E’ ampio, ma rapidamente accantonabile. Ho giocato per anni a The Resistance, ma di fatto non ti serve praticamente a nulla preoccuparti dei personaggi o delle armi o delle loro motivazioni, perché è Mastermind a più di due giocatori (fight me). Gran bel gioco, per carità, ma il “mondo di gioco” è talmente ininfluente che puoi refluffarlo su quello che ti pare quando vuoi. Oltre alla versione ufficiale arturiana io ho giocato e visto giocare (sempre con la stessa scatola):
- la versione Lupus in Fabula (contadini che danno la caccia al lupo, ma alcuni di loro sono lupi)
- la versione WWII (partigiani vs nazisti, ammetto che questa è particolarmente scontata)
- la versione “Muro di Berlino” (gente che vuole scappare vs KGB)
- la versione “Guerra Fredda” (CIA vs KGB, cambiando chi fossero i cattivi un paio di volte)
- la versione “al contrario” (i giocatori sono agenti del regime, ma alcuni di loro sono sabotatori della resistenza)
E questo in realtà vale per tutti i boardgame, perché, per definizione, lo spazio condiviso è secondario rispetto al resto delle meccaniche.
Allo stesso modo nei videogiochi, le dinamiche non sono direttamente prescritte dal programma (certo, prova a cambiare le regole di respawn e guarda come cambiano i combattimenti tra giocatori), ma sono comunque mediate da uno strato automatico. Ti faccio un esempio sciocco: se il gioco fosse multigiocatore ma non avesse un sistema di chat, le dinamiche di comunicazione sarebbero estremamente diverse (un server vocale esterno? un sistema di comunicazione con oggetti lasciati nel mondo?).