Giocare con gli altri, non nella propria testa

Riprendo uno spunto di Daniele Di Rubbo:

Sul tema dell’Avocazione io personalmente ci ho messo un po’ a capire cosa mi piaceva giocare, specialmente in una certa tipologia di giochi in cui non è così facile capire chi e come ti deve fare opposizione. Tendevo a creare personaggi incentrati su problemi interiori come senso di colpa o dipendenze, ma l’opposizione interna di questa sfilza di Amleti si traduceva difficilmente in qualcosa di visibile al tavolo di gioco. Avevo sentito anche il consiglio di “pensare cosa avrebbe fatto il personaggio davanti a una telecamera”, e sforzandomi di seguirlo ho capito che si scontrava con la necessità di interpretare il personaggio come una persona reale. Naturalmente dipende dal gioco, per esempio in Fiasco credo che la decisione su come risolvere una scena venga sempre presa in un’ottica da “sceneggiatore”, anche quando significa giocare contro il tuo personaggio.

Per esempio, in una mia partita a Fall of Magic nelle scene iniziali il mio personaggio aveva espresso un conflitto interiore, che però poi non si è concretizzato per molto tempo, e quando è successo ho faticato non poco a far coincidere le mie aspettative su di esso con quella delle altre persone al tavolo.

6 apprezzamenti

È un tema sul quale sto riflettendo molto negli ultimi mesi e non sono ancora arrivato a una sintesi che mi soddisfi. Non puoi mai, ma proprio mai, giocare per mettere in difficoltà il tuo personaggio? Non lo so: messa così, mi sembra un po’ trenchant. Come tutte le cose, dipenderà dai giochi e dagli stili di gioco, credo.

Per esempio, in The Hangman Saga, che cito siccome ne abbiamo già parlato, non dovresti giocare per metterti in difficoltà: ci sono già altri due giocatori che devono farlo; tu devi tutelare il tuo protagnista e capire chi è, non metterti a fare ulteriore opposizione. Anche in Polaris, quando giochi il Cuore di un cavaliere, non puoi farti opposizione da solo. Questo viene comunemente chiamato “principio di Czege”:

E in Fall of Magic? Ecco, in Fall of Magic, per esempio, quando giochi una scena, volendo vedere, hai il completo controllo della narrazione. Se non ti fai opposizione da solo, chi te la potrà mai fare? Gli altri? Forse… Le autorità narrative non sono chiare e pare che tutti possano fare tutto, fintanto che a te sta bene. La responsabilità di portare avanti la scena è tua, comunque. Questo mi fa dire che Fall of Magic ha un design meno solido e meno nelle mie corde di tanti altri giochi, ma non dico che non funzioni per nessuno; anzi, conosco diverse persone che lo amano visceralmente.

Insomma, davanti a un problema complesso, qualunque soluzione troppo semplificatoria sta in realtà ignorando la complessità del problema e fornendo solo una falsa risposta.

3 apprezzamenti

Grampasso seduto alla locanda di Brea in penombra…

"I’m Aragorn I’m Awesome! I’m Aragorn I’m awesome! I’m Aragorn I’m awesome! I’m Aragorn I’m awesome! "

(cit. non mi ricordo chi in una conferenza sui LARP)

Grampasso con il suo monologo interiore senza azione che la riveli è la Noia senza avocazione.
Se Avochi porti fuori. Se rimane dentro è Immedesimazione.
E l’Immedesimazione (qualunque cosa voglia dire) è male come invertire i flussi…

I miei 2 centa eh

2 apprezzamenti

Qui tu stai dicendo che avocare il personaggi significa proprio portarlo davanti alla telecamera, come diceva @Alek sopra; non è la sua negazione. Ho capito bene?

1 apprezzamento

Sì sì, mi accodavo al concetto.

Fosse anche una scena di dialogo con te stesso alla gollum o davanti allo specchio (magari in flashback) bisogna vedere in scena un’azione che produce conseguenze con cui tutti al tavolo possono avere a che fare se vogliono/possono

1 apprezzamento

Mi pare che però qui siano presenti due elementi:

  1. giocare al tavolo elementi interiori del PG
  2. giocare “contro” gli interessi del proprio PG

Nel primo caso, la soluzione può presentarsi sotto forma di un regolamento che offra gli strumenti e lo spazio per farlo. Penso a come chiunque in qualsiasi GdR potrebbe semplicemente descrivere cosa il PG pensa e prova emotivamente, in aggiunta alle azioni fisiche … e di come ciò non succeda spesso perchè dipende da come lo si fa, quando lo si fa, dai gusti del gruppo, etc.
Mentre per esempio in giochi come Fantasy World o Monsterhearts le meccaniche spronino e supportino quest’attività in modo “corretto” per il gioco specifico.

Il secondo caso, che è l’unico che io identifico con advocacy, può anch’esso essere supportato dalle meccaniche in vari modi.
In The Quiet Year il fatto di gestire una comunità intera, invece di un tuo specifico PG, aiuta moltissimo.
In Touched by Evil e Lovecraftesque avere un singolo PG condiviso da tutti crea un effetto simile.

