Informazioni su Root

Ok Claudio, dopo domani torno da vacanza, il che significa che avrò più tempo per scrivere, e risponderò, per quanto abbia giocato per ora una sola sessione. Dunque partirò proprio dalla grafica/ambientazione, cioè proprio da quella che va considerata la prima “regola” di un gdr.

Ma ricordati: lo hai voluto tu

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@Davos non chiedo di meglio.

Anch’io ero interessato a Root! Sarei curioso di leggere qualche actual play e impressione.

L’avevo sfogliato tempo fa, è un PbtA con una valanga di mosse. Non era quello che stavo cercando in quel periodo. Si, è solo un dettaglio se volete, ma dà un’idea di come è stato pensato

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Eccoci! Nel frattempo ho giocato una seconda sessione, sempre di 4 ore.

Ti darò il mio parere prima sull’Ambientazione e poi sulle Meccaniche strettamente intese (sai che in realtà per me anche l’Ambientazione è una meccanica, forse la più importante, perchè massiva, costante e unitiva di tutte le immaginazioni coinvolte).

E’ un post lunghissimo e nelle mie terribili intenzioni ne seguiranno altri (più tendenti all’actual play se riesco). C’ho provato lo giuro, non ce la faccio. Sono logorroico e sbrodolone. E mi piace un casino scrivere di sta roba. E’ for the love of the game. Vedila come una forma di cura dallo stress lavorativo.

Partiamo come anticipato dall’Ambientazione e di quello che ne penso.
In particolare dall’elefante nella stanza: gli animaletti puccettosi e fumettistici.
Prima reazione: “Ma… Perchè?!”.
Perchè gli animaletti?!

Naturalmente uno potrebbe rispondere semplicemente “per cavalcare l’onda lunga del successo del noto gioco da tavolo e spremere soldi, soldi e… ancora soldi”. E chiuderla qui. Con un certo fastidio (e invidia…).

E forse non sbaglierebbe.

Tuttavia il gdr con questo tipo di ambientazione e rappresentazione artistica ormai esiste, ce lo hai davanti agli occhi con la sua grafica “ironica e strana” ed esiste senza dubbio anche senza riferimento al gioco da tavolo.

Dunque va preso sul serio. E’ a tutti gli effetti una proposta di immaginario molto netta e forte.

D’altronde è pieno di medium che fanno ricorso a questo tipo di grafica/rappresentazione. Con vari livelli e gradazioni di levità, anche nel piccolo piccolo mondo dei gdr, da Mouseguard a Warren.

La prima cosa che, a mio giudizio, va detta, è che questa forma di grafica/rappresentazione è davvero, in effetti, artistica.

Piacciano o non piacciano, i disegni degli animaletti hanno un loro livello di bellezza, riconoscibile e riconosciuto, opera di una brava artista nordica e come tali riescono ad essere espressivi di un mondo fantastico altrettanto riconoscibile e fortemente caratterizzato, riescono a creare unità e coerenza di contesto. Ed è già un pregio. Suonano dei campanelli, sono evocativi di stati d’animo e idee e domande su un’intera vita immaginaria, magari per ciascuno diversi. Hanno una loro profondità.

Però, concretamente, questo tipo di grafica/rappresentazione artistica di un vero e proprio mondo fantasy, che tipo di gioco evoca? O invece è del tutto “neutra”?

Intendo dire, cosa ci faccio e cosa esprimo di particolare con gli animaletti fantastici un pò pastellati, un pò fumetto, un pò trasognati?
Di tutto? Le solite cose? Gli animaletti sono perfettamente fungibili rispetto agli esseri umani?

Poichè l’Immagine in un gdr è a tutti gli effetti una Regola, crea limiti e spazi di gioco in se stessa e di per se stessa, vincola e veicola un contenuto.
Se gli animaletti non “limitano e focalizzano un contenuto di gioco con dei plus” allora sono abbastanza inutili e tutto sommato banali. Torniamo agli esseri umani che è meglio.

Non è solo questione di tono delle giocate (ma anche).
E’ questione di **temi che puoi riuscire a trattare nelle giocate.
E’ questione di quali storie riescono o naufragano grazie a, o a causa di, questo particolare mezzo espressivo-animaletti.
E’ anche questione di come ti orienti nell’uso delle meccaniche messe a disposizione dal manuale, che uso decidi di farne, orientato a quale, a quale tipo di storia.

Per capirci, se uso i nazisti posso fare comicità, nessun dubbio, ma i nazisti sono delle Icone di gioco che trasportano più facilmente e istintivamente altro e che, oltre un certo limite, rimangono impermeabili ad altro che non sia la loro precisa identità culturale e collocazione storica.

Posso fare battute e azione alla Indiana Jones; come tono della giocata posso anche rimanere lieve, ma il nazista è oggettivamente, in sè, un nemico totale e totalitario, scuro e efficiente, ideologico, spietato e fanatico, collocato in un contesto militare di guerra e dolore .

Anche quando viene ridicolizzato, per contrasto, come nazista dell’Illinois .
E’ talmente riconoscibile che lo sgami anche dietro alle uniformi dell’Impero in Guerre Stellari.

E gli animaletti pucciosi e il Bosco? Hanno una loro particolare forza intrinseca che spinge da qualche parte?
Robin Hood della Disney? Gli Orsetti del cuore? Zootropia o Sing? Tom e Jerry?

Beh, oltre a Robin Hood della Disney ed ai Sylvanian Family il mondo ha (fortunatamente) prodotto anche La Guardia dei Topi; Mauss e Solo.

E’ questa la prima scelta che l’Ambientazione, a mio giudizio, ti costringe a fare, che personalmente mi ha costretto a fare: cosa rappresentano e quale contenuto di storia favoriscono questi animaletti.

Il tipo di immagini dell’Ambientazione cosa implica?

Perchè Claudio, parliamoci chiaro e fuori dai denti (sai che sono piuttosto diretto), se #root fosse il solito giochino che ti fa rappresentare un pò di casino, di azione cinematografica con un sistema light e delle “classi di personaggio” furbe e accattivanti, un pò ladro un pò scavezzacollo rinnegato, un pò giustiziere, un pò paladino, il tutto con la sola variante della soave ironia bucolica degli animaletti pucciosi, allora meriterebbe di essere lasciato, nemmeno sullo scaffale, piuttosto in stamperia.

E’ pieno il mercato di questi giochini che non vanno da nessuna parte, che non producono storia, ma producono solo scene, a servizio di un immaginifico onanismo da nerd peraltro trito e ritrito.

Viene quasi da farne l’elenco dettagliato, ma è sufficiente controllare se da qualche parte nel testo o nella presentazione di un gioco viene usata la parola PROATTIVO, odioso amerikanismo che concretamente al tavolo o nelle procedure di gioco non significa nulla, che è diventata una parola marketing e che garantisce ineluttabilmente il vuoto funambolico del sistema.

Giochi in cui immagini di aggrapparti al lampadario piratescamente con un sorriso da Zorro “de noantri” o l’espressione truce da criminale che lotta contro l’ingiustizia e si porta dentro un incommensurabile dolore, oppure di far saltare in aria la torre di guardia della fortezza nera con una pericolosissima miscela di polveri arcane dopo esserti introdotto travestito da guardia d’elite, stile Missione Impossibile 18.
Tutto meritevole di un sonoro e pastoso sbadiglio, finto come la televisione.

Giochi in cui, mentre fai tanto rumore per nulla, c’è qualcun altro (aka il Master) che, tra una scena e la successiva, decide come piega la storia vera, concedendoti al massimo un paio di strade fra cui scegliere (che magari conducono allo stesso risultato sostanziale, solo in modo diverso).

