Difficoltà a mantenere la premessa del gioco senza un sistema dettagliato

Divido i messaggi dal thread Ma è solo questione di Fair Play? Discussioni post giocata per evitare di deragliare troppo la discussione principale e per finire di approfondire la questione.

Per completezza, riporto stralci della discussione dove esprimevo questo concetto:

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Quello che intendo non è che uno si dimentica le cose da una sessione e l’altra.
Io sto parlando di allineamento di intenti, che sono chiari e condivisi facilmente all’inizio della partita (fanno parte della premessa e dell’accordo che stiamo prendendo per giocare a “questo tipo di storia, in questo setting, con questi personaggi”), ma che partita dopo partita possono cambiare sia esplicitamente (e in questo caso non vedo problemi a non avere meccaniche specifiche che fanno da memento), sia implicitamente[1].

È in questo secondo caso che trovo utile il sistema che focalizza un gioco: ci ricorda a cosa abbiamo deciso di giocare, per cui ci aiuta a tenere il focus su quegli elementi e su quei temi.

Provo a farti un esempio più chiaro di quello che intendo, usando Blades.

La premessa di Blades è che giocheremo dei criminali che cercando di farsi strada nella scacchiera del potere di Doskvol. Il sistema di gioco ce lo ricorda in molti modi (pensa al libretto del personaggio, al tipo di azioni che sono riportate, ai vizi, o al libretto della banda con Sospetto e Livello di Ricercato).

Se giocando una sessione trovo una mappa di antichi tesori, provenienti dall’epoca pre-cataclisma, magari nella mia testa inizio a essere interessante a esplorare il sottosuolo della città, per andare a caccia di tesori in stile Cairn. Ma in questo caso mi troverò scoperto dal sistema: sui libretti non troverò nulla che meccanicamente può usare (non c’è un’azione Delve, l’equipaggiamento non contiene pala, torcia, razioni, ecc).

E, quando proporrò agli altri “Ma se andassimo nel labirinto sotto villa Scurlock, a caccia di tesori invece di fare un nuovo colpo?”, la risposta sarà "ehi, ma sta roba non è quello che volevamo giocare… ". Ho proposto qualcosa che stravolge la premessa iniziale, anche se la spinta mi è arrivata da una cosa che ho giocato.

Le due possibili risposte a questo punto sono: “… magari finiamo di giocare a Blades e la prossima volta giochiamo a Cairn”, oppure “… però sai che ci sta? Magari prepariamo qualche regola specifica e vediamo cosa c’è nel sottosuolo di Doskvol!”. Il sistema / promemoria ci ha forzato al confronto.

Un gioco con un sistema meno strutturato, e quindi senza questi memento espliciti, non forza il confronto, e nella mia esperienza personale rischia di permettere un disallineamento nelle premesse tra i giocatori.


  1. Quello che intendo come implicitamente è quando succede una cosa mentre giochiamo che porta la mia attenzione su un elemento. E quell’elemento, nella mia testa, diventa importante. Tuttavia, se questo elemento è differente dalla premessa iniziale e io non lo comunico in qualche modo, mi troverò a essere disallineato con gli altri giocatori attorno al tavolo. ↩︎

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Pensala così: per ciascuna storia che nasce come sottoprodotto del giocare di ruolo, a ritroso puoi produrre quella storia in infiniti modi con infiniti sistemi. Lo scopo di un sistema non è incanalarti verso un certo tipo di storia, ma darti un modo o un processo diverso per farlo, risultando in una diversa interazione tra i partecipanti.

Io personalmente non trovo un problema nell’andare nel labirinto sotto villa Scurlock con le regole di The Pool—e nemmeno con quelle di Blades, mi vengono in mente dei bei colpi di Thief e Thief 2 a fare da modello. Sicuramente dovrai adattare la situazione a quelle regole, ma non ci vedo niente di male—è il piacere della scoperta, per me. Se lo fai, avrà sempre un sapore di The Pool.

Ci sta anche di non voler avere un’evoluzione di questo tipo. Ci sta anche volere un gioco che ti mantenga su quel binario (fintanto che tu abbia possibilità di esprimerti in altro modo come giocatore, altrimenti è un automata a molla). Però non vedo sinceramente quello che dici come un problema, solo una preferenza estetica.

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Assolutamente d’accordo. Però, segui il mio ragionamento.

