Eccoci! Nel frattempo ho giocato una seconda sessione, sempre di 4 ore.
Ti darò il mio parere prima sull’Ambientazione e poi sulle Meccaniche strettamente intese (sai che in realtà per me anche l’Ambientazione è una meccanica, forse la più importante, perchè massiva, costante e unitiva di tutte le immaginazioni coinvolte).
E’ un post lunghissimo e nelle mie terribili intenzioni ne seguiranno altri (più tendenti all’actual play se riesco). C’ho provato lo giuro, non ce la faccio. Sono logorroico e sbrodolone. E mi piace un casino scrivere di sta roba. E’ for the love of the game. Vedila come una forma di cura dallo stress lavorativo.
Partiamo come anticipato dall’Ambientazione e di quello che ne penso.
In particolare dall’elefante nella stanza: gli animaletti puccettosi e fumettistici.
Prima reazione: “Ma… Perchè?!”.
Perchè gli animaletti?!
Naturalmente uno potrebbe rispondere semplicemente “per cavalcare l’onda lunga del successo del noto gioco da tavolo e spremere soldi, soldi e… ancora soldi”. E chiuderla qui. Con un certo fastidio (e invidia…).
E forse non sbaglierebbe.
Tuttavia il gdr con questo tipo di ambientazione e rappresentazione artistica ormai esiste, ce lo hai davanti agli occhi con la sua grafica “ironica e strana” ed esiste senza dubbio anche senza riferimento al gioco da tavolo.
Dunque va preso sul serio. E’ a tutti gli effetti una proposta di immaginario molto netta e forte.
D’altronde è pieno di medium che fanno ricorso a questo tipo di grafica/rappresentazione. Con vari livelli e gradazioni di levità, anche nel piccolo piccolo mondo dei gdr, da Mouseguard a Warren.
La prima cosa che, a mio giudizio, va detta, è che questa forma di grafica/rappresentazione è davvero, in effetti, artistica.
Piacciano o non piacciano, i disegni degli animaletti hanno un loro livello di bellezza, riconoscibile e riconosciuto, opera di una brava artista nordica e come tali riescono ad essere espressivi di un mondo fantastico altrettanto riconoscibile e fortemente caratterizzato, riescono a creare unità e coerenza di contesto. Ed è già un pregio. Suonano dei campanelli, sono evocativi di stati d’animo e idee e domande su un’intera vita immaginaria, magari per ciascuno diversi. Hanno una loro profondità.
Però, concretamente, questo tipo di grafica/rappresentazione artistica di un vero e proprio mondo fantasy, che tipo di gioco evoca? O invece è del tutto “neutra”?
Intendo dire, cosa ci faccio e cosa esprimo di particolare con gli animaletti fantastici un pò pastellati, un pò fumetto, un pò trasognati?
Di tutto? Le solite cose? Gli animaletti sono perfettamente fungibili rispetto agli esseri umani?
Poichè l’Immagine in un gdr è a tutti gli effetti una Regola, crea limiti e spazi di gioco in se stessa e di per se stessa, vincola e veicola un contenuto.
Se gli animaletti non “limitano e focalizzano un contenuto di gioco con dei plus” allora sono abbastanza inutili e tutto sommato banali. Torniamo agli esseri umani che è meglio.
Non è solo questione di tono delle giocate (ma anche).
E’ questione di **temi che puoi riuscire a trattare nelle giocate.
E’ questione di quali storie riescono o naufragano grazie a, o a causa di, questo particolare mezzo espressivo-animaletti.
E’ anche questione di come ti orienti nell’uso delle meccaniche messe a disposizione dal manuale, che uso decidi di farne, orientato a quale, a quale tipo di storia.
Per capirci, se uso i nazisti posso fare comicità, nessun dubbio, ma i nazisti sono delle Icone di gioco che trasportano più facilmente e istintivamente altro e che, oltre un certo limite, rimangono impermeabili ad altro che non sia la loro precisa identità culturale e collocazione storica.
