Quanto è legittimo tenere elementi della situazione indeterminati, e determinarli dopo?

Mi correggerà chi ha dato inizio alla discussione se mi sbaglio, ma per me il concetto di “continuità intuitiva” è legato all’esempio famoso dell’“ogre quantico”: non importa se nel dungeon scegli la porta sinistra o quella destra, l’ogre che il GM vuole tantissimo farti incontrare sarà nella prossima stanza in cui entri. Insomma, lo spazio di gioco è in uno stato nebuloso che “si materializza” intuitivamente a seconda di quello che il GM pensi sia meglio fare.

Insomma, viene usato in accezione negativa perché il rischio è che “tolga agency” ai giocatori, diminuisca il peso delle loro scelte, visto che a prescindere da quello che fanno il risultato sarà sempre lo stesso e il mondo non ha una vera solidità.

Nel forum se ne è parlato a profusione se provate a cercare, per esempio in questo topic lunghissimo.

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Sto scrivendo una risposta lunga che spiega nuovamente anche quel termine. In breve—dato come si è evoluto il suo uso negli ultimi tre anni, penso che sia un termine da abbandonare

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Sarebbe molto utile (idealmente) avere il punto di vista delle persone che hanno partecipato alla giocata citata nel post iniziale. In particolare troverei interessantissimo quello della GM.

@coelicidium, tu da giocatore hai qualcosa da aggiungere rispetto a come è stata riassunta?
Prima della faccenda della talpa, qual era l’obiettivo dei vostri PG (quello per il quale quei PNG risultavano “concorrenti”)? E come era stato introdotto in gioco quell’obiettivo?

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Non voglio esprimere alcun giudizio sulla giocata (non c’ero). Mi limito però a chiarire cosa vuol dire allo stato attuale della conversazione “Continuità Intuitiva” come da scopo del thread. Se si trovasse un termine diverso o più utile, non avrei problemi ad abbandonarlo.

Riprendendo dall’RPG Theory Glossary:

This is a method of GMing RPG sessions where the GM uses the players’ interests and actions during initial play to construct the back-story of the scenario retroactively.

Traduzione

Questo metodo di masterare [non trovo termine migliore per rendere GM come verbo e non come sostantivo] usa gli interessi e le azioni dei giocatori durante l’inizio del gioco per costruire la backstory dello scenario retroattivamente.

Intuitive Continuity in questa definizione appare per la prima volta nel gioco UnderWorld nel 2000 e qualcosa (conferma sia da RPG Theory Glossary che da questa recensione dell’epoca su RPG Net).

Credo che le parole di Ron esprimano molto bene cosa si intenda per continuità intutiva in questo post di Adept Play.

Grégory’s point that “you don’t know who the villain is” – for which there are two ways to read it. One is the Trollbabe, Sorcerer, Circle of Hands way, in which the NPCs are who they are, and their responses are emergent; vs. the moving-clue or moving-plot-role way, in which a needed or desired role for an NPC can be shifted to whomever the players seem most interested in. The former is not intuitive continuity and the latter is.

Traduzione

Il punto di Grégory secondo il quale “non sai chi sia il cattivo” può essere interpretato in due modi. Uno è il modo di Trollbabe, Sorcerer, Circle of Hands, in cui gli PNG sono ciò che sono e le loro risposte sono emergenti; questo in contrasto con la modalità di trattare indizi o parti della storia come elementi mobili, in cui un ruolo necessario o desiderato per un PNG può essere spostato su chiunque sembri interessare di più ai giocatori. Il primo non è una continuità intuitiva, mentre il secondo lo è.

Fai continuità intuitiva quando succede questo: hai eventi e persone che chi ha i compiti di Game Mastering in quel momento sovrascrivere per due possibili motivi:

a) Gli elementi che ha delineato introducono elementi caotici e si vuole controllarli. Quindi, si sterilizza la situazione cambiando a posteriori elementi della backstory ( i.e. Quello che succede prima della situazione e da cui prende piede).
b) C’è l’ansia di Quality Assurance della giocata; quindi, per non deludere un’intuizione delle persone al tavolo, si accontenta l’aspettativa e si manda all’aria i punti fermi.

