Per giocare in modo “onesto” (si fa riferimento ad un termine molto ricorrente nella cultura di gioco attuale, di natura anche prescrittiva, trovandosi oggi anche nei manuali di gioco) servono più vincoli o più fair play?
Raccolgo l’invito di @ranocchio per raccontarvi parte del dibattito post giocata col mio tavolo. Vediamo se ne esce qualcosa di interessante.
PREMESSA
Sto giocando una oneshot, 2 sessioni, a The Pool col mio gruppo (che se volessimo usare una ripartizione classica è tendenzialmente composto in egual misura da gamisti e narrativisti).
Lo scenario scelto dal tavolo è 1957: Il Nuovo Ordine, una timeline ucronica ambientata in UK in un mondo in cui i nazisti hanno vinto la guerra. Ho voluto citare l’ambientazione perché lo scenario di tipo “meta storico” è uno degli elementi della discussione (ciò non toglie che, se a qualcuno interessa, posso pubblicare il materiale).
Abbiamo fatto la prima giocata ed è andata piuttosto bene a detta di tutti. Mi voglio soffermare, però, su alcune riflessioni che sono emerse post giocata perché chiunque possa dire la sua, su uno o più aspetti emergenti.
IL CASUS BELLI
3/4 dei giocatori hanno scelto personaggi legati ed accomunati dall’essere in qualche modo parte della resistenza al Reich. Un quarto giocatore ha deciso di fare un personaggio tedesco ma doppiogiochista, formalmente nel regime ma ufficiosamente una spia.
Nella scena di apertura che ho dedicato in solo a quest’ultimo personaggio, gli ho piazzato davanti un gerarca nazista, l’antagonista principale della Resistenza, che all’improvviso mette alla prova il PG: avrebbe ucciso a sangue freddo un innocente senza alcun motivo e per il solo sadico piacere del suo superiore? O avrebbe tentato un conflitto per sfuggire alla prova, sfuggendo ai propri dilemmi morali? Fin dove è disposto a spingersi per il proprio interesse personale?
Il giocatore ha deciso di premere il grilletto.
La scena è stata inevitabilmente potente, stante anche il tono drammatico (la reference dell’inquadramento è Amon Goeth di Schindler’s list che spara dal balcone) e sul momento nessuno al tavolo ha fiatato. Anzi, la tensione si è tagliata a fette.
Post giocata, però, qualcuno ha obiettato: “Potevi far finta di essere vecchio e cecato e mancare il bersaglio…”rendevi di più il tuo pg” rischiando di essere sgamato. Aprivi un conflitto e vedevamo cosa sarebbe successo.”
Mi sono sentito in dovere di intervenire, più che altro a tutela delle scelte tematiche fatte dal giocatore, e dire: “Beh, adesso sappiamo tutti molto di più di questo personaggio. Sappiamo che non gli importa della vita altrui più di quanto gli importi della sua sicurezza”.
IL TEMA
Poiché al termine della giocata, tutti sono sembrati sorpresi dalla tenuta del “Sistema The Pool” nella sua semplicità, restando comunque molto scettici sulla possibilità di giocarlo con scenari meno vincolati dall’ambientazione storica, ho posto una domanda provocatoria a partire dall’episodio di cui sopra:
L’omicidio a sangue freddo di un innocente (una sorta di bang tematico forte posto dal master al giocatore per consentirgli di esplorare il personaggio) in altri giochi puoi legarlo a: Umanità, Traumi, Corruzione ecc… The Pool è nudo e non ha meccaniche visibili associate alle conseguenze delle scelte. Ritenete che sia meno forte? Meno vero? Meno vincolante? Abbiamo bisogno di un indicatore meccanico per stabilire che il PG di Marco è un ambizioso pronto a tutto pur di salvarsi e raggiungere i suoi obiettivi? Io penso di no. Se giocheremo avendo memoria di quello che è emerso.
Il sunto di alcune risposte:
Tra 3 o 4 giocate, se fosse una cronaca, questo ce lo dimenticheremmo e comunque una meccanica aiuterebbe a portare nel pool questa cosa, che sarebbe peraltro interessante, e la meccanica aiuterebbe anche a definire cosa nel nostro mondo è importante tenere d’occhio. Questo gioco è davvero troppo centrato sul fair play in ogni aspetto. E il problema del fair play è che non è una regola universale. È molto legato alla sensibilità di ognuno e quindi qualcosa che per te è fair per me è già meta… ecco perché poi a livello di design si mettono paletti, contesti e meccaniche che magari danno reward su certi comportamenti coerenti.
Io replico cercando di stimolare il dibattito:
Ma stiamo davvero parlando di sensibilità soggettiva? A me sembra che stiamo parlando di coerenza dell’immaginato. Cioè, che quello che ho messo in gioco è vero, è oggettivo, è tale per quello che è. E non si può più muovere liberamente come all’origine.
Ed ancora in replica:
Nella giocata non c’è stato nessun problema infatti, ma tante volte un giocatore meno fair potrebbe ritrattare o rielaborare cause ed effetti di una narrazione vecchia e magari per lui è sensato così e non lo fa nemmeno per “barare”. È facile dire che è vietato sovrascrivere ma nella vaghezza di alcune cose si rischia di trovare sempre il modo di ritrattare.
Serve un accordo al tavolo molto forte e relativo fair play per rispettarlo… A noi la scelta dell’ambientazione (storica low-power) ha fatto da base vincolante ma in altri casi così non sarebbe.
Io ribatto:
E’ per questo che “educarsi” a questo modo di giocare è utile…perché parliamo proprio dei fondamentali…non si può sovrascrivere non tanto perché il gioco in qualche modo me lo debba impedire ma perché non sarebbe buon gioco. Anzi forse non sarebbe neanche un gioco, staremmo lì a menarcelo con chi la spara più grossa.
Giocatore:
In uno scenario storico è difficile uscirsene con cose troppo assurde. Ma pensa se giocassimo sci-fi high power: sono un elementalista del fuoco. Vinco un conflitto; prendo il Monologo di Vittoria. Potrei far saltare in aria un pianeta. L’autorità che deriva da questo regolamento è tanta e ben gestita ma si chiede tanto al master che deve mettere bene le premesse di scena a terra.
Mi fermo qui. Penso che ci sia già tanta carne al fuoco: se qualcosa di questo dibattito vi stimola un ragionamento, dateci dentro.