[L’Unico Anello] 2ª edizione?

Secondo me hai colto in pieno nel segno. Un gioco come l’unico anello è utile solo per chi già sa giocarlo, ma vuole anche i dadini carini. Però ribadisco che è roba che esiste davvero solo lato giocatore. Se fai il master, puoi dire che le pietre parlano, che ci sono eremiti pazzi che ti aiutano a buffo, e che sotto la città vive un bufalo indemoniato, senza dover spiegare nulla né rifarti ad alcun canone o continuity, ed è perfettamente in tono con lo Hobbit e La Compagnia dell’Anello.

Poi se vuoi fare roba da 2a era… Lì sì che hai bisogno di uno bravo.

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Io avevo una specie di ansia da prestazione nel momento in cui provavo a preparare un’avventura e questo mi bloccava completamente. Allora mi sono comprato l’oscuramento di bosco atro e tutto il cucuzzaro, ma mi sembrava di dover fare railroading pesante anni 90 e mi bloccavo nuovamente. Insomma, ero sotto stress e ho preferito in quel frangente tornare a giocare nei forgotten realms dove fai come te pare.

(Non so se si offende qualcuno qui, ma la giochi uniti era un dramma, spero la prenda qualcun altro in caso)

P.s.: il consiglio al master di costruire tutto sulla dialettica luce/buio era un ottimo consiglio e aiutava veramente a impostare il gioco in un stile forte e riconoscibile con tre parole.

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Ho spostato inizialmente questo argomento in Chiacchere a tema, ma poi ho visto che ci sono diversi commenti che parlano di gioco concreto della prima edizione de L’Ultimo Anello. Lascio dunque la discussione in Giochi e giocare.

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un gioco di avventura che di tolkieniano ha solo il testo, come la prima?

Non sarei così drastico, secondo me qualcosa di buono c’era. Almeno nelle intenzioni. Il combattimento mi piaceva molto, l’inclinazione e la vulnerabilità all’ombra anche, mentre il viaggio mi sembrava immotivatamente complesso.

Il viaggio è del tutto staccato dalla fiction. È una serie di tiri dove, una volta deciso l’itinerario, le scelte dei giocatori e il racconto non valgono nulla.

Per giocarlo così com’è, l’unico modo di utilizzarlo è: fare viaggi molto brevi; oppure, rendere il viaggio stesso l’avventura (che fa molto lotr ma il gioco mica te lo dice), quindi fai avvenire tutti i tuoi bang (gasp! Ho scritto bang!) tra un tiro e l’altro del viaggio.

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Eh già. Ma purtroppo è così in ogni setting che non sia un vanillone poco dettagliato, e ispirato solo in modo leggero ad un eventuale fiction di riferimento.
Doppiamente vedo se un solo giocatore (o Master) è appassionato, e si aspetta un minimo di aderenza ai temi cari al Setting, mentre gli altri, con onesta ingenuità, deragliano di brutto.

A me apita quando voglio giocare un trans-umano corposo, alla Eclipse Phase o Nova Praxis, e gli altri al tavolo hanno visto un paio di film di Star Wars… :grin:

Beh ma se il setting è del gioco - allora leggiamo il manuale e lo impariamo.
Ma per giocare a SW non è che posso leggermi 40 libri, guardare 9 film e 2 serie tv :smiley:

(Ps l’esempio di SW è a caso: sono abbastanza esperto del setting, ma era per citare un altro casus belli abbastanza comune).

Ahahahahaahahahah! Questa meriterebbe un topic a parte. Eccezion fatta per quando gioco con un gruppo di soli master riuniti per un’occasione strana, direi che la norma per il giocatore di ruolo è “Mi siedo al tavolo, e voglio giocare. Al massimo, il master mi spiega qualche regola”.

Si chiaro. Ma io che faccio il GM leggo il manuale e gli racconto il setting. E, per lo meno, non capita il “ma guarda che i Jedi hanno due prepuzi, eh - come fai a non saperlo?”

