Pantheon di Divinità in FW (e altri giochi)

Dopo il lancio ufficiale a Modena PLAY 2023, alcuni giocatori che si sono accostati a Fantasy World per la prima volta hanno espresso perplessità per il modo in cui il regolamento inquadra le divinità.
Nello specifico, avevano difficoltà ad immagine in che modo si potessero giocare ambientazioni con divinità “molto presenti” (dal classico Faerun D&Dano ai più famosi pantheon storici come quello Greco o quello Norreno).
Alcuni giungendo alla conclusione che con FW non ci puoi giocare ambientazioni con gli dei :man_facepalming: :dizzy_face:

A parte le ovvie risposte che hanno risolto il dubbio in due secondi, era però rimasta nell’aria l’idea che un discorso più comprensivo e articolato sarebbe stato utile.
Ecco… ho scritto un articolo dove faccio proprio quel discorso.
Purtroppo è solo in inglese, ma DeepL e ChatGPT dovrebbero risolvere il problema :wink:

E niente, Froggy suggeriva di postarlo qui per poterne meglio discutere :slight_smile:


Tradotto automaticamente con DeepL.com.

Pantheon complessi in Fantasy World

Ogni sessione a Fantasy World include quattro “verità” che influenzano profondamente le storie che i giocatori e il mondo plasmeranno insieme. Mentre tre di esse gettano ovviamente le basi per la meraviglia e l’avventura, una sembra lasciare alcuni lettori confusi e preoccupati:

Gli dei sono silenti - Esistono? Perché non intervengono? Solo i veri credenti sanno vedere i segni e riconoscere i presagi.

Questa regola può essere facilmente applicata a qualsiasi tipo di ambientazione fantasy, purché si capisca che si sta giocando a un mondo fantastico e che, se qualcosa deve essere in qualche modo modificato e cambiato, è l’ambientazione che deve adattarsi al gioco, non il contrario.

La maggior parte delle volte questo avviene in modo intuitivo e senza attriti, con il Mondo e i giocatori che si fidano della regola per fare qualcosa di utile e positivo per la loro esperienza di gioco senza pensarci troppo.

A volte, però, può essere difficile capire questa prospettiva e come implementarla in gioco, soprattutto quando Mondo e Giocatori sono troppo abituati a come altri giochi gestiscono la religione e le divinità. Ci auguriamo che questo articolo aiuti i lettori a comprendere meglio la mentalità di Fantasy World, aiutandoli a raggiungere l’esperienza desiderata di fantasy romanzesco anche in ambientazioni con pantheon ricchi e complessi.

Storico vs Mitico

La regola del “silenzio” modella il gioco in una prospettiva storica, per mancanza di un termine migliore. Le divinità potrebbero benissimo esistere, ma i Protagonisti (e tutti gli altri) non possono mai saperlo con certezza o, se in qualche modo possono saperlo, non possono mai essere sicuri della volontà delle divinità.

Così, un gioco del Mondo Fantastico ambientato nell’antica Grecia presenterà un’ambientazione piena di storie, miti e leggende riguardanti la dea Atena, ma questa non sarà chiaramente e inequivocabilmente parte del gioco attivo. Tutti nell’ambientazione credono nella leggenda e comprendono come la vita quotidiana di ognuno sia influenzata da Atena e dalle altre divinità dell’Olimpo. Ma i Protagonisti non vedranno o sentiranno o conosceranno gli dei. Solo presagi, segni, simboli e intermediari. Solo la religione dell’Olimpo, solo il suo sistema di dottrine e credenze.

Allo stesso modo, un gioco ambientato a Faerun (una famosa ambientazione di D&D, piena di divinità litigiose e impiccione) può funzionare allo stesso modo: i mortali vivono in un mondo magico e meraviglioso, pieno di miti riguardanti Shar, Tyr e Selune, pieno di nozioni e saggezza riguardo come questo pantheon influenzi la realtà e la maggior parte degli aspetti della vita dei mortali. Ma il gioco attivo non prevede un’esperienza diretta e inequivocabile di questi fenomeni.

Ovviamente questo approccio non porterà a una versione canonica al 100% dell’ambientazione scelta, ma dovrebbe comunque essere abbastanza vicino da costituire una revisione soddisfacente dell’originale. D’altra parte, questo compromesso aiuterà molto il mondo e i giocatori a sperimentare il tipo di storie di fantasy romanzesco promesse da Fantasy World.

Nel contesto di questo articolo, la prospettiva storica si contrappone a quella che potremmo definire mitica, in cui le divinità sono parte esplicita del gioco attivo: I protagonisti vedono la Signora del Dolore oscurare i cieli di Sigil, ricevono chiaramente visioni da Atena, sperimentano esplicitamente un intervento divino tangibile e inequivocabile. Stanno letteralmente vivendo i miti.

Il vero problema

Perché Fantasy World ostacola e scoraggia il gioco mitico?

Permettetemi di sorvolare sul mambo-jumbo culturale, sociologico e psicologico alla base di questa scelta progettuale e diciamo solo che la presenza nel gioco di entità divine che comunicano apertamente con i mortali può tradursi troppo facilmente in una deresponsabilizzazione dei Protagonisti/Giocatori dalle scelte e dalle responsabilità morali.