Ma anche in giochi con un PG “proprio” è possibile stimolare una cosa simile… MH campa su questo.
Tutte le volte che il tuo PG è davanti a una scelta difficile e il Giocatore, gongolante, fa una scelta “sbagliata” che ficca il PG in casini.

Il punto è che la tradizione vuole che ogni singolo momento della vita di un PG sia una sfida per ottenere il successo.
Ma è falso.
Anche in MH, ma non solo, certi esiti hanno un certo valore e importanza per il GIOCATORE e quelli vedranno tutto il possibile impegno perchè avvengano come il Giocatore desidera.
Ma tanti tanti altri momenti non sono così irrinunciabili, anzi spesso sono irrilevanti per gli interessi del Giocatore. Si certo possiamo sempre vedere come A sia più conveniente di B… ma non sempre il Giocatore è interessato davvero a ottenere quella convenienza.
E di contro, essi potrebbero essere eventi con grande potenziale drammatico… che crea situazioni problematiche interessanti.

Come sempre, un Giocatore illuminato e autocosciente può fare leva su queste cose da solo.
Ma avere un regolamento che rende in qualche modo (più) chiara e facile la distinzione…
E aiuta ad approfittare dei momenti “poco importanti” per renderli occasioni drammatiche…

Ecco… fa la differenza e per me risolve il problema alla radice :stuck_out_tongue:

1 apprezzamento

Ti posso chiedere di spiegare meglio?

Non ho capito se per te Avocacy è solo quando spingi su scelte dure e cattive contro il tuo stesso pg.

Inoltre non capisco bene la questione del successo. Cosa intendi con “successo del pg”?

1 apprezzamento

Advocacy è quando fai gli interessi del PG.

Giocare contro a questo principio è uno dei “problemi” presentati dai primi post, se non ho capito male.

Il “problema” nasce dal fatto che per alcuni è difficile far fare intenzionalmente “scelte sbagliate” al proprio PG allo scopo di generare una storia più drammatica e interessante…
E al contrario ad alcuni risulta fastidioso e spiacevole quando ALTRI Giocatori agiscono in questo modo, mandando alle ortice risultati importanti…

Uno degli esempi più banali è il tradizionalissimo (e in parte illusorio) conflitto fra ROLEplay e ROLLplay.
Far agire il PG come da coscienza non è sempre tatticamente ottimale.
Far agire il PG in modo tattico non ha sempre senso per la sua interpretazione.

Lo step successivo è quando, superato questo problema base base, c’è chi mette intenzionalmente il proprio PG nei guai.

Praticamente ogni azione in MH è un esempio di questo comportamento XD
Non so…
Al tavolo sappiamo tutti che la bella Maraya è la ragazza del bullo Jason.
Quando l’MC mi chiede quale delle compagne di classe mi fa battere forte il cuore… io Giocatore dico “ovviamente Maraya!”.
Avrei potuto scegliere un qualsiasi altro PNG, ma ho scelto Maraya perchè sò che causerà problemi :slight_smile:

MH è un esempio estremo di gioco dove questo è IL modo prevalente di giocare.
Ma spesso anche in altri giochi può avere senso “cacciarsi nei guai” intenzionalmente.
Per alcuni Giocatori questo è però difficile o sgradito. Da cui il problema, il conflitto di interessi.

Quello che dicevo è che spesso si pensa a questi comportamenti in modo assoluto e costante, ma per mia esperienza è un mix caso per caso.

Dall’esempio di sopra… a me Giocatore di Maraya (adesso) non frega nulla. Anche per questo mi viene facile piazzarmi in situazioni difficili e problematiche. Se fallisco non mi importa, anzi mi diverte, mi intrattiene, creo dramma :slight_smile:

Ma magari per me è di importanza fondamentale proteggere il piccolo Tommy dalle brutture della vita… quindi nei suoi riguardi io Giocatore farò il possibile (giocherò tatticamente) per far andare le cose come spero io.

Poi anche qua ci sono sfumature.
Certe situazioni del cazzo per me potrebbero essere attraenti perchè mi offrono occasione di agire in gioco per proteggere Tommy e mostrargli la retta via.
Altre potrebbero essere più ovviamente disastrose, e potrei volerle evitare a ogni costo.

L’esperienza al tavolo permette di navigare queste sfumature… ma è difficile, serve l’esperienza giusta col gruppo giusto col master giusto…
Oppure, come con MH, puoi usare un gioco che per sua struttura ti rende più naturale e facile (imparare a) navigare queste situazioni.

Non so se mi sono spiegato :sweat_smile: :grin:

Per complicare di più le cose… per alcuni “advocacy” non è solo quando fai gli interessi in-game del PG.
Ma anche quando fai gli interessi out-game del PG… nel senso… rendere “interessante e avventurosa” la vita del PG è nell’interesse del PG.
Quindi fare advocacy significa (anche) metterlo nei guai.

Advocacy-ception! :rofl:

Qui, però, stiamo parlando di una cosa diversa.