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secondo me, l’unico modo per cui valga la pena di giocare di ruolo in un setting famoso, è quando tutto il tavolo è ocmposto da appassionati - le discussioni sul setting diventano parte del divertimento.

invece ho visto spesso (e praticato) un approccio molto meno “sano”, e tipicamente frustrante, basato sulla convinzione del master di “poter fare amare il setting al gruppo come lo amo io” semplicemente masterandolo. di solito non va bene.

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In realtà Tolkien ha un concetto ben definito di male ne Il Signore degli Anelli ed un suo funzionamento ben specifico. Solo che lui non voleva fare un manuale ma una storia e quindi esso viene spiegato tra le righe… e sono in tanti a non capirlo. Cerco di spiegarlo per punti:

  1. il male è la sete di conquista sugli altri. Il togliere il libero arbitrio ai “popoli liberi”. Saruman è diventato malvagio perché voleva soggiogare gli altri. Boromir è caduto in tentazione perché voleva usare l’anello per sottomettere Sauron. Persino Frodo alla fine cede alla tentazione (che poi viene annullata da Gollum) perché vuole diventare il nuovo signore di Mordor (e quindi dominare gli altri).
  2. Il male è unico. Non esistono più fazioni del male. Perché il male non lascia libero arbitrio. Saruman credeva di poter contrastare Sauron per mettere il suo potere, ma in realtà stava facendo il gioco di Sauron. Tutti quelli che sono caduti preda dell’Anello, ingannavano se stessi pensando di far qualcosa di testa loro mentre in realtà stavano seguendo le direttive di Sauron.
  3. Gli orchi servono il male. Il male è unico e loro non hanno libero arbitrio. Quindi si mettono al servizio di ogni malvagio.
  4. L’occhio è il simbolo di Sauron esattamente come la mano bianca è il simbolo di Saruman. L’albero è il simbolo di Gondor e così di seguito. Non è Sauron ad essere un occhio. Quello è stato fatto nel film per poterlo visualizzare. Lui non ha una forma, perché è morto!
  5. Sauron è morto! È stato ucciso e non è più in grado di agire direttamente sul mondo materiale. Ma lo può ancora influenzare perché la sua forza vitale (l’anima?) è rinchiusa nell’Anello (indistruttibile a meno che non sia gettato nel vulcano dove è stato creato) e grande è il suo potere di influenza. Nel romanzo Sauron non lo incontra mai nessuno, non si mostra mai e non è possibile vederlo perché è un, passatemi il termine, un’essenza incorporea. Nel film, dato che dovevano visualizzare qualcosa, lo hanno trasformato nel suo simbolo.
  6. Il capo dei Nazgul è un po’ particolare. Egli è invulnerabile a qualsiasi arma, distrugge le armi che lo colpiscono ed infetta chiunque cerca di colpirlo. Invincibile. Ma in Tolkien le armi magiche non sono spade che lanciano palle di fuoco od altri incantesimi, come in D&D; le armi magiche in Tolkien sono decisamente più sottili. Nel film la parte è stata tagliata, ma quando gli Hobbit capitano a Tumulillande troveranno delle spade a foglia. Queste spade a foglia avevano un unico potere: rendere vulnerabile i Nazgul alle armi! Quando l’hobbit trafigge il Signore dei Nazgul con la spada a foglia, gli fa perdere la sua invulnerabilità! Naturalmente le altre due difese rimangono attive e l’arma si spezza e lui viene infettato. Quando Eowin lo colpisce, la sua arma si spezza, lei viene infettata ma lui ha perso la sua invulnerabilità: prima di spezzarsi la lama lo trafigge e lo uccide! Di nuovo nel film lo fanno “esplodere” perché un personaggio importante che cade senza “effetti speciali”, basta che allo spettatore sia scappato uno starnuto in quell’istante, ed il “Signore dei Nazgul” avrebbe fatto puf misteriosamente. Invece con tutto il casino che combina, chiunque se ne accorge.
  7. non esiste ritorno dal male. Uno volta che sei diventato malvagio, solo la morte può redimerti (Boromir) o nemmeno quella (Saruman). L’unica eccezione è se questa “caduta” è di fatto annullata, come è successo a Frodo: lui non ha fatto nulla quando è caduto in tentazione. Boromir ha cercato con la violenza di impossessarsi dell’anello, lui non ha fatto nemmeno un passo: Gollum lo ha gettato nel burrone prendendosi l’anello. Ha di fatto reso nulla la sua tentazione, permettendogli di “tornare ad essere lui” prima che fosse troppo tardi. Nonostante questo, Frodo non sarà più in grado di sorridere, fin quando non andrà nelle barche degli elfi…