In questo tipo di giochi, immaginare animaletti che differenza vuoi che faccia: tutto quello che ho detto sull’aggrapparsi al lampadario con in più…“sono una volpe sbarazzina! Che figata!.. … … già.”

Ed allora ecco, a mio giudizio, la vera alternativa che l’ “Ambientazione-come-Regola” di Root propone a causa della grafica e dello stile antropomorfo, prima ancora di stabilire se le singole meccaniche aiutano a far emergere e realizzare uno o l’altro stile di gioco:

  • A) gli animaletti e il Bosco, con la sua situazione di guerra in corso, sono solo una quinta da fantasy onirico e leggero, che diventa la scusa per azioni simpatiche, divertenti e avventurose, da canaglie scarmigliate senza padrone, attuando un tipo di gioco sandbox (che il Signore mi perdoni per l’uso della parola) scanzonato, orientato ad una vaga esplorazione degli elementi del mondo, esplorazione che peraltro dovrà approdare quasi necessariamente ad azioni di successo per i giocatori (…altrimenti dicono che tutto è brutto e hai violato il principio “stai dalla parte dei personaggi”…), con tanta improvvisazione nelle sfide, negli incontri e nei cattivi finali.
    Un’esplorazione/azione basata su scene di combattimento e di distruzione caotica come piatto forte se non unico.

  • B) gli animaletti e il Bosco sono una Metafora/Allegoria. Rappresentano gli Uomini e la loro condizione sotto il Cielo e dentro al Bosco (“in this tree-tangled world under the Stars” direbbero gli Elfi in Tolkien), ma attraverso un linguaggio espressivo “indiretto e onirico”.
    Questo particolare mezzo espressivo consente in modo privilegiato di:

— mantenere un certo distacco in caso di scene e temi crudi e disturbanti, mantenere un filtro di poetica e sfumata leggerezza che aiuta a parlare di cose molto brutte: dalla guerra alla pestilenza; dalla violenza al razzismo; dalla povertà e sfruttamento all’ideologia e al fascismo.
Spesso ad esempio aiuta a raggiungere un automatico limite nelle descrizioni o a stemperare i toni e i momenti con la descrizione di un dettaglio o di un piccolo comportamento animale (un Gatto si stira; un Gufo si pulisce le penne);

— rappresentare meglio ed in modo più drastico ed immediato le differenze culturali fra popoli e regioni: le Aquile non possono avere lo stesso modo di vedere il mondo, nè di intendere le singole piccole cose e questioni della realtà quotidiana, delle Talpe o dei Topi.
E’ quasi automatico, senza dubbio ragionevole, che certe specie entrino in contrasto, in competizione, che certe differenze permangano irriducibili, che si creino grossi attriti e scontri, finanche veri e propri odi.
La DIFFERENZA sta al centro dell’Ambientazione, ci devi fare i conti e a volte devi constatare con stupore che ci sono buone ragioni da parte di tutti per scannare gli altri;

— disporre di elementi naturali fisici e comportamentali degli animali da cui partire per sviluppare la società e la politica di ciascun popolo e su cui basare ragionamenti e “necessità” dell’ambientazione. I Soissons non ho idea di che rapporto abbiano con la navigazione fluviale e me lo devo semplicemente inventare; per i Castori, gli Orsetti lavatori, i Gatti è diverso: dispongo di qualcosa su cui lavorare e che di ragionamento in ragionamento mi condurrà lontano ma in modo “solido”;

— accedere ad un deposito simbolico di secoli: il corvo nero ammantato e dalla voce rauca è uno stregone inquietante e pericoloso, l’agile volpe scapigliata è una furba canaglia piena di trucchetti e risorse, un’aquila reale un altezzoso e potente nobile, il gufo reale un saggio diplomatico troppo burbero, ingessato e severo.
Dal gatto ruggine e nero con l’orecchio mozzato e una parte del viso devastata dal vaiolo, al ratto bozzoluto, malsano e con la testa incassata, alla donnola dai muovimenti flessuosi e dall’espressione inquietante, fino ad un grosso e feroce lupo, passando per la civetta, la gazza ladra, la coniglietta tremebonda, gli animaletti antropomorfi si appoggiano su tipoi , stilemi, simboli e tradizioni che hanno una forza atavica potente e consolidata, la quale aiuta a spingere la caratterizzazione di un PNG in modo pressochè immediato e duraturo per l’immaginazione.
Magari per contrasto: un inquietante corvo nero dal becco appuntito e il petto prominente sarebbe uno stupefacente eremita che si dedica ai lebbrosi.
Un lupo grigio sfregiato dai canini sporgenti sarebbe un meraviglioso opportunista vigliacco e debole.

Il tipo di animale, insieme alla tecnica dei 3 aggettivi casuali (che se non ricordo male citava anche @AndreaParducci), magari insieme ad un tipo di lavoro tirato casualmente su una tabella, dà forma e struttura ad un PNG in modo davvero iconico e sfaccettato. Diventa da solo una storia da raccontare.

Insomma, se si propende per la soluzione B, gli animali diventano una complessa e tenera rappresentazione del dramma degli uomini dentro al mondo, vittime prima di tutto della lotta per la sopravvivenza, di una spietata competizione (è proprio il caso di dirlo, “darwiniana”) e della radicale e irriducibile incomprensione reciproca, fra popoli e individui.
La Maledizione di Babele all’ennesima potenza.
La giustificazione razziale e culturale a portata di mano dell’odio dei “diversi da noi”, finanche del cannibalismo.

Sotto le mentite spoglie della confettura Sylvanian Family, si cela uno strumento di rappresentazione esplosivo, potenzialmente crudele e sicuramente cinico. Ma con grazia elegiaca.

L’Ambientazione così intesa si avvicina moltissimo a Glorantha: uno “scontro di razze e civiltà”. Scontro prima di tutto culturale e filosofico e poi militare, ma sempre tendente a stabilire quale visione del mondo prevarrà, quale è bene/meglio che prevalga, quale tu come giocatore, master compreso ritieni preferibile che prevalga.
Glorantha color pastello e con il sorriso.

Il Manuale, in linea con il gioco da tavolo, parla espressamente e abbastanza a lungo di ambientazione da scenario di guerra. Fa la cronistoria (breve) dei periodi storici di dominazione delle radure da parte delle Aquile prima e dei Gatti poi e/o di periodi di autogoverno da parte dei vari abitanti dei Boschi, del ritorno delle Aquile, delle mire espansionistiche dei Gatti, della violenza anarchica dei ribelli/Alleanza dei Boschi e di altre misteriose e messianiche fazioni, come le lucertole.

Ancora, parla di specie predominanti nelle varie Radure prevedendo regole di generazione casuale
della specie dominante in ogni singola radura (un banale tiro di d6 su una tabella, raffinatissimo non c’è che dire…).
Se determini la predominanza di specie come regola di ambientazione e ci fai una regola meccanica sopra per determinarla concretamente in ogni luogo rilevante, allora si tratta di una cosa che deve pesare.

Ancora, fra i Principi per il master il manuale mette quello di rendere presente e importante la guerra per ogni abitante del Bosco, ovunque i PG vadano, in modo che si possano toccare con mano gli effetti concreti dello scontro sulle Radure e gli animali. Viene precisato che ogni PNG dovrebbe avere un’opinione sulla guerra e sulle varie fazioni che la combattono e che nessuna Radura deve essere indenne dalla guerra, in un modo o nell’altro.

Allora a me è sembrato evidente che fra le 2 interpretazioni sopra descritte, (A e B) quella “corretta” dovesse essere la B.

Questo non è per nulla indifferente.

