Si si c’ero. Qual’eri tu? Io ero quello bello e vivace.
Sto mettendo insieme qualche altro esempio di continuità intuitiva preso da vecchie giocate, oltre ai 3 già citati (Grampasso; Alia la catwoman elfica; quello di @Viandante), ma confesso di dover andare indietro con la memoria e di dover fare una difficile “analisi storiografica delle giocate del passato anche lontano” che non è sempre chiara per primo a me stesso.
Quindi ci metto tempo.
Vorrei però dire una cosa preliminare, più per chiarire a me stesso la rilevanza del thread che per spippettare chi legge.
Questa cosa della continuità intuitiva non dipende dal tipo di concetto di divertimento che si adotta.
Non dipende proprio, cioè non ha un collegamento necessario, con il divertimento (qualunque cosa sia e comunque lo intendiamo) che possono avere i partecipanti alla partita, nè con il gusto astratto per alcuni elementi del gioco o del fun o del flow o di quello che volete voi, che ciascuno abbia.
Lo dico perché la complessità e difficoltà (ma anche la profondità ed erudizione) degli ultimi interventi di @Rugerfred e @Matteo_Sciutteri sull’argomento gioco e divertimento possono aver creato nel forum e nei suoi partecipanti un senso di:
“che stiamo a parlarne a fare, la cosa è molto più grande, meglio lasciar parlare gli esperti”; o di:
“se ragioniamo di qualunque cosa dobbiamo prima rifarci a quei modelli o usare quei meccanismi/elementi interpretativi, o almeno stare attenti a che il discorso torni rispetto a quelli”, o ancora di:
“La cosa è talmente ampia e ramificata, le opinioni talmente diverse e articolate che ogni cosa si equivale, ogni risposta è giusta nel suo contesto, insomma … tutti i gusti son gusti e io starò da qualche parte della tabella di Montola o Erik il vichingo o Motorola o qualche altro accademico”.
Non è così.
Piangete in antico goto se volete, ma io sono convinto e straconvinto che la continuità intuitiva (come altri suoi parenti e altre cose…) uccida il gdr OGGETTIVAMENTE.
Perché è barare. Come il railroad.
Ma ancora peggio è togliere realtà all’immaginato.
Il che naturalmente suppone che una qualche forma di realtà, seppure secondaria, l’immaginato ce l’abbia e che questa realtà sia il tessuto stesso del gdr, il suo principale componente