Il Male è ben stabilito in Tolkien o, per meglio dire, nel Signore degli Anelli perché, ovviamente, come chiunque scriva tanti libri nel corso del tempo, cambia idea e cambia il Male che deve mettere nel libro. Ad esempio, ne Lo Hobbit il Male era l’avidità e non c’era nessuna influenza esterna: era avidi i nani, gli elfi e gli uomini semplicemente perché quel tesoro faceva gola a tutti. Ognuono lo voleva per sé, per le sue buone ragioni, ed al diavolo gli altri! Gli Orchi invece sono il “male” perché era una fiaba e, si sa, gli orchi nelle fiabe son malvagi.

Per quanto riguarda il giocare nella Terra di Mezzo per me ha il solito problema di tutti i giochi basati sui romanzi: la storia importante l’hanno fatta loro e “tu di certo non ci eri”; come conseguenza di questo, qualsiasi personaggio costruirai nel mondo di Tolkien (od altri letterari) sarà nel migliore dei casi dimenticabile, nel peggiore inutile! A me personalmente (ma non credo di essere l’unico) giocar così non piace.

L’unico che poteva essere diverso sarebbe stato Lupo Solitario: Joe Dever aveva creato il Nuovo Ordine e tu potevi fare un Grande Maestro Ramas che, sotto la guida di Lupo Solitario, avrebbe fatto qualcosa di importante, unico e che sarebbe rimasto negli annali! Invece no: il GdR lo ambientano prima della caduta dei Ramas, così puoi fare il solito inutile che tutti si scordano dopo dieci secondi…

Parlando specificatamente di giochi basati su Il Signore degli Anelli (ma capita anche in Star Wars, eh) tutti fanno che si cade in tentazione poi ci si rimedie, poi ci si ricade… no! Quello non è Tolkien (e non è Star Wars)! Se cadi in tentazione, o il Master annulla la tentazione od il tuo personaggio è “morto”: non ha più il libero arbitrio e diventa manovrato dal master. La questione in Tolkien (od in Star Wars) non è “cadrà o meno e se è caduto, come si rialza” ma è “come cavolo fa a non cadere?”. Quindi, opinione mia personale, tutti i giochi che non si basano sul principio “come fare a resistere” ma su “cadrai o meno” non hanno colto lo spirito di Tolkien!

Ciao :slight_smile:
PS: scusate la lunghezza del post.

Guarda, hai scritto tutte cose giuste e interessanti, ma parlavamo dei dettagli concreti dell’ambientazione, non della filosofia della saga. La filosofia della lotta tra bene e male in Tolkien si può comprendere (almeno le basi) anche solo vedendo i film. Soprattutto, non è una questione di nozioni; è una cosa che internalizzi. I dettagli dell’ambientazione sono quelli che invece ci ostacolano giocando.

