Allora, che dire? Io apprezzo sia i giochi dove c’è una procedura chiara per inquadrare le scene sia i giochi in cui si va in maniera più fluida, per ragioni diverse. Ricordo molti discorsi con Moreno Roncucci nei quali (spero di riportare bene le sue parole), lui mi diceva che la scelta di giocare “in maniera fluida” le scene, che D. Vincent Baker ha deciso di implementare ne Il mondo dell’apocalisse, deriva in realtà dal fatto che Vincent percepisse una difficoltà da parte di alcuni giocatori nel capire il concetto di scena e nell’imparare a usarlo come regola. Insomma, avrebbe deciso di tranciare il problema alla radice, in questo modo. Mi pare di ricordare che Moreno la veda come una sconfitta, in buona sostanza, del game design (e del game designer). Non so se vederla in termini così drastici, ma sicuramente trovo che abbia qualche ragione.
Però, quando gioco io, in molti giochi, come gioco le scene? Be’, la risposta è che seguo le regole e le procedure che sono funzionali in quel gioco specifico, e che spesso non vanno bene per altri giochi. Però, una cosa che ho notato è che molti giochi usano le scene come regola, anche se non ti spiegano bene come si usano. In questo caso, mi sono accorto che c’è una regola delle scene “generale”, che può essere usata in quasi tutti i giochi di ruolo tradizionali e in molti giochi non tradizionali in cui non ti spiegano davvero come si inquadrano le scene. Avevo scritto questa procedura in un post su Gente che gioca, ma lo riporto qui sotto per comodità.
[Lady Blackbird] Come si impostano le scene?
Ieri ho risposto a questa domanda in una discussione su Facebook. Il manuale di Lady Blackbird non dice poi molto a riguardo, ma qui ho risposto utilizzando la mia esperienza col gioco come strumento per colmare i buchi e le lacune del manuale.
Di fatto Lady Blackbird gestisce le scene in questo modo.
Il GM apre e chiude le scene, ma gli altri giocatori possono suggerire e dare una mano. È tuttavia compito del GM gestire le scene.
Quando il GM imposta una scena, descrive l’ambiente, i personaggi presenti (deve esserci almeno un PG) e, nel caso di PNG presenti, deve dire anche cosa stanno facendo. Descrive cosa accade nei primi secondi della scena e poi chiede ai giocatori cosa fanno i loro personaggi, assicurandosi che ogni giocatore possa spiegare cosa fa il suo PG.
Quando il GM sente che la scena ha detto tutto quello che doveva dire e che sta perdendo di mordente, la taglia, semplicemente dichiarandolo (“Ok, ragazzi, taglio la scena!”). Gli altri giocatori possono segnalare che una scena andrebbe tagliata o richiederlo, ma è compito del GM farlo. Gli altri giocatori possono chiedere al GM di andare avanti con la scena attuale ancora per un po’, ma il GM può essere tassativo quanto crede a riguardo (“No, ragazzi, è davvero chiusa”).
Una cosa importante, che magari come ho spiegato sopra non si capisce bene: il GM ha la responsabilità delle scene, e quindi anche del ritmo della storia, ma non è Hitler.
Insomma, se uno o più dei suoi giocatori pensano che sia il caso di tagliare una scena o di prolungarla un po’ o di fare una scena piuttosto che un’altra, ha molto più senso parlare con loro e cercare di capire come mai dicono quello che dicono.
Poi magari deciderà comunque di fare una scelta diversa, ed è una scelta che devi fare il GM, però c’è un modo sano di dialogare al tavolo con i propri giocatori e uno non sano, che poi è quello di non dialogare con essi.
Finita una scena, il GM imposta un’altra scena, andando al prossimo momento di gioco significativo e aprendo la scena direttamente là. Il GM dovrebbe chiedere ai giocatori cosa fanno o dove vanno i loro personaggi, alla fine di una scena, e aprire la prossima scena di conseguenza, in modo che la narrazione non strida (se dico che vado dal borgomastro, sto andando dal borgomastro, non dal responsabile del porto).
Può anche decidere di mettere una scena prima di quella che, di fatto, i giocatori gli hanno appena richiesto dicendo cosa fanno o dove vanno i loro PG, ma anche in questo caso dovrà fare in modo che le scene si susseguano in maniera logica. Per esempio: “Mentre stai andando dal borgomastro, per strada ti si avvicina un vecchio cencioso…”.
Quando il GM imposta le scene, deve assicurarsi che i diversi PG abbiano tutti più o meno lo stesso tempo in scena: è il concetto cinematografico detto “spotlight”, che si vede anche nei film e nelle serie TV. In poche parole, i PG hanno tutti la stessa importanza e danno vita a una storia corale: il GM deve dedicare abbastanza tempo in scena a tutti, affinché possano permettere al loro PG di fare azioni e scelte significative.
Da ultimo, è importantissimo far notare che, tra una scena e l’altra, non c’è gioco di ruolo “in scena”: una scena si chiude e quella seguente si apre. Il tempo che trascorre in mezzo è giocato, sì, ma nel senso che i giocatori e il GM fanno le cose che ho detto sopra, non nel senso che i giocatori debbano continuare a interpretare i loro personaggi come se fossero in scena (e infatti non lo sono).
Nota che ci sono anche altri giochi in cui le scene si impostano così. I primi esempi che mi vengono in mente sono Trollbabe, Cani nella Vigna, ma anche Fate.
Ma non è detto che un gioco si giochi con la regola delle scene. Altri giochi hanno regole sulle scene diverse da quelle descritte sopra. Penso a giochi come Fiasco, Polaris o anche il mio The Hangman Saga.
Alcuni giochi hanno la regola delle scene nel manuale, ma non l’ho vista quasi mai applicata al tavolo. Penso a giochi come Vampiri: La Masquerade o Hunter: The Reckoning.