Perchè significa che la prima cosa che devo fare come master è stabilire chi e come sono le culture delle fazioni, dei popoli protagonisti dello scenario e quindi, a partire da queste loro culture, trovare le ragioni della loro guerra, che li spingono ad uccidersi e a scontrarsi.

Ed allora ecco parte di quello che ho presentato ai giocatori, sia oralmente che per iscritto.
Dà un’idea di cosa a mio parere l’Ambientazione, presa sul serio, costringe a fare.

Le Aquile numericamente sono di meno.
I Gatti di più. Molti di più.
Con “Aquile” si intendono i “Rapaci” in genere.
Gli altri Uccelli sono ricompresi nel novero dei Servitori della Dinastia, ma non hanno alcuna voce in capitolo o potere di alcun genere, almeno ufficiale.
Poichè gli Uccelli si incontrano in ogni Radura, è evidente che molti uccelli “minori” non rapaci non intendono servire le Aquile, nè si considerano della Dinastia.
I Rapaci invece lo sono e ci si considerano quasi sempre. Con orgoglio, anche nei rari casi in cui non partecipano attivamente alla guerra.
Come detto nell’introduzione le Aquile vere e proprie sono ormai rarissime, pochi esemplari e tendono all’estinzione. Ci si riferisce a loro in contesti ufficiali e tradizionali come Vera Aquila o Aquila Reale (è più che altro un modo tradizionale da libro di storia che usano le Aquile fra loro).
Il più delle volte si incontrano Falchi, Nibbi, Poiane, Gheppi, Gufi, Astori, Corvi.
Mediamente sono più grossi dei gatti e dotati di una maggiore forza fisica e di gran lunga migliori armi naturali.
In particolare una Vera Aquila è il doppio praticamente di ogni altro uccello o felino.
Sono molto più “selvagge” dei gatti.
Usano meno armatura, meno strumenti, finanche meno indumenti.
Come detto una parte di rapaci ha sviluppato braccia “formate”, del tutto simili alle nostre. Nella proporzione di 1 rapace ogni 3 circa.
Gli altri no. Hanno semplicemente mani artigliate alle semi propaggini delle ali (come i pipistrelli) o direttamente penne “dattili” alle propaggini (tipo penne innervate prensili), comunque tali, spesso, da consentire l’uso di attrezzi ed anche armi (queste ultime tuttavia non pesanti o elaborate, a meno che l’Aquila non sia un esemplare possente).
Fra i due tipi sono di gran lunga considerate migliori e meritevoli quelle senza braccia formate.
Per il Volo.
Il Cielo e il Volo sono concetti originari, primigeni e preponderantemente centrali nella Cultura Tradizionale e nel senso di Identità e Superiorità delle Aquile.
Più alto e vicino al Cielo puoi volare e più “divino” e superiore sei, quasi un prescelto. Se il Bosco è l’intrico della vita che ti intrappola fra i suoi problemi, i suoi pericoli di morte e i suoi combattimenti per la sopravvivenza, il Cielo è la Via della Grande Fuga, dell’Elevazione rispetto alla vita dei comuni mortali.
Le Aquile Reali come noto raggiungono la maggiore altitudine in natura.
Seconda all’altezza, è poi la velocità del Volo.
I Falchi Pellegrini vengono come Comitali subito dopo le Vere Aquile.
Poter volare a lungo e velocemente, in alto, con perizia e astuzia sono segni di un’aquila ben considerata, ammirata. Di un Capo.
Le braccia impediscono. Le aquile con braccia antropomorfe spesso non riescono nemmeno ad alzarsi in volo da terra, la spalla e il petto iper sviluppato lo rendono improbabile.
Sono inchiodate al suolo. Quasi con ali strappate metaforicamente.
E a terra la loro Visione, come quella di un Topo qualsiasi, è impedita, limitata, ingannata, infatti spesso è depotenziata dalla nascita.
Dall’alto del Cielo invece lo sguardo è su tutto, spazia lontano e si è mantenuto potente e puro come all’origine della razza. Le Aquile che volano vedono Oltre, Lontano.
Gli altri animali hanno bisogno di sentieri e vie, le Aquile hanno la Via del Cielo e arrivano dove vogliono, quando vogliono e con una velocità pari solo al loro desiderio di raggiungere un posto.
Questo le rende Libere.
È abbastanza intuitivo. È una cultura che non può concepire obblighi e imposizioni, pastoie di nessun genere: regole da altri imposte, limiti di muovimento e di parola, tanto meno ogni forma di sottomissione.
È per questo che la Dinastia si è rovinata con faide lunghissime e vere e proprie guerre civili.
Ogni Aquila, specialmente ogni Aquila Reale, ha la naturale tendenza a concepirsi come al di sopra degli altri, come indipendente e autonoma, senza padroni.
Al più sceglie volontariamente di essere fedele per ammirazione a qualche altro rapace, visto come evidentemente superiore, ma non tollera una sottomissione per così dire istituzionale e dovuta, organizzata e stabile, in ultima istanza subita, perchè non tollera che il sistema porti il meno valoroso e meritevole a stare sopra, a volare più in alto rispetto al più valoroso e meritevole.
Immaginate qualcuno che può volare. Nell’immensità del Cielo, nel silenzio, trasportato dal Vento senza alcuna fatica, vede tutto, ma vede tutto piccolo…piccolissimo, laggiù dove ogni altro essere è poca cosa, indistinto e inutile come formichina ed è aggredibile dall’alto in qualunque momento, spesso senza che se ne possa nemmeno accorgere.
E nessuno se non altre Aquile può seguirti, può infastidirti, può venire a prenderti, tutti inchiodati al suolo, mentre tu sei accarezzato dal vento e baciato dal sole.
Un’armatura impedisce e basta: blocca il vento sul corpo, rovina il manto regale di piume, appesantisce il volo e stanca, non consente di raggiungere le altezze nè di prendere le correnti nel migliore dei modi, brucia per i raggi del sole che rendono il metallo incandescente e fa sudare, crea scricchiolii e rumori che disturbano il Silenzio.
Sei superiore. Sei un’altra cosa. Sei fuori dal loro mondo, sei in un altro mondo. Sei Libero.
In olimpica solitudine con il tuo pensiero e il tuo cuore, mediti nel profondo del silenzio celeste sulla vita e sulla realtà, su te stesso e sull’Ideale, raggiungendo certezze e profonde ragioni per le tue scelte e azioni.
E l’Ideale e la maestosità sono talmente forti e affascinanti che davvero molte altre specie ci credono, ti credono. Ti riconoscono. E ti servono. Proprio come se tu venissi da un altro mondo, fossi di un altro mondo.
Perchè in fondo in fondo sai di non appartenere al loro mondo, quell’intrico di rami e foglie e terra laggiù, lontano. Le Aquile non appartengono al Bosco, semmai al Cielo.
Questa e nessun altra è la tua Identità. Chiederti di condividere e atterrare fra gli altri animali è chiedere all’acqua di non scorrere, equivarrebbe a farti morire.
Perciò le Aquile sono disposte a combattere fino all’estinzione, come furie.

Ebbene, individui del genere non possono che sviluppare una Cultura fortemente idealistica, tetragona e relativamente “semplice”, per nulla Machiavellica, seppur caratterizzata da un fortissimo senso di superiorità e sciovinismo.
Altissimi ideali, anche del tutto positivi (Lealtà, Valore, Sincerità, Coraggio, Magnanimità, Senso del Sacrificio), uniti ad un’estrema durezza che rasenta la mancanza di capacità di perdono, ad arroganza e ad esagerazione di reazioni, giudizi e passioni.
Il Linguaggio deve per forza essere fortemente simbolico e allusivo, immaginifico e “poetico” ma molto semplice e “vuoto” , carente, nella struttura e nel vocabolario, fatto per veicolare un pensiero nitido e tranciante, carismatico e breve, decisamente assertivo e decisamente poco esplicativo ed argomentativo.

