Risolvere misteri

Ciao, ho giocato con il GUMSHOE un paio di volte. A mio avviso la parte davvero efficace del suo approccio è “se il PG fa la cosa giusta trova l’indizio automaticamente senza tirare dadi”. Ma questo è, appunto, un approccio, più che una meccanica. La meccanica del GUMSHOE in sé, con i suoi punti da spendere, non è che mi piaccia tanto.

Secondo me si può benissimo applicare lo stesso approccio a D&D: se il PG fa la cosa giusta e ha la giusta abilità / competenza / quello che è, trova l’indizio automaticamente senza bisogno di prove. Io lo faccio da anni e funziona benissimo.

Puoi applicare tutto a D&D, ovviamente. Come puoi applicare tutti gli approcci e tutte le regole che vuoi a qualunque gioco.
Ma non stai più giocando quel gioco.
In D&D, se il personaggio vuole trovare un indizio, da regolamento fa altro.
In Gumshoe no: è scritto lì, nel regolamento, nero su bianco, come funziona.

Le regole hanno un peso e un’importanza.

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@Bille_Boo @Matteo_Sciutteri Vi pregherei gentilmente quando si parla di D&D di specificare perlomeno l’edizione, essendo tutte le edizioni di D&D giochi estremamente diversi. Presuppongo che stiate parlando di D&D5, dato che è il più popolare al momento.

Ho sbagliato a non iniziare il thread con un messaggio di apertura e semplicemente con lo split del messaggio di @Matteo_Sciutteri; l’ho impostato male io e ha avuto l’effetto di impostarsi attorno all’affermazione di Matteo su “D&D”. Ho fatto un nuovo messaggio di apertura e ho meglio specificato il tema dell’argomento.

Rispondendovi: Il fatto che con abbastanza modifiche al regolamento e mutuando tecniche da altri giochi si possa adattare i giochi più popolari a fare altre cose lo consideriamo un dato di fatto, ma non è un argomento particolarmente utile, perché sfocia nella pochezza del “tanto posso fare tutto con tutto”. Posso anche giocare a basketball con un pallone da calcio, ma non vuol dire che il pallone non conta.

Cercherei di concentrarmi su quali tecniche funzionano, esperienze di gioco concreto, e non se il manuale X o Y è buono o meno.

In particolare penso sia interessante rispondere alla domanda: qual è lo scopo di un gioco investigativo?

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Caro @ranocchio,

In primo luogo, non ho specificato l’edizione di D&D di proposito perché il mio commento valeva allo stesso modo per qualsiasi edizione o versione, inclusi cloni vari. Non sono per niente d’accordo con @Matteo_Sciutteri sul fatto che “non sarebbe più D&D” ma accolgo volentieri la tua proposta di abbandonare tale diatriba sui sistemi e concentrarci sul concetto.

In secondo luogo, ottima domanda.

Lo scopo di un’investigazione è scoprire la verità su qualcosa (ed eventualmente prendere, in seguito, qualche decisione su cosa fare con quella verità; ma è secondario).

Una tecnica che funziona, basata su un’esperienza di gioco concreta, la potete trovare qui:

Ovviamente non si può non citare anche il grande The Alexandrian, qui in una traduzione italiana:

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Un messaggio è stato unito a un argomento esistente: Design: Nuovo FitD ispirato da SUITS

@ranocchio please, mi splitti anche questo in un thread? Perché merita approfondimento. <3

Io non credo che lo scopo di un gioco investigativo sia raccogliere indizi, ma molto di più il formulare ipotesi tramite esse, e verificare tali ipotesi.

Non a caso, una delle fiction investigative più interessanti secondo me è House DM - che poi, di fatto, è Sherlock Holmes per metodologia applicata all’indagine.

Nello specifico, l’articolo riportato da @Bille_Boo preso da Dietro lo schermo insegna una tecnica per creare una caccia al tesoro, dove il tesoro finale è la risoluzione del mistero - più che una vera indagine.

(Poi vabbè è un articolo che cita un articolo di The Angry GM, quindi boh, ci sta che stiano riportando una visione e idee che ritengo non interessanti).


Andando sul concreto, una delle cose che secondo me va evitata quando si gioca un mistero è l’effetto “pollicino”. Indizio A porta a indizio B che porta a indizio C.

I giocatori dovrebbero poter raccogliere gli indizi, metterli “tutti sul tavolo” e parlarne, cercando di formulare ipotesi su di essi, e poi avere un momento in cui possono provare a verificare la loro ipotesi all’interno della storia e viverne le conseguenze (positive o negative).

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Boh. Io con gli articoli postati (grazie a chi ha messo carne al fuoco!) non sono per nulla d’accordo, anzi mi pare che non dicano nulla di concreto e rilevante per l’esperienza al tavolo da gioco.

