Non ho detto di essere il primo Ci mancherebbe.
Ho detto che voglio farlo come esercizio per capire - in prima persona - cosa ci portiamo dietro di sacrificabile e superfluo.
Non è neppure detto che si tiri fuori qualcosa di concreto e sensato, da questo esercizio.
Io vado in controtendenza e dico che non ho problemi con i manuali di 300 pagine, dipende cosa ci stanno in quelle pagine, perché non tutte hanno la stessa profondità e necessitano una lettura impegnata, alcune sono per il pre-partita, altre per il durante, altre ancora per cultura generale; in alcuni ci sono esercizi di Design. Ad esempio: mezzo Lovecraftesque (ed. Narrattiva, non so come sia nell’originale) è " superfluo ", ci sono un saggio su Lovecraft ai giorni di oggi, una discussione sulla sanità mentale e come metterla in gioco, un sacco di scenari preimpostati. Non servono a niente per trascorrere una bella sessione di gioco, eppure io li trovo necessari perché trasformano un gioco nel prodotto di un autore con una visione molto chiara; che poi posso condividere o meno e prendere altri suoi giochi o lasciarli sullo scaffale quando li vedo. Il gioco da una pagina mi da solo delle istruzioni per un’esperienza più o meno profonda, ma mi da la stessa espressione della poetica ermetica, la cui bellezza necessità di un impegno esterno all’opera per afferrarla. (caratteristica che l’Ermetismo ricercava attivamente, mentre non penso lo sia affatto per i giochi da una pagina che al contrario tendano verso l’accessibilità)
Poi io posso sbagliarmi e magari effettivamente diventeranno la forma migliore per i giochi di ruolo del domani, io da parte mia tifo per gli UNO (Unidentified narrative objects) che ibridino saggistica, fiction, e procedure di gioco
Il problema che ho io con giochi da 300 pagine è che non posso dire “ok, lo prendo, lo apriamo stasera e lo giochiamo”.
Devo studiarmelo prima.
Però attento: io sto parlando della parte di regole (se prendi sopra il mio esempio di Mage, io sono contentissimo delle 200 e passa pagine di lore e ambientazione di quel manuale).
Ma per capire le meccaniche, se devo leggere 100 pagine di regole e procedure, ecco… mi sembra molto strano rispetto al resto dei giochi disponibili in commercio.
Cioè, mi sembra di tornare ai boardgame complicatissimi anni 70 / 80.
Io sono contento dei giochi da 300 pagine se hanno dentro sostanza vera, anche se secondaria al gioco (la saggistica di Lovecraftesque è un buon esempio, anche se non concordo con quello che c’è scritto). Invece, odio se ci sono 300 pagine di lore (come si dice adesso), perché considero infantile quell’approccio al gioco di ruolo e, al di là di quello, non avrei più il tempo e la pazienza per leggerli, figurarsi giocarli.
P.S. Nondimeno, mi sono sparato le più di 800 pagine dei tre manuali base di Vampiri: La Masquerade, 5ª edzione. Però non ne vado fiero…
Personalmente, credo che la cosa dipenda veramente da gioco a gioco.
Ci sono giochi come un PbtA, in cui serve spiegare magari con esempi:
- Le singole mosse
- Il gioco in generale
- Agenda e Principi
- Eventuali sottosistemi
- La gestione delle sessioni (zero, uno, …)
- Come fare mosse personalizzate
E spesso rimane fuori roba.
Altri giochi, penso per esempio a Un pernny per i miei pensieri, possono avere manuali leggeri che prendi e giochi, perché si giocano leggendoli, essendo particolarmente procedurali. Però anche in questo caso, servono le appendici per spiegare per bene cosa succede e come gestire al meglio le situazioni…
Insomma, non credo ci possa essere un solo modo di raggiungere “la compattezza”, o che sia effettivamente un obiettivo sano di per sé.
Il gioco di ruolo da tavolo non può essere confrontato con altre tipologie di giochi, a meno che non abbia da subito un design focalizzato in quella direzione (il nuovo Fiasco, Zombie World, ma su entrambi ho qualche dubbio sulla effettiva riuscita).
Si può anche partire da un manuale di un gioco (come fatto da Harper per DW) per compattarlo, ma sinceramente non so quanto si potrebbe ragionevolmente togliere senza presumere conoscenza.
Un buon esempio è Fate Accelerato: compatto, semplice, prendi e giochi.
Però purtroppo, senza gli spiegoni e le sezioni aggiuntive di Fate Sistema Base, fai fatica a capire bene come applicare reogle e procedure, e la maggior parte nemmeno le ha.
Ecco, preferisco delle due la versione ben spiegata, completa e piena di esempi e poi magari qualche hack che vi ci riferisce, o una versione handout come riferimento veloce. Però il regolamento deve essere chiaro e completo, non corto, come obiettivo.
C’è da capire cosa serve perché un manuale sia completo, però. Da questa domanda nasce la mia ricerca in tal direzione.