Uno dei nani della mia ultima campagna era un cugino di Thorin e ci è piaciuto moltissimo collocarlo esattamente dove fosse più fico e appropriato nella genealogia, stabilendo date e luoghi precisi della sua vita (visto che aveva partecipato alla battaglia di Azanubilzar, ma non alla riconquista di Erebor, ecc.) fino al 2946 della terza era; cosa che ovviamente a guardarci da fuori sembravamo due scemi. Se un giocatore che non fosse appassionato si fosse unito dicendo “anche io faccio il cugino di Thorin!” sarebbe stata una fatica immane dargli corda, e comunque, non avrebbe apprezzato tutti i riferimenti e le esperienze che abbiamo vissuto nella campagna. Quando siamo giunti ai Monti Azzurri, nelle aule naniche che abbiamo deciso essere il lascito di Nogrod e Belegost, dove hanno dimorato i nani di Erebor fino alla Battaglia dei Cinque Eserciti, e le ho descritte, eravamo letteralmente commossi - non solo io e il nano, anche un altro paio di giocatori. Ma mica perché sia bravo io ovviamente. Un esterno si sarebbe chiesto perché diamine la gente avesse gli occhi lucidi a sentire la descrizione dell’ennesima rovina nanica.

Detto ciò, il Male in Tolkien non ha questi dettagli, è molto molto semplice (non facile; ma semplice). Le genealogie sono poche confuse, i nomi si ripetono, non vengono mai definiti i limiti di un mostro o della magia in generale. Se il Loremaster vuole tirare fuori mostri e stregoni a buffo, può farlo; non deve mai spiegare nulla, né preoccuparsi che sia canonico o meno che un mostro abbia determinate capacità o impulsi, non deve dargli nomi e se vuole può dargli il nome che gli pare, ecc. Esattamente come dal nulla spunta Tom Bombadil e senza spiegazione gioca con l’anello come fosse… Un giocattolo. O come di fronte a Moria ci sia una pozza abitata da un Kraken di cui nessuno aveva mai accennato anche solo vagamente, e di cui nessuno parlerà mai più.

Se ti riferisci all’unico anello, è perfetto nel suo modo in cui si sviluppa il ciclo di ombra/speranza. E la caduta dei personaggi è probabilmente il lato meglio riuscito del gioco, sviluppato anche con una certa complessità; nello specifico, si accumula ombra e si perde speranza fino a diventare Oppressi; nel qual caso, si rischia un episodio di follia (come Boromir che attacca Frodo, Sam che attacca Gollum, Aragorn che si autocommisera dopo la morte di Gandalf, ecc.), il quale poi si traduce in ombra e difetti permanenti; al quarto, il personaggio è ingiocabile, impazzisce del tutto e o si suicida tipo Turin o Denethor, o si mette a vagare privo di senno, o diventa un vero agente del male. E’ una spirale senza uscita, o meglio; l’unica uscita è riuscire a tenere a bada la paura (col Valore), la corruzione (con la Saggezza), e la violenza (con le proprie azioni); ma lo spirito del gioco in sé è ineluttabile: si gioca sapendo perfettamente che nulla di ciò che faranno i personaggi potrà mai evitare la guerra dell’anello, o sconfiggere il male definitivamente, per dirne una, ed il gioco (almeno… Le sue intenzioni sono quelle, quanto riesca o meno a farlo è opinabile) trasmette la malinconia tipica di Tolkien attraverso i personaggi e il modo in cui interagiscono col mondo.

Quando ci siamo addentrati ad esplorare Carn Dum, e due personaggi sono diventati oppressi, e uno di loro ha avuto un episodio di follia… Abbiamo davvero sentito l’oppressione e la follia che prendevano il sopravvento sulla speranza. E’ stato un delirio, uno dei punto cardini della campagna che ci stiamo tutt’ora trascinando dietro. Al momento, speriamo solo che Aravir (il ramingo ferito dalla lama Morgul) trovi le forze e il modo di andarsene ad Occidente, o che muoia dignitosamente. Ma la vedo grigia. Sta ancora troppo invischiato nelle faccende dell’Eriador e delle Terre Selvagge per tirarsi indietro.

