Ciao Players sono curioso di sapere quali modifiche (hack) avete fatto al regolamento di DW (libretti, mosse del GM…) per ricreare qualche saga letteraria tipo: Tolkien, the Witcher, Conan, I Nani di Markus Heitz, o Elric.
Salve avventurieri! Ho visto ultimamente alcuni post dove si dice di utilizzare DW per giocare una partita che prenda spunto da una certa ambientazione, come ad esempio Skyrim o Ravenloft.
Ho sempre avuto una certa attrazione per il giocare “quella ambientazione”, anche se quando ho davvero valutato la cosa, sono arrivato a un paio di questioni per me insormontabili.
In particolare le argomentazioni che più mi hanno frenato sono state:
Ho sempre trovato che la creazione del mondo, condivisa tra i giocatori, come una delle parti più interessanti e soddisfacenti. Se per esempio giochiamo con l’ambientazione di Skyrim, potrei sempre inventarmi la città di Icywind in uno degli “spazi bianchi” della mappa, e poi dire che lì ci sta una nuova fazione ecc… A quel punto se però comincio ad inventarmi la maggior parte delle cose, come è lecito che sia, perchè sto giocando Skyrim? Anzi la vera domanda diventa: sto giocando Skyrim o sto giocando qualcosa che mi invento con le caratteristiche dell’ambientazione di Skyrim?
Trovo che DW sia molto democratico e che appiattisca molto l’esperienza dei giocatori. Con questo voglio dire che in una partita a DW, i giocatori si siedono al tavolo e senza bisogno di preparazione alcuna giocano. Ognuno ha lo stesso peso e la stessa conoscenza del mondo che hanno gli altri, proprio perchè prima di sedersi al tavolo il mondo non esiste. Se invece prendo per esempio Forgotten Realms, occorre che ci sia un giocatore(DM) che sappia come sia il mondo e ne sia il responsabile(spiega agli altri cosa devono sapere, fa reagire il mondo sulla base dei canoni dell’ambientazione e decide su quale tema impostare la campagna). Per non parlare del giocatore esperto che conosce a menadito città, organizzazioni ecc. Ok, con DW potresti sempre fare domande provocatorie e costruire sulle risposte ma questo porta a due risultati differenti a seconda della persona che risponde alle domande:
Giocatore che conosce l’ambientazione: darà risposte che rispecchiano l’ambientazione, magari riportando proprio le informazioni dell’ambientazione. Facendo così si perde, secondo me, la creazione condivisa del mondo.
Giocatore che non conosce l’ambientazione: si inventerà le cose come gli piacciono a lui. In tal caso però si corre il rischio di reinventare interamente parti dell’ambientazione, perdendo così lo spirito della stessa.
Personalmente nelle mia partite, il mondo è sempre stato creato come indica il manuale, tramite domande e risposte. Talvolta alcuni giocatori hanno portato in gioco elementi presi in prestito da opere esistenti(ricordo un paladino che aveva preso in prestito la struttura del suo impero di provenienza dal sultanato storico di “Saladino il magnifico” oppure un chierico che rivolgeva le sue preghiere a R’hllor di GoT), però per il resto ci siamo sempre inventati tutto.
Vorrei sapere cosa ne pensate di questi punti e magari mi piacerebbe avere il parere da qualcuno che ha unsato DW per giuocare “quell’ambientazione”. Qual’è stata la sua esperienza? E’ stato soddifacente? Pechè?
Io ho sempre usato DW, quando non inventavo ambientazioni da zero, per giocare a “qualcosa ispirato a…”. In genere tutti i giocatori avevano una panoramica dell’ambientazione (temi, stili, cose particolari che la caratterizzano) ma poi ognuno inventava a ruota libera. Quindi non si giocava a Lupo Solitario od a FR, ma a qualcosa ad essi ispirati.
Secondo me, con la creazione del mondo di DW, più che giocare a “quell’ambientazione” puoi giocare a “il feeling di quell’ambientazione”, che poi è quello che fanno in senso più generale i pbta: puoi giocare una storia ispirata da quel tipo di storie.