I giochi di ruolo non sono di nicchia perché per avvicinarti devi leggerti due/trecento pagine di manuale, ma perché l’interazione in uno spazio immaginato condiviso, con delle regole comuni e autoimposte (al contrario di quello che succede, ad esempio, nei videogiochi, dove le regole sono imposte dal programma) è un’attività complessa. Ci sono due modi di approcciarsi a un’attività così complessa:
- Fare il lavoro “a monte”, mettendo nero su bianco tutto quello che serve (che va dalle regole a, in certi casi, l’Appendice) per questa interazione;
- Fare il lavoro “a valle”, gestendo le situazioni non chiare/non coperte dalle regole al tavolo.
Ora, chi ha già giocato di ruolo diverse cambiando un po’ di regolamenti, è, piuttosto spesso, in grado di fare il lavoro a valle con poco impegno (magari non sempre bene e di sicuro con risultati che variano da tavolo a tavolo), ma chi non ha mai giocato prima ha molte più difficoltà se non si trova davanti procedure ed esempi di gioco (per certi versi più importanti di regole e procedure, perché se fatti bene ti aiutano a capire cosa avesse davvero in mente l’autore mentre scriveva - questo vale soprattutto per le traduzioni).
I LARP però hanno spesso arbitri/master “esterni” il cui compito è di gestire le regole, più il vantaggio del supporto fisico: non ho bisogno di regole che descrivano, ad esempio, quando posso colpire un avversario in mischia, se c’arrivo lo colpisco, se non c’arrivo non lo colpisco.
Per quanto ami i giochi monopagina (lo sono diversi dei miei preferiti), ho notato che il solo modo di usarli per introdurre in modo convincente qualcuno al GDR è di avere qualcuno al tavolo che sia in grado di rispondere, anche improvvisando, a tutti i dubbi che si sollevano per via del formato molto compatto.
Nella mia testa, la risposta è di nuovo dipende dal gioco; più in generale, è completo se posso giocare al gioco e il manuale copre al meglio tutte le situazioni di gioco, senza necessità di sapere prima come fare il GM per esempio.
Deve essere anche chiaro, cioè non devo andare in giro troppo spesso a chiedere chiarimenti.
Ovviamente è estremamente difficile coprire tutto ed essere estremamente chiari, per la natura stessa del gioco di ruolo, a differenza di tanti altri modelli di gioco: la socialità e la creatività dei giocatori, intrinseci in questi giochi, porteranno molto spesso ogni gruppo a giocarci in modo anche solo leggermente diverso.
E’ per esempio una cosa che accomuna molto anche i LARP, almeno nella mia esperienza di LARP da camera, che ritengo essere quelli che più si avvicinano come struttura di regolamento ai giochi di ruolo da tavolo: portati da facilitatori diversi, porteranno a giocate diverse anche per applicazione delle regole.
Ovviamente ci saranno cose da imparare giocando, perché il gdr prevede alcune competenze/qualità che si affinano nel tempo (creatività, intraprendenza, rispetto, …), che ritengo però non debbano essere parte necessaria del manuale, usando invece il gdr come strumento anche per affinarle.
Questo non può esimere un game designer a coprire per bene tutte le regole, per esempio l’elenco molto generico che ho fatto più su di ciò che dovrebbe coprire un PbtA, possibilmente con profusione di esempi di gioco. Se non faccio più esempi concreti su come creare un Aspetto in Fate, con anche le discussioni sul perché un Aspetto sia migliore di un’altro, oppure se non passo un intero capitolo ad approfondire le pratiche di creazione di uno scenario, con pro e contro, poi i giocatori perdono il modo di giocare al meglio Fate, e lo lasciano lì, non capendo che magari l’hanno giocato “male” o non al meglio.
Un po’ di cose su questo punto:
- lo spazio immaginato e condiviso esiste anche in altre tipologie di giochi (es. molti boardgame). Eppure non hanno bisogno di 300 pagine di regolamento (non più).
- non tutti i videogiochi hanno regole create a monte. Prendi Minecraft, per esempio. O qualunque gioco che si basi sul concetto di design emergente.
Spesso, ma non sempre. Ho partecipato a decine di LARP dove non c’era il master (come, per esempio, è un ruolo che non sempre è presente anche nei giochi di ruolo da tavolo).
Il punto sulle limitazioni è abbastanza discutibile: il sistema di magia di un LARP fantasy, piuttosto che il sistema di simulazione di un personaggio legato o imbavagliato non si basano sull’azione reale che puoi fare ma su delle regole esplicitate (in manuali che spesso non arrivano alla trentina di pagine).
Nei Librigame lo spazio immaginato condiviso è estremamente limitato dai percorsi già impostati, e solo ultimamente i videogiochi stanno esplorando cose come mondi aperti o addirittura storie aperte, il tutto comunque già gestito da milioni di righe di codice, non credo possano essere di riferimento rispetto alla complessità creativa collaborativa presente nei ttrpg.
Questo punto è interessante.