Anche quando ci sono più divinità in gioco, che offrono punti di vista contrastanti su ciò che è giusto e buono. Anche quando le divinità sono rappresentate come imperfette in modi molto umani. Anche quando gli esseri divini si dimostrano in qualche modo limitati (non onniscienti, non onnipotenti, non eterni).

Se un’entità divina ha un modo per comunicare le proprie preferenze e antipatie ai mortali, quell’entità diventa una bussola morale, un elemento esterno che “risolve la moralità” per i personaggi (siano essi PC o PNG), mettendo a tacere i loro dubbi e placando la loro coscienza. Questo spesso finisce per ripercuotersi anche sui giocatori che, grazie alle giustificazioni in gioco del loro Protagonista, finiscono per ignorare o eludere la maggior parte delle questioni morali che la storia emergente potrebbe altrimenti presentare loro.

Nei giochi destinati a offrire ai giocatori una fantasia di potere escapista, questo aspetto è spesso poco rilevante. Ad alcuni gruppi può piacere, ad altri non piace, ma per quanto riguarda i sistemi di gioco è una questione abbastanza banale, che può essere risolta fuori dal gioco se e quando si presenterà.

Ma per un gioco che si propone di offrire un’esperienza di fantasy romanzesco questo atteggiamento porterà scompiglio tematico al tavolo, poiché il cuore di Fantasy World si concentra sulle scelte significative dei Protagonisti e su come essi affrontano personalmente le loro conseguenze.

Soluzione n. 1 - Assenza

Fantasy World offre una semplice tecnica meta-narrativa per evitare il problema di cui sopra in un modo che non richiede alcuno sforzo e nessuna conoscenza specialistica: far tacere gli dei. Questo aspetto viene brevemente approfondito nell’introduzione alla classe Sacerdote, in quanto porta le divinità e la religione in primo piano nel gioco: se il mondo si svolge come se le divinità non esistessero affatto, il risultato di gioco per i giocatori e i protagonisti è un’ambientazione in cui le divinità potrebbero benissimo esistere ed essere la causa principale di tutto ciò che accade, ma i mortali non sono al corrente di questo retroscena. I Protagonisti possono credere, ma non possono mai sapere. Possono avere fede, ma questa fede è una scelta che fanno momento per momento e, in quanto tale, non permette loro di scaricare la responsabilità delle loro azioni su qualcuno/qualcosa di esterno.

Questo è un trucco mentale Jedi con due effetti:

  • Evita al Mondo la contraddittoria fatica meta-narrativa di pensare alle divinità come personaggi in gioco che allo stesso tempo devono rimanere nascosti e apparire silenziosi.

  • Evita che Mondo e Giocatori cadano nel tranello di giocare al “gioco dei mimi divino”, dove le divinità non sono silenziose, ma solo non verbali.

Questo può funzionare in qualsiasi ambientazione, intendendolo come un modo per concentrare il gioco attivo sul “punto di vista dei mortali”. Atena esiste? Certo, perché no? Ma questo temporale è un suo messaggio? Ed è di buon o cattivo auspicio? Minaccia di farci affondare o è un modo per condurci dove siamo destinati ad andare? Abbiamo fatto qualcosa per offenderla o è una risposta alle nostre preghiere e ai nostri rituali? È una sorta di messaggio che al momento non siamo in grado di cogliere?

Qualunque sia la risposta, il punto è che esiste una coltre impenetrabile che separa l’esperienza mortale da ciò che si trova al di là di essa.

Soluzione n. 2 - L’incomunicabilità

Alcune persone non si accontentano di giocare in un’ambientazione piena di miti, ma vogliono che la loro esperienza di gioco sia essa stessa mitica.

Vogliono che gli dei esistano di sicuro.

Vogliono che gli dei agiscano e comunichino apertamente.

Vogliono che gli dei siano una parte importante del gioco attivo.

Per ottenere tutto questo, per giocare con le divinità proprio come in D&D e in altri giochi simili, si potrebbe semplicemente hackare Fantasy World rimuovendo la regola “gli dei sono silenziosi”. A seconda di quanto le divinità e la religione siano rilevanti al vostro tavolo, questo ostacolerà drasticamente la qualità di fantasy romanzesco dell’esperienza di gioco. Potrebbe anche creare qualche problema quando si gioca con la classe del Sacerdote. Tuttavia, forse è quello che certi gruppi vogliono davvero.

In alternativa, è possibile preservare l’integrità dell’esperienza di Fantasy World e allo stesso tempo godere di un’ambientazione più mitica grazie a un’unica modifica minore (ma di grande impatto). Gli dei non sono silenziosi. Al contrario, gli dei sono alieni.

In termini di gioco, Atena esiste di sicuro. I personaggi mortali possono persino vederla e interagire con lei. Il problema è che non è mai comprensibile:

  • Quando Atena fa qualcosa, i mortali non possono sapere con certezza perché.

  • Quando Atena comunica qualcosa, i mortali non possono sapere con certezza cosa intenda.

Le vostre azioni sono ciò che Atena voleva? I vostri poteri mistici sono un’espressione del favore di Atena o “solo magia” che sarebbe accaduta comunque perché avete eseguito i rituali corretti? La vostra attuale (s)fortuna è un segno della sua (dis)approvazione?