Posso fare battute e azione alla Indiana Jones; come tono della giocata posso anche rimanere lieve, ma il nazista è oggettivamente, in sè, un nemico totale e totalitario, scuro e efficiente, ideologico, spietato e fanatico, collocato in un contesto militare di guerra e dolore .
Anche quando viene ridicolizzato, per contrasto, come nazista dell’Illinois .
E’ talmente riconoscibile che lo sgami anche dietro alle uniformi dell’Impero in Guerre Stellari.
E gli animaletti pucciosi e il Bosco? Hanno una loro particolare forza intrinseca che spinge da qualche parte?
Robin Hood della Disney? Gli Orsetti del cuore? Zootropia o Sing? Tom e Jerry?
Beh, oltre a Robin Hood della Disney ed ai Sylvanian Family il mondo ha (fortunatamente) prodotto anche La Guardia dei Topi; Mauss e Solo.
E’ questa la prima scelta che l’Ambientazione, a mio giudizio, ti costringe a fare, che personalmente mi ha costretto a fare: cosa rappresentano e quale contenuto di storia favoriscono questi animaletti.
Il tipo di immagini dell’Ambientazione cosa implica?
Perchè Claudio, parliamoci chiaro e fuori dai denti (sai che sono piuttosto diretto), se #root fosse il solito giochino che ti fa rappresentare un pò di casino, di azione cinematografica con un sistema light e delle “classi di personaggio” furbe e accattivanti, un pò ladro un pò scavezzacollo rinnegato, un pò giustiziere, un pò paladino, il tutto con la sola variante della soave ironia bucolica degli animaletti pucciosi, allora meriterebbe di essere lasciato, nemmeno sullo scaffale, piuttosto in stamperia.
E’ pieno il mercato di questi giochini che non vanno da nessuna parte, che non producono storia, ma producono solo scene, a servizio di un immaginifico onanismo da nerd peraltro trito e ritrito.
Viene quasi da farne l’elenco dettagliato, ma è sufficiente controllare se da qualche parte nel testo o nella presentazione di un gioco viene usata la parola PROATTIVO, odioso amerikanismo che concretamente al tavolo o nelle procedure di gioco non significa nulla, che è diventata una parola marketing e che garantisce ineluttabilmente il vuoto funambolico del sistema.
Giochi in cui immagini di aggrapparti al lampadario piratescamente con un sorriso da Zorro “de noantri” o l’espressione truce da criminale che lotta contro l’ingiustizia e si porta dentro un incommensurabile dolore, oppure di far saltare in aria la torre di guardia della fortezza nera con una pericolosissima miscela di polveri arcane dopo esserti introdotto travestito da guardia d’elite, stile Missione Impossibile 18.
Tutto meritevole di un sonoro e pastoso sbadiglio, finto come la televisione.
Giochi in cui, mentre fai tanto rumore per nulla, c’è qualcun altro (aka il Master) che, tra una scena e la successiva, decide come piega la storia vera, concedendoti al massimo un paio di strade fra cui scegliere (che magari conducono allo stesso risultato sostanziale, solo in modo diverso).
In questo tipo di giochi, immaginare animaletti che differenza vuoi che faccia: tutto quello che ho detto sull’aggrapparsi al lampadario con in più…“sono una volpe sbarazzina! Che figata!.. … … già.”
Ed allora ecco, a mio giudizio, la vera alternativa che l’ “Ambientazione-come-Regola” di Root propone a causa della grafica e dello stile antropomorfo, prima ancora di stabilire se le singole meccaniche aiutano a far emergere e realizzare uno o l’altro stile di gioco:
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A) gli animaletti e il Bosco, con la sua situazione di guerra in corso, sono solo una quinta da fantasy onirico e leggero, che diventa la scusa per azioni simpatiche, divertenti e avventurose, da canaglie scarmigliate senza padrone, attuando un tipo di gioco sandbox (che il Signore mi perdoni per l’uso della parola) scanzonato, orientato ad una vaga esplorazione degli elementi del mondo, esplorazione che peraltro dovrà approdare quasi necessariamente ad azioni di successo per i giocatori (…altrimenti dicono che tutto è brutto e hai violato il principio “stai dalla parte dei personaggi”…), con tanta improvvisazione nelle sfide, negli incontri e nei cattivi finali.