È una cultura diretta e fiera. Dunque anche marziale. Grande conto vien fatto della capacità personale di combattimento, ma quello che le Aquile guadagnano in valore guerriero, davvero impressionante e pauroso a volte, lo perdono in organizzazione e tattiche militari.
Più un contingente o gruppo militare di Aquile è composto di Rapaci dattili (senza braccia formate) e più la tattica militare si riduce a calate e picchiate dal Cielo coordinate spesso secondo l’intuizione dei singoli e la loro personale visione del momento sul campo di battaglia, mentre le altre specie, gli altri “sudditi” svolgono il ruolo di “isole fortificate” o al massimo di lineare spinta frontale, di riposo e ricovero al bisogno per le Aquile stanche, di difesa passiva. Quando non di semplice carne da cannone.

Considerate poi il fatto che non si ha notizia alcuna nella storia della fecondità di un rapporto fra Aquile e Mammiferi (nè in conseguenza di loro unioni ma forse di romantiche simpatie si) e si comprende come le Aquile siano arrivate a pensarsi come Predestinate e Distanti e come possano essere viste anche dagli altri animali come diverse, spesso come migliori. E suscitare risentimenti ed invidie in qualcuno.

Come riflesso di una cultura di questo genere, anche la loro struttura sociale e la loro concezione di comunità e “città” sono piuttosto “primitive”.

Favoriscono la frammentazione in piccole comunità raccolte attorno al Nido o Posatoio di un importante Rapace, i cui figli raccolgono il Potere del luogo solo nella misura in cui rispecchiano l’Ideale e la grandezza del Padre che li ha generati. Col che, è fin troppo facile che i figli vengano attaccati e messi in discussione da altre Aquile, cosa accaduta appunto fin troppo spesso nel passato.
Le città non esistono praticamente. Esistono piuttosto dei semplici villaggi e comunità che, anche quando popolano un’unica Radura, formano frazioni collegate più che un’unico centro “urbano”.

Come conseguenza, ogni “frazione” tende a comporsi di specie simili o omogenee: ratti, topi, qwocca, marmotte, castori; volpi e mustelidi; capre e maiali selvatici; conigli e lepri.
Il mischio è rarissimo e il sospetto e pregiudizio fra razze più probabile, anche se non diffuso.

Ciascuna comunità ha un referente e, di massima, proprie regole e leggi (spesso consuetudinarie e non scritte) che vengono fatte rispettare dagli stessi animali della frazione (a volte con l’ausilio di una rappresentanza di rapaci “minori” come corvi e cornacchie, allocchi, gheppi, barbagianni) con l’uso della forza locale, composta di mammiferi fedeli alle Aquile.
Spesso la pena è l’esilio dalla comunità e il Marchio d’Infamia.
Contano molto, come capi e autorità, i rappresentanti della comunità, individui autorevoli e rispettati, che le Aquile hanno la tendenza a ritenere responsabili dei guai e problemi e crimini della comunità (e a giustiziare senza tanti complimenti e processi o indagini), sulla scorta del ben noto (per un’Aquila) ragionamento che se è accaduto qualcosa di davvero brutto è la guida della comunità che non è abbastanza forte e ammirata o è complice.

“Mai informare un’Aquila” è un tristemente noto proverbio delle Radure sotto il dominio della Dinastia .
E siccome tutte le Radure un tempo erano sotto la Dinastia, praticamente tutti nei Boschi conoscono e usano il proverbio (solo che gli attuali sudditi delle Aquile lo usano ancora in maniera letterale…) e i Felini lo hanno preso in prestito per ridere e fare battute sulla mancanza di una valida rete di spie e “intelligence” del nemico, nonchè di una certa indolenza e lentezza ad intervenire e finanche ad amministrare da parte delle Aquile (come a dire “è del tutto inutile informare, non farà niente, non gliene fregherà nulla e tanto non capirà”)
L’avanzamento tecnologico di queste comunità dipende interamente dai suoi abitanti, dalla loro voglia e inventiva.
Generalmente l’economia è frugale e non esiste “moneta”.
Tutto è abbastanza chiuso in sè.
Pure le vie di comunicazione sono peggiori (salvo eccezioni).
Le Aquile semplicemente se ne fregano. Volano.
E le singole comunità custodiscono e riparano le vie che a loro interessano, ma solo compatibilmente ai mezzi e al tempo a disposizione. Non esiste praticamente mai uno sforzo collettivo organizzato e sponsorizzato/aiutato da un’autorità, responsabili ufficiali della tenuta delle Vie e Sentieri, tantomeno accade mai uno sforzo collettivo di lungo periodo. Sono sempre iniziative temporanee.
In compenso c è una buona conoscenza delle zone selvagge limitrofe, del folto del Bosco, in termini di risorse potenziali, pericoli e abitanti (si, anche nella macchia del Bosco esistono case, agglomerati seppur ben piccoli e fattorie silvestri), creature mostruose, sentieri minori, leggende e rovine. Tutte conoscenze non solo accumulate in secoli e secoli, e che i Gatti stanno iniziando a immaginare solo ora, ma anche “frequentate dal vivo” talvolta ancora oggi.
A volte dal Bosco riemerge, per merito di qualche viaggiatore, archeologo o esploratore, un’antica Reliquia di tempi remoti o anche qualche strano oggetto di cui si e persa la coscienza. E alle Fiere d’Autunno e Primavera di queste Radure è probabile rinvenire in qualche padiglione di qualche mercante stramberie e stranezze, magari del tutto inutili.
Gli edifici delle Radure della Dinastia sono tutti in legno e, se bassi e semplici, di pietre.
Le Aquile naturalmente vivono in alto. Sempre.
Male che vada, su grandi querce, lecci e pini, costruendo fra l’intrico dei rami più alti e a volte sulle cime delle chiome stesse dei Posatoi più o meno complessi.
Si tratta per più della metà delle volte di strutture di arbusti e tronchetti lavorati e piegati e decorati a formare forme geometriche tendenti all’ovale o al quadrato, di poche stanze.
Pensate ad un classico nido ovale con un buco d’entrata, ma "lavorato a facciata di Palazzo, grande una decina di volte almeno un grande nido in natura e quindi composto di moduli collegati a formare almeno 3 stanze.
La base di questi Alberi del Posatoio è sempre pattugliata da guardie “di terra” comandate da un uccello che stanzia sui rami inferiori ed in effetti tutta la pianta è da concepirsi come fortezza, ospitando sui suoi livelli più bassi altri soldati di terra e del Cielo.
Ma questa è la forma più banale e meno forte o prestigiosa.
Procedendo verso le Montagne, il Bosco si alza e i recetti delle Aquile si annidano sulle rocce, in punti impervi e altissimi, dove gli anfratti della montagna sono stati scolpiti nei secoli a guisa di fortezza inespugnabile.
Alcune di queste sono abbandonate e in rovina.
In ogni caso nulla che risembli un castello vero e proprio. Piuttosto la forma e l’estetica sono quelle di una trincea della prima guerra mondiale, decorata con pitture a motivi runici e cicli di battaglie aeree nei cieli stilizzate. Il Legno sostiene in pilastri marmorizzati piattaforme sospese nel vuoto che si dipartono dalla viva roccia scavata o da speroni scoscesi
Ma risultano in gran parte vuote e “immobili”, all’origine concepite per un numero enormemente maggiore di Aquile, grandi sale ormai mute e mai visitate nella roccia e lunghi balconi istoriati di legno, mai attraversati da alcuno, tutto intorno a palazzi sospesi nel vuoto su speroni splendenti al sole.
Insomma i Nidi, i Posatoi, le Fortezze delle Aquile usano la natura: sono le rocce e montagne, i grandi alberi, i Tumuli in mezzo ai Laghi che difendono la Dinastia come bastioni millenari.