Per ottenere questo risultato, la tecnica di base è leggermente modificata: il Mondo gioca come se le divinità non fossero personaggi. Esse esistono, ma non hanno obiettivi né piani, e non c’è alcun messaggio nascosto. Sono solo oggetti narrativi usati per dare un tocco di colore mitico alla storia, per aiutare il Mondo a far sentire le divinità presenti nell’ambientazione.

Questo è difficile e confusionario a farsi se il Mondo pensa ad Atena come a un personaggio. Se il Mondo immagina che Atena voglia qualcosa, e che cerchi di comunicarlo attraverso un messaggio, il Mondo deve tradurre il messaggio in visioni oscure e simboli confusi, e a quel punto i Giocatori giocheranno alla già citata “sciarada divina” per poi decidere cosa fare del risultato. Questo non solo è difficile e logorante per il Mondo, ma riporta Atena alla posizione di bussola morale, rendendo l’intero sforzo inutile.

La procedura corretta è quella di NON interpretare Atena come un personaggio. NON immaginare affatto un suo messaggio. Usare la presenza divina implicita o esplicita solo come un tocco di colore per rendere mitica la narrazione del gioco.

Quello che il Mondo fa normalmente è comunque giocare una Reazione descrivendo le cose in un modo che, tra le altre cose, abbia senso sia per se stesso che per i Giocatori. Beh, in un’ambientazione mitica “un’azione divina palese” è una cosa che può ragionevolmente accadere. Tutto qui.

Per esempio, diciamo che i Protagonisti sono su una barca che viaggia verso un’isola, perché ci sono dei motivi. Qualcosa concede al Mondo una Reazione, ed essi scelgono di “offrire un’opportunità” rivelando un’inaspettata isola misteriosa sul percorso della barca, una potenziale deviazione. Dato che i Protagonisti stanno facendo qualcosa di piuttosto delicato dal punto di vista temporale, questa è una scelta interessante. Il Mondo potrebbe eseguire questa Reazione

  • descrivere un marinaio che nota una strana isola all’orizzonte, che non è la destinazione prevista e non è presente su nessuna mappa. Che cosa fa?

  • descrivendo una civetta (un classico simbolo di Atena) che viene avvistata mentre vola intorno alla nave e poi, dopo essere stata notata, torna chiaramente a volare verso una strana isola all’orizzonte, che non è la destinazione prevista e non è presente su nessuna mappa. Cosa fare?

  • descrivendo una manifestazione della dea Atena, che acceca tutti i passeggeri della nave per un momento e poi, sparita la visione, tutti vedono una strana isola all’orizzonte, che non è la destinazione prevista e non è presente su nessuna mappa. Cosa fare?

Il Protagonista ricorderà che il gufo è un simbolo di Atena? Decideranno che si tratta di un presagio della dea piuttosto che di un uccello casuale? Atena suggerisce loro di andare sull’isola o di evitarla? E se ci vanno, cosa dovrebbero fare lì?

Dal punto di vista narrativo, sembra che Atena volesse comunicare qualcosa.

Meccanicamente il Mondo non ha in mente alcun messaggio. Hanno deciso di eseguire una Reazione presentando un’isola misteriosa, e hanno scelto di dare un po’ di “Athena Vibes” alla performance. Tutto qui. Nessun piano. Nessun obiettivo. Nessun messaggio.

Un altro esempio potrebbe vedere un personaggio (PC o PNG) interrogare Atena attraverso rituali e preghiere. Definiamo anche la domanda: si chiede qualcosa come “di chi dobbiamo fidarci tra il Ladro e il Governatore?”. Ebbene, quale dovrebbe essere la risposta di Atena?

  • Nel Fantasy World “storico”, dove gli dei tacciono, non c’è risposta, o forse accade qualcosa che potrebbe essere interpretato come un segno o un presagio; ma spetta ai Protagonisti decidere come stanno le cose.

  • Nel Fantasy World “mitico”, dove gli dei sono alieni, il mondo potrebbe fare lo stesso, o descrivere un segno divino più esplicito, o addirittura far apparire la stessa Atena e parlare direttamente. L’inghippo è che la risposta non contiene alcun messaggio, il Mondo si limita a buttare lì un po’ di cose a caso e a vedere cosa ne fanno i Protagonisti (e i Giocatori).

    • Forse Atena mostra la visione di un albero in fiamme. Che cosa ha a che fare con tutto ciò? Chi lo sa! Probabilmente qualcosa che i PC devono ancora scoprire?

    • Forse Atena dice: “L’albero. La fiamma. Un’alleanza di rane!”. Cosa c’entra con tutto questo? Chi lo sa! Probabilmente qualcosa che i PC devono ancora scoprire?

    • Forse Atena comunica qualcosa di toccante, ma estremamente confuso, come una visione in cui il Ladro viene ucciso dalle guardie, ma anche una in cui il Sindaco viene ucciso da un coltello, ma anche un terzo possibile futuro che sembra proprio un fumo vorticoso. Che cos’è? Una visione di ciò che accadrà? Di ciò che potrebbe accadere? Una scelta tra alternative? Ma qual è la terza? E come possiamo raggiungere/prevenire una di queste?