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Forse la mia considerazione non sarà molto utile alla discussione, ma io trovo il termine “continuità intuitiva” se mi consentite il gioco di parole… Controintuitiva.

Infatti, la prima volta che l’ho incontrata avevo capito che fosse niente affatto negativa e pensavo si riferisse al caso 1 illustrato da Edwards come riportato da @LordPersi

Grazie per il chiarimento, la mia esperienza non può essere di ulteriore contributo, dato che per fortuna tali fenomeni di retcon non sono mai avvenuti ai tavoli in cui ho giocato

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Ne abbiamo già parlato parecchio in altri topic. Consiglio agli interessati di andarli a recuperare, era uscita parecchia roba.
Questo, ad esempio:

Sono curioso della definizione (possiamo dire così?) del termine che Ranocchio vuol tirare fuori, di modo che si possa essere tutti allineati quando se ne parla.

Checché se ne dica, io ritengo utile la creazione di una sorta di vocabolario dei termini critici. So che questo può creare l’idea di una comunità insulare, che si chiude parlando “in codice” e che rischia di capirsi solo internamente, ma in realtà è uno strumento valido. Aiuta tutti, soprattutto i nuovi membri, dicendogli: “Qui questo termine lo usiamo così, e per questi buoni motivi”. Avere una base condivisa aiuta a capirsi meglio.

Inoltre, credo che il titolo del topic sia (parzialmente) fuorviante: il GM può sempre introdurre nella situazione nuovi elementi, in ogni regolamento.

Ben diverso è il master che ascolta i giocatori, e quando interpellato su un elemento decide di mandare a monte la sua preparazione iniziale, sovrascrivere quello che aveva già deciso, per andare dietro ai giocatori. E questo anche se quell’elemento lui ce l’aveva segnato, ma finora in gioco non era ancora mai venuto fuori.

E la situazione è ancora diversa se lui quel dettaglio nemmeno lo aveva preparato, e sul momento decide che andare dietro ai giocatori suona bene, e quindi lo conferma.

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Grazie Andrea, ho cambiato il titolo. Fammi sapere se lo trovi migliore o mandami un messaggio diretto se hai un altro suggerimento.

Il problema è che molte di queste cose non sono cose imparabili tramite testo. Sono cose che i giocatori nuovi imparano intuitivamente e velocemente, e non hanno bisogno di parole speciali per descriverli, mentre noi “veterani” abbiamo bisogno di praticamente fare terapia di riabilitazione pratica. Non esiste qualcosa che leggi e “conosco il kung fu” come Neo di Matrix.

Storicamente, l’effetto di tali glossari è stato una marea di persone che non avevano capito, ma che si riempivano la bocca di paroloni.

Basta vedere l’uso orrendo fatto della metafora della band jazz in Italia, o i termini di teoria usciti da GCG. O anche quello che è successo in questo forum dopo che ho rilasciato il podcast sulle autorità, o dopo la conversazione sulla continuità intuitiva.

Per questo manterrei i termini al minimo indispensabile. Penso che “autorità” serva—se poi volete chiamarla con un altro nome, tipo “responsabilità”, a me non da mica fastidio.

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Spezzando una lancia in favore di davos, riporto in sintesi qualcosa di cui non ricordo i dettagli fini, ma che accadde quando masteravo dnd 3.5.

L’esperienza la sentii negativa, diversamente da quanto successo a Markuskron. Tuttavia credo che Markus, in linea col mio messaggio originale, abbia fatto notare qualcosa di importante:

Per me queste sono opportunità verso nuovi bang, mi fanno porre domande che non mi sarei posto perchè come essere umano il mio occhio andrà sempre verso qualcosa evitando altro.

Infine parlerò dell’ogree quantistico, fatto notare da Chiaki.



I personaggi arrivano in città. Una città abbastanza popolosa in prossimità di un evento molto importante.
I furti sono all’ordine del giorno durante quelle settimane di grande movimento.

I personaggi alloggiano in una Locanda e di notte vengono derubati in modo estremamente furtivo.

