Ho sempre avuto un’avversione a pelle per Spire. Un manuale di 225 pagine con circa un centinaio di ambientazione non è più roba per me. E poi avevo sentito del sistema di risoluzione: mi sembrava tutto molto fumoso. Poi ho parlato col mio amico Alberto Muti, che mi ha detto: “Facci attenzione, perché la parte interessante del sistema si nasconde nelle complicazioni”, ossia nelle cose che succedono quando accumuli stress e poi lo stress si scarica, e genera conseguenze in gioco, per i personaggi e per l’ambientazione.
Non so bene neanch’io perché, ma all’inizio dell’autunno decido che ho voglia di leggere Spire. E comincio a leggere un PDF che avevo da un vecchio bundle. E mi prende bene. Mi piace l’ambientazione e vedo già, in nuce, alcuni discorsi interessanti sui temi del gioco. Con un po’ di slancio, decido di dargli fiducia e compro il cartaceo dell’edizione italiana, anche perché non so se ho voglia di leggere in inglese 225 pagine di un gioco di cui ancora non mi fido.
E cosa ne esce? Be’, penso che Alberto avesse ragione. Il sistema è fumoso, e sicuramente avrebbe potuto spiegare di più al game master, dare più strumenti a tutti. Però degli strumenti ci sono. Negli ultimi anni, sto ritornando parecchio sui miei passi e sono affascinato da giochi che hanno premesse forti, una bella ambientazione e che rievocano un bel colore. Ci torno sopra da giocatore consapevole: cerco di usare le cose che ho imparato per giocarci bene, anche quando questi giochi non sono facili da giocare bene.
Ho raccolto un gruppo di tre amici e gli ho chiesto se volessero fare una campagna di prova con me come game master, per vedere se fossimo riusciti a giocare con soddisfazione.
Giochiamo la sera e, spesso, arrivo molto stanco all’inizio della sessione. La prima sessione se n’è andata tutta a creare i personaggi. Pensavo che saremmo stati più rapidi, ma la necessità di spiegare loro tutta l’ambientazione e il fatto che non conoscessero il manuale e lo navigassero a fatica ha fatto sì che il tempo volasse.
La seconda sessione l’ho utilizzata per fare loro delle domande sui loro personaggi, sulle loro circostanze di vita, sulle loro relazioni, sui loro contatti col Culto di Nostra Velata Signora, l’organizzazione rivoluzionaria del quale fanno segretamente parte. Ma non solo: abbiamo anche cominciato a giocare un giro di scene di vita comune dei personaggi. Non volevo sbattergli subito davanti una missione dopo l’altra: voglio che le missioni che il Culto gli dà siano qualcosa di inserito nel contesto delle loro vite. Voglio che emerga la difficoltà di conciliare tutto, di tenere a bada i propri affetti, di non fargli scoprire che sono parte del Culto.
Alla fine di questo giro di scene, in cui vediamo come i personaggi interagiscono con le loro relazioni, li faccio contattare dal loro Magister, secondo i metodi che abbiamo stabilito insieme rispondendo alle domande all’inizio della sessione, e giochiamo una scena in cui il loro capo nel culto gli dice cosa devono fare: uccidere un tizio. La seconda sessione si chiude, così, senza arte né parte, come una classica sessione in cui un tizio X ti dà una missione. Ma c’è un ma.
Tra la seconda e la terza sessione, ho riflettuto che mi serviva un po’ di mordente in più e ho rispolverato la cara vecchia tecnica forgita dei bangs, ossia situazioni di slancio per la storia da lanciare addosso ai personaggi. Ho fatto in modo di scriverne uno per personaggio, e ho fatto in modo che, in ciascuno spunto, ciascuno di loro fosse coinvolto a livello personale nella situazione. Talvolta, alcuni di questi bangs tiravano in ballo cose che non avevamo ancora ben definito, e allora avevo anche annotato di chiedere ai giocatori di rispondere a delle domande per definire queste parti di ambientazione, una volta presentato il bang.
Nella terza sessione i personaggi sono andati a briglia sciolta: si sono divisi e ciascuno di loro è stato impegnato a portare avanti una parte del piano. E qui ho fatto calare un paio di bang (il terzo non era applicabile). In particolare, il personaggio che ha meno legami a livello relazionale, è stato colpito in pieno e adesso si trova nella situazione più scomoda, perché il tizio che devono uccidere è il padre di una sua amica e compagna durante il periodo di Vincolo sotto gli Aelfir.
Nella quarta e ultima sessione, la situazione si è avvitata ancora di più. Ho avuto un’occasione per introdurre un pezzo del terzo bang che avevo scritto, e così cominciare a invischiare di più nella situazione anche il terzo personaggio. La sessione ha anche portato il personaggio col maggior conflitto morale addosso ad avere l’occasione per uccidere il bersaglio, ma a decidere di temporeggiare perché non aveva ancora ben chiaro cosa fare con la sua amica. E a doversi confrontare con l’altro personaggio, ora con lui, che gli dice che, se messo alle strette, lui ucciderebbe anche la figlia del bersaglio. Con, nel frattempo, il terzo personaggio che ha incontrato proprio la figlia alla ricerca del padre e che l’ha convinta con l’inganno di stare anche lui cercando il padre a fin di bene.
Ecco. Quando ho iniziato a giocare a Spire avevo paura che venisse fuori una cagata. Non dico che il gioco non lo sia, ma di certo la mia partita ora mi sta prendendo sul serio.