L’investigazione per la mia esperienza di gioco è sempre un sottoprodotto della storia.

Anche di una storia emergente.

L’investigazione come sfida, cioè come azione che abbia come scopo diretto e finale quello di trovare qualcosa (colpevoli, oggetti, motivi etc…) non è nulla di più che un combattimento e al massimo dovrebbe essere giocato con le stesse regole di un combattimento, lo dico a prescindere dal sistema di gioco.

Ma per me un “combattimento” di per sè come struttura di gioco ha poco appeal.

Sul fatto che ogni edizione di D&D sia accomunabile, anche solo al fine dell’argomento in questo Thread, non è il caso di dire molto.

È sbagliato. Punto.

Se di un gioco cambio qualche regola è ancora quel gioco?
A calcio il portiere non può più prendere la palla con le mani in un retropassaggio.
È ancora calcio?

La domanda posta in relazione al nome “calcio” non ha senso, perché il nome è usato per un significato di sintesi.

Ma non vi è dubbio che, di per sè, QUEL gioco sia cambiato.
Punto.
Non rimetterei in discussioni cose ovvie

Grazie, l’ho scritto io l’articolo. È tranquillamente possibile che abbia male interpretato la parola “indagine” usata in questo thread, ma visto che non è stata data una definizione, anzi, è stata posta come domanda aperta che cosa fosse, ho provato a suggerire un approccio possibile, che certo non è l’unico: l’indagine è un processo che comprende interazione con il mondo di gioco (raccolta degli indizi) e ragionamenti e deduzioni (che avvengono nella testa dei giocatori) per arrivare a un risultato, che è la soluzione, la risposta (il colpevole, nei casi di Sherlock Holmes).

L’articolo propone, a quel punto, una tecnica con cui il master può progettare la prima parte, cioè gli indizi. Non perché la parte dei ragionamenti e delle deduzioni non sia importante, ma semplicemente perché spetta ai giocatori e non è che il master può progettare anche loro.

@Davos, che l’investigazione in sé non sia la storia, ma solo una sfida da superare all’interno della storia (emergente o no), è lapalissiano e concordo. Non ho mai affermato il contrario.

Se il mio articolo non mi sembra rilevante per l’esperienza al tavolo di gioco, forse è perché ho frainteso la domanda. Potresti aiutarmi a capire meglio dove ho sbagliato? Grazie.

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Il master non può progettare quella parte - ovviamente. Ma il gioco dovrebbe sostenerla con delle regole. Altrimenti il gioco che stiamo usando non ci sta aiutando a giocare a un’indagine, secondo me.

A mio parere state tutti facendo le domande giuste. È chiaro che non c’è un sistema che può da solo risolvere il problema di “investigazione”, dato che è un termine vago e come avete giustamente detto non l’ho definito – anche abbastanza appositamente per vedere le vostre esperienze di gioco a riguardo.

Mi piace concettualizzare il gioco di ruolo come una conversazione fatta di una serie di domande e risposte. Se giochiamo con gli altri, lo facciamo perché vogliamo che perlomeno loro rispondano a qualcosa che abbiamo noi domandato, e noi risponderemo a qualcosa che loro hanno domandato, e così via. Nella risposta a tali domande e nel fatto che gli altri partecipanti tengono conto delle risposte giace l’agentività dei partecipanti.

Da quello che ho capito da questo punto di vista abbiamo due spinte diverse:

  • L’investigazione come sfida. In questo caso le domande che ci facciamo a vicenda saranno relative al metodo che Sherlock usa per trovare l’identità di Moriarty. Le componenti di storia e personaggi ci saranno ma non fanno parte delle domande a cui ci interessa rispondere, faranno semplicemente da rinforzo estetico alla sfida.

  • L’investigazione come storia[1]. In questo caso le domande che ci facciamo a vicenda saranno relative ai problemi personali di Sherlock e al suo rapporto con Moriarty. Le componenti di ricerca degli indizi ci saranno, ma faranno semplicemente da rinforzo estetico alle tematiche.

  • Potenzialmente un’altra a cui non abbiamo pensato

Non è per niente ovvio che si voglia fare l’una rispetto al’altra. E chiaramente mi sembrano fondamentalmente incompatibili. Vorrei vedere delle esperienze di gioco di entrambe tali cose, e mi pare a naso che entrambe soffrano potenzialmente dai problemi che ho citato nel messaggio di apertura.

Direi che se siete d’accordo con questa analisi potremmo procedere a cercare di pensare a una sola di queste, estrarre delle esperienze di gioco concrete, e affrontare l’altra un altro giorno in un altro thread.


Per quanto riguarda gli articoli di @Bille_Boo linkati, non ho ancora avuto modo di leggerli. Lo farò stasera e vedrò di darvi una risposta decente domani (ho messo il thread in modalità lenta).