Un giocatore se ne esce con:
“Beh, era ovvio. Alcuni locandieri si saranno segretamente accordati con dei ladri in questi giorni di turismo.
Passano loro informazioni e pure le chiavi delle stanze. Nessuna finestra rotta, nessun danno alla locanda. Tutto troppo ordito”

Era un’ottima idea, dunque la presi.

I giocatori contenti, io no.
Io non mi divertii perché non avevo giocato. Sentivo il terreno sotto i miei piedi instabile in quanto avevo l’autorità di creare qualsiasi cosa, anche un patto immaginario tra locandiere e ladri, che per quanto figo secondo i canoni estetici sia miei che dei giocatori, rompeva la mia facoltà di giocare a qualcosa (diversa da far giocare qualcuno).

Devo dire che quei due anni mi portarono ad allontanarmi dal gioco di ruolo. Ne discutevo già sul gruppo telegram. Io non scoprivo niente, creavo informazioni sul mondo, sulle relazioni tra NPC, sui retroscena degli NPC, su interi luoghi, reagendo agli input dei giocatori. Ero la console di gioco, non un giocatore come tutti gli altri con un ruolo diverso.



In questi due ultimi paragrafi, come avete notato, sono quasi opposto al mio primo messaggio.

Qua scrivo:

Io non scoprivo niente
Autorità di creare qualsiasi cosa, anche un patto immaginario

Mentre inizialmente:

Anzi, la possibilità di scoprire che ci sia una talpa e svilupparla e magari finire per renderla un threat è interessante anche per il master.

Ciò che riesce a coadiuvarle, secondo me, è riportato nella frase successiva del pezzo riportato sopra:

Bisogna stare attenti, bisogna capire cosa si vuole cambiare senza rovinare il proprio gioco

Ed ecco la frase di Davos:

Ognuno giochi come crede, io parlo sempre con il cuore alla realtà dell’immaginato

Sono totalmente d’accordo con questa.
Sono totalmente d’accordo col disseminare indizi per presentare qualcosa, che sia un threat, un fronte ecc.

Tuttavia mi piacerebbe tanto poter scoprire una talpa da master ed onestamente sono stanco di non poterlo fare. Anche io vorrei scoprire il mondo, creare retroscena inaspettati pure per me.
Perché non posso farlo?

Il secondo paragrafo nell’immagine di aw che ho postato è importantissimo, ma è così vago che non si capisce bene come scoprire attivamente qualcosa senza darsi la zappata sui piedi di cui Davos parlava.

Sto pensando molto a come far scoprire al master qualcosa di importante, che non cambia i fronti o i threats preesistenti.

Definire se c’è una talpa o meno, prima di presentarla, rientra nella realtà nella testa del master.

Cambiarli significa togliersi la solidità del proprio immaginato.

Introdurli ed amalgamarli al resto, rendendoli nuovi fronti, nuovi threats, sarebbe una possibilità che mi piacerebbe veramente giocare ed a cui sto ultimamente lavorando.

Cito una frase nel thread linkato sopra.

In pratica come se dicessi ai giocatori (mi ricordo che Ron usò proprio questa espressione nel suo seminario a Lucca Comics di qualche anno fa): “non vi preoccupate, voi continuate a ballare che vi tengo e vi conduco io” (“don’t mind, just dance, i will keep you going…”)

E cito pure:

Riassumo, quello che dice Edwards è che ci sono due modi di inventare la trama al momento (dal punto di vista del GM):
• Intuitive continuity: so più o meno che tipo di cose devono avvenire in questo genere di storia, e le faccio accadere al volo prendendo spunto dai suggerimenti dei giocatori.
Secondo Ron: Minimizzo o abbandono la preparazione ma mantengo il controllo sulla direzione della trama.
• Bang-based play: mi preparo in anticipo e uso degli strumenti (si riferisce ai Bang di sorcerer) in maniera da mettere i personaggi in dei punti di nesso dove devono fare delle scelte, che possono andare in qualunque direzione, e semplicemente reagisco in base alla scelta compiuta.
Secondo Ron: Utilizzo un tipo di preparazione meglio descritta come prontezza e abbandono il controllo sulla trama.

Ciò che si sta descrivendo in questo thread come continuità intuitiva, corrisponde alla spiegazione secondo Ron di Bang-based play, senza alcuna preparazione.