Un’esplorazione/azione basata su scene di combattimento e di distruzione caotica come piatto forte se non unico.
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B) gli animaletti e il Bosco sono una Metafora/Allegoria. Rappresentano gli Uomini e la loro condizione sotto il Cielo e dentro al Bosco (“in this tree-tangled world under the Stars” direbbero gli Elfi in Tolkien), ma attraverso un linguaggio espressivo “indiretto e onirico”.
Questo particolare mezzo espressivo consente in modo privilegiato di:
— mantenere un certo distacco in caso di scene e temi crudi e disturbanti, mantenere un filtro di poetica e sfumata leggerezza che aiuta a parlare di cose molto brutte: dalla guerra alla pestilenza; dalla violenza al razzismo; dalla povertà e sfruttamento all’ideologia e al fascismo.
Spesso ad esempio aiuta a raggiungere un automatico limite nelle descrizioni o a stemperare i toni e i momenti con la descrizione di un dettaglio o di un piccolo comportamento animale (un Gatto si stira; un Gufo si pulisce le penne);
— rappresentare meglio ed in modo più drastico ed immediato le differenze culturali fra popoli e regioni: le Aquile non possono avere lo stesso modo di vedere il mondo, nè di intendere le singole piccole cose e questioni della realtà quotidiana, delle Talpe o dei Topi.
E’ quasi automatico, senza dubbio ragionevole, che certe specie entrino in contrasto, in competizione, che certe differenze permangano irriducibili, che si creino grossi attriti e scontri, finanche veri e propri odi.
La DIFFERENZA sta al centro dell’Ambientazione, ci devi fare i conti e a volte devi constatare con stupore che ci sono buone ragioni da parte di tutti per scannare gli altri;
— disporre di elementi naturali fisici e comportamentali degli animali da cui partire per sviluppare la società e la politica di ciascun popolo e su cui basare ragionamenti e “necessità” dell’ambientazione. I Soissons non ho idea di che rapporto abbiano con la navigazione fluviale e me lo devo semplicemente inventare; per i Castori, gli Orsetti lavatori, i Gatti è diverso: dispongo di qualcosa su cui lavorare e che di ragionamento in ragionamento mi condurrà lontano ma in modo “solido”;
— accedere ad un deposito simbolico di secoli: il corvo nero ammantato e dalla voce rauca è uno stregone inquietante e pericoloso, l’agile volpe scapigliata è una furba canaglia piena di trucchetti e risorse, un’aquila reale un altezzoso e potente nobile, il gufo reale un saggio diplomatico troppo burbero, ingessato e severo.
Dal gatto ruggine e nero con l’orecchio mozzato e una parte del viso devastata dal vaiolo, al ratto bozzoluto, malsano e con la testa incassata, alla donnola dai muovimenti flessuosi e dall’espressione inquietante, fino ad un grosso e feroce lupo, passando per la civetta, la gazza ladra, la coniglietta tremebonda, gli animaletti antropomorfi si appoggiano su tipoi , stilemi, simboli e tradizioni che hanno una forza atavica potente e consolidata, la quale aiuta a spingere la caratterizzazione di un PNG in modo pressochè immediato e duraturo per l’immaginazione.
Magari per contrasto: un inquietante corvo nero dal becco appuntito e il petto prominente sarebbe uno stupefacente eremita che si dedica ai lebbrosi.
Un lupo grigio sfregiato dai canini sporgenti sarebbe un meraviglioso opportunista vigliacco e debole.
