rompersi, e in cui il designer stesso ti dice ignora le regole, e per farlo non farti scoprire.

Dall’altra, un sistema che, prevendendo una manovella di… cattiveria del MC, ti dice come usarla.

Secondo me di differenza ce n’è eccome.

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Concordo con Nicola. D&D è un motore di simulazione di un mondo, più che di scrittura di storie, e quindi ogni tanto la simulazione può andare in direzioni per nulla interessanti. Puoi scegliere di abbracciarle lo stesso e sperare (il mago perde l’incantesimo ed è quasi morto, ora che si fa?) o ignorare per un po’ le regole per “rimettere in carreggiata” la narrazione verso una direzione interessante.

Questa è, secondo me, una delle principali differenze tra la middle school e le altre scuole:

  • La soluzione old school al problema è quella di lasciar andare tutto com’è. Se ti affidi all’oracolo dei dadi ti tocca obbedire, pure se la sua risposta non ti piace. Questo impedisce la creazione di certe storie (tipo il fantasy epico su cui D&D si è orientato da Dragonlance in poi), ma non richiede di barare.
  • La soluzione middle school è di barare. Fai obbedire il regolamento alla storia che vuoi raccontare, pure quando il regolamento non è d’accordo.
  • La soluzione new school è di costruire il sistema in modo da garantire sempre una soluzione interessante, anche quando chi agisce non ottiene quello che vuole.

Di fatto old e new school fanno la stessa cosa: ti danno un regolamento da seguire comunque vada e una procedura per gestire i casi in cui le cose vanno male (che nel caso della vecchia scuola è spesso “ok, fai un altro personaggio”).

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Non so se sono d’accordo, sai?
Alla fine se me lo scrivi nel manuale, è una regola. Mettila così: quei trafiletti postati, anche se non hanno il titoletto, sono parte dei “principi del GM”.
Tu lo vedi come un “ti sta dicendo di barare”, io lo sto vedendo più come un:

Uno dei tuoi principi è quello di rendere le cose interessanti. Se il tiro di dado le rende troppo facili o troppo difficili, puoi sovrascrivere il risultato in qualunque momento.

Continuo a vederlo similissimo a mio avviso al:
Uno dei tuoi principi è quello di essere fan dei personaggi. Se una mossa dura rende le cose troppo poco interessanti, rendila morbida. O, addirittura, sposta la mossa dura su un altro personaggio (la freccia colpisce e fa un sacco di danni, ma il goblin è una pippa e prende il Guerriero invece che il Mago).

Non è strettamente barare, però ti sta dicendo di compiere un’azione (decidere tu il risultato del tiro) convincendo il resto del tavolo che ne stai facendo un’altra (tirare il dado). Insomma, può essere parte delle regole, ma non è una bella regola. Non siamo al livello del “picchia i tuoi giocatori con un pezzo di legno” di Via the New Legends, ma, come vedi, tende a incrinare il rapporto di fiducia al tavolo. Nel tempo, poi, ha direttamente minato la fiducia nel sistema: quanti regolamenti sono stati scritti per evitare questa situazione?

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Tra l’altro, il fatto che in qualche modo sia “legalizzato” nel manuale, non toglie che tecnicamente sia un modo per barare, eh.

Poi, altro conto ancora l’impatto sulle giocate e sulla cultura di gioco.

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