Con il Kickstarter di Fantasy World in corso si è parlato in giro della chiarezza del testo come uno dei suoi punti di forza; e di come questo lo distanziasse da molti Ptba. E con questa conversazione a ronzarmi nelle orecchie mi sono trovato a leggere “Wanderhome”, un gioco che usa il sistema No Dice, No Masters (o Belonging outside Belonging come veniva chiamato fino a poco fa? Sorvolerei su questo argomento), dove animali antropomorfi viaggiano per il mondo, focalizzato sull’assenza di conflitto esterno ai personaggi.
Non posso parlare del gioco perché non lo ho provato, sono curioso altrimenti non l’avrei comprato, posso parlare solo dell’esperienza della sua lettura e le impressioni che mi sono fatto. Non sono madrelingua inglese, ovviamente, e nemmeno mi considero “bilingue”, ma non zoppico affatto con la lingua, leggo i gdr praticamente solo in inglese, ma anche narrativa; ho un giudizio abbastanza chiaro di quale siano le mie capacità di comprensione del testo e le mie lacune. E ho trovato che il testo non funzionasse affatto. Il manuale è lungo 300 pagine come Pdf (non esattamente un one-page game) ma l’autore ha deciso di esporre il gioco come se il viaggio dei Giocatori e quello dei Personaggi combaciassero, per minimizzare la dissonanza. Senza entrare troppo nel dettaglio, mi è piaciuta come lettura, ma mentre sfogliavo i vari Playbook mi è sorto un dubbio e son tornato indietro a sfogliare le prime pagine, e ho avuto l’impressione che io riuscissi a capire bene come funzionasse il gioco soltanto perché avevo già letto Dream Askew e Flotsam; che condividono il medesimo motore di gioco.
Non so elaborare bene perché abbia avuto questo " fastidio ", ma se dovessi razionalizzare credo che il problema stia nel fatto che tu stia proponendo un gioco " masterfull " (o masterless) in cui tutti a turno dovranno partecipare alla conversazione ma che voglia spingersi in una direzione " originale " (l’assenza di conflitto esterno) e il manuale non mi sembra voglia avere nessuna conversazione su come farlo. Forse al tavolo, dati i libretti e le meccaniche risulterà lampante come " affrontare questo viaggio " ma se le cattive abitudini mi portassero verso conflitti più tradizionali? Non ne ho idea, ma se altri lo han letto e volessero dare le loro impressioni (avendolo giocato ma anche senza nessuna prova al tavolo) ne sarei molto felice.
Quali altri gdr sono stati frustranti da leggere per voi?
Io ti posso rispondere solo a quest’ultimo: tutti quelli che pensavano di spiegare le regole mischiandole in racconti ed annedoti.
A me piace quando nei manuali ci sono racconti, annedoti o qualsiasi altra cosa ti spinga all’interno del gioco, ma se la parte “gioco” si confonde nella lettura, allora abbiamo un problema. Mi trovo anche abbastanza bene (dipende anche dagli indici) quando la parte gioco (regole, procedure, principi, consigli e chi più ne ha più ne metta) e la parte “storia” (la lore del mondo e tutto quello che serve a creare l’atmosfera) si intersecano ma se si confondono, allora abbiamo un problema.
Apocalypse World. Seconda edizione.
Continuavo a leggerlo e a pensare “sì… ma quando arriva al punto?”. Non l’avevo proprio “capito”, no. E lo stile informale non mi ha aiutato.
Ho letto e giocato Dungeon World prima di Apocalypse World, eppure il primo mi è risultato più chiaro. Sicuramente l’immaginario alla D&D ha giocato una parte…
Oh, la lista è praticamente infinita. Addirittura, io trovo una differenza abissale tra Dungeon World “cartaceoso” (inglese) e la versione di questo sito (ci avevo anche fatto un post sul tema).
Credo che presentazione e information design siano due elementi fondamentali della preparazione di un manuale. Le procedure devono essere chiare e dettagliate, e qualche racconto o immagine aiutano moltissimo a capire il tono e l’obiettivo del gioco, ma troppa fuffa complica la lettura fino a far perdere i punti importanti del gioco…
@Alek ha già citato Apocalypse World II (ita), e la sensazione è stata molto simile; sottolineo anche la considerazione riguardo al linguaggio informale.