Descrivere questo fenomeno, vivace e male organizzato come ciò che ha detto Lorenzo-M:

Non so bene cosa voglia dire “continuità intuitiva”, ma se posso fare un paragone con la musica è come quando una jazz band improvvisa, e ascoltando la musica tutti i musicisti ne vengono suggestionati e costruiscono su quanto sentono… il pianista suona una nota particolare e il trombettista la intercetta, si addegua o ne aprofitta, e il brano cambia di tonalità, in maniera fluida se tutto va per il meglio, ma imprevista.



Per quanto riguarda l’ogree quantistico, ho cambiato l’opzione al riguardo durante una discussione con froggy, il cui contenuto spero venga citato quando farà il messaggio completo.

La quantisticitá dell’ogree simboleggia il fatto che finché un informazione di un elemento del gioco non appare al tavolo, non esiste.

Se ci troviamo in un Dungeon ed abbiamo 2 possibili strade ed in una di esse sta l’ogree, indipendentemente da quale strada si prende i personaggi incontrano l’ogree.

Spesso viene utilizzata in cinematografia: quando qualcosa di brutto potrebbe accadere, allora accade.
Una sorta di legge di murphy che ti farà trovare l’ogree, qualsiasi via tu intraprenda.

Ci sono 2 possibilità dunque:
Il master aveva deciso che l’ogree fosse nella strada a destra e se i personaggi scelgono di andare a sinistra, allora lo sposta a sinistra per bellezza cinematografica.

Il master non aveva deciso la sua posizione e l’avrebbe fatto trovare indipendentemente dalla scelta.

In entrambe queste possibilità ai personaggi è stata tolta la possibilità di non trovarlo.

Una buona domanda è:
Dove si trova l’agentivitá dei giocatori?
Il mondo è condiviso, ma queste specifiche informazioni si trovano solo nella testa del master.

La vera domanda a mio giudizio, indipendentemente dalla presenza o assenza di agentivitá per questa specifica richiesta è:
Interessa veramente a qualcuno se l’ogree stia a sinistra o a destra?

Se i giocatori vogliono affrontare un l’ogree, sono contenti se lo trovano, mica rattristati. Loro giocano per affrontare pericoli nella maggior parte dei giochi. In aw ad esempio è scritto chiaro e tondo.

Io credo che molto spesso si facciano fare scelte inutili, ovvero con esiti non interessanti.

Io, come tante altre persone con cui ho parlato, quando giocavo a dnd 3.5, richiedevo tiri per azioni non regolamentate dal manuale e non facevo tirare alcun dado per risolvere azioni regolamentate dal manuale.
Alcuni tiri sono interessanti, altri noiosi perché non portano ad esiti significativi.
La necessità di decidere arbitrariamente quando far tirare l’ho sentita in giochi come Dnd 3.5, piuttosto che giochi come Apocalypse world, ben regolamentati sotto questo punto di vista.

In alcuni giochi sapere se l’ogree sta a sinistra o destra è interessante. In altri non lo è.



Tornando al discorso, la domanda non è se la talpa è Quantistica, ma se la sua quantisticitá intacca negativamente o positivamente il gioco.

Nel mio esempio ha intaccato negativamente, ma solo la mia esperienza di gioco, non quella dei giocatori.
Nell’esempio di Markus ha intaccato positivamente.

Credo in generale che riuscire a capire quando la situazione è tale per cui un elemento quantistico aiuta a giocare bene e quando invece intacca negativamente sia un passo fondamentale per riuscire a giocare un medium come il gioco di ruolo, che si basa tutto sulla soggettività degli individui che lo praticano.

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Da questo punto di vista, forse, può aiutarti quello che c’è scritto nel manuale di Blades in the Dark - per lo meno, a me ha aiutato molto sul tema.

Quando sono arrivato qui sulla Locanda, anni fa, ero un grande fan del “seguire le idee dei giocatori” rendendo non solido il mondo di gioco.
Poi ho iniziato a cambiare modo di giocare, ma è un percorso tortuoso e pieno anche di dubbi (e paura di “fare la cosa che so essere quella che non voglio fare ma che per abitudine potrei finire a fare cmq”).

