Ave matrone e pretoriani
Durante queste feste parentali ho ben pensato di introdurre cugini e congiunti all’immaginifico mondo di Dungeon World… con risultati non proprio eccelsi (parte anche per mia incapacità). Qui di seguito andrò a riportare i passi salienti e poi proverò un’auto-analisi degli errori commessi.
Spero possiate dirmi la vostra.
Incipit
Giochiamo in 3: master (io), una maga e un ladro. Gente assolutamente principiante di qualsivoglia gioco di ruolo.
Decido di metterli più a loro agio possibile, spiego che lo scopo di questo gioco è vivere un’avventura, raccontare una storia, faccio decidere i temi che vogliono trattare e il tono che deve essere tenuto durante la conversazione. Alla fine vogliono qualcosa di drammatico, non troppo epico, crudo e mortale ma non horror (lo ammetto, mi sono sembrati molto confusi).
Per “settare” l’ambientazione chiedo: continenti, città e insediamenti, tecnologie di uso comune, razze e abitanti, fazioni in guerra, epoche storiche di riferimento; “insomma - spiego - tutti dobbiamo sapere se in questo mondo un bandito possa tirar fuori dalla cappa una spada o una pistola”.
Perplessità.
Di geografia e fazioni non si parla e il medioevo viene giudicato troppo banale e ritrito; dopo un po’ di battibecchi salta fuori “epoca romana” a caso. (Mi verrebbe da dire “contenti loro”, ma siamo tutti nella stessa barca…)
Faccio la domanda di rito: “non è che per caso esiste un medium (libro, serie tv, film, fumetto…) di riferimento che ricalchi almeno approssimativamente l’ambientazione che così faticosamente abbiamo delineato?”
A quanto pare no.
Bene ma non benissimo.
La Compagnia
Prendo in prestito un modus operandi di Fantasy World e, prima di sviscerare i background dei personaggi, mi concentro sul gruppo.
Dichiaro che fanno parte di una compagnia che si trova - al momento di inizio della storia - in un luogo pericoloso con uno scopo ben preciso. Quale?
Rispondono: recuperare un oggetto. Ma non mi sanno dire di più. E’ un’arma? un artefatto? una pergamena?
Tentennano.
Dunque provo a smuovere le acque con altre domande: “Da quanto tempo vi conoscete? Siete mercenari al soldo di qualcuno, avventurieri in cerca di fortuna o eroi in missione? Siete conosciuti o in incognito?”.
Sono eroi, indubbie e acclamate forze del bene che si conoscono da qualche giorno.
E allora li punzecchio: “ma se siete in missione, chi vi ha scelto? perché proprio voi? di vostra iniziativa avete deciso di recuperare il fantomatico oggetto?”
La Maga coglie la palla al balzo: “ci ha ingaggiato mio marito!”
Ma alle altre domande non sanno rispondere.
I Personaggi
Faccio notare che: “se il marito della maga vi ha insignito del compito di recuperare questo oggetto importantissimo, deve essere qualcuno di influente politicamente”. Salta fuori che è l’imperatore (di quale nazione non si sa).
Accuso il colpo barcollando all’indietro. Provo a mettere ordine e mi impongo.
Dico che l’imperatore non ha una sola moglie, ne ha molte, tutte maghe, anzi solo le donne possono essere in possesso di poteri magici, che costituiscono le Sorelle della Luce, un corpo di guardia e ricerca d’élite; il matrimonio è solo un espediente politico per controllarle.
L’idea piace, e molto anche.
La Maga non mi spiega esattamente cos’è la magia ma mi rivela che tutte le maghe - così dicono - hanno un ascendente divino (qui arriva blanda l’ambientazione degli dei dell’olimpo che camminano tra i mortali) ma purtroppo non mi dice altro.
Il Ladro mi dà più soddisfazione: è un assassino professionista, ha preso parte a una congiura per deporre il vecchio imperatore e mettere sul trono quello attuale (fico!) ecco perché è stato scelto per la missione, è un suo uomo fidato, abile e scaltro. E’ cresciuto nei vicoli malfamati della capitale (il nome non me l’ha saputo dire) ed è stato reclutato in tenera età per far parte delle Ombre dell’Impero, un organizzazione segreta di assassini.
I rapporti fra i due personaggi sono deboli: la Maga afferma che il Ladro è il suo amante (“ma non vi conoscete da poco?” chiedo io.); il Ladro ribatte che la Maga sta mentendo sul suo conto. Lascio perdere.
Decido di cominciare, sperando che altri dettagli escano più avanti.