Il tipo di animale, insieme alla tecnica dei 3 aggettivi casuali (che se non ricordo male citava anche @AndreaParducci), magari insieme ad un tipo di lavoro tirato casualmente su una tabella, dà forma e struttura ad un PNG in modo davvero iconico e sfaccettato. Diventa da solo una storia da raccontare.
Insomma, se si propende per la soluzione B, gli animali diventano una complessa e tenera rappresentazione del dramma degli uomini dentro al mondo, vittime prima di tutto della lotta per la sopravvivenza, di una spietata competizione (è proprio il caso di dirlo, “darwiniana”) e della radicale e irriducibile incomprensione reciproca, fra popoli e individui.
La Maledizione di Babele all’ennesima potenza.
La giustificazione razziale e culturale a portata di mano dell’odio dei “diversi da noi”, finanche del cannibalismo.
Sotto le mentite spoglie della confettura Sylvanian Family, si cela uno strumento di rappresentazione esplosivo, potenzialmente crudele e sicuramente cinico. Ma con grazia elegiaca.
L’Ambientazione così intesa si avvicina moltissimo a Glorantha: uno “scontro di razze e civiltà”. Scontro prima di tutto culturale e filosofico e poi militare, ma sempre tendente a stabilire quale visione del mondo prevarrà, quale è bene/meglio che prevalga, quale tu come giocatore, master compreso ritieni preferibile che prevalga.
Glorantha color pastello e con il sorriso.
Il Manuale, in linea con il gioco da tavolo, parla espressamente e abbastanza a lungo di ambientazione da scenario di guerra. Fa la cronistoria (breve) dei periodi storici di dominazione delle radure da parte delle Aquile prima e dei Gatti poi e/o di periodi di autogoverno da parte dei vari abitanti dei Boschi, del ritorno delle Aquile, delle mire espansionistiche dei Gatti, della violenza anarchica dei ribelli/Alleanza dei Boschi e di altre misteriose e messianiche fazioni, come le lucertole.
Ancora, parla di specie predominanti nelle varie Radure prevedendo regole di generazione casuale
della specie dominante in ogni singola radura (un banale tiro di d6 su una tabella, raffinatissimo non c’è che dire…).
Se determini la predominanza di specie come regola di ambientazione e ci fai una regola meccanica sopra per determinarla concretamente in ogni luogo rilevante, allora si tratta di una cosa che deve pesare.
Ancora, fra i Principi per il master il manuale mette quello di rendere presente e importante la guerra per ogni abitante del Bosco, ovunque i PG vadano, in modo che si possano toccare con mano gli effetti concreti dello scontro sulle Radure e gli animali. Viene precisato che ogni PNG dovrebbe avere un’opinione sulla guerra e sulle varie fazioni che la combattono e che nessuna Radura deve essere indenne dalla guerra, in un modo o nell’altro.
Allora a me è sembrato evidente che fra le 2 interpretazioni sopra descritte, (A e B) quella “corretta” dovesse essere la B.
Questo non è per nulla indifferente.
Perchè significa che la prima cosa che devo fare come master è stabilire chi e come sono le culture delle fazioni, dei popoli protagonisti dello scenario e quindi, a partire da queste loro culture, trovare le ragioni della loro guerra, che li spingono ad uccidersi e a scontrarsi.
Ed allora ecco parte di quello che ho presentato ai giocatori, sia oralmente che per iscritto.
Dà un’idea di cosa a mio parere l’Ambientazione, presa sul serio, costringe a fare.
Le Aquile numericamente sono di meno.
I Gatti di più. Molti di più.
Con “Aquile” si intendono i “Rapaci” in genere.
Gli altri Uccelli sono ricompresi nel novero dei Servitori della Dinastia, ma non hanno alcuna voce in capitolo o potere di alcun genere, almeno ufficiale.
Poichè gli Uccelli si incontrano in ogni Radura, è evidente che molti uccelli “minori” non rapaci non intendono servire le Aquile, nè si considerano della Dinastia.