E via continuando con il Cannibalismo delle Aquile, rarissimo ma possibile: concepito come una sorta di ius primae noctis cinematografico (non è mai esistito in realtà!): un’Aquila ha il teorico diritto di prendere per sè e mangiare uno dei tuoi figli se ne hai più di 1 (con un inquietante richiamo alla politica cinese “dell’unico figlio”). Ma è un diritto raramente esercitato e caduto quasi completamente in disuso.
Mentre i Gatti non hanno nulla di così terribile (o forse non l’hanno ancora introdotto??)

E così per altri 3 o 4 aspetti della cultura delle Aquile. La stessa cosa poi per i Gatti e le Lucertole. In misura minore per l’Alleanza dei Boschi.

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Attenzione: quasi totalmente OT:

Il post di Davos
Da oggi in edicola, in comodi 20 fascicoli collezionabili. E con il primo fascicolo, in omaggio i braccini per la tua aquila da compagnia!

Collezionali tutti!
Alberto Peruzzo Editore

:laughing:

Non potevo resistere :heart: Quando ho letto delle varie versioni dell’aquila nel tuo Root la mia mente è corsa subito al pollo con le braccia, e non sono più riuscito a non-vederlo.
Qui una delle mille versioni:

E qui la versione in computer grafica dell’aquila, ode moderna all’America:

Comunque, @Davos, post interessante.
Soprattutto la parte del “ma perché devo giocare un GdR con gli animaletti antropomorfi?” Se nel manuale non c’è una risposta forte a questa domanda, allora il gioco almeno in parte fallisce.

Sicuramente non legato a Root, ma è qualcosa che faccio come prassi ogni volta che creo un PNG per le mie giocate. Per fare più in fretta avevo creato un paio di (ridicolmente elementari) generatori su Perchance, per aiutarmi:

Generatore di Tratti della Personalità

Generatore di sesso, identità, orientamento, espressione

4 apprezzamenti

ahahahahahahahahahahahaha

Grandissimo !

10000000000 punti. Sei a credito per la vita e sei diventato mio amico.

Ti piaccia o no!

1 apprezzamento

Veniamo ora alle meccaniche strettamente intese.

Prima di tutto quelle che dovrebbero “spingere l’Ambientazione” in un senso o nell’altro (Metafora della condizione umana ovvero semplice quinta per un’azione rocambolesca/RobinHoodesca)

Il sistema prevede delle track line per tener conto dello status dei rapporti di ogni singolo personaggio giocante con le 3 fazioni principali: Aquile, Gatti e Alleanza dei Boschi.
Più facile percorrere le track-line in negativo che in positivo (significativo).

Nulla di nuovo nè di brillante.

Potrebbe sembrare una buona idea per rafforzare il concetto dell’ Ambientazione divisa in popoli e culture in lotta fra loro, con i Vagabondi che scelgono la loro parte, con una misura numerica dello status del loro rapporto con ciascuna di esse ed un meccanismo che procurerà guai e nemici più facilmente piuttosto che no.
Che altro c’è di più incisivo, diretto e pertinente?!

In realtà tutto dipende, concretamente, da che uso ne fa il resto del gioco; cosa ci fai con gli indicatori di rapporto con la fazione X o con la fazione Y?

Li usi come fossero caratteristiche e quindi come modificatori di tiri ed allora in quali casi e con quali effetti?
Hai penalità/bonus a tiri o ad un tipo specifico di risorsa?
Hai “blocchi narrativi” rispetto alla fazione o nuove e maggiori facoltà narrative, spendibili in gioco con una semplice scelta o mediate da tiri?
Hai variabilità informativa a seconda dello status con la fazione?
Subisci minacce/tiri di minaccia di qualche tipo ad intervalli regolari in caso di status negativo?
Entrano in gioco cose e modifiche necessitate e incombenti (simili ai Fronti di DW) o si raggiungono obiettivi buoni al progredire in un senso o nell’altro dello status?
Ti viene conferito qualche tipo di Autorità Narrativa sulla fazione o elementi della fazione (ad esempio puoi stabilire che questi elementi della fazione sono attualmente presenti in scena o hanno compiuto qualche tipo di scelta rilevante per la storia)?

Facciamo un esempio limite per capirci: se nel gioco metto solo gli indicatori e poi non succede niente altro di meccanicamente vincolante e significativo attorno ad essi, cioè non li uso per far girare altre meccaniche, li uso solo come "mero elemento di trasparenza, per rappresentare ciò che è accaduto e può accadere rispetto alla fazione e dunque come tracciato per agganci narrativi in base ad una sorta di tag, in tal caso che tipo di giudizio diamo alla regola?

Personalmente, per paradosso, giudicherei le track line meglio di come sono invece usate in Root.

In Root le track line interagiscono con Mosse Speciali di fazione (3-4-) diventando la Caratteristica su cui effettuare il tiro della Mossa (con classico modificatore +/- 3) o addirittura un prerequisito meccanico affinchè la Mossa possa essere innescata (è ad esempio richiesto un valore di + o - 2 o -3 nell’ innesco di alcune Mosse).

Viene naturalmente precisato (peraltro in modo proprio poco incisivo e del tutto discorsivo) che lo status di fazione rappresenta gli attuali rapporti che il personaggio ha con quella fazione in ogni momento della fiction e per png “medi di quella fazione”, un pò come è scritto in Fate per gli aspetti, cioè che “sono sempre veri e sempre validi in gioco”.

Non mi pare sufficiente, per come la vedo io, ad evitare che il meccanismo di Root sconti i seguenti difetti:

E’ riferito a ciascun singolo personaggio, è cioè del tutto individuale.
Questo porta ad avere (peraltro fin dall’inizio per effetto della creazione del personaggio) Vagabondi con diversi rapporti rispetto alle varie fazioni, fino a ritrovarsi in gioco potenziali contrasti e tensioni interni alla Banda. A noi sta già succedendo alla seconda giocata, con il Gufo Reale che nutre simpatia per le Aquile e Tasso e Volpe che si sentono molto più vicini ai Gatti.

Poichè tuttavia è scritto come regola assoluta e chiarissima che la Banda DEVE rimanere unita (e che altrimenti chi non è più in armonia con la Banda diviene in qualche modo png), viene prima di tutto da chiedersi quale sia la coerenza e il rapporto fra le due regole (paiono in contraddizione come scopo di gioco).

In secondo luogo, ma più importante: SE l’Ambientazione è da giocare come metafora/allegoria degli Uomini sotto il Cielo e dentro al Bosco, allora non è molto interessante tracciare il livello del rapporto fra un’intera fazione e ogni singolo individuo.

Sarebbe più interessante tenere traccia dei rapporti fra fazioni, o al limite fra la Banda dei Vagabondi nel suo complesso e le altre fazioni, esattamente come succede in Blades in the Dark per la Banda di malfattori. O almeno far innescare eventi di Fazione come se fossero presagi dei Fronti di DW in base allo status di fazione.

Il punto è che si tratta di livelli di scala diversi (un singolo individuo rispetto ad un popolo) e intrecciarli con una sola Mossa può dare problemi e insoddisfazioni nel gioco concreto (vedi più sotto) se giochi per vedere cosa succede nel Bosco e tra le Fazioni.