Il problema, per me, è stato capire dove tirare la linea.
All’inizio, prendevo tutti gli interventi dei giocatori e li reintroducevo nel gioco. Ogni loro idea, veniva macinata da me e risputata in gioco (magari rielaborata un po’ ma il senso era quello).
Questo, appunto, rendeva le giocate “epiche” per loro, ma come tu stesso dici toglieva a me la possibilità di scoprire le cose.
D’altra parte, come GM devo (e voglio) improvvisare - per cui da qualche parte devo prendere spunti, no? Infatti, quando i miei giocatori fanno qualcosa di totalmente inaspettato per me, mica posso dire “ehi, questo non lo avevo pensato quindi non puoi farlo”. E visto che io ho i giocatori totalmente folli, questa situazione capita spesso.
E molti giochi mi suggeriscono e chiedono, se non ho idee interessanti, di appoggiarmi ai giocatori.
Quindi, a un certo punto, ho iniziato a domandarmi “ok, ma quindi se loro fanno una cosa che io manco avevo immaginato passasse nel loro cervello, e non ho idee decenti… e chiedo a loro di darmi degli spunti… che differenza c’è con quello che facevo anni fa?”.

Le risposte che mi sono dato, anche alla luce del paragrafo del manuale che ti ho messo sopra, sono le seguenti:

  1. Nel primo caso non lo facevo per necessità (non ero in difficoltà), ma perchè mi sembrava che la loro idea fosse più bella della mia. Dove “più bella = si divertiranno di più così”
  2. Nel primo caso non ero di fronte a una situazione inaspettata, ma di fronte a una situazione che io avevo pensato in un modo e che avevo cambiato seguendo i loro consigli.

Per cui, quello che adesso faccio, e di cui sono soddisfatto personalmente, è questo:

  1. Ci sono delle realtà obiettive, solide e che non possono cambiare. Queste vengono determinate nella mia preparazione o - anche - nella mia improvvisazione. Sono un po’ come le regole scritte del gioco: per cambiarle, deve esserci un reale bisogno e comuque mi devo fermare e discutere con tutti i giocatori della cosa.

Per esempio: stabilisco che il Re del regno sta morendo e che il suo morbo può essere curato solo dal sangue di Drago Nero.

  1. Ci sono delle realtà malleabili, o meglio delle possibilità - quelle che il passaggio delle regole di Blades chiama “fiction potenziale”. Queste nascono dalla mia preparazione, quando voglio lasciare qualcosa di non definito al 100%, dalla mia improvvisazione e anche dalle azioni dei giocatori.

Per esempio: nella mia preparazione decido che il locandiere è un tipo taciturno e diffidente. Mi segno due domande “qualcuno in passato lo ha tradito? Oppure nasconde un segreto oscuro?”
Per esempio: quando un giocatore dice di voler mandare una lettera al consigliere del Re, mi appunto due domande “la lettera arriverà a destinazione, o sarà intercettata dalla gilda rivale?”

  1. Ci sono delle realtà che io non ho pensato, e che se vengono tirate in ballo durante il botta e risposta attorno al tavolo, devo definire. E possono essere del tipo 1 o del tipo 2. E, se quando devo farlo, non ho idee che io ritengo interessanti, allora chiedo al tavolo di aiutarmi.

Questo approccio mi ha aiutato molto nel capire dove tirare la linea e come bilanciare il “non devo / posso preparare tutto, non devo / posso improvvisare tutto, non posso e non voglio essere l’unico che contribuisce al mondo e alle situazioni di gioco”.

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Ho letto tutte le vostre risposte e ho trovato delle domande interessanti in molte di queste: purtroppo alcune non le ho proprio comprese. Credo che cercare di definire una qualsiasi proprietá - sia essa la legittimità, o il livello qualitativo, o qualsiasi altra cosa - di un elemento del gioco perda rapidamente di senso in assenza di parametri precisi, del contesto, della dimensione, della portata entro cui si fa una valutazione. Poiché questo è stato designato come spazio in cui portare esperienze e non dibattito, tutto quello che seguirà adesso saranno niente altro che dati di fatto su cosa ha implicato e portato nella giocata.