I Rapaci invece lo sono e ci si considerano quasi sempre. Con orgoglio, anche nei rari casi in cui non partecipano attivamente alla guerra.
Come detto nell’introduzione le Aquile vere e proprie sono ormai rarissime, pochi esemplari e tendono all’estinzione. Ci si riferisce a loro in contesti ufficiali e tradizionali come Vera Aquila o Aquila Reale (è più che altro un modo tradizionale da libro di storia che usano le Aquile fra loro).
Il più delle volte si incontrano Falchi, Nibbi, Poiane, Gheppi, Gufi, Astori, Corvi.
Mediamente sono più grossi dei gatti e dotati di una maggiore forza fisica e di gran lunga migliori armi naturali.
In particolare una Vera Aquila è il doppio praticamente di ogni altro uccello o felino.
Sono molto più “selvagge” dei gatti.
Usano meno armatura, meno strumenti, finanche meno indumenti.
Come detto una parte di rapaci ha sviluppato braccia “formate”, del tutto simili alle nostre. Nella proporzione di 1 rapace ogni 3 circa.
Gli altri no. Hanno semplicemente mani artigliate alle semi propaggini delle ali (come i pipistrelli) o direttamente penne “dattili” alle propaggini (tipo penne innervate prensili), comunque tali, spesso, da consentire l’uso di attrezzi ed anche armi (queste ultime tuttavia non pesanti o elaborate, a meno che l’Aquila non sia un esemplare possente).
Fra i due tipi sono di gran lunga considerate migliori e meritevoli quelle senza braccia formate.
Per il Volo.
Il Cielo e il Volo sono concetti originari, primigeni e preponderantemente centrali nella Cultura Tradizionale e nel senso di Identità e Superiorità delle Aquile.
Più alto e vicino al Cielo puoi volare e più “divino” e superiore sei, quasi un prescelto. Se il Bosco è l’intrico della vita che ti intrappola fra i suoi problemi, i suoi pericoli di morte e i suoi combattimenti per la sopravvivenza, il Cielo è la Via della Grande Fuga, dell’Elevazione rispetto alla vita dei comuni mortali.
Le Aquile Reali come noto raggiungono la maggiore altitudine in natura.
Seconda all’altezza, è poi la velocità del Volo.
I Falchi Pellegrini vengono come Comitali subito dopo le Vere Aquile.
Poter volare a lungo e velocemente, in alto, con perizia e astuzia sono segni di un’aquila ben considerata, ammirata. Di un Capo.
Le braccia impediscono. Le aquile con braccia antropomorfe spesso non riescono nemmeno ad alzarsi in volo da terra, la spalla e il petto iper sviluppato lo rendono improbabile.
Sono inchiodate al suolo. Quasi con ali strappate metaforicamente.
E a terra la loro Visione, come quella di un Topo qualsiasi, è impedita, limitata, ingannata, infatti spesso è depotenziata dalla nascita.
Dall’alto del Cielo invece lo sguardo è su tutto, spazia lontano e si è mantenuto potente e puro come all’origine della razza. Le Aquile che volano vedono Oltre, Lontano.
Gli altri animali hanno bisogno di sentieri e vie, le Aquile hanno la Via del Cielo e arrivano dove vogliono, quando vogliono e con una velocità pari solo al loro desiderio di raggiungere un posto.
Questo le rende Libere.
È abbastanza intuitivo. È una cultura che non può concepire obblighi e imposizioni, pastoie di nessun genere: regole da altri imposte, limiti di muovimento e di parola, tanto meno ogni forma di sottomissione.
È per questo che la Dinastia si è rovinata con faide lunghissime e vere e proprie guerre civili.
Ogni Aquila, specialmente ogni Aquila Reale, ha la naturale tendenza a concepirsi come al di sopra degli altri, come indipendente e autonoma, senza padroni.