A questo punto dovrebbe essere superfluo dire che Athena non si limiterà mai a dire “vai lì, fai questo”. Questa è una comunicazione chiara con un significato evidente. Significa che il mondo ha pensato ad Atena come personaggio, si è chiesto cosa potrebbe volere e ha articolato un messaggio reale. Non fatelo. Mai. Le divinità sono oggetti di scena. Il Mondo le inserisce in una scena perché così è più bello, perché sembra giusto per la loro ambientazione mitica, perché potrebbe aiutarle ad attenersi ai loro Principi e ad eseguire le loro Reazioni in situazioni appropriate.

Seminare il caos

Gli schemi sono nemici della tecnica “gli dei sono alieni”. Se sono troppo casuali, le divinità potrebbero smettere di avere importanza nella vostra ambientazione. Se è troppo prevedibile, le divinità potrebbero finire per acquisire un’agenda emergente. Il compito del Mondo, a questo proposito, è quello di tenere d’occhio questi schemi e di seminare intenzionalmente il caos.

Se i Protagonisti si mettono in testa che Atena vuole che vadano sull’isola misteriosa, magari evitate intenzionalmente di usare descrizioni a tema Atena in riferimento all’isola e a ciò che vi accadrà. Lasciate che i Giocatori si chiedano se i loro Protagonisti abbiano ragione nel fare qualsiasi cosa stiano facendo sull’isola.

Se i Protagonisti sono convinti che gli eventi che hanno avuto luogo sull’isola dovrebbero rendere felice Atena, magari fatela comparire in seguito in modo minaccioso/disprezzato. Perché? Cosa c’è di sbagliato? Si tratta dell’isola o di qualcos’altro? È un dispiacere o un avvertimento? Lasciate che si chiedano.

Oppure fate in modo che i Protagonisti si trovino di fronte a qualcuno con le loro stesse convinzioni, ma con obiettivi e comportamenti divergenti o opposti. Chi ha ragione? Chi dovrebbe cedere? Perché Athena permette tutto questo? Fa tutto parte di un piano più ampio?

E di tanto in tanto, fate il contrario:

  • Confermare di tanto in tanto le ipotesi e le supposizioni dei protagonisti.

  • Reincorporare elementi familiari per stabilire un’atmosfera/personalità vaga ma in qualche modo coerente per ogni divinità.

Queste tecniche possono creare un’esperienza mitica soddisfacente, pur mantenendo il mistero che avvolge le intenzioni e i significati delle divinità e, con esse, la qualità drammatica e fantasy del gioco.

Ma… Potere divino!

In giochi come D&D alcuni personaggi possono esercitare un “potere divino” e questo viene inteso come un chiaro segno non solo dell’esistenza di una certa divinità, ma anche del suo favore: qualsiasi cosa il PC faccia deve essere “giusta/morale” (secondo la sua divinità) finché ha accesso al potere.

Questo semplicemente non esiste in Fantasy World.

Un Protagonista potrebbe essere costruito in modo tale da esercitare ovviamente un potere divino grezzo, ma non c’è nulla nelle regole che permetta al Mondo di disattivare le mosse di quel personaggio. Inoltre, le divinità sono silenziose o aliene, quindi non possono premiare o punire apertamente nessuno.

Ma… Entità simili a Dei!

La domanda su cosa costituisca esattamente un “dio” in termini di misurazione delle qualità metafisiche diegetiche è, in parole povere, la domanda sbagliata da porre.

Cosa succede se alcuni spiriti non sono realmente divinità, ma qualcuno li venera come tali? E se una persona comune truffasse altri per farsi adorare come un dio? E se una persona comune avesse accesso a poteri incredibili e vi costruisse intorno una religione? Questi e molti altri casi limite potrebbero essere visti come situazioni problematiche da gestire secondo le regole del Mondo Fantastico… fino a quando non ci si rende conto che questa è tutta finzione il cui unico scopo è quello di servire il gioco e di aiutare a sostenere l’esperienza che il Mondo e i Giocatori vogliono giocare.

A tal fine, se un’entità può essere vista dai Protagonisti come una fonte trascendente di moralità, allora deve essere silenziosa o aliena. Punto.

Tutto il resto è “solo” qualche creatura, qualche spirito, qualche mago, qualche leader carismatico, qualche ciarlatano, qualche essere antico, qualche fenomeno incompreso.

Se in seguito un Protagonista sceglie in qualche modo di “convertirsi”, di adorare, di credere nell’entità come bussola morale, il Mondo ha una scelta:

  • Forse non è troppo tardi per cambiare marcia e iniziare a trattare l’entità come una divinità, attraverso il trattamento silenzioso/alieno.

  • Forse è meglio stabilire chiaramente che l’entità è mondana, non divina. Si tratta di una scelta narrativa che non deve necessariamente sfociare in un momento alla Scooby Doo in cui “il falso idolo viene smascherato”, ma il presupposto è quello di appoggiarsi a questo filo narrativo, alle discrepanze tra l’aspettativa religiosa e i limiti e le stranezze dell’entità.

È un normale flusso di gioco del mondo fantasy, in realtà. Le credenze del Protagonista sono diventate più centrali nella storia, quindi è compito del Mondo aiutare il Giocatore a esplorare e sfidare la nuova fede del suo Protagonista. Questo è degno di essere venerato? Questa è la tua bussola morale? E adesso? Cosa succede se succede questa cosa? E se si assiste a questo limite/qualità/caratteristica della propria divinità? ecc. La solita tiritera :slight_smile:

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Mi sono permesso di aggiungere una traduzione fornita da DeepL.com e parzialmente corretta da me.