  1. Dico “storia” nel senso di story now, emergente e prodotta al tavolo, non la storia ‘sottoprodotto’, che è quello che io chiamo semplicemente intreccio. ↩︎

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Il tiro è una responsabilità e ne si usufruisce solo quando entrambi gli esiti sono interessanti. In caso contrario non si deve tirare.

Tizio A: il lupo è nella foresta (menzogna)
Tiro per comprendere se quanto detto è reale
Successo: il lupo non è nella foresta (interessante, forse)
Fallimento: il lupo è nella foresta (non cambia niente)
Il fallimento non aggiunge. Il problema sta nell’ipotesi.

Riformulazione:
Tizio A: il lupo è nella foresta (menzogna)
Narratore: Tizio A sembra sospetto
Il giocatore ha un’informazione e tira per comprendere se quanto detto è reale
Successo: il lupo non è nella foresta (interessante, forse)
Fallimento: il lupo è nella foresta (interessante, forse)

Cosa interessa in un investigativo?
Cambio la domanda:
Cosa interessa in un combattimento?
Risposta a) vincere
Risposta b) vedere una dinamica fluida, intrisa di psicologia ed agitazione
Per la soluzione a mi chiedo perché si tiri, ma alla gente piace anche buttare dozzine di dadi insieme per il suono caratteristico, non questiono.
Per la soluzione b entrambi gli esiti sono interessanti. Dunque perché tirare?
Per deresponsabilizzarci della scelta, lasciando solo la responsabilità di creare esiti interessanti.

Tornando al discorso, per un investigativo?
Risposta a) arrivare alla soluzione.
Risposta b) infilare dita e corpo in una matassa di psicologia e trame aggrovigliate.
Per quanto riguarda la soluzione b è chiaro che interessi pensare ed aggrovigliarci pure noi, dunque: è interessante un successo?
A mio giudizio NO

Se I giocatori vogliono pensare, perché affermare certezze? Un successo quindi rappresenta un’informazione vicina alla verità (o anche proprio vera), un fallimento una lontana (o anche proprio falsa). Non si hanno certezze, ma supposizioni probabili ed improbabili.
Non è solo un modo di giocare col metagame, ma anche di rappresentare la realtà. Chi si aspetterebbe di ricevere un’informazione certa su un piccolo dettaglio, chiedendo ad un vecchietto dalla memoria malandata. Tuttavia il successo è davanti a tutti ed uscirsene con “era questo ciò che credeva fosse giusto” significa fare railroad ad occhi estranei. Chiarire invece il successo come qualcosa di simile al reale, forse, può rendere più piccante il gioco.

Premetto: sarò lungo, ma spero di argomentare come si deve, i concetti che ho in testa.

Partiamo da un assunto: abbiamo un mistero. Questo mistero deve avere una qualche spiegazione ed è ciò che i PG cercheranno di scoprire. Se manca il primo assunto, stiamo giocando “cose a caso”, se manca il secondo, non ha senso l’argomento.

Quindi abbiamo un mistero con la sua spiegazioni ed i PG che cercano di scoprirla.

Ho notato che quando nei GdR si parla di “giocare il mistero” si pensa sempre ad un percorso simile:
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Oppure così:
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Dove i cerchi sono i nodi (personaggi, luoghi, eventi od altro) che portano verso la soluzione del mistero e le frecce gli indizi che portano da un nodo all’altro.
Inoltre il nodo verde è l’inizio di tutto (il momento in cui i giocatori iniziano a giocare) ed il rosso è la conclusione di tutto (dove i giocatori devono andare a parare).

Con una struttura simile, è ovvio che si tratta di railroading e di false scelte. Quando si gioca un mistero, la struttura deve essere diversa, più simile alla seguente:
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Quello che abbiamo è un grafo, anzi un ipergrafo, visto che ho rappresentato N indizi che portano da un nodo all’altro con una “frecciona”. Non abbiamo dunque un percorso rettilineo né un finale e diversi indizi che possono portare da un nodo all’altro ed alla comprensione del mistero. Il finale lo faranno i giocatori perché capire un mistero non significa arrivare ad una conclusione ideata da qualcuno. Le scelte saranno significative, perché ogni nodo non è un indizio ma sono situazioni dove avvengono cose e le azioni dei PG, proprio perché non sono obbligate a passare da un nodo all’altro in modo univoco, possono cambiare le altre situazioni.
Esempio: se un indizio porta al nodo dove c’è qualcuno che sta installando una bomba e da lì scoprono un altro indizio che porta a sapere che ci sono altri attentatori, magari ora questi si sono spostati e dovranno cercare di capire dove sono andati. Se invece avessero trovato prima l’indizio che portava agli altri attentatori, ora avevano il problema di disinnescare la bomba e trovare il bombarolo. Da lì dovranno trovare altri indizi, fino al bandolo della matassa (che non è la conclusione).