Tu, come giocatore, stai facendo una scelta da sceneggiatore sul personaggio che, però, non mina la tua avocazione per esso. Molto diverso sarebbe stato se tu avessi fatto agire il tuo personaggio di proposito da coglione con Maraya per far uscire fuori una storia più drammatica, ben sapendo che il tuo personaggio non avrebbe mai e poi mai voluto comportarsi da coglione con Maraya. In quel caso, tu, come giocatore, staresti soffocando la voce del personaggio per fare una scelta da sceneggiatore che, però, tradisce il personaggio. Ma, in questo modo, secondo me, uccidi l’avocazione e uccidi anche l’anima di quel personaggio.

So che può sembrare una questione di lana caprina, ma io ci vedo una differenza importante.

Non l’ho praticamente mai visto succedere nella realtà.
Per quanto mi riguarda è una leggenda urbana nata da Giocatore-A che non capisce/approva le scelte di Giocatore-B.
Ma per Giocatore-B la cosa aveva perfettamente senso e motivazione. Per usare parole forti: ci sta da personaggio :sweat_smile:

Ho invece spesso visto succedere il contrario.
Ma è un altro discorso.

A te @danieledirubbo è capitato al tavolo un caso come quello che descrivi?

Sì. Questo discorso nasce proprio dal fatto che mi è capitato di vedere al tavolo un giocatore fare scientemente cose contro il proprio personaggio e che il proprio personaggio non avrebbe voluto che accadessero.

:raising_hand_man: Segnami pure tra quelle

1 apprezzamento

Io l’ho visto nei larp, questo. E anche spesso.

1 apprezzamento

È, appunto, il concetto di play to lose:

1 apprezzamento

Ok, non ho capito cosa intendete con “Avocazione” (termine italiano che non esiste), quindi non so se quello che dico non è già stato detto con quel termine.

In genere io noto che il “giocare per perdere” avviene quando: a) non ti piace il personaggio e lo vorresti cambiare; b) non ti piace l’ambientazione e non hai la possibilità di modificarla e quindi vuoi mandare tutto a marengo; c) non ti piace il gioco. Infine c’è l’opzione “non interpreti” in cui quindi del tuo PG non te ne può fregar de meno e giochi proprio con lo scopo di “distruggere il PG e vedere come risponde il mondo”. In tutti i casi, si riassume col “non mi sto divertendo”.

In tutti gli altri casi, la gente gioca per vincere. Il che non significa non mettere nei guai il proprio personaggio, anzi: lo si vuole mettere nei guai per poi farlo uscire vittorioso!

Ciao :slight_smile:

Di avocazione del personaggio ho parlato in questo articolo:

https://www.geeckoonthewall.eu/2020/04/avocazione-del-personaggio/

Andrea, avocazione sarà un termine un po’ antiquato, ma è assolutamente italiano, correttissimo, ed esistente. Io di solito sono molto contrario a terminologia inventata, ma questa è una parola della nostra lingua ed è usata in modo estremamente appropriato.

In questo contesto significa “agire facendo gli interessi di qualcun altro”.

2 apprezzamenti

Non lo conoscevo. Comunque è usato impropriamente. Cito:

Non c’è nulla di questo in “agire facendo gli interessi di qualcun’altro” :wink:

Ciao :slight_smile:

Io butto i miei 2 cent… Non c’è mai un’azione sbagliata. L’idea che ci sia un’azione “corretta”, “vantaggiosa”, mi sembra proprio un’illusione; a meno che non si stia giocando per spolverare il dungeon, chiaro. Se stai giocando per creare/vivere una storia, mi sembra perfettamente consono che il giocatore segua la sua pancia, anche in situazioni dove sembrerebbe darsi la zappa sui piedi, con ovviamente la benedizione di tutto il tavolo. Questo discorso si estende a tante cose su più livelli nel gioco di ruolo… Ma in generale, non vedo proprio perché far di tutto per far trionfare il proprio personaggio debba essere l’unico modo per giocare. In altre parole: se stai scegliendo razionalmente cosa fare, cavoli tuoi; a quel punto niente sarà “naturale”, che tu debba vincere o meno. Se segui il flusso del personaggio, in generale probabilmente cercherà di non spararsi sui piedi, ma è perfettamente normale che faccia cazzate o assuma comportamenti non ideali rispetto al raggiungimento dei suoi obiettivi. Che persona è una che non fa mai la scelta sbagliata?!

(Non spreco nemmeno fiato per esprimere la differenza tra questo e derubare/tradire gli altri personaggi perché “è ciò che farebbe il mio pg”, siamo tutti d’accordo che sono cose diverse no?)

Poi “giocare nella propria testa” è un altro discorso; se ti stai preparando in anticipo un elemento di trama che secondo te è fichissimo e profondissimo, ma ne sei solo tu al corrente, sei destinato a rimanerne molto deluso quando poi verrà messo in gioco all’atto pratico. È esattamente identico al DM™ che si prepara il boss finale e poi pretende che l’incontro sia catartico, ma i giocatori lo ammazzano con una scureggia.

2 apprezzamenti