Siamo io, te e Pippo e decidiamo che vogliamo giocare assieme.
Discutiamo un po’ e io propongo “ehi, e se giocassimo un gioco drammatico, sulle storie d’amore nel 1700 a corte, ma con gli zombie?”. L’idea piace a tutti e tre e quello che facciamo è cercare un gioco che abbia (o che supporti) tale premessa. Magari dovremo piegare un po’ le regole per adattarne uno, se non ne troviamo uno che fitta perfettamente (o se vogliamo usare un sistema che conosciamo tutti ma che non ha tutti gli elementi che vorremo giocare), oppure ne scegliamo uno generico (The Pool, ma anche Fate).

Hai ragione: le scelte che facciamo poi ci porteranno a produrre quel tipo di premessa in un modo diverso, ma la premessa resta.

Tuttavia, a un certo punto iniziamo a fare battute e il tono della partita cambia: le situazioni diventano meno serie, e finiamo a giocare a un gioco grottesco e comico.
Siamo tutti contenti, perchè andava bene a tutti

Però è innegabile che la premessa sia cambiata e che alla fine abbiamo giocato ad altro.

L’unico problema che vedo è se la premessa cambia solo per una parte dei giocatori. Io voglio giocare al drammone romantico che avevamo deciso, mentre Pippo inizia a fare battute e trasforma il banchetto dei nobili in un film dei Vanzina. Chiaramente io e Pippo stiamo giocando a due cose diverse - anche se stiamo ancora usando le stesse regole.

Pippo mica lo fa per cattiveria eh - lo fa perchè un tiro di dadi è andato male, la scena è diventata buffa e nella sua testa la premessa ha iniziato a cambiare.

Per me questo è un problema perchè può risultare frustrante (sia per me che per Pippo). Ovviamente, in un caso così visibile è facile fermarsi e dire “aspetta… questa cosa però non funziona con il tono che avevamo concordato” e da qui decidere cosa fare.

Altre volte è più complicato da notare subito - soprattutto su sè stessi, se si sta seguendo la giocata e la storia in maniera naturale (con questo non sto dicendo che se stiamo giocando un drammone, non possiamo fare battute - ovviamente). In questo caso, trovo che un sistema strutturato aiuti a tenere a mente la premessa e riallinearsi quando serve o, per lo meno, portarci a confrontarci sulla cosa in maniera “obbligatoria”.

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In che modo le meccaniche di un sistema dettagliato possono incidere sul “tono” di una o più giocate?

Questo è un problema che talvolta ci capita: qualcuno parte per la tangente, ma non passa molto tempo prima che qualcun altro intervenga per evidenziare lo svarione. Il tono e il focus del gioco dovrebbero essere elementi preesistenti alla prima giocata e che si rafforzano man mano che si gioca.

Esempio recente. Valraven, in un mondo devastato dalla guerra e dal dolore, un giocatore propone un personaggio guascone alla Bud Spencer, stile Brancalonia. La stonatura è stata evidente a tutti prima ancora di arrivare al set di regole del sistema.

Questo sarebbe un colpo fantastico :slightly_smiling_face:

Comunque capisco quello che vuoi dire qui.
Dopo qualche tempo i giocatori mi chiesero se potessero espandere le loro attenzioni fuori da Doskvol, andando a fare colpi altrove, ad Akoros e oltre. Chiaramente la risposta fu “aiutata” dal sistema dettagliato: ragazzi, non vi dico di no, ma fuori è un mondo molto brutto ed il gioco è strutturato espressamente per essere ambientato qui, non altrove.

Ci sono elementi di alcuni giochi che spingono il tono in una direzione molto chiara.
Pensa al concetto di follia in Don’t rest your head, oppure anche banalmente ai traumi di Blades.
Sono meccaniche che quando si innescano mettono in scena un elemento molto forte che va in una direzione. In questo modo, se ti stavi allontanando da quei temi, il gioco te li sbatte di nuovo in faccia dicendo “ehi, guarda che stai giocando a questa cosa qua”.

Certo, fanno parte della premessa. E questa non dipende solo dal gioco, ma dall’accordo che stiamo facendo (“ehi, perchè non giochiamo a Brinderwood Bay, dove interpretiamo vecchiette che indagano in stile Signora in Giallo?”).