Al più sceglie volontariamente di essere fedele per ammirazione a qualche altro rapace, visto come evidentemente superiore, ma non tollera una sottomissione per così dire istituzionale e dovuta, organizzata e stabile, in ultima istanza subita, perchè non tollera che il sistema porti il meno valoroso e meritevole a stare sopra, a volare più in alto rispetto al più valoroso e meritevole.
Immaginate qualcuno che può volare. Nell’immensità del Cielo, nel silenzio, trasportato dal Vento senza alcuna fatica, vede tutto, ma vede tutto piccolo…piccolissimo, laggiù dove ogni altro essere è poca cosa, indistinto e inutile come formichina ed è aggredibile dall’alto in qualunque momento, spesso senza che se ne possa nemmeno accorgere.
E nessuno se non altre Aquile può seguirti, può infastidirti, può venire a prenderti, tutti inchiodati al suolo, mentre tu sei accarezzato dal vento e baciato dal sole.
Un’armatura impedisce e basta: blocca il vento sul corpo, rovina il manto regale di piume, appesantisce il volo e stanca, non consente di raggiungere le altezze nè di prendere le correnti nel migliore dei modi, brucia per i raggi del sole che rendono il metallo incandescente e fa sudare, crea scricchiolii e rumori che disturbano il Silenzio.
Sei superiore. Sei un’altra cosa. Sei fuori dal loro mondo, sei in un altro mondo. Sei Libero.
In olimpica solitudine con il tuo pensiero e il tuo cuore, mediti nel profondo del silenzio celeste sulla vita e sulla realtà, su te stesso e sull’Ideale, raggiungendo certezze e profonde ragioni per le tue scelte e azioni.
E l’Ideale e la maestosità sono talmente forti e affascinanti che davvero molte altre specie ci credono, ti credono. Ti riconoscono. E ti servono. Proprio come se tu venissi da un altro mondo, fossi di un altro mondo.
Perchè in fondo in fondo sai di non appartenere al loro mondo, quell’intrico di rami e foglie e terra laggiù, lontano. Le Aquile non appartengono al Bosco, semmai al Cielo.
Questa e nessun altra è la tua Identità. Chiederti di condividere e atterrare fra gli altri animali è chiedere all’acqua di non scorrere, equivarrebbe a farti morire.
Perciò le Aquile sono disposte a combattere fino all’estinzione, come furie.
Ebbene, individui del genere non possono che sviluppare una Cultura fortemente idealistica, tetragona e relativamente “semplice”, per nulla Machiavellica, seppur caratterizzata da un fortissimo senso di superiorità e sciovinismo.
Altissimi ideali, anche del tutto positivi (Lealtà, Valore, Sincerità, Coraggio, Magnanimità, Senso del Sacrificio), uniti ad un’estrema durezza che rasenta la mancanza di capacità di perdono, ad arroganza e ad esagerazione di reazioni, giudizi e passioni.
Il Linguaggio deve per forza essere fortemente simbolico e allusivo, immaginifico e “poetico” ma molto semplice e “vuoto” , carente, nella struttura e nel vocabolario, fatto per veicolare un pensiero nitido e tranciante, carismatico e breve, decisamente assertivo e decisamente poco esplicativo ed argomentativo.
È una cultura diretta e fiera. Dunque anche marziale. Grande conto vien fatto della capacità personale di combattimento, ma quello che le Aquile guadagnano in valore guerriero, davvero impressionante e pauroso a volte, lo perdono in organizzazione e tattiche militari.
Più un contingente o gruppo militare di Aquile è composto di Rapaci dattili (senza braccia formate) e più la tattica militare si riduce a calate e picchiate dal Cielo coordinate spesso secondo l’intuizione dei singoli e la loro personale visione del momento sul campo di battaglia, mentre le altre specie, gli altri “sudditi” svolgono il ruolo di “isole fortificate” o al massimo di lineare spinta frontale, di riposo e ricovero al bisogno per le Aquile stanche, di difesa passiva. Quando non di semplice carne da cannone.
