Catene di Vapore: una piccola campagna di gioco solitario

Qualche mese fa ho portato avanti una campagna in solitaria usando Cog & Compass (un gioco basato su Loner), ambientata in una New York alternativa del 1880, dove la rivoluzione del vapore ha portato automi senzienti, motori analitici da scrivania e tecnologie socialmente e politicamente destabilizzanti. L’ambientazione si colloca dopo una divergenza storica nel 1851, durante la Grande Esibizione di Londra, e ha un tono da proto-distopia industriale, rigorosamente senza magia: non è un gaslamp fantasy.

Il protagonista era Bartholomew High Tower, mastro meccanico con debolezza respiratoria e reduce di guerra, oggi attivista clandestino per i diritti degli automi. La sua nemesi era Phileas Ironclad, giovane deputato industriale, esponente di una dinastia di fabbricanti d’armi e tecnologie senz’anima.

Se siete curiosi è tutto registrato sul mio canale YouTube:

https://www.youtube.com/playlist?list=PLsC0jrDZIESr9eqxTpRsAu-9Jfipkm7j1

Cosa ha funzionato (per me)

  • Narrativa emergente: non avevo ovviamente pianificato né l’arco di Bartholomew né la sua morte, che è arrivata durante la quarta sessione, durante un’infiltrazione andata male. Poco prima della sua dipartita un tiro sulla tabella dei “Colpi di scena” aveva decretato che “l’eroe entra in scena”. Ma come? Non era Bart l’eroe? E chi l’aveva mai detto! Entra in scena quindi Harley Steelgrave, con l’inaspettato sviluppo che fino a quel punto avevo giocato solo una lunga premessa agli eventi di quel mondo. Inserire i risultati di tiri casuali non è sempre semplice e costringe il giocatore solitario a ricordarsi di un presupposto fondamentale: l’oracolo non è un GM, è solo un generatore di incertezza. Le decisioni le prende il giocatore. Comunque il gioco ha retto benissimo il passaggio di testimone a un nuovo protagonista.

  • Relazioni vive e coerenti: nonostante l’assenza di schede PNG, ho potuto costruire rapporti complessi e dinamici con personaggi come Arabella (giornalista idealista diventata complice ricattata), Evangeline (poetessa radicale e leader del movimento), e Anton (luogotenente criminale pragmatico). I ruoli sono cambiati nel tempo: da alleati a pedine, da contatti a minacce.

  • Tono e genere mantenuti senza appoggi esterni: Cog & Compass fornisce pochi strumenti specifici (famigli meccanici, sensibilità ai meccanismi a vapore, tabelle di ispirazione), ma che trovo utili a supportare sia il genere che l’ambientazione che ho creato. Il tono steampunk politico/sociale è emerso naturalmente da prompt e tag.

  • Uso di risorse esterne: in alcune scene ho usato un mazzo di carte personalizzato (Game Master’s Apprentice Deck Steampunk) per stimolare l’immaginazione. Il regolamento non lo richiede, ma l’ho trovato perfettamente compatibile.

Le criticità (secondo me)

  1. Costruzione dell’ambientazione specifica: ho avuto difficoltà a creare l’ambientazione specifica (New York 1880) partendo da quella generale contenuta in Cog & Compass, a dimostrazione che la preparazione resta un snodo fondamentale nel gioco di ruolo solitario: deve essere flessibile per permettere di riempire con ciò che emerge dal gioco, ma non lasco tanto da poter essere “sabotato a discrezione del giocatore”.

  2. Coinvolgimento: in generale non mi sono sentito molto coinvolto nelle vicende che sono emerse, tanto da decidere di interrompere quando ho percepito che si chiudeva, in modo naturale non prefissato, un “filo narrativo”. Questo resta un rischio concreto del gioco solitario, ma è una conseguenza genuina di adottare la fiction emergente in toto

A margine: che cos’è Loner, e come lo uso

Loner è un regolamento che ho progettato per il gioco di ruolo in solitaria basato su Freeform Universal. Usa solo due d6, una manciata di tag (parole chiave) e un Oracolo che risponde sì/no. Non ha statistiche, livelli o punteggi. Le scene si giocano dichiarando intenti, facendo domande e costruendo fiction coerente con i tag e l’esito dei dadi.