Il Gioco
Li piazzo in una stanza con due aperture e un mostro al centro e dico: “state combattendo contro questo mostro generato dall’addensarsi della sabbia presente sul pavimento; perché vi sta attaccando?”
“E’ il guardiano dell’oggetto!” dicono.
“E che cosa è successo? Avete recuperato l’oggetto?”
“Sì, era su un piedistallo al centro della stanza.”
“Chi l’ha preso?” chiedo. La Maga si fa avanti.
Allora entro a gamba tesa: “Quindi il mostro sta attaccando proprio te, ti ha puntato, che cosa fai?”
Lei innesca Declamare Conoscenze e riesce magistralmente a scoprire che il punto debole di questa tipologia di mostri (chiamati cuordisabbia) è l’acqua: se bagnati si addensano ed è possibile far loro del male.
“bene” dico io “ma ti sta attaccando, che cosa fai? scappi? lo affronti?”
Decide di scappare, di sfuggirgli. “Sfidi il pericolo agendo alle svelta” dico io.
Nel frattempo il Ladro si fa avanti, vuole aiutare, vuole distrarre il mostro per aumentare le possibilità di scampo. “E come intendi farlo?”
Gli lancerà contro uno dei suoi coltelli, ben sapendo che non potrà ferirlo, ma forse sarà abbastanza per distrarlo o infastidirlo in qualche modo. Direi che può funzionare!
Racconto di come il volto del mostro si disgrega al passaggio del coltello per poi ricompattarsi. Nonostante il bonus derivante dall’aiuto, la Maga ottiene un successo parziale.
Sono in difficoltà e propongo una scelta difficile: “il mostro ti è alle calcagna, puoi lasciare che ti afferri o colpisca per lanciargli un incantesimo dritto in bocca, che ne dici?”
La Maga accetta ma esita sulla tipologia di incantesimo.
(Piccola parentesi: sta usando un libretto di mago alternativo con la magia fluida, quindi può plasmare la realtà come vuole; abbiamo concordato che gli incantesimi più “semplici” trasmettono il loro effetto tramite il tocco).
Suggerisco che una “bomba d’acqua” o qualcosa di simile sarebbe l’ideale, vista la debolezza del mostro.
La Maga esita, ci pensa su e dice: “potrei aprire un buco nel soffitto, magari fuori piove e così riesco a bagnare il mostro”.
Mastico amaro, amarissimo. Frettolosamente spiego che toccare l’ambiente (come il tempo atmosferico) non è appannaggio dei giocatori ma del master e poi preciso che sta buttando l’opportunità di fare un incantesimo più facile, perché può letteralmente toccare il mostro; aprire un buco nel soffitto significa aggiungere una portata alla magia, di fatto vanificando il vantaggio. “Nondimeno - aggiungo - puoi plasmare la realtà a tuo piacimento, se mi dici che generi un geyser dalle mani, lo generi, punto!”
“Ma così è troppo forte!” ribatte lei.
Sbuffo. “E’ giusto darsi dei limiti così possiamo esplorarli durante la partita” concordo io. “Ma a questo punto devi dirmi che cos’è la magia e come si manifesta”.
Insomma arriviamo a un dunque: una sorta di telecinesi e gli incantesimi sono recitati in un’antica lingua, conosciuta solo dalle maghe. Così non può creare acqua dal nulla, ma su mio suggerimento può almeno condensare l’umidità dell’ambiente in una sfera d’acqua.
Contemporaneamente il Ladro incalza, si sente messo in disparte, propone di usare il suo otre pieno d’acqua per bagnare il mostro, strizzando la sacca e facendo partire uno spruzzo.
Idea carina ma spengo il suo entusiasmo: “la Maga sta per lanciare l’incantesimo, quale vantaggio puoi apportare con il tuo gesto?”
Parte l’incantesimo… fallimento o, come mi piace definirlo, imprevisto! Qualcosa va storto. Scorro le mie mosse, punto a un’amara verità.
Il getto d’acqua colpisce il mostro che, invece di addensarsi si volatilizza e poi si ricompatta, come se l’avesse attraversato un’arma qualunque. A quanto pare le informazioni conosciute dalla Maga sui cuordisabbia non sono vere.
A questo punto arriva l’attacco del mostro, che colpisce la Maga (danno misero assorbito dall’armatura) e la sbalza a terra, stordendola; nell’impatto col terreno l’oggetto rubato le scappa delle mani.
Non mi hanno ancora detto che cos’è questo oggetto, così mi faccio avanti io: “è un cristallo spezzato, grande come un pugno”.
La Maga sembra entusiasta: “ecco, è un falso, perché il cristallo che stiamo cercando è integro e, in più, non può essere spezzato”.