Notare che non c’è qualcuno che spiega il bandolo della matassa: loro hanno solo la possibilità di trovare tutti gli elementi necessari a capirlo; starà a loro capirlo ed agire di conseguenza. Se sbagliano? È un problema loro. Il fallimento non significa la fine del mondo, ma un nuovo punto di inizio, magari nuovi indizi, nuovi nodi ed alla via così!

Ora io ho fatto un grafo interamente connesso: cioè ogni nodo ha indizi per tutti gli altri nodi. Ciò non è obbligatorio: sta bene che da un nodo si possa passare solo ad un altro o solo ad alcuni altri; magari da qualcuno non si può tornare indietro, da altri sì. La struttura si può espandere quanto si vuole, purché rimanga un grafo e non diventi quello che viene chiamato “albero”: partendo da un punto si può solo arrivare ad un altro e da quello ad un altro ancora e via di seguito. È importante, poi che non vi sia un’unica freccia che porta da un nodo all’altro ma più di un indizio: non serve ai fini dei gioco che solo l’alto sacerdote sia a conoscenza dell’indizio che permetterà ai PG di proseguire l’indagine, potrebbero avercela anche altri PNG, essere stata scritta su un diario, magari qualcuno ha codificato l’indizio da un’altra parte (magari a garanzia della sua vita) ed i PG scoprono proprio quella. Bisogna dargli la possibilità di andare avanti.

Se poi fate come me ed usate il “Grafo degli Avvenimenti”, è probabile che i nodi inizieranno ad apparire man mano che i PG si spostano alla ricerca della soluzione, che i nemici cambino i loro piani (nuovi nodi), che i PG arrivino troppo tardi o troppo presto da qualche parte e devono trovare altre soluzioni (altri nodi) ed ogni nodo viene collegato attraverso altri archi ad altri nodi, in un grafo decisamente complesso da vedere tutto insieme ma molto semplice per tener traccia di quanto accade (perché ti concentri solo su una piccola parte di esso: dove si trovano i PG e qual’è il prossimo passo che vorranno compiere).

Ma c’è un problema: gli indizi; la quantità innumerevoli di indizi che dovresti produrre.

E qui permettetemi una digressione:
Tutti lo dicono eppure sembrano scordarselo all’atto pratico: il Master è il mondo; tutto quello che dice, informa o mostra esiste; tutto il resto, no! Se in avventura avete deciso che il vostro Oscuro Presagio (uso i termini di Dungeon World perché sono facilmente trovabili nella wiki linkata nel banner all’inizio) è “PNG X viene rapito” e questo avviene senza che i PG abbiano mai avuto la possibilità di conoscere il PNG X e di interessarsi a lui (es.: in tutt’altro continente di cui i PG non hanno mai sentito parlare), non è un Oscuro Presagio perché per i PG quel PNG NON ESISTE! Punto e basta! Compito del Master è sbattere in faccia il PNG e dargli la possibilità di interessarsi a lui (se poi i PG non si interessano, lo ignorano od altro, sono fatti loro). Ma se questo PNG non c’è mai in scena, né viene nominato, né vi è alcun indizio che possa portare a lui (e non uno solo perché i PG potrebbero mancarlo per pura sfortuna), allora quel PNG semplicemente non esiste.

Allo stesso modo, tutti gli indizi mai venuti in scena, semplicemente non esistono. Non esistendo, quindi, possono essere riadoperati, messi in un altro luogo, in un altro momento, modificati quel tanto che basta. Non hai bisogno di inventarti infiniti indizi perché quelli che non sono stati scoperti, semplicemente non esistono e li puoi mettere dove vuoi.

Notare che non si tratta di mandare i PG in una determinata direzione; è un grafo: i PG possono andare in diverse direzioni. Il compito del GM è far sì che esistano gli archi, cioè gli indizi, per procedere verso il nodo desiderato (che, come detto, potrebbe anche essere inventato sul momento dalle azioni e le non azioni dei PG).

Questa è la struttura che io mi aspetto per “giocare un mistero”: un ipergrafo connesso su cui ho la possibilità di muovermi fino a risolvere il bandolo della matassa. Naturalmente ci possono essere variazioni sul tema, ma in generale mi aspetto questo.

Poi si può parlare delle tecniche per ottenere questo in modo soddisfacente (ho già accennato il grafo degli avvenimenti): c’è il sistema di Gumshoe, la Regola dei Tre Indizi e probabilmente altre che adesso non mi vengono in mente.