Per esempio, non giocheresti a Ravenloft, ma giocheresti a qualcosa che parte dalle premesse di Ravenloft: eroi del fantastico catapultati in un mondo horror chiaramente ispirato a Dracula di Bram Stoker. Ovviamente, più i giocatori conoscono i riferimenti più è facile avvicinarsi all’ambientazione, ma credo che sarà sempre qualcosa di originale e “ispirato a”.
Per quanto mi riguarda, con Skyrim, è stato sempre così (tant’è che in Skyrim World non ci sono mappe o lore o cronache… Solo regole che spingano al feeling di Skyrim).
Anche perché se giochi per scoprire cosa succede, includi lo scoprire il mondo. Se già sai com’è fatto il mondo, non funziona!
Sono d’accordo con quanto detto. Puoi giocare in Skyrim, ma piano piano finirai a renderla la “tua” Skyrim.
Ron Edwards famosamente disse (parafraso) che non è possibile “giocare per scoprire cosa succede” predefinendo sia personaggi che ambientazione.
Dungeon World è un gioco basato sui personaggi, quindi non è possibile predefinire l’ambientazione.
Ci sono un paio di esempi di giochi simili (penso 13ma Era, ma anche in certi sensi come affronta la cosa BitD) che invece partono dall’ambientazione e definiscono i personaggi in relazione ad essa. Ma è una cosa diversa.
Io ho partecipato come giocatore ad una campagna di Eberron. È andata benissimo. Accetti che il Master ti narrerà buona parte dei luoghi, ti spiegherà in dettaglio le razze, le famiglie, i rapporti che ci sono fra esse. Certo, i giocatori possono ancora dire molto, in particolare le “quest” non devono essere railroaded, ma presentare situazioni interessanti e lasciare che i giocatori reagiscano e agiscano.
Io sono uno di quelli a cui piace usare, col mio gruppo, le meccaniche di DW per giocare un’ambientazione già “consolidata”, perché piace ai giocatori, e perché un bel setting ha molto da offrire, al pari di uno “improvvisato”.
Vi dico la mia a riguardo, in particolare in riferimento alla domanda di @RampantBaron:
La risposta è semplice: perché, da qualche parte in me, c’è ancora quel segaiolo quindicenne che ama sognare giocando nelle ambientazioni di quando era un segaiolo quindicenne (o anche tredicenne…). Non credo di dover dare altra spiegazione, a parte questa; d’altra parte, non sto facendo male a nessuno.
Un altro buon argomento in questa direzione, lo ha portato @thekernelinyellow:
Ossia, tu giochi la tua ambientazione ispirata a quell’altra famosa. In realtà, stai solo appagando il tuo desiderio adolescenziale di raccontarti che stai giocando a quella cosa, al di là di quello che stai giocando realmente. Se può sembrarvi strano, pensate che secondo me la maggior parte dei giochi di ruolo di stampo classico si basano su questa illusione per funzionare. Eppure vendono (o, anzi, vendono proprio per quello…).
Da ultimo, mi piacerebbe dire che io, negli ultimi anni, mi sono divertito molto a creare giochi dal design moderno che servissero a me come giocatore per ridare dignità alle vecchie ambientazioni, semplicemente usandole con un set di regole che mi rendesse bello giocare quelle cose lì. Alcuni esempi molto pratici in questa direzione sono i miei tentativi con giochi come Tirnath-en-Êl Annûn, Star Wars: Le cronache dei Jedi e Ravenloft Dark.
completamente d’accordo con daniele. quando puoi giocare creando una cosa tua e scegli di usare un setting commerciale, e magari uno di quelli scritti a tavolino per venderti le listone di luoghi e poteri, stai solo assecondando lo sparaseghe quindicenne che c’è in te. che, per carità, mica mi sta sul cazzo il mio, ma lo assecondo già abbastanza con, beh, le seghe.
Io trovo invece che ci sia un enorme vantaggio nell’usare un setting “più accurato” rispetto al genericone DW: toglie l’onere al GM di lavorare tanto (improvvisando) uno dei suoi obiettivi: Dipingi un mondo fantastico.