Da questo punto di vista, sembra quasi che il gioco di ruolo da tavolo sia MOLTO più complicato di tutti gli altri tipi di gioco (esempio: magic), dove spesso si applica la filosofia “facile da imparare, difficile da padroneggiare”.
La domanda che mi sto ponendo è: ma è davvero NECESSARIO che sia così? O lo è solo perché “lo è sempre stato”?
Per dire: negli anni 80 i videogiochi avevano una curva di difficoltà molto più elevata - in media - di quelli odierni. E non avevano il concetto di tutorial che ti spiega, step by step, le meccaniche di gioco… mentre stai giocando.
Ecco, per dire: perché non è possibile prevedere un gioco di ruolo che, dopo averne aperto la confezione, non ti permetta di iniziare subito a giocare e ti insegni - mentre giochi - il gioco stesso?
All’inizio facevo l’esempio di Fall of Magic non a caso: ha un concetto simile quando ti dice di “srotolare piano piano la mappa”, in modo da svelarti poco alla volta le nuove situazioni di gioco.
Forse - ipotizzo - è possibile fare lo stesso con le regole.
Non mi pare di aver citato i librigame Ma i boardgame. E, a seconda del boardgame, non è per niente limitato lo spazio condiviso.
Prendi “The Resistance”, per esempio (The Resistance | Board Game | BoardGameGeek)
Edit: aggiungo → per quanto riguarda i videogiochi, se prendi un The Sims o un Minecraft, le righe di codice servono per simulare l’ambiente di gioco, non per stabilire le dinamiche di gioco (c’è differenza tra meccanica e dinamica).
Gli esempi più eclatanti che mi vengono in mente su questo sono Un penny per i miei pensieri, che giochi leggendolo, ma rimane un manuale da un centinaio di pagine, Fall of Magic che citi, ma nel quale devi veramente giocare con un gruppo che sappia cosa aspettarsi e sappia farlo, perché non gestisce conflitti né in fiction né tra giocatori (amo Fall of Magic), oppure i più nuovi Fiasco e Zombie World, che non ho provato e ancora mi lasciano leggermente scettico.
D’altronde raccontarsi storie insieme lo si fa da sempre attorno al fuoco, che ci vuole?
Il problema nasce quando vuoi focalizzare quella fiction, e somministrare una certa esperienza al gruppo, creando quel substrato di regole e procedure che in un pbta per esempio definiscono Mosse, Principi, Fronti e quant’altro.
Non hai provato Fiasco?
Si riferisce sicuramente alla seconda edizione, che usa le carte e che ha un manuale estremamente striminzito.
Chiaro: se non metti regole e procedure, non puoi ottenere la parte di “gioco”. Infatti non sto ipotizzando la loro rimozione. Ma istintivamente sono portato a pensare che ci sia tanto di superfluo o “focalizzato male” in molti regolamenti attuali (a partire dal fatto che, per stessa ammissione di Baker, un PbtA non è ha bisogno delle Mosse).
Mi scuso per aver letto male.
Anche in Micecraft e The Sims, la simulazione diventa anche prescrittiva rispetto alla relazione, ma non solo: sono giochi in cui te ne freghi si cosa poi fanno i giocatori. I giochi di ruolo, tendenzialmente non sono questo. O li focalizzi, gestendo quindi le interazioni, oppure fai 600 pagine di simulazione.
Andando sui Boardgame, hanno uno spazio condiviso, anche Monopoli ce l’ha, ma non nell’accezione che gli viene data nei gdr: qui è obiettivo del gioco, là è accessorio (The Resistance se cambi ambientazione non cambia nulla alle meccaniche).
Ci possono essere giochi “al limite”, tipo Hobbit Tales o cose simili, ma torniamo al caso di Fall of Magic: il designer accetta che possano esserci problemi al tavolo sulla fiction, e personalmente ne ho avuti. Come giocatore, lo accetto e li gioco, ma nella gestione della fiction e delle interazioni che essa fa scaturire sui giocatori non li ritengo completi, per esempio.
Dai anche in un gioco come DW ci sono problemi con la fiction e li risolvi con il dialogo attorno al tavolo, di solito.
A prescindere, se inserisci il concetto di fiction devi prevedere una certa percentuale di problemi, secondo me.
Fosse anche solo per il margine di errore dovuto alla comunicazione (tra designer → gruppo e tra gruppo → gruppo).
Consiglio: La discussione qua è ottima, raccomanderei però di rallentare le risposte in maniera da permettere ad altri di inserirsi. Sta diventando lunga e state deviando su diversi argomenti. Forse aprire un’altra discussione per alcuni di essi?
Ho un punto di ragionamento sul design “a cipolla” di Baker.
Serve tutto? No.
Servono le mosse? No.
Se togliamo strati, togliamo gestione di interazioni con e tra fiction e giocatori, tornando pian piano al raccontarci storie davanti al fuoco, passando per Fall of Magic.
Servono? Forse no. Fanno parte del design del gioco? Sì, e allora le metto, però a quel punto le spiego per bene.