Sarà perchè prossimamente avrò modo di provare nuovamente Paranoia - in quella che credo essere la sua ultima edizione -, ma non posso fare a meno di ripensare alla sola occasione in cui, come GM, ho facilitato la seconda edizione con un gruppo di amici, grossomodo una decina (!) di anni fa. Non ho un obbiettivo preciso, se non sviluppare qualche riflessione sparsa in un confronto con un sistema di gioco che, allo stesso tempo, mi attira e mi respinge con uguale intensità. Se sarò fortunato ne nascerà uno scambio che mi consenta di affrontare alcuni dei miei ostacoli più grossi al riaffrontare l’esperienza di con questo sistema, e a sviluppare apprezzamento e consigli per spingere su determinate proprietà che mi sembrano essere messe in luce dal testo di gioco.
Devo anche avvertire che queste esperienze sono di un mio giovane me stesso probabilmente più sereno, ma piuttosto confuso su come giocare di ruolo.
Premessa - giocare nonostante la cultura di gioco
Sarò brutale: la cultura di gioco che circonda Paranoia è, senza mezzi termini, pura spazzatura. L’esperienza satirica del Complesso Alpha è caduta vittima della sua stessa ironia, e internet è fondamentalmente intasato di thread di richieste di consigli o actual play in cui la richiesta degenera su battutine dell’ “Amico Computer” che richiede il livello di accesso o le accuse di tradimento nei confronti degli abitanti del complesso. Se per qualche ragione si riesce a gudare questo mondezzaio, i consigli sono desolanti: essere un bravo intrattenitore, ignorare le regole a piacimento, con l*'addendum* di essere crudele per simulare l’atteggiamento del Computer nei confronti dei Risolutori. Questi elementi rendono desolante anche solo riprovare a mettersi di buona lena sul testo, perchè se è vero che Reddit non verrà a bussare alla mia porta per controllare cosa sto facendo, l’esperienza di sentirsi in qualche modo un outsider nella volontà di cavarci qualcosa fuori c’è e si sente, e porta a chiedersi se effettivamente questo gioco non si riduca ad una burla degli autori che è stata presa tristemente sul serio.
Ecco, credo che nonostante questo rant qualcosa di buono possa esserci, ma richieda di navigare attraverso esperienze di gioco concrete per capire se e cosa si possa strappare di buono e cosa ci sia da buttare. Proverò a questo punto a fare un sunto della mia piccola esperienza.
Il lungo cammino verso l’Esterno
L’avventura che ho scelto di facilitare è All’Esterno con un fucile e una camera da presa, compresa all’interno della seconda edizione del manuale. A ripensarci bene, il background della missione era, da come ricordo, piuttosto intrigante: una semplice spedizione verso il Settore Esterno nascondeva una lotta tra fazioni interna al Complesso, e il supervisore incaricato di accompagnare i personaggi dei giocatori nascondeva in realtà una doppia appartenenza ad una fazione di eco-terroristi/amanti della natura. Roba forte! Ai tempi non avevo la capacità di prestare attenzione a come il background di questi elementi potesse “colare” all’interno della situazione, e purtroppo ricordo di aver accorciato molte cose. In retrospettiva, avrei voluto essere molto più generoso con le informazioni, cosa che potrebbe portare a decisioni più consapevoli e ricche per i giocatori coinvolti.
Ad ogni modo, ripensare a questa prima parte di avventura mi ha fatto pensare a cosa non ho apprezzato nella preparazione del GM: il binario costante su cui la preparazione dell’avventura insiste prima di uscire dal Complesso. Da come ricordo, la sequenza delle scene suggerite era:
- raggiungere la sala breafing;
- ricevere il breafing;
- viaggiare verso il settore Ricerca e Sviluppo;
- ricevere l’equipaggiamento e firmare per la roba - con l’idea che il responsabile venga giustiziato se le cose finiscono disperse.
Ognuna di queste tappe è intervallata, in mancanza di mezzi termini, di situazione/tiri per non morire/non venire accusati di tradimento. Il più scandaloso è probabilmente il supervisore che, bloccato con i Pg in mezzo a una linea tramviaria per un blackout, intima uscendo la pistola a un Risolutore a turno di scendere per sistemare il guasto. Con un tiro ce la fai, con un fallimento friggi e muori. Ammetto che a giocarlo a 17-18 anni, senza moltissima esperienza, è stato anche un momento divertente, complice l’atteggiamento molto rilassato dei giocatori di fronte alla morte (punto su cui voglio tornare)…ma con il senno di adesso è proprio un imbarazzo. Mi sembra che tutte queste situazioni interne al Complesso possano anche trasformarsi in elementi interessanti: navigare un dungeon di burocrazia affollato di persone terrorizzate e furiose. Ma le istruzioni del testo su come trasformare questi momenti in vero gioco sono latenti, e purtroppo richiedono olio di gomito. Come trasformare l’ingiustizia e la mancanza di informazioni in materiali afferrabili dai giocatori? Quando ci penso, non trovo un punto di appiglio che mi soddisfi.
Le mani sui bottoni, o il potere dei prompt fisici
Ho un ricordo piuttosto particolare su una delle sezioni immediatamente prossime all’uscita dal Complesso dei giocatori. Da elementi dell’avventura, ai Risolutori viene fornito un mezzo di trasporto sperimentale subacqueo/terrestre, che tuttavia subisce un malfunzionamento nell’attraversamento di un tratto sott’acqua. Il manuale fornisce un’immagine della console comandi del mezzo per aiutare i giocatori ad orientarsi.
Ricordo chiaramente che in questo momento l’entusiasmo al tavolo è esploso. Come muovere il mezzo dal pantano? Quali i tasti giusti? Erano tutti a chiedermi di premere cose e a prendere appunti e a scambiarsi idee. Il mezzo ha rischiato un meltdown nucleare e in un’ultima analisi è rimasto sul fondo, costringendo i pg a spiaggiarsi dall’altro lato dell’attraversamento. Non ho un’opinione positiva o negativa in proposito, ma mi andava di raccontarlo.
Tranquilli, ho ancora quattro cloni!
Credo che se la sessione è risultata piacevole ai giocatori al tavolo - cioè non lo so, devo tirare a indovinare - è stato proprio per la possibilità di poter abbracciare la morte senza particolari problemi, potendo contare su una scorta di 6 cloni ciascuno. Questo ha portato a decisioni più spericolate nello scontro a fuoco con il supervisore della missione, nel momento in cui ha deciso di fuggire da una missione ormai compromessa - di cui però non ricordo bene gli esisti - e nell’incontro con la “minaccia” della sessione, due scarafaggi giganti intenzionati a cercare Proust e a farsi un’educazione. Nel caso di uno dei giocatori, ci siamo fatti una risata al tavolo quando ha deciso di consegnare a uno degli scarafaggi un “testo di Proust originale”, un foglio di carta con su scritto “Scemo chi legge”. Lo scarafaggio lo ha pestato uccidendolo sul colpo, e gli altri sono fuggiti in direzione del Complesso per avvertirlo della minaccia.
Ora, al di là delle scene da teatrino, ripenso a questa scena anche in considerazione del fatto che, leggendo in questo momento Fantasy For Real, mi sono accorto di come la morte nei giochi di ruolo sia vista come la sconfitta definitiva, e di come rimuoverla dall’equazione possa portare a nuove vie inaspettate. Mi chiedo tuttavia, essendo la morte resa un inconveniente triviale, su cosa possa fare leva Paranoia nel determinare la “sconfitta” di un gruppo di Risolutori; è una riflessione recente che mi lascia curioso di esplorare meglio il gioco a lungo termine.