PS: proprio per questo è semplice gestire il Male in un GdR su Tolkien. I buoni sono tutti diversi, hanno individualità, caratteristiche, pregi e difetti, sono mossi dai desideri più disparati. Ed è stupendo, per i giocatori appassionati, districarsi nelle genealogie e nella storiografia per andare a mettere mano dove c’è ciò che più adorano.

Il cattivo invece è sempre uno, ha sempre quell’obiettivo, e non ha forma definita. E’ davvero facile fare il Loremaster. Stai guidando un personaggio solo, che può assumere qualsiasi forma, ed è allo stesso tempo tanto forte o tanto debole quanto sia appropriato per tentare i protagonisti ad unirsi a lui.

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Scusate il quasi OT ma ci tenevo a far sapere che sono personalmente* contrario alle ambientazioni per GDR che contengono più di 30 pagine.

*personalmente = vuol dire che capisco che ad altri possano piacere ma a me non piacciono. O meglio dico così perchè non sono a capo di una dittatura. Se un giorno divento dittatore del paese uno degli strani provvedimenti che prenderò sarà di impedire la pubblicazione di ambientazioni per gdr superiori alle 30 pagine. De gustibus un corno!!!

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A me piacciono quando sono idee che lasciano bianchi. Se mi devono dire ogni pelo sul pube dei personaggi famosi, anche no grazie.
In sintensi:
Sì = Blades in the Dark
No = Forgotten Realms

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Mi piace anche solo il tono oniricamente dittatoriale del messaggio.
E capisco la cosa delle 30 pagine.
Io non lo so, a volte divento durissimo con le migliaia di pagine.
Ciò che mi fa vomitare sono le vie di mezzo.

Idem per me, anzi, 30 pagine sono pure troppe, quando si tratta di ambientazioni create apposta per un GdR. Preferito che emergano dalle meccaniche, piuttosto che mi vengano insegnate con un annuario.

Se voglio giocare in un’ambientazione esistente, ovviamente, è un altro discorso. Tipo, quando ho giocato a Marvel Heroic nell’universo cinematico marvel, l’ambientazione era “scritta” in 20+ film. Ma l’unico motivo per cui giocherei ad un’ambientazione già esistente è perché mi trovo con altre persone appassionate quanto me che vogliono interagire e insinuarsi in quell’ambientazione. Un po’ come se facessimo fan fiction, ma giocando.

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Ed è subito 50 sfumature di grigio - the roleplaying game (che ha pure il doppio significato :smiley: )

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Io qui dissento. Puoi fare tonnellate di campagne che abbiano un significato profondo, enorme, anche se non vai mai a intersecarti con la trama Canone vista nel film, o nel libro di riferimento.
Usando Star Wars, al posto di Tolkien, potrei citarti Rogue One. Prima che uscisse il film, se qualcuno mi avesse fatto giocare quell’avventura, lo avrei baciato in bocca con le lacrime agli occhi… E non mi avrebbe di certo fatto sentire “dimenticabile” solo perché non sono Luke o Solo.

EDIT:
Tornando Tolkeniano, se qualcuno mi proponesse una campagna alla Bands of Blades, io accetterei di brutto. Qualcosa tipo: “il Male sta invadendo le vostre terre: non volete scappare, perché le vostre terre sono tutto per voi; giochiamo solo per vedere fino a quando resisterete, quanto danno farete al Male prima di essere schiacciati.”
Figata. I personaggi, qualunque essi saranno, avranno legami forti, ci saranno grandi scene di amore e disperazione. La morte sarà inevitabile. I loro nomi saranno cantati dai poeti futuri, anche se non saranno i nomi della Compagnia.

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e quando la giochiamo?
A patto che io possa innamorarmi struggentemente di una Noldo che vide la Luce di Aman naturalmente.