In questo DW non aiuta e devi rimboccarti le maniche. Prendiamo il “bestiario”. Sono mostri copia-incolla da D&D. Che era lo scopo di DW eh… MA se alla seconda campagna uno vuole variare l’esperienza, ci deve lavorare. E visto che la figata di DW è che dovresti arrivare al tavolo come gli altri giocatori - senza preparare nulla - beh, avere un setting che ti aiuti in quella direzione lo trovo molto comodo e utile.
Inverse World per esempio è perfetto da quel punto di vista.
Inverse World è un ottimo esempio, secondo me, di come fare un “manuale di ambientazione” per DW. Ce ne sono altri molti buoni (o almeno così mi sembra avendoli letti, per ora IW è l’unico che ho giocato), che fanno tutti la stessa cosa: libretti e mosse custom, in questo modo distribuisci equamente il carico di creazione del mondo, perché ognuno ha un pezzo.
Eh già. Senza contare che molti giocatori che ho incontrato, ma soprattutto molti master, sono attori mediocri e pessimi scrittori.
Bisogna avere queste qualità per forza? No, soprattutto se sei un giocatore, e se puoi affidarti ai dadi per fare azioni alle quali non sei portato per tua natura di essere umano. Ma se sei Master, e quando improvvisi ricadi sempre sulle quattro cose consolidate (perché il cervello è così, sotto stress cerca le vie comode), non fai del bene alla storia, al setting e all’intera campagna, scelte con cui magari dovrai convivere per mesi.
Inoltre, con giochi alla DW il problema è doppiamente presente, perchè punti ai giocatori per storia e elementi di campagna.
E magari qui in Locanda siamo tutti fortunati, tutti grandi autori e tutti con un gran gruppo affiatato e mediamente acculturato, e vengono fuori delle belle giocate; ma la mia esperienza è diversa.
@AndreaParducci, Io davvero non capisco l’ossessione nel voler fare le cose “belle”.
Premetto: non sto dicendo che sia una cattiva idea giocare in DW un’ambientazione prestabilita – a patto che le si permetta di cambiare in base alle azioni dei giocatori. Mi diverto io stesso a giocare usando un’ambientazione già scritta come spunto, e a volte migliora davvero l’esperienza inserendo cose che non ci sarebbero mai venute in mente altrimenti.
Quello che non capisco è il concetto che giocando di ruolo bisogni raggiungere una qualità da “scrittore” o da “attore”, qualunque cosa ciò significhi. No, io penso che la prima cosa che ti venga in mente sia spesso la migliore, senza mettersi a farsi seghe mentali sulla “qualità” di quello che dici. Ciò che sembra stupido, semplice o ovvio per te sarà una rivelazione per l’altro.
È fondamentalmente un gioco: chiunque, imparato le regole, dovrebbe essere in grado di giocare.
Non c’è bisogno di mettersi ansie: sì, qualche volta uscirà qualcosa di non particolarmente originale (ricordarsi sempre di usare la “regola del sopracciglio” per mantenere il tono), ma il punto di giocare insieme a DW non è di consumare una storia prodotta da altri, o di produrre una storia che si potrebbe scrivere poi in un libro, è di produrre una storia, adesso, che tocca cose che importano ai giocatori, qui al tavolo.
Vorrei aggiungere che scoraggio attivamente le persone con cui gioco dal fare “voci”, o darsi a istrioniche recitazioni del proprio personaggio. La voce normale va benissimo, e non c’è bisogno di recitare le emozioni, basta dire apertamente come si sente nella realtà.
Beh, scoraggiare non credo sia corretto. Capisco il non voler forzare o spingere in quella direzione. Ma se quello è il modo naturale di un giocatore di raccontare la storia… why not?
Alla fine, mio babbo quando mi leggeva le storie da piccolo, faceva le voci dei vari personaggi.
Credo che intendesse (poi specificherà meglio lui) che durante il gioco uno po’ “sparare una cosa a caso” che in realtà non piace nemmeno a lui. Avendola ormai inserita, bisogna conviverci ed il gioco scivola verso situazioni che non piacciono e la campagna va a farsi benedire (successo varie volte).
Difatti, secondo me, è sempre meglio aver qualcosa di pronto da sfruttare (un incontro, un mostro, un PNG od anche solo un’idea in linea col resto) piuttosto che affidarsi al totale caso e mandare il tutto il malora.