Considerate poi il fatto che non si ha notizia alcuna nella storia della fecondità di un rapporto fra Aquile e Mammiferi (nè in conseguenza di loro unioni ma forse di romantiche simpatie si) e si comprende come le Aquile siano arrivate a pensarsi come Predestinate e Distanti e come possano essere viste anche dagli altri animali come diverse, spesso come migliori. E suscitare risentimenti ed invidie in qualcuno.
Come riflesso di una cultura di questo genere, anche la loro struttura sociale e la loro concezione di comunità e “città” sono piuttosto “primitive”.
Favoriscono la frammentazione in piccole comunità raccolte attorno al Nido o Posatoio di un importante Rapace, i cui figli raccolgono il Potere del luogo solo nella misura in cui rispecchiano l’Ideale e la grandezza del Padre che li ha generati. Col che, è fin troppo facile che i figli vengano attaccati e messi in discussione da altre Aquile, cosa accaduta appunto fin troppo spesso nel passato.
Le città non esistono praticamente. Esistono piuttosto dei semplici villaggi e comunità che, anche quando popolano un’unica Radura, formano frazioni collegate più che un’unico centro “urbano”.
Come conseguenza, ogni “frazione” tende a comporsi di specie simili o omogenee: ratti, topi, qwocca, marmotte, castori; volpi e mustelidi; capre e maiali selvatici; conigli e lepri.
Il mischio è rarissimo e il sospetto e pregiudizio fra razze più probabile, anche se non diffuso.
Ciascuna comunità ha un referente e, di massima, proprie regole e leggi (spesso consuetudinarie e non scritte) che vengono fatte rispettare dagli stessi animali della frazione (a volte con l’ausilio di una rappresentanza di rapaci “minori” come corvi e cornacchie, allocchi, gheppi, barbagianni) con l’uso della forza locale, composta di mammiferi fedeli alle Aquile.
Spesso la pena è l’esilio dalla comunità e il Marchio d’Infamia.
Contano molto, come capi e autorità, i rappresentanti della comunità, individui autorevoli e rispettati, che le Aquile hanno la tendenza a ritenere responsabili dei guai e problemi e crimini della comunità (e a giustiziare senza tanti complimenti e processi o indagini), sulla scorta del ben noto (per un’Aquila) ragionamento che se è accaduto qualcosa di davvero brutto è la guida della comunità che non è abbastanza forte e ammirata o è complice.
“Mai informare un’Aquila” è un tristemente noto proverbio delle Radure sotto il dominio della Dinastia .
E siccome tutte le Radure un tempo erano sotto la Dinastia, praticamente tutti nei Boschi conoscono e usano il proverbio (solo che gli attuali sudditi delle Aquile lo usano ancora in maniera letterale…) e i Felini lo hanno preso in prestito per ridere e fare battute sulla mancanza di una valida rete di spie e “intelligence” del nemico, nonchè di una certa indolenza e lentezza ad intervenire e finanche ad amministrare da parte delle Aquile (come a dire “è del tutto inutile informare, non farà niente, non gliene fregherà nulla e tanto non capirà”)
L’avanzamento tecnologico di queste comunità dipende interamente dai suoi abitanti, dalla loro voglia e inventiva.
Generalmente l’economia è frugale e non esiste “moneta”.
Tutto è abbastanza chiuso in sè.
Pure le vie di comunicazione sono peggiori (salvo eccezioni).
Le Aquile semplicemente se ne fregano. Volano.
E le singole comunità custodiscono e riparano le vie che a loro interessano, ma solo compatibilmente ai mezzi e al tempo a disposizione. Non esiste praticamente mai uno sforzo collettivo organizzato e sponsorizzato/aiutato da un’autorità, responsabili ufficiali della tenuta delle Vie e Sentieri, tantomeno accade mai uno sforzo collettivo di lungo periodo. Sono sempre iniziative temporanee.