1 apprezzamento

Guarda, sarei anche d’accordo con il tuo articolo, se non per una cosa:

Usare le divinità politeiste greche come esempio è stata una pessima idea e mostra una certa ignoranza verso la realtà delle religioni tradizionali europee.

L’idea stessa della fonte trascendente di moralità è un’idea proveniente dal monoteismo abramico.

Le divinità tradizionali europee erano semplicemente viste in quella maniera: entità che rappresentavano diverse parti del Mondo, che andavano venerate per placarle e inamicarsele. Forse le storie stesse delle loro gesta potevano essere esempi di virtù divine, ma altrettanto spesso erano esempi di un eccesso di vizio.

Perciò in realtà quello che liquidi in poco tempo nella frase che ho citato è la normale presenza degli dèi nei miti.

Il problema principale non sono le divinità della mitologia europea. È che il classico paladino/chierico di D&D – a cui tu invece stai facendo riferimento in maniera reazionaria – applica una filosofia morale derivata dal cristianesimo mescolandola con il politeismo in maniera abbastanza spiccia. E questo genera il problema che vuoi combattere con l’idea che gli “dei sono silenti”.

Ma in realtà la vera “regola” dovrebbe essere: Dio tace. Ovvero, quello che hai detto qui:

Concludendo: gli dèi Mitici nelle storie mitologiche sono personaggi in tutto per tutto. Non tacciono e non sono alieni. Sono esseri potenti ciascuno con i propri vizi e virtù, e non sono fonti trascendenti di moralità.

Chiaro che puoi giocare Fantasy World anche come suggerisci tu, ma l’effetto sarebbe a mio parere molto diverso da quello di una storia mitologica.

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Dopo tutte le chiacchierate che abbiamo fatto proprio riguardo l’argomento delle religioni politeiste pre-cristiane o in generale non di radice occidentale sentirmi dare dell’ignorante così a gratis un pochetto mi irrita, ma va beh.

Riguardo alla “pessima idea” invece rispondo così…

È stata una scelta ponderata e intenzionale. Nell’articolo…

…ho scelto di glissare sul discorso. Ma il tuo commento è specificamente in quel merito, quindi qua, tranquillo sul forum, provo a rispondere, spacchettando la faccenda. Ci sono due elementi da considerare qui:

  1. la principale utenza di riferimento
  2. un particolare obiettivo di design

Utenza

La stragrande maggioranza (totalità?) dell’utenza di Fantasy World è costituita da persone nate e cresciute in un contesto culturale “occidentale contemporaneo”, ovvero in un’ottica dove “religione” è sinonimo di monoteismo positivo.

Larga parte (vasta maggioranza?) di questa utenza ha poi solo una comprensione molto pop (quindi superficiale e distorta) di cosa anche solo sia una “religione tradizionale europea”, il chè appiattisce e cancella le non ovvie (ma profonde e importanti) differenze fra i due tipi di accezione del divino.
Già questa impostazione rende quasi scontato l’immaginare (quindi il giocare) un qualsiasi pantheon politeista (o anche solo animista!) come hai ben descritto tu:

Se poi aggiungi anche che:

  • proprio in generale molto giocatori di ruolo vengono direttamente da D&D…
  • o comunaue sono cresciuti entro una cultura ludica fortemente influenzata da D&D…

Ecco che all’atto pratico il modo in cui l’utenza tenderà a giocare la religione fantasy è istintivamente quello di D&D. Forse è un mio personale trauma ludico, forse la mia esperienza diretta mi rende particolarmente suscettibile alla cosa, ma praticamente a ogni tavolo dove ho giocato avventure fantasy le divinità venivano usate o dai GM come strumento (contundente) per giustificare e/o dirigere gli eventi di gioco, o dai Giocatori come sostituto per la coscienza del proprio PG (che si tratti di compiere aberranti nefandezze o ergersi su un altissimo [e vuotissimo] piedistallo diventa poi immateriale, questione di gusto e stile o al massimo convenienza, più che di reali scelte morali del PG).

Questo è il default della cultura ludica attuale. A questo il design di FW si oppone attivamente. Per questo motivo esiste come elemento centrale di FW la regola per cui gli dei sono silenti.
E nel 90% dei casi è sufficiente. Funziona e nessuno ci pensa due volte :slight_smile:

Ma una parte dell’utenza, piccola ma vocale, ha espresso problemi con tale regola. Ha espresso difficoltà ad immaginare in quale modo potrebbe mai funzionare una partita di FW in un setting “dove gli dei esistono davvero”, abituati come sono a setting dove ci sono tante divinità che passano il tempo a rompere il cazzo ai mortali, giudicandoli o testandoli o giocherellandoci o scopandoseli o usandoli come pedine nelle scaramucce fra divinità.

Faccio notare come questi commentatori, per primi, usino come esempi uguali e intercambiabili il pantheon greco/romano e quello di una qualsiasi ambientazione di D&D (Forgotten Realms, Planescape, etc) … perchè effettivamente nella loro esperienza il risultato al tavolo è lo stesso :stuck_out_tongue:

Dal loro punto di vista rendere silenti le divinità di queste ambientazioni sembra impossibile, e quindi scrivono cose tipo “Ma allora NON POSSO giocare a FW in ambientazione argonauti/vichinghi/faraoni/etc?