Ci sarebbe poi da stabilire se il tirare per ottenere indizi ha senso o meno, ma non mi va di pensarci stanotte, quindi mi fermo qua.

Buona notte :grin:

Ciao :slight_smile:

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Delle regole per i ragionamenti e le deduzioni sulla base delle informazioni ricevute?
Forte. E come potrebbe funzionare?
Sarei curioso di avere un esempio.

@ranocchio, riprendendo dal topic principale:

Io ho ben pochi dubbi in proposito: una buona investigazione è una in cui la possibilità di trovare gli indizi non è legata al caso (dadi) ma alle scelte.
L’agentività dei partecipanti sta appunto in quelle scelte, nonché ovviamente nella parte successiva, cioè mettere insieme gli indizi in un ragionamento che li colleghi.

La distinzione che fai nel tuo ultimo commento, tra “investigazione come sfida” e “investigazione come storia”, credo che riguardi un altro aspetto, cioè il “posto” che vogliamo dare all’indagine all’interno del nostro gioco: può essere il cardine attorno a cui ruota il gioco, o può essere un elemento opzionale / di sfondo, o varie vie di mezzo.
Sono tutti approcci possibili e permettono di mischiare l’indagine con altre cose. Tu fai l’esempio del caso in cui quello che ci interessa davvero è esplorare la dinamica personale e interiore dei protagonisti: ci sta. Allo stesso modo si può creare un’avventura di indagine + combattimenti, configurandola in modo che i combattimenti siano la parte secondaria e primeggi l’indagine, o viceversa.

In questa discussione preferirei concentrarmi sull’indagine in sé, dando comunque per scontato che l’uso che se ne fa poi all’interno del gioco complessivo è un’altra scelta interessante con una grande varietà di opzioni.

Per motivi analoghi, penso che sia utile distinguere tra l’investigazione in sé e gli eventi che accadono nel corso della sua risoluzione.

Ho apprezzato molto l’intervento di @Red_Dragon, per l’approccio e soprattutto per questo esordio:

Lo si può formulare in maniera diversa, ma la sostanza è: dobbiamo prima di tutto definire cosa costituisce un’investigazione, e separarlo da tutto il resto. Non vuol dire che il “resto” non esista o non sia importante.

Mi sembra chiaro che si ha un’investigazione, all’atto pratico, quando i PG (e i giocatori) vogliono scoprire la verità su qualcosa e lo fanno progressivamente.
(Questo a meno che non si voglia, semplicemente, dare un mood investigativo/poliziesco/giallo/noir a una giocata che si concentra in pratica su tutt’altro.)
Se vogliamo giocare davvero un’indagine deve esserci qualcosa su cui indagare e una risposta/soluzione a cui arrivare.

Avrei gestito diversamente, invece, la parte dei suoi diagrammi di flusso, perché penso che sia importante chiarire cosa stiamo rappresentando con i cerchietti / nodi del diagramma: le informazioni dell’indagine oppure lo svolgimento dell’indagine.

Mi spiego meglio.

Come ho detto prima, un’indagine tende a trovare una risposta. Comprende due elementi di base:

  1. Le informazioni. Qualcuno li chiama indizi. Nozioni, fatti o elementi di conoscenza.
  2. I ragionamenti. Una serie di deduzioni logiche, ipotesi o supposizioni che parte dalle informazioni e le collega tra loro.

Il procedimento, quindi, richiederà la combinazione di due azioni essenziali:

  1. Trovare le informazioni. Cercare indizi, esplorare, interrogare testimoni, fare autopsie, studiare antichi tomi, quello che vogliamo: tutte le azioni con cui i personaggi (e i giocatori) ricavano nuove informazioni dal mondo di gioco.
  2. Ragionare. Fare ipotesi, schemi mentali, farsi domande e darsi risposte, discutere, immaginare, dedurre, quello che vogliamo: collegare le informazioni tra loro in modo che ne risultino delle conclusioni, anche intermedie, che ci portino avanti verso la risposta finale.

Possiamo fare, quindi, diversi tipi di diagramma. Potremmo fare un diagramma che rappresenti le informazioni in sé, e come sono collegate (o collegabili) tra loro e alla risposta finale. O possiamo fare un diagramma che rappresenti le situazioni del gioco in cui si trovano o possono trovarsi i PG, nel loro ricavare queste informazioni. Non sono lo stesso diagramma :slight_smile:

L’approccio che suggerivo nel mio articolo (vedi mio commento del 17 dic) era di costruire innanzitutto un “albero degli indizi”, scomponendo la risposta in frammenti di informazione che potessero essere combinati.

In seguito, raccomandavo di assicurarsi che ci fossero più modi possibili di arrivare a ciascuna singola informazione.

