Ho avuto modo di terminare oggi la mia partita di The Plant, il gdr solo creato da Jason Morningstar; se voleste vedere che tipo di risultati può portare in termini di fiction, allego il diario della mia giocata
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Per chi non lo conoscesse, il gioco parla della ricerca da parte di un uomo della propria figlia, all’interno di una misteriosa fabbrica. In termini di gioco, parliamo di qualcosa di affine a un librogame di Lone Wolf, ma con qualche tweak in termini di preparazione. Al giocatore è richiesto di creare un mazzo di massimo dieci carte - con numeri da 1 a 10, senza ripetizioni, e almeno tre carte “giù” - che rappresentano la fabbrica e i suoi locali; queste saranno estratte una alla volta, e a seconda dei collegamenti rappresentati dalle lettere ai bordi delle carte andranno a generare una mappa che riporta a specifici ricordi - i prompt numerati dal manuale. Viene anche richiesta la creazione di un mazzo di dettagli - questi rappresentano oggetti, ricordi o sensazioni spesso legati a nostra figlia. A volte, visitare un locale porterà ad estrarre un ricordo; altre volte, saremo costretti ad aumentare il nostro punteggio di Rabbia o Disperazione. Quest’ultimo determinerà quale finale andremo a raggiungere una volta terminato il mazzo delle carte rappresentanti la fabbrica.
Un esempio di mappa a fine gioco.
In termini di gioco non c’è molto che si possa aggiungere senza entrare nel regno degli spoiler. Quali sono le sensazioni a riguardo? Certamente, rispetto ad altri giochi in solo che ho provato, ho sentito di essere molto più pilotato in termini di scelta. Se come giocatore sento il bisogno di trovare uno spazio creativo per riempire i vuoti nel manuale, non l’ho certo avvertito nella selezione delle stanze da esplorare, perchè risulta essere, senza poter guardare i prompt, un elemento totalmente casuale. Anche molte delle descrizioni degli ambienti sono lì, sbattuti in faccia al giocatore, e non lasciano molto spazio all’immaginazione.
Tuttavia, ho ammirato un certo elemento che ha continuato ad emergere nell’ambito di questi prompt: la capacità di stupirmi e spiazzarmi nel momento in cui ho deciso di fidarmi e abbracciarli con onestà. Molti di questi impulsi modificano alla base informazioni precedentemente riportarte nel diario. L’impressione è che il misterioso padre in cerca della sua figlia abbia, consapevolmente o meno, dimenticato o soppresso cose a lui spiacevoli. L’episodio di Mildred nel diario è volutamente un inversione richiesta da uno dei prompt. Ma anche certe incongruenze, alla fine, non mi hanno lasciato l’amaro in bocca. Il paragone più immediato che mi viene in mente è quello di James Sunderland in Silent Hill 2.
E’ ovvio che lo spazio di libertà creativa ruota attorno alla definizione di questa persona, questo padre di famiglia. Funziona? In generale direi di si, ma non posso mentire riguardo al fatto che, rispetto ad un gioco come Swords of The Skull Takers, abbia avvertito, alle volte, che si sia trattato più di un esercizio di scrittura creativa. Mi è mancato l’idea di poter controllare il destino di questa persona; di fare scelte che lo definissero in termini di agentività, piuttosto che giocare di reazione scoprendo questa persona alla fine. E’ un concetto che non riesco ad esprimere bene, ma su cui continuerò a riflettere.