Resoconto di giocata investigativa OSE: Omicidio alla Fiera di San Tocco

Ciao Alessio, grazie per questo commento!

Premessa: non mi sento in grado di pronunciarmi su “avventure investigative e OSR” perché non mi riconosco nell’OSR né ne sono un esperto, e quindi non vorrei dire cavolate.
Questa giocata non ambiva a essere OSR, e non ho cambiato in modo sostanziale il mio modo di masterare rispetto a quando ho usato altre edizioni di D&D.
Detto ciò, riconosco che il regolamento scelto era senz’altro un regolamento “Vecchia Scuola”, e discutere della sua appropriatezza a questo tipo di avventura è più che legittimo. Risponderò in quest’ottica ma non ho l’ambizione di generalizzare le mie conclusioni all’OSR in generale, anche se mi interessa molto il tuo parere a riguardo.

Veniamo ai tuoi tre punti.

Punto 1

Hai ragione. Forse. In parte. Non lo so.

Nel senso: è vero, in questa giocata la classe non ha fatto molta differenza; ma avrebbe potuto fare più differenza se i giocatori avessero scelto altre modalità di approccio.

In parte dipende dall’edizione. Beh, in realtà anche in D&D 3.5 o 5 molte cose si sarebbero basate su prove di abilità e caratteristica, su cui la classe incide, ma poco. Però, almeno, avrebbero contato di più le scelte del giocatore in fase di costruzione del personaggio: le skill o proficiencies e affini.

Negli altri playtest, un gruppo di D&D 5e ha fatto un uso molto vasto e impattante della magia (influenze mentali, illusioni e telecinesi), per cui la classe ha contato molto; ma avrebbe potuto succedere anche in OSE, se solo i giocatori avessero scelto classi di incantatore. In un altro gruppo di D&D 5e, in compenso, ho visto un uso molto modesto delle capacità di classe, affidandosi di più alle prove di abilità e caratteristica; però, a ben pensarci, lì il mago ha usato tanto il famiglio per comunicare e spiare. Che servano a poco le peculiarità del guerriero, invece, è innegabile.

Non voglio eludere il tuo punto, fammelo affrontare di petto: concordo, le classi di OSE erano poco rilevanti in questa avventura. Solo, non so se sarei altrettanto drastico nel trarne conclusioni circa l’OSR in generale.

Non raccomando di giocare sistematicamente cose come questa in D&D e affini (espando il concetto nella risposta al punto 3). Ma, se proprio si vuole, non escludo che sia possibile (oserei dire: nemmeno difficilissimo?) creare delle classi ad hoc per questo tipo di giocata, differenziandole con capacità e strumenti più idonei. Nel senso, nel Vecchio Carnevale Blogghereccio di quest’anno ho visto girare classi/razze old school come “il cuoco” e perfino “il papero”, non mi sorprendo più di nulla :sweat_smile:. Certo, non sarebbe più OSE “puro”, questo è sicuro.

Punto 2

Questo punto è quello che mi preme di più e su cui sento di dover dissentire (anche se il dissenso potrebbe derivare da un mio fraintendimento circa la natura dell’OSR).

Durante la vecchia discussione a proposito del mio metodo, tra le molte critiche, erano già emerse obiezioni simili a questa e avevo formulato questa domanda, rimasta però senza risposta (probabilmente anche a causa della mia prolissità):

Ritenete forse indispensabile, perché non ci sia railroad, che gli indizi stessi e l’identità stessa del colpevole vengano generati dalle scelte dei giocatori e non abbiano un’esistenza oggettiva a priori?

Dal tuo commento mi pare di capire che quantomeno, affinché la giocata sia OSR, ritieni che gli indizi e l’identità del colpevole dovrebbero essere generati dalle scelte dei giocatori e/o dal caso.