Si trattava di suggerimenti rivolti ad un master che voglia progettare l’avventura di cui l’indagine fa parte. Suggerimenti, insomma, da applicare al tempo zero, prima di iniziare a giocare.

In seguito, nel corso del gioco, il master assisterà ai PG che vanno in cerca di informazioni, e quindi arbitrerà le scene / situazioni in cui ciò avviene. L’albero degli indizi che avrà progettato gli darà lo spunto su quali informazioni fornire, se le azioni dei PG sono idonee a procurarli.

Il master può quindi progettare, e arbitrare, le informazioni e l’attività di procurarsele.
Difficile per me immaginare che l’altra parte, cioè ragionare su quelle informazioni e collegarle, non sia affidata al cento per cento ai cervelli dei giocatori, ma sono aperto a suggerimenti su questo fronte.

Tutto questo presuppone un’indagine “statica”, cioè in cui la risposta, e le informazioni che la compongono, non cambia nel corso del gioco. È il modello più semplice, ed è comunque una bella sfida per un master.

@Red_Dragon si spinge oltre descrivendo una forma più raffinata (e più difficile da gestire), che nel mio articolo non avevo osato contemplare, vare a dire un’indagine dinamica, in cui la risposta finale (e quindi le informazioni per raggiungerla) può cambiare a seconda degli avvenimenti in gioco.

Un esempio di indagine statica è il classico giallo alla Jessica Fletcher, in cui ci si trova di fronte a un delitto e si vuole capire chi è stato.
Un esempio di indagine dinamica è quella in cui lo scopo è impedire a un commando di terroristi di compiere un attentato: dove sono i terroristi? Qual è l’obiettivo? Quando scoppierà la bomba? Se i terroristi possono accorgersi dell’indagine in corso e cambiare i loro piani di conseguenza, la risposta a queste domande (e, quindi, le informazioni sulla base delle quali trovare la risposta) può cambiare a sua volta, riconfigurando l’intera indagine. Intrigante.

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Scusami, ma questa che descrivi è una storia emergente, non è investigazione.

Non è nulla di diverso da un’ottima storia in divenire nella quale png fatti bene agiscono secondo i propri interessi, nella fattispecie interrssi da bombaroli o assassini.

Tutto quello che hai scritto io lo condivido, tranne la precisazione che segue, semplicemente non è investigazione nè indagine.

Ora forse capisco anche Bettie Boo, probabilmente per indagine/investigazione voi intendete un’altra cosa, una cosa che per me è una normalissima storia.

La precisazione, lo avrai già capito immagino, è sul fatto di spostare indizi che non sono ancora stati portati in gioco.

Se sposti indizi che razza di investigazione è ?!

Parti con un omicidio realizzato in un modo…e poi lo cambi in corso?! Cambi come è avvenuto? Cambi gli errori commessi dal colpevole?!

Ne abbiamo già parlato quando abbiamo discusso della Continuità Intuitiva.
Qui è uguale, solo che proponi di non farlo al volo.

Non importa che l’indizio non sia mai entrato in scena.
Se lo hai creato non è più disponibile per i tuoi capricci.

Da qualche parte quell’indizio esiste, qualcuno si muove e reagisce in base ad esso e altri fattori od eventi sono coerenti con quell’indizio.

La cartina di tornasole del fatto che non va bene farlo è il motivo per cui lo fai.

Perché dovresti riciclare un indizio , per quale motivo dovresti spostarlo o cambiargli funzione o momento o motivo?

Per rendere più bella la storia del mistero?
Per consentire ai giocatori di capire qualcosa al momento giusto?
Per rattoppare buchi di trama?

Ognuno dei motivi sopra indicati è male.
Perché è sempre railroad più o meno illusionistico.

Questa non è investigazione è la misteriosa storia del master railrodata in modo sottile.

Sono un rompicazzo? Si lo so.

Ma questi post e questo “luogo” rimarranno e verranno letti da diversi giocatori e a mio modo di vedere, oggettivamente, è un invito a diventare “Bravimaster”.

Con tutto il rispetto delle opinioni altrui mi farebbe piacere che qui in Locanda rimanesse un po’ di chiarezza.

Vi chiedo ancora scusa, ma anche il successivo post di Bille Boo, a mio parere non sposta il problema di niente.

Ci vedo poco di concreto e quello che ci vedo è una serie di piccole quest per recuperare pezzi di un MacGuffin.

La cosa decisamente non è nuova, e non è investigazione in senso tecnico, è giocare la storia di un mistero come una serie di incontri.

Maggiore concretezza e merito ce l’ha invece, secondo me, quello che Bille Boo ha più volte detto: una reale investigazione si fa soltanto con i cervelli dei giocatori.