Cito anche Not the End. Due mesi fa l’avrei difeso a spada tratta. Eppure, nonostante mi piaccia tantissimo come gioco, mi sto accorgendo sempre di più di quante cose il manuele dia per scontate. Alla prima lettura non me ne resi conto, filava tutto liscio come l’olio. Poi una serie di considerazioni, scambi di opinioni, sessioni viste su youtube, delucidazioni dall’autore ecc, hanno completato ciò che mi mancava. Ma sono nozioni, regole, indicazioni che dovrebbero essere parte del manuale, non “dritte” per giocare meglio che devi andarti a reperire in giro.
Io più che avere in mente un esempio specifico ho sviluppato una tolleranza bassissima per le traduzioni troppo letterali. Proprio faccio fatica a proseguire nel testo al primo calco evidente dall’inglese. Il che rende complessa la lettura di tantissime edizioni di manuali indie, purtroppo per me credo che il problema sia che entro in “modalità revisore”, inizio concentrarmi solo sul lato linguistico e delle procedure perdo traccia.
Non mi va troppo di “fare nomi”, però ecco, trovo che nel proporre un testo come comunità sottovalutiamo l’impatto di queste cose sulla chiarezza delle procedure.
Per esempio, parlando di linguaggio informale: io trovo che l’inglese possa permettersi di usare molto più gergo rispetto all’italiano. È una cosa che tante traduzioni amatoriali sottovalutano e la prossima volta che leggo “sembrare figo” al posto di “look cool” giuro che urlo. Look cool in inglese non mi sposta di un’acca, ma figo in italiano è molto più volgare e “di stacco” nel mezzo di una frase che mi descrive una procedura.
esempi di gioco in buona parte sconnessi con le regole spiegate nel testo.
Il terzo caso è Blades in the Dark, il cui testo è abbastanza chiaro direi ed esprime una grandissima consapevolezza di game design, ma i cui esempi sono mehhhh.
L’ho appena ripreso in mano perché non mi capacito di come non riesca ad andarmi giù o a farmi venire la voglia di giocare.
In questi giorni sto rileggendo Champions Now. Al di là dei refusi e di alcune regole mancanti (è stato un prodotto punito da un processo di editing piuttosto controverso), è un testo almeno per me particolarmente frustrante per la sua organizzazione: la sua struttura, che riesce a mantenere un fil rouge di fondo nell’organizzazione dei capitoli, mescola però all’interno di ognuno di essi, con molta libertà, meccaniche, esempi di gioco, considerazioni sul genere supereroistico, riferimenti alla storia editoriale di questo o quell’eroe, processi che si svolgono al tavolo. Non si tratta di considerazioni noiose, anzi; ma purtroppo questo stream of consciousness mi impedisce di ricostruire un immagine coerente di cosa sto leggendo, forzandomi a tornare costantemente sui miei passi per riprendere determinati passaggi dai capitoli precedenti.
Comparandolo ad altre mie letture come Burning Wheel, mi rendo conto di come, specie con dei giochi che considero simili per curva di difficoltà, mi risulti indispensabile una struttura nell’esposizione che definirei riconoscibile: una ripetizione nella forma [presentazione della regola > esempio di gioco > approfondimenti o eccezioni > esempio di gioco] che mi consenta di orientarmi. Ancora meglio, un riassunto a fine capitolo fa un sacco per confezionare gli elementi salienti, in termini di meccaniche ma anche di considerazioni dell’autore.
@Karaburan, per Champions Now, conta che Ron considera leggere tutto quello, nell’ordine in cui l’ha scritto, estremamente importante per capire il gioco. È meno utile se devi usarlo come riferimento al tavolo.
Si, capisco anche questo punto di vista. Forse mi risulterebbe meno pesante come testo se accompagnato da una reference sheet, per isolare la parte delle meccaniche. Resta comunque difficile, alle volte, entrare nel cuore delle dinamiche, o seguire diverse parti dei ragionamenti inerenti le tattiche sul campo di battaglia, o come strutturare le personalità dei supercattivi. Probabilmente è un testo che beneficia enormemente in termini di comprensione grazie alle prime esperienze al tavolo (come tanti altri, se non tutti )
Oh, in merito a questo io son fermamente convinto che gli esempi di un manuale non debbano venire da situazioni giocate in precedenza.
Per me devono essere pillole di gioco, succinte all’estremo, che simulano con la maggior chiarezza possibile una situazione verosimile (per il gioco in questione) e l’applicazione delle regole fin lì spiegate.
Niente a che fare con “una volta, al nostro tavolo…”