Glisso. Loro mi guardano aspettandosi qualcosa.
Concedo un’opportunità: faccio notare che il mostro non sta più attaccando, attende. “Perché, secondo voi?” chiedo.
“E’ un’illusione, e questo spiega anche il fatto che non si sia compattato con l’acqua!”
“Eppure ti ha colpito, o sbaglio? Le illusioni colpiscono?”
Sono stravolto, ho faticato e non mi sono piaciuto (più tardi avrei scoperto di avere 38 di febbre, colpa della mia piccolina che mi attacca tutti i malanni da nido).
“Ci fermiamo qua?” chiedo. Sono anche le 11 di sera.
Tutti concordano.
Errori
Scegliere temi, tono e ambientazione è roba per giocatori “avanzati” che sanno quello che vogliono, che hanno masticato già qualche gioco di ruolo; li ho paralizzati dal primo momento e questo ha via via spento il mio entusiasmo. In più, non ho seguito il consiglio che io stesso ho dato ai giocatori: “scegliete elementi che conoscete e che sarete in grado di portare in gioco”. Discorso analogo per la compagnia.
Avrei dovuto portare degli “incipit” già fatti: tre compagnie diverse (mercenari, avventurieri, eroi) in tre ambientazioni diverse, che trattano temi con toni diversi, magari proponendo precisi media di riferimento arcinoti, come il signore degli anelli, il trono di spade ecc.
Ho voluto fare il passo più lungo della gamba.
Per quanto riguarda i personaggi, non ho fatto abbastanza domande, ma anche qui ho trovato giocatori in difficoltà, che si contraddicevano pur di dire qualcosa e che non usavano l’ambientazione che avevano scelto; avrei dovuto prepararli meglio. Probabilmente, anche qui, dei background di personaggi appena accennati potrebbero essere una buona idea.
Le mie scelte in gioco non mi sono piaciute, andiamo con ordine:
- l’inizio in medias res è stato monco; avevo una maga e un ladro, dovevo creare una scena adatta a entrambi, in più non ho per nulla descritto la stanza: non si sapeva se fosse una catacomba, un rudere, in una torre, sottoterra, una casa di fango, nulla. I giocatori hanno presupposto che le informazioni date loro fossero le uniche interessanti e così non mi hanno chiesto niente. Io invece speravo in qualche imbeccata.
- il declamare conoscenze pronti via doveva essere stoppato; dannazione il mostro ti sta attaccando, prima pensa a sfuggirgli e poi vediamo cosa ti ricordi; ma in realtà è sbagliata la logica delle azioni: siccome stanno già affrontando il mostro, l’informazione sul suo vulnus dovrebbe essere stata acquisita prima dell’inizio in medias res, quindi avrei dovuto esordire dicendo: “questo mostro di sabbia lo conoscete e sapete che c’è un solo modo per renderlo tangibile, quale?”. E così mi sarei risparmiato un altro errore più avanti.
- il successo parziale per sfuggire al mostro è stato pessimo; non mi sembra affatto una scelta difficile; un successo parziale è pur sempre un successo e io me lo sono scordato, quindi avrei dovuto farla allontanare e poi complicare la faccenda subito dopo, facendole perdere un oggetto o annunciando qualche altro pericolo.
- i giocatori hanno confuso le autorità, non hanno capito quando poter aggiungere elementi all’ambiente e quando invece non gli era consentito toccarlo. Ho tralasciato di spiegare bene questa cosa. Si evince quando la Maga voleva fare il buco sul soffitto “perché magari pioveva”.
- a posteriori dare un libretto di magia fluida a un novizio è stato un suicidio, ma forse era proprio la giocatrice che non voleva veramente interpretare una maga.
- quando smorzo l’iniziativa del Ladro capisco di aver commesso l’errore più grande: non ho creato opportunità per ogni personaggio, la Maga teneva banco e rubava la scena.
- l’amara verità sull’incantesimo del getto d’acqua è stata una scelta infelice, pigra, per di più in netta contraddizione del buon esito del rivelare conoscenze a inizio scena, non va bene manca di coerenza; se il vulnus fossa già stato noto (e non acquisito attraverso una mossa), allora sarebbe stato più facile far quadrare la faccenda.
- quando concedo un’opportunità facendo attendere il mostro, sbaglio domanda, dovevo chiedere, come sempre: “che cosa fate?” così li avrei esortati all’azione, ma ero più interessato a far creare loro qualcosa di interessante a proposito del mostro.
Che ne pensate?
Grazie a chiunque vorrà partecipare