  • Il pg di @redslion appartiene a una fazione. In una missione per conto di questa fazione, ha luogo quella che definiremmo un’imboscata: le forze avversarie infliggono perdite alla fazione. In questo punto, solo il suo pg è coinvolto in questa fazione.
  • Non molto a posteriori, un altro pg venuto a conoscenza di quegli eventi avanza l’ipotesi dell’esistenza di una talpa.
  • Il pg di @redslion incomincia a covare questo sospetto, cosi sviluppa un piano. In questo piano, ha bisogno di un elemento esterno alla fazione. @redslion perora dunque la sua causa al mio personaggio, chiedendole un favore - lei accetta volentieri: non vede perché no.
  • Ci si mette d’accordo, e si mette in atto il piano. Lo spionaggio telematico rivela la presenza di una situazione anomala, che va a confermare la presenza della talpa, informazione prontamente riferita a @redslion. Fase due del piano: acchiappa la talpa. Combinando le abilitá di entrambi, riusciamo nel nostro intento: festeggiamo questa piccola vittoria.
  • Il mio pg, mostrando di essere degna di fiducia e una decente team player, un po’ per caso e un po’ per motivazioni interne che le facevano giá da tempo anelare qualcosa piú grande di lei, in cui ornare a esprimere una parte di sé per lungo tempo repressa, diventa a sua volta parte della fazione.
  • Seguono numerose ramificazioni, in termini di mondo e di narrazioni più individuali, in cosí tanti modi diversi che mi servirebbe una risposta a parte.

Posso dire con cognizione di causa che tutte le parti coinvolte, in cui includo tutte le persone al tavolo, hanno apprezzato. La GM, con cui ho avuto molto di cui parlare, ha sempre, fin dal primo istante in cui ci siamo potuti scambiare dei riscontri, espresso un deciso apprezzamento verso questo hook, inavvertitamente lanciato e da lei elaborato, valutato, e reimmesso nel gioco. Trovo che non sia un retcon: non vi é mai stata in primo luogo una sequela di eventi canon a noi presentata e postumamente “corretta” per renderla piú “divertente” o “interessante”, neanche in una fase di metagioco. Nessuno e nessuna dei presenti ha ritenuto che vi fosse un calo di agency.

Tornando a questioni poste in modo piú astratto: una considerazione che mi sento di fare è che ho la netta impressione che questo concetto, la continuitá intuitiva, con cognizione di causa, possa essere qualcosa di non inerentemente cattivo, ma che potrebbe portare a dei problemi in alcune casistiche particolari: per esempio, un GM che si senta per motivi vari vincolato (e frustrato da questo vincolo, chiaro) ad accettare tutti gli spunti è bene che capisca di soffrire di questa vulnerabilità, e se decide di approcciarla, dovrebbe capire prima come maneggiarla senza farsi male. In un caso simile, trovo opportuno e decisivo che il resto del tavolo prenda altrettanta coscienza e insista col GM affinché questo/a non continui a forzarsi in direzioni innaturali. E questo per via dell’unica cosa che ritengo universalmente certa: stress, disagio, e insoddisfazioni producono sempre cattivo gioco.

Spero di aver chiarito un po’ le carte in tavola.

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Il problema, secondo me, nasce quando viene cambiata una decisione già presa - indipendentemente dal fatto che sia già entrata o meno in gioco.

Perchè, se cambi qualcosa che è già stato stabilito e attorno al quale sono state fatte delle scelte, allora le scelte non sono davvero scelte e non hanno valore.

Ti porto un esempio di un errore che ho commesso io, anni fa, proprio in questo modo.

I giocatori finiscono in un’imboscata da parte di un gruppo di uomini lucertola.
Nella mia preparazione, avevo segnato questo:

Gli uomini lucertola cacciano in branco all’interno della palude. Se i giocatori li incontrano, vengono attaccati perchè considerati prede. Non parlano una lingua comprensibile.

Quando i giocatori li hanno incontrati, sono stati circondati ho chiesto loro “cosa fate?”.
Nella mia testa, le scelte possibili - data la preparazione - erano svariate (attaccare, distrarli e scappare, mostrare loro un oggetto luccicoso e provare a corromperli, ecc), ma ovviamente ero pronto a farmi sorprendere.

