@Red_Dragon non ho davvero capito, dalla tua spiegazione, la differenza tra “posta” e “obiettivo”. La posta la perdi se la prova fallisce: ma anche l’obiettivo, a quanto hai detto:
E l’obiettivo lo ottieni se la prova riesce. Ma anche la posta, a quanto hai detto:
A meno che la “posta” non sia “qualcosa che hai già e che rischi di perdere”, e l’obiettivo non sia “qualcosa che non hai e che vuoi ottenere”. Forse intendevi dire questo?
Inoltre hai detto che l’obiettivo lo decide il giocatore, ma non mi è chiaro chi decide la posta.
Sono comunque curiosità mie che non modificano la mia opinione: infatti, comunque la giriamo, posta e obiettivo sono chiaramente legati al successo / fallimento, alla “risposta principale” binaria che ci aspettiamo da un sistema di risoluzione, e va benissimo.
I problemi che stavo evidenziando sono invece che: (a) questa risposta è stata sempre, o praticamente sempre, un successo; e (b) l’attenzione veniva sistematicamente sviata da questa risposta e dirottata sulle complicazioni: dapprima sulla loro invenzione e il loro inserimento coerente nella scena, quindi sul fatto di doverle fronteggiare. Sembrava di aprire continuamente delle parentesi e non arrivare mai al punto.
Ti posso garantire che abbiamo seguito bene i criteri da te elencati. In particolare che non abbiamo mai fatto prove in circostanze in cui non andavano fatte. Se ne dubiti ancora, mi puoi per favore chiarire cosa pensi che abbiamo sbagliato, di preciso?
Che ci siano casi in cui è possibile uscire di scena avendo comunque successo è ovvio. Ma non è sempre così. Converrai con me che, se mi immagino su due piedi una situazione pericolosa, mi è molto più naturale immaginare che il pericolo scatti in caso di fallimento. Come dici tu, una prova è pericolosa se un personaggio rischia di uscire di scena, punto. Conciliare questo rischio con il successo non è sempre altrettanto facile, ed è un problema perché invece è uno degli esiti più probabili.
Esempi:
Usando Not the End per la tua scena di duello con Tex Willer otterrei che sono praticamente certo di far fuori Tex, ma con alto rischio di essere colpito anch’io; mentre che lui colpisca me senza che io gli faccia niente è altamente improbabile. Strano, no?
Ma ci sono casi ancora più plateali. Sto camminando su una corda sospesa nel vuoto, o su un cornicione, e voglio arrivare dall’altra parte. C’è una posta in gioco / un obiettivo? Sì. C’è possibilità di fallire? Sì. Ha senso che ci siano complicazioni? Sì, ad esempio potrei perdere dell’equipaggiamento o attirare l’attenzione. La scena è pericolosa? Sì: potrei precipitare. Tutti i criteri sono rispettati.
Ma mi spieghi come diamine dovrei fare a narrare un successo con uscita di scena? Arrivo dall’altra parte ma poi scivolo e precipito? Precipito ma poi rimbalzo e finisco svenuto a destinazione?
Con un po’ di sforzo qualcosa mi invento, eh, per carità, ma nei 3 casi in cui è capitato ti assicuro che di sforzo ce ne voleva tanto.
Certo, i miei esempi erano volutamente estremi per enfatizzare la cosa, ma fa lo stesso: ti sei accorto che anche queste complicazioni di fatto vanificano il mio successo rendendolo inutile? Di questo stavo parlando. Non è un “successo ad un costo”, è un “finto successo che di fatto non serve a niente, ciao ciao”. O va così, o le complicazioni sono puro colore che fa solo perdere tempo. (Inoltre, anche i tuoi esempi confermano che subire 1 complicazione o subirne N è sostanzialmente equivalente.)
Un successo / fallimento binario, con il master che ti spiega perché fallisci (“il tizio se ne accorge!”, “il tizio scambia il bicchiere con un altro!”), sarebbe molto più chiaro e lineare, e non riesco a vedere che svantaggi avrebbe rispetto al sistema com’è adesso.