Vediamo. A differenza del mio modulo, l’avventura di partenza, quella di @zeruhur, era dichiaratamente OSR. E lì la soluzione del caso era determinata casualmente (tra un numero comunque piccolo di opzioni). Il mio dubbio è: davvero fa così tanta differenza?
Puoi tirare un dado all’inizio della giocata per decidere se il colpevole è il giullare o la damigella. Ma una volta che quel dado è tirato, il colpevole o è il giullare o è la damigella. Dal punto di vista dei giocatori che cosa cambia (rispetto a se l’avessi scelto tu)? È comunque un dato di fatto prestabilito: possono scoprirlo, ma non hanno voce in capitolo nel modificarlo.
In teoria nulla vieta di usare il mio metodo tirando però un dado al tempo zero per generare la soluzione del caso, anziché inventarla. In effetti non si può escludere che lo abbia fatto io stesso (a dire il vero non me lo ricordo). Basta questo a conciliare l’OSR con l’investigazione? Saremmo a cavallo.

Io vedo e tratto l’investigazione come un dungeon. Gli indizi sono come i tesori dentro il dungeon. E la soluzione del caso è come un oggetto prezioso (una chiave, un artefatto, un rituale) che può essere “assemblato” a partire da quei tesori.

So che molti master OSR fanno ampio uso di generazione casuale anche per quanto concerne i contenuti dei dungeon, talvolta perfino per la loro geometria, e ci sta.
Ma non è sempre questo il caso: di recente ho masterato la Tomba dei Re Serpenti (molto carina), in cui forma e contenuto del dungeon sono predefiniti da chi ha scritto il modulo.

Ho l’impressione che la presenza di un dungeon disegnato on purpose dal master (o autore del modulo), con tesori scelti e posizionati da lui, non susciti dubbi o alzate di sopracciglia da parte di chi cerca una storia emergente: accettiamo tranquillamente che la varietà di “scelte e soluzioni multiple” dei giocatori si espleti nel come affrontano gli ostacoli e come riescono a superarli per accaparrarsi il tesoro; non, invece, nel tesoro stesso.

Quando il tesoro consiste in informazioni su un caso misterioso, dal mio punto di vista non cambia niente di sostanziale. Invece, con mia sorpresa, mi accorgo che iniziano a sollevarsi perplessità.

Sono tendenzialmente d’accordo con il principio “si esplorano mondi e non linee narrative”, e penso di averlo rispettato. Il mio modulo è proprio un mondo, uno scenario, una serie di dati di fatto (passati e presenti) con cui i giocatori interagiscono, senza alcun plot prefissato (per il futuro). Per come la vedo io, Omicidio alla Fiera di San Tocco è “mondo e non linea narrativa” allo stesso identico modo di Tomba dei Re Serpenti , cambia solo il flavour.

Da notare che il retroscena del caso (chi ha ucciso chi, come e perché) per me non è la storia. La storia è quello che succede dopo, quello che i PG fanno.

Ma ho la sensazione di starmi perdendo qualcosa, magari di cruciale. Se mi poteste aiutare a capire ve ne sarei grato.

Punto 3

Sono assolutamente d’accordo.

Non raccomando di usare né OSE, né alcuna edizione di D&D o Pathfinder, per giocare regolarmente avventure come Omicidio alla Fiera di San Tocco: questo era un esperimento molto portato agli estremi, in cui per ragioni di tempo ho “distillato” solo l’investigazione avulsa dal resto.

Quello che faccio abitualmente nelle mie campagne, invece, è mescolare l’investigazione agli altri elementi avventurosi: dungeon, escursioni nelle terre selvagge, fazioni con cui trattare eccetera. Il mistero, che non necessariamente è un caso di omicidio (può anche essere “chi ha costruito questo dungeon, e perché è stato abbandonato?”, o roba del genere) è “diluito” in mezzo al resto e la sua soluzione costituisce solo uno degli obiettivi dei PG, spesso neppure il principale.
Il focus del gioco rimane l’avventura, l’azione, l’esplorazione, quindi vado ad usare tutto il regolamento.

Un’intera campagna basata su puro lavoro da detective, invece, non sarebbe adatta a OSE, né a D&D 5, né a maggior ragione a roba come D&D 3.5 o Pathfinder: converrebbe senz’altro un sistema più leggero che si concentri solo sulle cose che servono.

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