Nota: qui i giocatori avevano una reale scelta. Quando ho preparato l’incontro, non ho pensato a una possibile risoluzione nè a come sarebbe potuto andare. Ho preparato delle minacce e difficoltà (sono a caccia, sono aggressivi, non parlano una lingua comprensibile), ma come affrontarle era totalmente in mano ai giocatori.

Dopo aver discusso brevemente, decidono di mandare avanti il Bardo a parlamentare. Il giocatore del Bardo mi ha detto “… mi rivolgono a quello che sembra essere il capo del gruppo, in maniera onesta”, volendo innescare la mossa di classe Affascinante e Onesto (stavamo giocando a DW) - il giocatore dava proprio per scontato che potesse comunicare con gli uomini lucertola.

Sbagliando, ho modificato al volo la mia preparazione - preparazione che non era ancora entrata in gioco, perchè non avevo ancora detto “ehi, non sanno parlare la vostra lingua” - e ho lasciato che il Bardo innescasse la mossa e parlasse con il capo lucertola.

Ora, il problema è che il mio cambio di preparazione ha reso la loro scelta una non scelta.
Perchè una scelta prevede delle conseguenze - positive o negative - in base alla scelta stessa e alle circostanze.
Le circostanze sono vincoli all’interno dei quali i giocatori compiono le loro scelte: alcuni vincoli sono molto facili da intuire (se mi lancio dal 100 piano di una torre e non conosco l’incantesimo volare, il vincolo della forza di gravità mi porterà a schiantarmi come conseguenza della mia scelta).
Altre volte, invece, i vincoli sono tutti da scoprire: il GM li ha stabiliti, ma finchè i giocatori non li “toccano” non sanno esattamente quali sono i confini della circostanza (cosa c’è dietro la porta? che effetto ha la pozione che sto bevendo? ecc).

Se questi vincoli possono cambiare perchè il GM cambia la sua preparazione… allora i giocatori non stanno davvero compiendo una scelta. Quello che sta succedendo è che il mondo cambia attorno a loro diventano malleabile e non concreto.
E questo, nella mia esperienza, è un problema. Anche se non viene percepito eh: per esempio, all’epoca del mio errore, tutti si sono divertiti e la sessione è stata soddisfacente.
E solo io, come GM, sapevo quello che era successo. Per cui, in quel momento, mi sono detto “beh, dai, è andata bene, ho fatto bene”.

Ma la realtà delle cose è che io ho tolto ai giocatori agentività, rendendo la loro scelta una finta scelta. Ho dato a loro l’illusione della scelta, togliendogli la possibilità di una reale (e, nel caso specifico, di sbagliare approccio dopo aver sottovalutato la minaccia, subirne le conseguenze e affrontarle come preferivano).
Di fatto, anche se in maniera “inconsapevole” ho guidato la giocata, portandola dove volevo io (lo so, sembra che in realtà io l’abbia portata dove volevano loro - ma non è così! Il problema di questo approccio è che mette tutto nelle mani del GM, svilendo il ruolo e la libertà dei giocatori).

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Mi verrebbe da dire che il master se la toglie da solo invece di toglierla ai giocatori.

Le mie esperienze sono simili a quella descritta e l’unico che può starci male è anche l’unico che se ne accorge, in questa specifica situazione di cui stiamo parlando: il master.

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Ciao
Volevo portare una paio di esperienze che ho avuto, sperando siano interessanti.
In una partita a DW i miei giocatori si sono infilati in una grotta molto articolata. Io avevo già deciso che fosse un covo di coboldi, ma i personaggi non lo avevano ancora scoperto. Ad un certo punto sentono avvicinarsi delle creature. Nella mia testa dovevano essere 6 coboldi, nulla di preoccupante, giusto utili per intrattenerli in un combattimento. Poi l’imprevisto. Prima ancora che io dicessi che erano 6 coboldi, uno dei giocatori, un rodomante, innesca Vecchi Nemici… (ok che non è regolamentare, prima doveva almeno vedere chi fosse, lo capisco, ma all’epoca erano le mie prime pertite a DW). Io mi sono detto “per un coboldo? ma sul serio?” ed ecco che improvvisamente l’incontro è diventato di 5 coboldi più un signore dei coboldi. E’ stato comunque divertente, perché i 2 vecchi nemici continuavano a punzecchiarsi, inventando sul momento accadimenti del passato.
Quindi ho cambiato un elemento che avevo solo in testa, prima di inserirlo in gioco, ma a mio avviso senza danneggiare ne i giocatori ne il gioco. Non ho negato una decisione del rodomante, anzi l’ho inserita in quello che stavo per portare in scena.