L’articolo nasce da questi commenti, e principalmente offre spiegazioni e strumenti per questa specifica fetta di utenza (e chiunque altro in ascolto possa trovare l’argomento interessante).

Risultato: CERTO che puoi giocare FW in quelle ambientazioni, basta gestire la “mitologia dell’ambientazione” come leggende di un passato reale e importante ma che non viviamo noi oggi (dei silenti), oppure come realtà attuali ma in molti sensi “distanti” (dei alieni).

Fantasy World tratta qualsiasi elemento di gioco come persone semplici specificamente per rimuovere distanza, ridurre il distacco emotivo, aumentare l’empatia per l’altro sia esso un mostro o un luogo o un nemico. Questo sia perchè rende tutto molto più unico, vivo e interessante… sia perchè combatte attivamente l’apatia morale che spesso pervade il giocare avventure fantasy. E FW vuole invece supportare un fantasy romanzesco, “drammatico” nel senso inglese del termine.
Ergo, tutto è relazionabile, tutto è vicino, tutto è una persona semplice.

La religione ha invece il problema opposto.
È un problema di autorità.

Un elemento esterno che la mente umana (se non altro entro il background culturale occidentale e per come siamo abituati a vederla rappresentata nei media pop) spesso traduce istintivamente l’autorità come scarico di responsabilità.

Lo dice il capitano, quindi va bene.
Lo dice il padrone, quindi va bene.
Lo dice il leader, quindi va bene.
Lo dice il maestro, quindi va bene.

Ancora di più se l’autorità è in qualche modo trascende i normali limiti e problematiche legati all’esperienza terrena.

Ancora di più quando si tratta solo di un gioco senza tangibili conseguenze nel mondo reale.

Il risultato è che sebbene in gioco Zeus possa essere rappresentato come un vecchio porco bavoso e fedifrago… e nessuno lo considererebbe mai un simbolo di “virtù”… comunque è facile che venga usato come bussola morale non certo perchè virtuoso, ma banalmente perchè è un’autorità :confused:
È potente e tanto basta.

E non è solo potente, ma a differenza di un qualsiasi PNG mortale Zeus è ancora più autoritario (e quindi fonte di moralità) perchè, dato il contesto culturale e ludico descritto prima, il semplice fatto di avere la targhetta “dio” significa che al tavolo di gioco sarà trattato come un Gesù coi fulmini in mano e il cazzo dritto.

Lo dice Zeus, quindi va bene.
Lo dice Zeus, quindi è giusto.

È un attimo.
Quindi l’approccio di FW è quello di opporsi per quanto possibile a questo genere di situazione, rendendo gli dei silenti o alieni, minando la loro autorità rendendoli non-persone e non-bussole, distanti e incomprensibili.
E questo anche a scapito della qualità mitologica di tali pantheon. Il chè ci porta al punto 2…


Obiettivi di Design

Come detto nell’articolo, nel contesto dei due estremi “storico” e “mitologico” (perdonatemi i termini poco adatti ma è solo per capirci qua) la modalità silente è quella più facilmente e puramente storica mentre quella aliena è appena un pochettino più mitologica, ma non è mai davvero e pienamente mitologica. Lo dico io per primo, è una sfumatura verso quella direzione, ma non è the real thing.

In parte questo è un effetto collaterale del discorso di cui sopra. Per affrontare il problema X si usa una soluzione Y che è efficace, ma che ha un costo. Il costo è minare la mitologicità (mitologicitezza? mitologicitudine?) del gioco.

Ma in parte… in realtà… non è un bug, è una feture :stuck_out_tongue:
Perchè in aggiunta allo spingere verso un fantasy romanzesco in generale, nello specifico FW prova anche portare al tavolo un tipo di “esperienza religiosa” particolare.
Un’esperienza mistica, misteriosa, spirituale, centrata sul concetto di “fede”.
(Mi verrebbe da dire “realistica” ma preferisco evitare termini simili :sweat_smile: )

L’esperienza del trovare ed esercitare la fede necessaria a credere che le divinità esistono, anche se non ne hai esperienza incontrovertibile. La fede necessaria a credere che le tue azioni seguono il volere della divinità in cui credi, anche se non puoi averne conferma. E poi confrontare tutto questo con la forma e l’operato delle istituzioni nate (in teoria) a partire da questa fede.

Francamente questo tipo di esperienza religiosa è l’UNICO che trovo interessante. Ed è letteralmente impossibile nel paradigma D&Dano, o mitologico.

E vorrei chiarire un dettaglio qui.
Se un pantheon mitologico è giocato in modo storico…
(i miti di Zeus sono storie a cui crediamo, ma nessuno ha mai davvero incontrato Zeus)
…allora è religione. Allora può funzionare per l’esperienza che ho appena descritto.

Ma se quel pantheon lo giochiamo in modo mitologico…
(i miti sono realtà corrente, Zeus lo incontro venerdì sera per uno spritz)
…allora non è religione.
E infatti le regole base di FW intralciano questo approccio.

