Diciamo che ho voluto prendere il caso limite per spiegare cosa fosse un Arbitro di Gioco “per opposizione”.
Però ovvio, se uno mi dicesse che usa in una maniera specifica “Narratore” per indicare una roba diversa da quella che ho specificato o perfino sinonimo della definizione che ho dato di Arbitro, non avrei problemi. Basta che i termini siano definiti chiaramente senza ambiguità.
Per risponderti Ranocchio: se i giocatori si accorgono che una loro scelta è stata resa irrilevante dal master penseranno “Ma allora, qualsiasi cosa scelga il mio PG, la storia la controlla il master” e questo, nella mia esperienza, ammazza l’interesse nel gioco.
Almeno è così per me quando faccio il giocatore: voglio che le mie scelte abbiano un peso e che la storia evolva a seguito di esse.
Se non se ne accorgono il loro divertimento non ne è inficiato perchè continuano a pensare che la storia si sia sviluppata in base a ciò che hanno scelto.
Quello che io cercavo di dire, solo per aggiungere un punto di vista e non per pretendere di esaurire l’argomento, è che personalmente credo che questo (che non si accorgano del “trucco”) non sia sufficiente.
Secondo me non basta che i giocatori non vedano un’irrilevanza delle loro scelte. Serve che vedano il contrario, cioè un chiaro rapporto di causa-effetto tra le loro scelte (comprese le premesse su cui sono basate) e le conseguenze.
E questo limita, indirettamente, in modo molto forte la possibilità di ricorrere ai quantum elements. Perché quando i personaggi fanno una scelta motivata, basata su premesse, avranno delle aspettative circa il risultato, aspettative che non possono essere soddisfatte da un seguito qualunque, bensì solo da un seguito che è conseguente, allineato con le premesse.
Il mio ragionamento si basa sull’assunto che una scelta può essere rilevante o non-rilevante. In tal caso se i giocatori non la vedono non-rilevante crederanno che sia rilevante. Tu sembri presupporre un terzo stato possibile per le scelte (per cui: rilevante | non-rilevante | neutra) … mi sembra comunque una distinzione piuttosto sottile.
In definitiva: anche io mi limito con i quantum elements e cerco di non fami sgamare per cui direi che su questo c’è grande accordo.
@ranocchio posso solo sottolineare che il termine Narratore è spesso usato (e a ogni modo è usato da @ProfMarrelli in questo specifico caso) come termine “jolly” al posto di Master?
Quindi posso essere d’accordo che la definizione di @LordPersi possa essere parziale e anche io ho qualche remora da definire “arbitro” per contrapposizione
Credo che però in questo caso Narratore sia usato a sproposito, in quanto, anche se non vogliamo abbracciare la definizione che ne ha dato @LordPersi (con cui io concordo), il termine corretto per la figura negli OSR è Arbitro o Master. Ora devo pensare all’eccezione mi smentisca ma non mi viene in mente alcun OSR che usi il termine Narratore
È vero che questo è un prerequisito fondamentale che deve rispettare ogni arbitro di gioco. Però dal lato giocatore è richiesta pro-attività. Ho avuto giocatori letteralmente bloccati dalle scelte disponibili perché troppe o aspettavano che il mondo di gioco gli desse degli input. Se non hai un referee che rispetta l’agency dei giocatori E giocatori pro-attivi, è difficile avere una campagna divertente — a meno che il contratto sociale al tavolo miri esattamente ad un esperienza più passiva e guidata. Ma non sarebbe una campagna che definirei buona, ma al massimo divertente solo per quel gruppo di persone.
Da qui il mio rigetto della concezione di GM come intrattenitore. Ma spesso la vediamo in serie come InnTale of Critical Role. La campagna funziona se ognuno fa la sua parte.
Il mio problema in passato fu quello di avere persone che mi accusavano di non essere un buon referee. La verità è che erano persone scarsamente pro-attive che avevano aspettative irrealistiche sul carico di lavoro dell’arbitro di gioco o narratore o GM o DM o MC.
Il gioco di ruolo non è un’attività come il cinema dove ti siedi e guardi. Bensì è una jam session del jazz: funziona se tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda e contribuiscono.
Giocaci te con uno che ti mente per fare quello che vuole lui e decide tutto lui.
“Ma mi diverto!”
Ti sta mentendo. Sta barando.
“Ma non me ne accorgo!”
Primo: sei tonto.
Secondo: una mela è una mela. Puoi percepire quanto ti pare che è una sedia, ma rimane una mela.
Significa che il tuo personaggio non esiste.
Esiste un altro png qualificato mosso dal master in un racconto da lui narrato. Tu percepisci un pg, invece è un png.
Ma se esistono solo png … è ancora un gdr?
Esiste ancora uno spazio immaginato condiviso?
Non è condiviso: tu immagini una cosa…invece è un’altra.
per il gdr è assolutamente necessario che l’immaginato sia reale, validato in modo condiviso. Non basta una percezione.
È insomma una realtà secondaria. Non tollera menzogna per esistere davvero.
La realtà è abbastanza forte da tollerare la menzogna (da parte di chi è creato non di Colui che ha creato), ma il gdr no, siete voi che create l’immaginato, se voi mentite, quello non esiste.
Non state realmente giocando di ruolo.
State giocando ad una sua caricatura.
Altrimenti … perché invece che Dungeon Master non lo chiamiamo The Great Pretender?
Ahahaha ‘the great pretender’… capisco il tuo punto di vista e concordo: se le scelte sono finte e la storia viene manipolata per seguire la direzione stabilita non si può neanche definire GDR.
Allora direi che spesso mi trovo a masterizzare qualcosa che non risponde alla definizione intuitiva di GDR ma è piuttosto una storia in qualche misura ‘partecipata’.
Ma finché i player si divertono il non essere compliant alla definizione di GDR non mi importa più di tanto.
L’unico punto fisso è questo: so che se esagero con i ‘quantum elements’ loro se ne accorgono e si disamorano al gioco … (qualunque cosa esso sia) per cui: pochi quantum elements ben piazzati is de uei tu go.