Infatti:

Se ciò che interessa al gioco è solo far vedere sullo schermo le azioni di un individuo per raccontare la sua storia personale, allora nel flusso della conversazione avremo quasi obbligatoriamente e principalmente grappoli di Mosse e più scene in successione, che di Mossa in Mossa e di scelta in Mossa (per così dire) raggiungono una scala di conseguenze sulla fiction ritenuta soddisfacente e ragionevole dai partecipanti, prima di tutto rispetto alla storia personale del pg.

Se invece ciò che interessa al gioco è far vedere come una Fazione si muove e reagisce agli eventi della storia una volta raggiunti alcuni punti di rottura nella trama (anche determinati dalle azioni di personaggi giocanti), allora saranno più adatte “Mosse di Minaccia”, tanto per usare il linguaggio di AW, accadimenti a scala più ampia portati in scena dal Master in base all’Autorità di Trama e alla Preparazione, o regole come i Fronti di DW o i Conflitti di Alas for the awful sea.

Intendo dire che il miglior strumento tecnico per realizzare l’evento e la decisione della fazione, forse, non è una “Mossa di azione del singolo personaggio”.

Insomma, realizzato in questo modo il meccanismo delle track line spinge inesorabilmente a giocare l’Ambientazione come semplice quinta da esplorare con un pò di azione eroica/brigantesca necessariamente di successo per i singoli personaggi. In tale contesto la spirale più facilmente negativa dello status di fazione è evidentemente solo un modo per attirare guai e azione sui pg.
E di questa alternativa e scopo di gioco, come ho già scritto sopra, penso ogni male possibile.

Perchè ciò che è messo nel mirino anche per effetto di queste Mosse speciali di Fazione è prima di tutto che cosa accadrà al singolo individuo quando interagisce con quella fazione.
Ciò che interessa è pur sempre l’azione del singolo individuo e le conseguenze per lui.

Le Mosse di fazione non hanno valore politico/sociale/esistenziale diretto ed immediato, non riguardano le Fazioni in quanto tali e la loro storia, nè risolvono rapporti fra le fazioni, nè risolvono eventi a scala di fazione o per il Bosco e non ne raccontano storia e meccanismi interni.

Hanno valore prima di tutto, per così dire, “economico”, di vantaggio/svantaggio per la vita del singolo pg e la sua situazione nell’azione da Robin Hood.

Ma, visto che l’Ambientazione-regola, come ho spiegato nel post precedente, spinge verso un altro tipo di gioco, trovo che le track-line con le Mosse speciali di fazioni siano una regola incoerente.

E’ poi male, a mio avviso, che il livello dello status con la fazione sia espresso con riferimento numerico e non narrativo.
In tal modo la tendenza concreta nel gioco diventa sostituire di fatto integralmente la leva narrativa e di fiction con il numero: se hai lo status a quel livello (+2) allora l’innesco è per forza verificato e sufficiente: il numero si mangia la leva, è esso stesso la leva e diventa prescrittivo.

E’ ciò che non voglio nel tipico flusso di un gioco PBTA: il “numero” mi si mette in mezzo e diventa di per sè prescrittivo e creativo di fiction come i prerequisiti del lancio di un incantesimo in D&D.
E’ vero che il numero deve essere la risultante di ciò che si è visto accadere in fiction e nella storia, delle azioni dei singoli personaggi: coagula in un modificatore lo stato attuale della fiction.

E allora? Non è affatto una cosa buona, anzi, è proprio questo il problema.

E’ un meccanismo rigido e statico: non tiene conto di chi concretamente in quel momento il personaggio ha davanti (le sue motivazioni, i suoi desideri e rapporti personali con il pg), che potrebbe avere opinioni alquanto differenti rispetto al resto della fazione cui pure appartiene, o potrebbe semplicemente avere obiettivi di circostanza inamovibili o più difficilmente rimovibili

Non tiene conto della quantità di interazione necessaria per sbloccare una leva narrativa nel caso concreto, nè della potenziale necessità/opportunità di innescare altre e diverse mosse prima o durante l’interazione (la Mossa speciale di fazione appare proprio come un asso pigliatutto), anche ad un diverso livello di zoom: il png potrebbe comunque dover essere intimidito, potrebbe essere necessario approcciare e “convincere” più di un png; potrebbe essere necessario/opportuno innescare mosse di valutazione della persona o della situazione, potrebbe essere necessario azzardare e prendere rischi con la Mossa generica di pericolo del gioco (“Affidarsi al Fato”)

Nel modo in cui è disegnata, la regola è di tipo simulazionista e rappresentativa di un rapporto di forze probabilistiche congelato astrattamente nel tempo e nello spazio. Come le abilità nei giochi di ruolo tradizionali.

Le Mosse che interagiscono con la track line limitano di fatto la rilevanza narrativa dello status rispetto ai rapporti con la fazione, costringendolo agli effetti e alle circostanze previsti da quelle stesse Mosse Speciali.

In poche parole, usi lo status SOLO per innescare quelle Mosse e, a contrario, se vuoi ottenere un risultato tipico di quelle Mosse lo puoi fare SOLO arrivando a quello status.

Per tutti questi motivi trovo il meccanismo di interazione fra track line e Mosse di Fazione alquanto limitativo, stereotipato e banale. In una parola, per continuare a rispondere a @Matteo_Sciutteri rispetto al post su come è invecchiato AW, trovo il meccanismo semplicistico, goffo e rozzo.

Lo considero un buon esempio di come i PBTA più “nuovi” e “in vista” si siano allontanati in pejus da AW e di come giocare ancora oggi AW sia complessivamente quasi sempre meglio che giocare “i nuovi” PBTA.

Finisco il post con una parentesi.
Uno degli autori del gioco è Diaz Truman. Lo stesso autore del pessimo, a mio giudizio, Urban Shadow, altro PBTA che gioca sulle fazioni (in modo ancora più spinto) e che nessuno sembra ricordare nemmeno più.

Trovo che l’autore abbia importato e riprodotto in Root molti dei difetti di Urban Shadow: il numero troppo elevato ed inutile di Mosse; Mosse pensate come abilità e abilità del tutto ristrette e di pura circostanza (quasi "lancio del potere speciale di D&D); Mosse di interazione con le fazioni sbilanciate sul singolo pg; modalità di esecuzione e descrizione di un’azione come parte dell’innesco delle Mosse (al modo di Fate Accelerato).
Tutti difetti gravi, che senti concretamente durante il flusso di gioco e che personalmente mi afflosciano.
Mi viene il dubbio, magari sbaglio, che l’autore non abbia assolutamente capito la migliore logica dei PBTA e che sia destinato a creare giochi brutti. Lo ricorderò e non comprerò più suoi lavori. Ma è un giudizio personale.

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Giusto un appunto su questo. È così sconosciuto da saltare fuori spesso su topic di Reddit, da essere comparabile come ricerche su Google ad altri PbtA (vedi il link col confronto con MonsterHearts), e da meritarsi una seconda edizione, in Kickstarter proprio in questi anni (con circa 200.000$ raccolti, certo non un Avatar, ma io non mi lamenterei).

https://trends.google.com/trends/explore?hl=it&tz=-120&date=today+5-y&q=Apocalypse+World+rpg,Urban+shadows+rpg,monsterhearts+rpg&sni=6

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Evidentemente sono i miei radar a non captarlo.

O quelli italiani. Confesso serenamente di non averlo seguito neanche di striscio dopo 2 partite e mezza e quello che mi è parso un profondo silenzio qui da noi.

Però dei dati che citi l’unico forse rilevante è la seconda edizione.
Dallo stesso confronto DW e altri in ogni caso lo surclassano.

Ribadisco che il gioco, a mia opinione argomentata, è fatto male.