Almeno questa opinione ha il merito di collocare il gioco di investigazione più verso un tipo di gioco A SFIDA (step on up per dirla con Ron), il che è già un indizio di come comportarsi al tavolo (sia master che giocatori) , di che tipo di esperienza concreta si farà giocando e di come (in base a cosa) verrà mosso lo spazio immaginario condiviso.

Inoltre costituisce, più o meno, una tecnica concreta: necessita di una preparazione da rispettare, in modo che se i giocatori arrivano alle prove e poi alla soluzione corretta secondo preparazione, allora accadranno certe cose, allora si scoprirà qualcosa, allora ci saranno delle reazioni del mondo di un certo tipo.

Di fatto si avvicina ad un modo di giocare old school

Solo che è più esplorazione che investigazione.

Perché il cervello dei partecipanti (e la tecnica "ci pensano i giocatori con i cervelli) non è in grado di fare investigazione vera e spesso e volentieri si blocca.

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Argomento molto interessante!!
Risolvere il mistero significa risolvere il puzzle. Gli indizi sono le tessere ed i giocatori devono unirle per scoprire l’immagine nascosta.

Stavo riflettendo a Lovercraftesque ed al fatto che ha una risoluzione del mistero al contrario.
C’è una situazione iniziale ed il mistero…non esiste. Questo viene creato/definito inserendo gli indizi di scena in scena dai vari giocatori. Ad ogni indizio, il finale cambia e/o si arricchisce.
Devo dire che l’ho sempre amato per questo, perché come giocatore, la risoluzione finale ti sorprende, la storia è emergente e da l’idea di un puzzle che man mano prende forma. Molto coerente.

Mi chiedo se si potesse giocare un mistero in questo modo:
Il master pensa al mistero finale. Poi prepara una serie di indizi che non siano (necessariamente) collegati tra loro, ma che comunque conducano alla soluzione del mistero finale.
Ne prepara diversi tenendoli il più possibilmente generici e senza posizionarli in un contesto troppo definito. in questo modo può gestirli ed inserirli in una scena in maniera più coerente ed in base alle scelte dei giocatori e solo se ha senso nel contesto. Come fosse la bandoliera di Bang!.

Penso che potrebbe funzionare. No?

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@Davos Forse ho capito male io. Anzi, spero vivamente di aver capito male perché da quello che ho letto, tu intendi per “giocare un mistero” sia: mi diverto se non ci capisco niente! Perché se viene messo un indizio per te lampante, qualunque esso sia, ovunque esso sia, semplicemente i PG non lo troveranno perché non sono nella tua testa. Quindi semplicemente avverranno cose di cui loro non capiranno niente ed alla fine della giocata si è divertito solo il Master (forse).

Anche nel mio approccio sono i giocatori a dover risolvere il bandolo della matassa ed usare la loro testa per mettere insieme tutti i pezzi; ma i “pezzi del puzzle” faccio in modo che possano trovarli tutti. Forse ho descritto male cosa intendo per nodi ed indizi. Ci tornerò dopo.

Per permettere ai giocatori di andare avanti e non rimanere impantanati davanti al nulla. Esattamente come devi far incontrare (leggi: far sapere la sua esistenza) il PNG del tuo “Oscuro Presagio” (la digressione che ho fatto nel precedente post) altrimenti non puoi far avverare l’Oscuro Presagio, così devi dare la possibilità ai PG di andare avanti nella loro indagine/investigazione/mistero e non farli fermare ad un nulla di fatto.

Ed ora vedo di specificare un po’ meglio Nodi ed Archi (ciao @Bille_Boo):
L’idea di tutto questo ipergrafo connesso mi è venuta in mente giocando al gioco da tavolo Sherlock Holmes Consulente Investigativo. Lì ti viene data un’indagine (più complicato, in realtà ma lasciamo perdere) ed avrai delle piste da seguire. Sceglierai una pista, andrai a leggere il relativo paragrafo, dove si visitano luoghi, si incontrano persone ed, a volte, avvengono eventi. Da lì avrai altre piste da seguire, fin quando non ti sarai fatto tu un’idea di come è andata (non c’è niente che ti dica quando hai finito). Quando pensi di aver trovato la soluzione, vai alla soluzione (appunto) per verificare se è andato tutto bene. Ma questo è un gioco da tavolo, quindi i personaggi faranno sempre le domande giuste, troveranno i documenti giusti, notarenno le cose giuste che ti diano le piste da seguire (alcuni sono anche vicoli ciechi dove devi tornare indietro, altri ti smontano le ipotesi, altre te le confermano, ma in ogni caso vai avanti). Io allora mi sono chiesto: ma questa stessa struttura, non la potrei adoperare in un GdR? La risposta alla fine è stata sì: i nodi sono “i paragrafi” cioè i luoghi, i personaggi, gli oggetti, gli eventi, le situazioni che ti aiutano a trovare il bandolo della matassa (ma devi essere tu a trovarlo, a ragionarci su, eccetera), ma per trovare queste piste, sapere dunque quali nodi visitare, hai bisogno di qualcosa che ti dia la pista, cioè il famoso indizio. Ma qui siamo in un GdR: magari non fai la domanda giusta, magari non trovi il documento, magari non guardi dove bisognerebbe guardare; e quindi? Ci fermiamo? Badate che non parlo di falsi indizi, deduzioni errate od altro, ma proprio che non trovi più niente per andare avanti. E, sì, succede: mi è successo sia come giocatore che come GM. Quindi non basta un indizio, ne hai bisogno di molti altri: perché il gioco non si deve mai fermare! Ed ecco che il grafo si trasforma in un ipergrafo. E deve essere un grafo e non un albero ed essere connesso perché, al pari del gioco da tavolo a cui mi sono ispirato, devi sempre aver la possibilità di proseguire l’indagine. Magari la sbagli, magari la fallisci, magari può mancarti qualcosa, ma il gioco non si ferma mai: anche quando trovi un vicolo cieco, significa che torni indietro e vai verso un altro nodo. Non esiste: “ok, qui ci fermiamo perché non sappiamo più che fare”, lasciando il mistero in sospeso e terminiamo senza capirci niente.