In compenso c è una buona conoscenza delle zone selvagge limitrofe, del folto del Bosco, in termini di risorse potenziali, pericoli e abitanti (si, anche nella macchia del Bosco esistono case, agglomerati seppur ben piccoli e fattorie silvestri), creature mostruose, sentieri minori, leggende e rovine. Tutte conoscenze non solo accumulate in secoli e secoli, e che i Gatti stanno iniziando a immaginare solo ora, ma anche “frequentate dal vivo” talvolta ancora oggi.
A volte dal Bosco riemerge, per merito di qualche viaggiatore, archeologo o esploratore, un’antica Reliquia di tempi remoti o anche qualche strano oggetto di cui si e persa la coscienza. E alle Fiere d’Autunno e Primavera di queste Radure è probabile rinvenire in qualche padiglione di qualche mercante stramberie e stranezze, magari del tutto inutili.
Gli edifici delle Radure della Dinastia sono tutti in legno e, se bassi e semplici, di pietre.
Le Aquile naturalmente vivono in alto. Sempre.
Male che vada, su grandi querce, lecci e pini, costruendo fra l’intrico dei rami più alti e a volte sulle cime delle chiome stesse dei Posatoi più o meno complessi.
Si tratta per più della metà delle volte di strutture di arbusti e tronchetti lavorati e piegati e decorati a formare forme geometriche tendenti all’ovale o al quadrato, di poche stanze.
Pensate ad un classico nido ovale con un buco d’entrata, ma "lavorato a facciata di Palazzo, grande una decina di volte almeno un grande nido in natura e quindi composto di moduli collegati a formare almeno 3 stanze.
La base di questi Alberi del Posatoio è sempre pattugliata da guardie “di terra” comandate da un uccello che stanzia sui rami inferiori ed in effetti tutta la pianta è da concepirsi come fortezza, ospitando sui suoi livelli più bassi altri soldati di terra e del Cielo.
Ma questa è la forma più banale e meno forte o prestigiosa.
Procedendo verso le Montagne, il Bosco si alza e i recetti delle Aquile si annidano sulle rocce, in punti impervi e altissimi, dove gli anfratti della montagna sono stati scolpiti nei secoli a guisa di fortezza inespugnabile.
Alcune di queste sono abbandonate e in rovina.
In ogni caso nulla che risembli un castello vero e proprio. Piuttosto la forma e l’estetica sono quelle di una trincea della prima guerra mondiale, decorata con pitture a motivi runici e cicli di battaglie aeree nei cieli stilizzate. Il Legno sostiene in pilastri marmorizzati piattaforme sospese nel vuoto che si dipartono dalla viva roccia scavata o da speroni scoscesi
Ma risultano in gran parte vuote e “immobili”, all’origine concepite per un numero enormemente maggiore di Aquile, grandi sale ormai mute e mai visitate nella roccia e lunghi balconi istoriati di legno, mai attraversati da alcuno, tutto intorno a palazzi sospesi nel vuoto su speroni splendenti al sole.
Insomma i Nidi, i Posatoi, le Fortezze delle Aquile usano la natura: sono le rocce e montagne, i grandi alberi, i Tumuli in mezzo ai Laghi che difendono la Dinastia come bastioni millenari.
E via continuando con il Cannibalismo delle Aquile, rarissimo ma possibile: concepito come una sorta di ius primae noctis cinematografico (non è mai esistito in realtà!): un’Aquila ha il teorico diritto di prendere per sè e mangiare uno dei tuoi figli se ne hai più di 1 (con un inquietante richiamo alla politica cinese “dell’unico figlio”). Ma è un diritto raramente esercitato e caduto quasi completamente in disuso.
Mentre i Gatti non hanno nulla di così terribile (o forse non l’hanno ancora introdotto??)
E così per altri 3 o 4 aspetti della cultura delle Aquile. La stessa cosa poi per i Gatti e le Lucertole. In misura minore per l’Alleanza dei Boschi.