Adoro l’analisi di Davos ma ci sono delle cose che mi sono sfuggite. Premesso che ho avuto la stessa sensazione sui tracciati delle fazioni (sarebbe stata molto meglio averne una per la Banda), non sono riuscito a capire la questione delle Mosse delle Fazioni. E men che mai come avrebbe voluto che fossero. Confusione completa sul fatto che il tracciato non dovrebbe avere un numero ma… cosa? Una descrizione tipo Buono, Normale, Pessimo? Ed a cosa servirebbe?

Ciao :slight_smile:

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Preferirei avessero un descrittore.
E non userei il descrittore come parte dell’innesco di una o più Mosse, cosa peraltro possibilissima: invece di dire “Se hai +2 con la Fazione puoi chiedere un favore e tira + …” si avrebbe semplicemente “Se i tuoi rapporti con la Fazione sono almeno buoni e chiedi un favore tira + …”.
Sarebbe comunque meglio: il concetto di "rapporto buono è più flessibile, ampio e circostanziale rispetto a “rapporto +2”. Costringe ad adeguare l’aggettivo alla fiction e non la fiction al numero.

Userei piuttosto il descrittore come tag per fondare il posizionamento di fiction, che poi giustifica l’innesco delle altre Mosse in generale, come da semplice motore base del gioco.
Perchè voglio avere la libertà di giocare più o meno diffusamente la conversazione e il rapporto con “quella persona specifica lì di quella fazione lì, per quella circostanze e quell’intento lì”.

Puoi anche essere conosciuto, stimato e apprezzato dai Gatti, ma se quel soriano lì, al comando di un avamposto nella Radura di ErbaRorida è uno stronzo…è uno stronzo. O magari ha problemi talmente pressanti che il tuo +2 è inservibile . O è inservibile fino a quando non trovi una leva o non gli risolvi il problema o gli prometti di risolverglielo al più presto.
Le solite cose insomma di ogni pbta.

Questo consentirebbe, tra l’altro, di precisare e meglio qualificare il descrittore. Perchè mai limitarsi ad una scala “pessimo-teso-normale-buono-ottimo”?

Il descrittore non è altro che un’espressione linguistica. Adeguiamola allora alla reale situazione di gioco e fiction il più possibile. Anche facendolo diventare una riga di frasetta. O una parola ma con dei distingue. Ampliamone o restringiamone il focus. Qualunque uso poi ne vogliamo fare.

Ma aver cristallizzato il numero come parte dell’innesco di Mosse blocca tutto: hai il numero? Hai l’innesco. La condizione dell’innesco è già adempiuta, quindi da regole la mossa la devi tirare.

E allo stesso tempo usi il numero solo per quelle mosse.
Mentri il descrittore lo puoi usare in modo aperto su ogni situazione.

E’ una soluzione oggettivamente scadente per un sistema che, forse per primo, ha basato il rapporto fiction-dado sulla drastica precedenza della prima.
Che cioè impone sempre le condizioni della situazione immaginata come presupposti del lancio dei dadi e che usa il lancio di dadi per ottenere (sempre?) “indicazioni narrative vincolanti sul tipo di modifica da apportare alla situazione immaginata”.

Ti piace che la track line incida statisticamente e meccanicamente ?
Ok, non capisco il perchè, penso che non abbia senso, però, se proprio ti piace, allora rendilo un modificatore per alcune Mosse (non mi piace) o, ancora meglio, un tag che puoi “spendere” per alleviare (o pompare) il risultato di alcune Mosse se le circostanze lo consentono. Oppure prova ad aggiungere risultati nel menu delle Mosse in virtù del descrittore raggiunto.

Se il descrittore può infatti essere esso stesso circostanziato, allora come tag funziona anche meglio.

Questa tendenza a inserire elementi quantitativi e currency sotto varie forme nei PBTA la capisco, capisco da dove viene. Ma è praticamente sempre destinata al fallimento.

Perchè la mia assoluta preferenza rispetto a delle track line (se proprio le si vuole concepire) è che vengano usate come conti alla rovescia in negativo o in positivo.

In negativo per avvicinare progressivamente ed in modo trasparente eventi brutti e mosse personalizzate collegati alla Fazione.

In positivo per sbloccare situazioni e possibilità per il personaggio. Qui ci dobbiamo capire: sbloccare situazioni e possibilità deve rimanere questione di leva: cioè se hai un certo descrittore nella track line, allora puoi “giocare a scala più alta” con la Fazione e i suoi funzionari e ufficiali, fino a, immagino tanto per immaginare, sederti al Consiglio di Guerra e Pace dei Gatti o essere consultato con forza morale di fatto vincolante sulla decisione di un importante matrimonio.

E’ cosa diversa dal “tirare una Mossa con il valore numerico della track line” per vedere se il Consiglio di Guerra e Pace acconsente a farti comandare un esercito.
Quest’ultima soluzione diventa in pratica un asso pigliatutto simile a: “lancio charme!”, seguito dalla tripartizione del risultato del tiro, che sembra l’unica cosa lasciata da AW in eredità ai giocatori di ruolo tradizionali del mondo emerso e che fa tanto eccitare (come se fosse quello il marchio di fabbrica dell’Apocalisse,).

Si tratta invece di sbloccare una situazione di gioco. E a quel punto giocarla come giocheresti ogni altra situazione. E vediamo cosa succede e dove ci porta il Rimbalzo.

Oltretutto un meccanismo del genere (conto alla rovescia e mosse personalizzate di fazione ad esse collegate o sblocco di situazioni di gioco a scala sempre più interessante ed importante) metterebbe l’accento di gioco proprio sulle Fazioni.

Ci farebbe vedere qualcosa delle Fazioni, della loro organizzazione interna e del loro sistema di ragionamento e decisione, dei rapporti interni alla fazione fra png importanti (mi pare che per l’animale che è il Gatto ad esempio, la relativa Fazione non possa che essere caratterizzata da più partiti e modi di vedere e approcci).

Insomma l’Ambientazione come Metafora, che spiegavo e spingevo sopra, starebbe molto di più al centro del gioco concreto.

Invece le Mosse di Fazione collegate alla track line numerica sono tutte individuali e ci dicono qualcosa solo del singolo individuo e dei suoi vantaggi e del suo “peso sulla Fazione” per realizzare azioni sue personali.

Significa che la meccanica spinge inesorabilmente verso un tipo di gioco da party sandbox di vagabondi-eroi che fanno azione-casino.

Non mi interessa ed esecro chi ama questo tipo di non gioco.

Non so se sono riuscito ad essere più chiaro.

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Sì, decisamente più chiaro :slight_smile:
Danno concept totalmente diversi usarli come orologi, come etichette, come aggiunte ai risultati delle mosse oppure come tag da spendere, però funzionerebbero meglio del numero :slight_smile:

Ciao :slight_smile:

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E qui veniamo ad un altro aspetto del gioco.

Il sistema ha le seguenti currency: Ferite. Fatica. Consumo.

E prevede l’Ingombro.

Nel senso, proprio l’Ingombro.
Che il Signore ci protegga tutti dall’ ingombro nei Pbta.

Anche DW fa uso del peso delle cose a fini di ingombro; la regola neppure lì funziona bene (almeno personalmente l’ho vista ignorare praticamente sempre e senza il minimo rimpianto o rimorso).

E questo nonostante DW sia stato pensato proprio come gioco d’azione esplorativa eroica, tombarola e non, tendente a ricreare l’esperienza di gioco di D&D, dove l’ingombro, benchè quasi altrettanto spesso ignorato, un senso forse ce lo ha.

E in Root? Cosa si vuole giocare con Root, un DW rivisto con un’ambientazione-quinta, da guerra della fattoria?