In realtà io sto per finire a giocare a Imperial City nella mia campagna di Blades XD
Però, quello che faremo, sarà sempre vicino alla premessa del gioco - conquistato quello che volevano in Doskvol, adesso stanno alzando le mire alla ricerca di nuovo potere :smiley:

Dopo 2 anni e mezzo ci sta eccome :smiley:

Però poi ci devi raccontare come hai “trasportato” il mondo e le premesse di Doskvol fuori dalla città…hai dovuto riadattare qualcosa o hai mantenuto tutto inalterato? Avete fregato lo stesso Harper che mi pare che nelle prime pagine del manuale sconsiglia ai giocatori di farsi venire il prurito di uscire dalla città!

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Un elemento meccanico (o svariati) può aiutare giocatore e tavolo a rimanere focalizzato su determinati aspetti del gioco. Inoltre può aiutare il flusso del gioco e (anche se non può essere l’unico strumento) fungere da reminder di alcuni momenti avvenuti nelle scene, e stimolare a costruirci intorno qualcosa.

Prendiamo anche solo qualche ipotetico slot sulla scheda del PG che servano per conteggiare le conseguenze.

  • Scrivendo dentro gli slot, automaticamente stai appuntando per il futuro alcuni momenti chiave avvenuti che hanno segnato il tuo PG.
  • Una meccanica per pulire gli slot potrebbe guidarti nell’imbastire scene successive costruendo su quello. Ad esempio, nello slot hai segnato “sono sconvolto perché ho dovuto sparare ad un innocente”, e la meccanica per pulire lo slot è: “Devi confidarti con un personaggio con il quale hai un forte legame, o compiere un azione di pari forza emotiva per controbilanciare la conseguenza”. Questa meccanica guida il giocatore verso un certo tipo di gioco (se la regola è quella, il giocatore può andare col suo PG ad ubriacarsi al bar per provare a dimenticare il trauma, ma sulla scheda la conseguenza resta - il sistema vuole che lui interagisca con un altro personaggio, o che agisca in modo deciso per controbilanciare la conseguenza).
  • Se riempi tutti gli slot, devi concedere qualcosa: perdere la presa su un elemento della storia; concedere lo spotlight per un po’; magari puoi chiedere ad un giocatore di creare una scena / compiere un’azione che deve complicare la vita al tuo PG; magari puoi dichiararti totalmente sconfitto (o morto), ed abbandonare la storia (eventualmente potendo rientrare con un altro attore). In questo caso, il numero di slot aiuta il giocatore a capire come le conseguenze influenzeranno la sua giocata, quante scene serviranno per arrivare ad un climax ecc. Viceversa, senza alcuna conseguenza, nulla impedisce al GM di dichiarare un conflitto immediatamente mortale, e chiudere lì la cosa; e questo è a discrezione del GM, che sicuramente deve provare a rimanere allineato al gruppo e alle premesse, ma non ha una meccanica che lo forzi, o più semplicemente lo aiuti, verso un certo tipo di esperienza per il tavolo (più viscerale e concentrata, se gli slot sono pochi, più rilassata e ad ampio respiro se sono molti, ad esempio).

Hai bisogno per forza di questa ipotetica meccanica di conseguenze a slot per giocare di ruolo? Sicuramente no, per l’appunto The Pool non ce l’ha. Alcuni giocatori possono ritenerla utile o interessante perché calamita di più la loro attenzione verso la parte giocattolosa della sessione, rispetto al solo creare storia condivisa usando la singola meccanica del tira per vedere se riesci ad ottenere quel che hai dichiarato, o in caso contrario fallire (ed eventualmente morire).

E’ possibile che alcuni dei giocatori della partita a The Pool dell’altro topic si riferissero a qualcosa di simile, quando dicevano: “ecco perché poi a livello di design si mettono paletti, contesti e meccaniche che magari danno reward su certi comportamenti coerenti.” ?

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Si è sicuramente per questo, proveniente peraltro da un giocatore a cui piacciono molto i sistemi che enfatizzano/premiano comportamenti coerenti o generatori di gioco (chessò in V5 recuperi Forza di Volontà se aiuti un legame; in Valraven prendi px se metti in gioco il Rovescio della medaglia, ecc.).

A me, sebbene preferisca i sistemi un pochino più strutturati a quelli completamente aperti, non fanno impazzire le meccaniche zuccherino ma credo sia unicamente una questione estetica e soggettiva.

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