Come detto anche nell’articolo: l’idea non è giocare un setting mitologico adattando FW, ma giocare FW adattando il setting mitologico.
Se no, modifichi il gioco e amen.

E allora cancelli la regola sulle divinità, e usi l’approccio proposto da Luca nel suo articolo, ovvero trattare le divinità come persone semplici, che uccide questa specifica parte del design di FW ma è altrimenti perfettamente in linea con la filosofia base del gioco e con tutti i suoi altri sistemi :slight_smile:

E ci sta. Magari a non tutti interessa questo specifico tipo di esperienza di gioco.
Ma per esperienza, è una di quelle cose ho scelto di non esternare nel manuale, perchè la gente in realtà non pensa, la gente gioca e basta e tutto va bene.

E se anche ci pensasse, di media non ha gli strumenti per capire il problema, arrivando a conclusioni errate (ah ma quindi con FW non puoi giocare gli argonauti?).

Di solito non sono le sottigliezze dell’esperienza religiosa che perplimono i GM, ma piuttosto cose molto pratiche tipo… (esempio successomi realmente) …incartarsi perchè il Mondo non riesce a immaginare di descrivere una pergamena con una profezia del divino Bob se ha in testa il fatto che Bob non esiste.

Se la pergamena di Bob esiste vuol dire che Bob esiste, e che in tal modo Bob si esprime, e invece Bob deve restare silente e anzi io come Mondo gioco come se non esistesse proprio… panico, cortocircuito.

E invece basta pensare che la pergamena potrebbe essere un falso, o il prodotto di un sacerdote di Bob onestamente convinto di stare scrivendo il verbo di Bob, o che come Mondo non ha alcun senso stressarsi su questi dettagli perchè sono irrilevanti per il gioco dato che i PG non potranno mai verificarli a meno di non focalizzarsi fortissimo a indagare sulla provenienza di questa pergamena, punto al quale il gioco avrà preso una certa specifica piega e il Mondo si troverà in mano strumenti specifici e solidi per decidere cosa dire e come dirlo :stuck_out_tongue:


Ecco, queste sono le ragioni alla base dell’articolo :sweat_smile:

4 apprezzamenti

Hai ragione, chiedo scusa per l’espressione che ho usato.

2 apprezzamenti

Ciauz! Premettendo che io sono uno di quelli che si è posto il problema degli dei silenti per un motivo opposto: dato che la descrizione del Sacerdote verte sul fatto che è lui a decidere cosa è un segno e cosa no, trovavo assurdo il fatto che un PG potesse decidere tutto ed il contrario di tutto. Ai miei occhi è più un ciarlatano che non un Sacerdote.
In un discorso avuto con @Hasimir non ricordo più dove, è venuto fuori che, se è vero che gli dei potrebbero esistere o non esistere, così non è per i templi, le chiese, le religioni e via dicendo. In altre parole si gioca sulla fede e la possibilità di far decidere al PG cosa fa parte della sua religione e cosa no è dovuto al fatto che in FW non si parte con un’ambientazione scritta a tavolino, ma la si costruisce man mano che si gioca. Sì, ok, ho un po’ semplificato ma è per capirsi.

Ho provato a fare una partita dove gli dei erano un po’ più presenti (partita mai giunta a termine per altri problemi): in altre parole mandavano segni su segni, a volte intervenivano in maniera indiretta, ecc. ma erano tutte cose che dovevano essere interpretate dai Sacerdoti di turno. Insomma gli dei avevano un propria “agenda” ma il modo di comunicare non era “ciao, sono zio Zeus, andiamoci a bere un caffé”. Non so come sarebbe andata a finire, ma era partita bene :slight_smile:
Per fare un esempio: i PG stanno esplorando un luogo, gatto salta fuori all’improvviso da delle casse malferme e si infila in un buco. I PG si accorgono che c’è un passaggio segreto là dove si è infilato il gatto. Per gli PG è un colpo di fortuna, per il Sacerdote è un segno della Dea dei Gatti, mentre il mago pensa sia il Famiglio di un altro mago che li sta attirando in trappola…

Ciao :slight_smile:

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Intanto ringrazio l’autore del gioco per la volontà di fare chiarezza. Come ho già avuto modo di scrivere sono d’accordo con le premesse esplicitate dal gioco: ho sempre apprezzato i giochi dove potevo distinguere la figura del chierico dal lanciatore di magie e in cui si affrontava il tema delle religioni in modo meno “mitologico”, come dice Hasimir.

Vorrei solo fare un inciso sulla premessa che, se ho ben capito, ha portato a questa scelta di scrittura del gioco: ovvero che la religione deresponsabilizzi il protagonista dalle scelte morali.

Da un punto di vista narrativo non condivido questa premessa perché basta pensare a personaggi nati dalla penna di grandi scrittori/scrittrici credenti (Flannery O’Connor, Marylinne Robinson, Mc Carthy, Greene) o anche alle loro biografie personali. Oppure si pensi al contenuto narrativo di certi libri biblici (Giobbe, Siracide, Giona, etc.). Quindi in un contesto di fede possono nascere personaggi romanzeschi inquieti e capaci di scelte morali estremamente personali.