Torniamo sempre lì. Come faccio a sviluppare una storia profonda, centrata sulla guerra fra culture e popoli e il dramma che ne segue, come l’Ambientazione-Metafora sembra richiedere e sembra poter supportare, se poi mi devo preoccupare dell’ingombro?

Quale diamine è lo scopo estetico-creativo di una regola del genere messa qui, in un gioco come questo?

Certamente non fa storia ed anzi potrebbe ostacolarla.
Fa tattica? Spinge l’elemento di sfida alla capacità di gestione del giocatore?

La regola è talmente light e semplice, anzi semplicistica, che potrebbe essere tranquillamente (e con guadagno!) sostituita con la seguente: “un personaggio può trasportare ciò che è ragionevole in fiction”. Punto.
Non costituisce affatto un elemento tattico da considerare ai fini delle scelte “meccaniche” di gioco per “vincere una sfida di fiction” (come l’Ingombro in Blades o i Punti Ferita), tantomeno un elemento tematico da considerare/sviluppare per tentare di imprimere una determinata direzione alla storia emergente (come i Legami o l’incremento delle Caratteristiche).

Onestamente non capisco perchè mai i designer l’abbiano inserita.

Poichè per effettuare “manovre speciali di combattimento”, gestite da apposita Mossa, hai bisogno di armi con uno specifico tag e poichè ogni arma ha appunto un valore di ingombro, immagino che l’aspetto tattico trascinato dalla regola voglia essere quello di far scegliere al giocatore se portarsi appresso l’arma dotata del tag che consente la Mossa speciale di combattimento o no per non essere “ingombrato”.

Il gioco però non stabilisce con precisione cosa succede se sei “ingombrato”, lasciando alla fiction. Immagino si possa ragionare nel senso che “ingombrato” diventa un’altra specie di tag.

Non è chi non veda che tutto questo meccanismo è davvero poca cosa, gira in tondo e rimane piuttosto asfittico, a meno che non si focalizzi la giocata su un dungeon o un excrawl molto zommato. E poi e poi.
Ed anche se usata per quello, paradossalmente, risulta del tutto insoddisfacente e poco rilevante rispetto alla finalità del tipo di giocata.

Dal mio punto di vista, la regola sull’ingombro può tranquillamente giudicarsi puro service simulazionista da gioco neo-tradizionale e rumore di sottofondo.

Arrivati alla quarta partita (ciascuna di 4 ore circa) non l’abbiamo mai considerato, non è stato quasi notato e men che mai se ne è sentito alcun bisogno.

Anche qui, se proprio piace che la quantità e il tipo di cose che un pg si porta in giro abbiano qualche rilevanza meccanica e procedurale durante un gioco a storia emergente, c’è la soluzione, per me buona, di blades in the dark (e altri): scegli direttamente il livello di ingombro attuale che adotti, con penalità meccaniche e conseguenze narrative dirette e standard. Il livello di ingombro scelto ti consentirà, durante l’azione e fino a quando non lo modifichi, di bruciare un certo numero di slot per “tirare fuori dal cilindro” l’oggetto che ti necessita sul momento, con una lista di oggetti disponibili e il numero di slot da consumare per “tirare fuori dal cilindro ciascuno di essi”.

In questo modo l’ingombro sarebbe un elemento sempre presente e valorizzato e avrebbe almeno rilevanza tattica sull’azione in corso.

Non che mi faccia impazzire, continuerei a storcere il naso e a pensare che in un gioco a storia emergente l’ingombro sia un elemento superfluo nella quasi totalità dei casi e che la regola sposti inesorabilmente il focus del gioco su scene d’azione tattica un pò fini a se stesse. Ma almeno la regola non sarebbe campata per aria e una sua coerenza e finalità l’avrebbe.

A dir la verità, in Root una funzione simile a quella dell’Ingombro di Blades viene affidata alla currency CONSUMO.
Il consumo è una misura in tacche della “disponibilità di risorse materiali” del Vagabondo (nome dei personaggi giocanti).
Può calare se si spendono soldi (per varie esigenze, comprare oggetti, fare bella vita, corrompore gente etc…) o si perdono cose e può aumentare se si guadagnano soldi (da lavoro, da tesoro, da missione) o se si ricevono regali. Intuitivo.
Viene inoltre concesso di segnare tacche di consumo per, come in Blades appunto, “produrre dal nulla oggetti mondani alla bisogna”.
Mi sta bene, mi piace anche.

Ma allora, a maggior ragione, che me ne faccio dell’Ingombro? Basta il consumo come regola per gestire l’equipaggiamento, oltre che la fiction, al fine di “far direzionare” la storia emergente ai giocatori con qualche colpo di teatro e invenzione creativa sul momento da parte loro.

Sarebbe comunque, a mio giudizio, peggiore della corrispondente regola sull’Ingombro in Blades in the Dark: in Blades l’ingombro non è tuttuno con la capacità di spesa e il relativo livello non dipende dalla ricchezza, è più, almeno in partenza, una specie di caratteristica del personaggio, del libretto, che dice molto su di lui e su che cosa si porta normalmente dietro e sulle correlate sue intenzioni.
L’ ingombro così concepito “direbbe qualcosa” sul pg ed il suo atteggiamento verso il mondo e verso gli altri. E fonderebbe in ogni momento possibili reazioni dei png al Vagabondo.
Il Consumo invece è prima di tutto “altro” rispetto al tipo e numero di oggetti che il Vagabondo usa e preferisce.

Oh, @ranocchio , io continuo eh… arriverà anche dell’actual play, giuro.

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@Davos Colgo l’occasione per farti una domanda dato che hai esperienza diretta di ROOT.

Consiglieresti ROOT a qualcuno – come nel mio caso – che ha cominciato a giocare più di frequente Apocalypse Word IIe, Dungeon World, Urban Shadows, Fantasy World e Sagas of the Icelanders? Vale la pena provare questa declinazione di un PbtA? Mi perdo qualcosa?

No non credo che ti perdi nulla.
Continua tranquillamente con AW, FW e Sagas.

Ma sappilo Lord! Se era un modo per fermare la mia recensione fiume non funzionerà! ^^‘’
Devo essere abbattuto a fucilate!

Per chi non ha voglia di leggere i prossimi 75 post (in comodi fascicoli) anticipo quello che, in soldoni e senza scendere nel dettaglio di diverse mosse penso : l’unica cosa “nuova e rilevante” di Root per un PBTA potrebbe essere l’Ambientazione se fosse intesa, sviluppata e implementata dalle meccaniche come l’Ambientazione di Historia, l’adattamento della 5ed di D&D .
Purtroppo le meccaniche non lo fanno e spingono il solito gioco di un party di canaglie finto spietate e durissime ma in realtà dal cuore giusto che fanno azioni cinematografiche proattive sullo sfondo di un mondo in lotta tra fazioni.
Si tratta di una banalizzazione sia dei temi e della storia potenziale, sia delle meccaniche.

Tornando indietro non lo acquisterei.
E’ stato inserito nella lista dei giochi che concorrono a gdr dell’anno.
Se posso permettermi: c’è altro.

Detto questo, si lascia giocare e non è da buttare affatto, non sostengo questo.

Ciao

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Ciao!
ma sopratutto ciao @Davos !

io sono alla 4° esperienza con questo gioco, lo sto provando molto per il gioco di ruolo dell’anno (sono in giuria).
ammetto che la tua analisi, che ho tenuto a mente quasi fin dalla prima lettura del gioco, mi ha a suo modo aiutato tanto.
a brevissimo la giuria dovrà prendere la decisione finale e mi spiacerebbe non leggere almeno una parte in più della tua analisi, specialmente per quello che riguarda le mosse con le armi.

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