Poi c’è la risoluzione: nel gioco da tavolo c’è Sherlock Holmes che alla fine fa il punto e tu scopri se hai fatto i ragionamenti giusti o meno. Qui siamo nel gioco: non c’è nessun Sherlock Holmes che ti spiega le cose. Tuttavia, in genere, il mondo non si ferma appena i PG hanno fatto le loro deduzioni; fatte le loro deduzioni dovranno muoversi, agire, fare qualcosa. E questo potrebbe portarli a scoprire di averci azzeccato; scoprire che hanno sì una soluzione ma solo parziale (magari manca il complice, per fare un esempio banale) oppure comprendere di aver sbagliato tutto (arrestano il capo delle guardie, mentre invece era il mago di corte il problema). Ma perché questo funzioni, è sempre compito del GM farlo notare ai personaggi (il mago di corte farà qualcosa che costringerà i PG a muoversi di nuovo) altrimenti, come già detto, semplicemente ciò che è nella sua testa, non esiste. Poi c’è il problema di far capire ai giocatori che loro hanno sbagliato e non il master che si arrampica sugli specchi, ma questo è un altro discorso.

Spero di essere stato più chiaro. Fatemi sapere :slight_smile:

Se ho capito bene (potrei sbagliarmi) è molto simile a quello che faccio io con l’ipergrafo, solo anziché avere N indizi, ne hai di generici da posizionare dove vuoi.

Ciao :slight_smile:

Credo che stiamo dibattendo contemporaneamente di due cose, mentre sarebbe meglio tenerle in successione:

  • Che cos’è un mistero / un’investigazione (a che cosa ci riferiamo)
  • Come lo/la gestiamo in gioco

Finché non avremo sciolto il primo punto mi sa che dibattere del secondo rischia di dar luogo a fraintedimenti.

Per esempio, @Davos: a parte il fatto che confesso la mia ignoranza di una buona parte dei termini tecnici che hai usato (lo so, potevo googlarli, ma sono un po’ tanti e ho poco tempo), temo di non aver afferrato esattamente cosa c’è che non va secondo te nella linea che sto proponendo, e soprattutto qual è invece il tuo concetto di mistero/investigazione e come lo gestiresti tu nel gioco.

@Red_Dragon: ho giocato anch’io a Sherlock Holmes Consulente Investigativo! Ho finito tutti i casi della scatola. Gioco fantastico, veramente originale, e credo che sia quanto di più vicino ci possa essere ad un gioco di vera investigazione (nel senso: credo che sia quello che riproduce l’esperienza dell’investigazione nel modo più accurato, pur rimanendo un gioco). Senz’altro una fonte perfetta da cui trarre ispirazione. :slight_smile:

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Concordo molto con la prima affermazione di @Bille_Boo. Come apritore della discussione, determino che l’argomento della discussione sia (per ora) il primo punto che ha citato. Tutto il resto è off topic.

Tralasciando le questioni semantiche su quale sia la “vera” investigazione per voi, che trovo assolutamente futili, vi ritrovate con i due “scopi” che ho definito sopra?

Perché secondo me il primo è l’investigazione di @Bille_Boo e @Red_Dragon e il secondo è quella che intendiamo io e @Davos. Procederei su questa riga, e se siamo d’accordo che ci sono questi due modi di intenderla possiamo decidere come procedere.

Vi inviterei a rispondere a questa domanda precisamente e non andare in vari dettagli procedurali – se non per presentare esempi – per adesso.

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