Da un punto di vista speculativo, che a quello narrativo si collega, sono ancora meno d’accordo, specialmente se penso al mondo biblico (che è quello che conosco meglio) dove Dio gioca una pericolosa partita alla pari col suo popolo, perché non vuole essere obbedito come fonte trascendente di precetti asettici (non è il demiurgo delle gnosi), ma si propone come fonte della vita e del bene (concetto di Alleanza). I personaggi biblici e le riflessioni che nascono in quel contesto sono tutt’altro che instradate su binari prefissati. Dio si compromette in un rapporto paritario con Israele, pur rimanendo diverso dall’umanità. La questione sarebbe enorme.

Quindi, secondo me si può giocare il pilastro “gli dei sono silenti” con la soluzione 3 ovvero “Il silenzio non significa né assenza né incapacità di comunicazione” che poi è una cosa facilmente esperibile quotidianamente a livello umano. E’ un po’ l’ottica della teologia cristiana della Rivelazione (un po’).

Questo permette di non giocare “mitologicamente” ma allo stesso tempo lasciare a ogni giocatore di presumere quello che vuole al riguardo, ma senza partire da un presupposto vagamente stereotipato sulle religioni.

Utilizzando le basi di un paio di concetti teologici, con “gli dei sono silenti” ci potrei giocare non perché la religione impedisce la responsabilità personale delle scelte morali dei protagonisti, ma proprio perché Dio/le divinità vogliono rispettare la libertà e la creatività del loro interlocutore, decidendo di parlare sia col silenzio e di conseguenza mediando la parola divina in parole umane (profeti, libri).
E niente, questa la mia chiave di lettura.

P.S.: visto che siamo in contatto con gli autori ne approfitto per chiedere un approfondimento anche su quanto è scritto in FW a p. 25 su Tolkien e la sua, presunta, morale binaria.

Grazie e buona giornata

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Quell’estratto è il risultato di una discussione al telefono tra me e @Hasimir, in quando nel testo precedente proponeva l’idea che Fantasy World fosse perfetto per riprodurre le opere di Tolkien, affermazione sulla quale ho sollevato diversi dubbi. Non sono ancora d’accordissimo con la rappresentazione un po’ semplificata che ha dato di Tolkien – un’analisi più attraverso la teologia cattolica come quella che hai appena fatto tu sarebbe più accurata, ma probabilmente troppo lunga per il manuale – anche se per ammissione mi pare di aver capito che né Alessandro né Luca sono tolkienisti.

Intanto @Felix grazie per il messaggio, provieni chiaramente dal mio "orizzonte di vita”, è sempre più raro e fa assai piacere!

Io credo di aver capito la volontà di @Hasimir rispetto al design del gioco e per un certo aspetto mi piace, considero l’intento meritevole, c’è sottotraccia un dramma rispetto al rapporto con la fede.

Da un punto di vista cristiano onestamente non so se la traduzione tecnica nelle mosse e nel regolamento di quell’intento sia riuscita bene.

C’è come un appiattimento della lotta con Dio, del rapporto e della risposta che si può concretamente avere con Lui nell’ambito di una fede monoteista di origine abramitica.

Il punto è che non saprei come renderlo meglio e preferisco rendere la cosa semplicemente attraverso i temi morali e le coincidenze al centro del gioco giocato a prescindere da un concreto regolamento.

Perchè anche io credo che:

Solo che non ho ben chiaro come le Mosse e il pilastro possano aiutare nel concreto a realizzare la lotta di fede.

Non vedo molta differenza nel dramma morale di chi è sicuro di Cristo e di chi invece è impantanato nei pensieri e nei dubbi del suo cuore, soprattutto in un mondo fantasy, soprattutto violento, soprattutto in situazioni incerte e complesse.

Alfredo il Grande d’Inghilterra poteva anche essere teologicamente certo che il martirio e il perdono sono la giusta e buona risposta al Male e che il Male, in senso ontologico è solo un difetto o una privazione, dunque non è un agente che ha una vera ultima parola sulla realtà nè tantomeno è in grado di “rendere infelice chi lo subisce”, ma quando i vichinghi razziavano, stupravano, massacravano e prendevano schiavi i bambini quel Male era ben presente e non poteva chiedere alla gente di sorridere perdonare e subire il martirio.

Dunque? Bibbia e pistola? Alla ammmerigana?
E cosa è una spada, a cosa serve un cavaliere?

Ce ne è abbastanza per superare il dramma postmoderno psicologico di Dio c è/Dio non c’è.

Per quanto riguarda Tolkien, sarebbe argomento da altro thread, ma personalmente chiederei di non aprire la tana del coniglio.

Anche perchè la natura della coscienza, della scelta morale e del rapporto con la trascendenza in Tolkien è del tutto calcata sulla dinamica della morale naturale di cattolica introduzione che tu hai già accennato.

E tanto basta, perchè chi ha studiato la “morale naturale” si rende presto conto del dramma e dell’incertezza (e della nobiltà) che ci sta dietro.

EĎIT: MacCarthy (un grande) non credo possa essere definito cattolico e più che altro è espressione di Umiltà sofferente che si scontra con il nichilismo del mondo divenuto irrimediabilmente cattivo, da cui scaturisce una enorme nostalgia per un Salvatore. Che poi sia Cristo la sua risposta non si può proprio dire, Ken di Hokuto potrebbe essere un candidato altrettanto valido!

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