Io lo uso come struttura base per creare storie emergenti: non definisco alcuna trama, non predispongo nessun arco narrativo. Mi limito a preparare un personaggio e un contesto, poi gioco scena per scena, lasciando che le connessioni si formino da sole. Cog & Compass è un’espansione standalone dedicata allo steampunk che ho usato come cassetta degli attrezzi per Catene di Vapore, ma sto espandendo l’ecosistema con altri regolamenti standalone per supportare il gioco in generi diversi.

Quello che mi interessa è vedere come cambia un personaggio nel tempo, come evolvono le sue relazioni, se riesce a tenere fede a ciò che crede. Mi piacciono i giochi che lasciano spazio di manovra. Loner in questo senso non obbliga a niente: puoi portare avanti una lunga storia come chiuderla dopo quattro scene.

3 apprezzamenti

In primis, questo è un ottimo post per Giochi e giocare e dovrebbe essere messo come esempio su come scrivere un buon resoconto.

Tornando al contenuto:

Sono sempre rimasto un po’ fuori dai ragionamenti sul gioco in solitaria. Ne ho giocati un paio, alcuni mi hanno convinto come giochi di ruolo, altri non mi hanno convinto. Ho un’impressione che molti di quelli che non mi hanno convinto siano poco più di un esercizio di scrittura con spunti pittoreschi (anche alcune istanze citate qui sulla Locanda). Ma assolutamente non vorrei che il gioco in solitaria fosse screditato dai suoi esempi peggiori.

Sei una delle poche persone che mentre parla di giocare in solitario sento fortemente che stai giocando di ruolo: il fatto che senti che questi personaggi hanno preso delle decisioni che sono emerse quasi come se lo volessero loro, che tu sei stato semplicemente un interprete di quanto successo, quasi come uno storico che scopre fatti già avvenuti.

Ti spiego io come concettualizzo la cosa e dimmi se ti ci ritrovi o se sono fuori strada.

In un gioco di ruolo con due o più persone, il tessuto del giocare è formato dal fatto che abbiamo una conversazione, ci ascoltiamo reciprocamente e diamo importanza a quello che dice l’altro: lo reincorporiamo. In più, questi contributi si intersecano, seguendo le autorità rispettive, i vincoli e gli strumenti imposti dal gioco scelto. E infine, il contributo dell’altro agisce come vincolo sul nostro contributo: il fatto che l’altro ha fatto quella mossa ci presenta uno spazio decisionale nuovo e ci obbliga a rivalutare la nostra prospettiva.

In un gioco di ruolo in solitaria, tutto quanto detto prima è vero, se non per il fatto che siamo in una conversazione con noi stessi, e ogni volta ascoltiamo e diamo impatto al nostro “sé passato”. Le regole del gioco mettono in luce le decisioni del sé passato come se fossero quelle di un’altra persona il contributo della quale dobbiamo reincorporare esattamente come sopra.

Ha senso per te?

Mi ci trovo al 100%.
Sto cercando nei miei interventi sulle varie piattaforme di sfatare il mito che un Emulatore di GM sia ciò che si definisce, ovvero che non sia né un GM né un emulatore: non è una persona, quindi l’unica cosa che può emulare (o meglio dire esternalizzare) è una risposta secca.
Ma quello che sfugge ai più è proprio che quella risposta è solo un randomizzatore, l’interpretazione resta del giocatore.
Ci sono GDR solitari che non hanno neanche questo strumento, ma generalmente tutti esternalizzano (o meglio randomizzano) qualche parte della procedura. Il cuore dell’esperienza resta in ogni caso, come evidenzi tu, il continuo dialogo con il sé presente e quello passato.
Viene da sé che va mantenuta la totale consequenzialità, altrimenti tanto vale scrivere un racconto in cui puoi muovere pezzi e riscrivere a piacere.

4 apprezzamenti