Un’altra volta invece, i miei attuali giocatori, che erano entrati nella mirabolante fase battle shonen scolastico, erano usciti con tutta la classe per una esercitazione di caccia in una riserva. Lo scopo era dividersi in piccoli gruppi e abbattere dei lupi d’ombra e recuperarne la perla all’interno del loro corpo. Uno dei giocatori, prima di cominciare l’esercitazione, si guarda attentamente intorno e innesca un percepire la realtà, da cui mi chiede a cosa dovrebbe stare attento. Io non avevo la più pallida idea di cosa rispondergli, poi mi sono ricordato che nella classe ci sono 3 bulli (una minaccia già nota), e che i pg si sono inimicati uno degli insegnanti (un’altra minaccia nota). Ecco che improvvisamente il pg nota che l’insegnante sta parlano con i 3 bulli e indica nella loro direzione. In quel momento, improvvisando, ho “scoperto” che i bulli avrebbero seguito i pg di nascosto per rubargli le perle appena possibile.
Anche qui non ho mai contraddetto nulla ma anzi, mantenendo consistenza nella storia, ho introdotto cose nuove.

Per come gioco io, inserire e improvvisare è all’ordine del giorno, perché quando mi siedo al tavolo ne so quanto i giocatori. Mi preoccupo solo di far si che i nuovi elementi non contraddicano quanto raccontato fino a quel momento, e mi diverto davvero un sacco ad improvvisare. Per questo fatico a capire come mai avere elementi indeterminati sia un problema.

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Questo non è esattamente quello di cui stiamo parlando, Mauro.

Nel tuo caso in entrambi i casi c’era un vincolo del sistema—non è stata una decisione presa arbitrariamente per redirigere la storia. Il vincolo crea un redirezionamento dove tutti devono reorientarsi in base a quel vincolo, dunque non è per nulla simile a quello che stiamo descrivendo, perché non agisce necessariamente da “imbuto” per controllare quello che succede. Poi si può parlare del fatto che quella meccanica sia o meno divertente nel contesto in cui è usata, che è completamente un altro argomento.

In più non parliamo di improvvisare o non improvvisare, ma di dove si trovi il punto di demarcazione oltre il quale qualcosa debba rimanere solida nella mente di chi l’ha introdotta, e diventare una certezza, per evitare di privare di significato le scelte fatte dagli altri.

È chiaro come il sole a tutti che ci sono delle condizioni in cui sia una cosa legittima, e condizioni in cui sia una cosa illegittima. Stiamo cercando di capire quali siano.

A mio parere i due post di @Matteo_Sciutteri sono i migliori del thread. Sto scrivendone uno mio più lungo ma coprirò gli stessi argomenti con delle mie esperienze.

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Quando masteravo dnd 3.5 sono sicuro di aver fatto C.I. e usato, consapevolmente o meno, qualunque altra forma di illusione. Forse era una sorta di reazione ai master che sentivo stessero railroadando palesemente.

L’idea che ritenevo brillante era: ho percepito quelle costrizioni da giocatore, provo ad allontanarmene assecondando il tavolo da master. Analizzando a posteriori, e con strumenti cognitivi differenti, mi resi conto di due cose:

  • avevo perso completamente il controllo;
  • avevo ancora troppo saldo il controllo.

In un caso ero io, in qualità di DM, ad aver perso agentivitá e a non sentire significative le mie scelte; nell’altro caso erano i giocatori.

Sono anche sicuro di aver ereditato queste sfumature nei giochi successivi più narrativi finché anche io non mi sono imbattuto in Blades in the Dark.

L’avere a disposizione un manuale che tratteggia un mondo molto preciso, seppur sinteticamente, con una propria agenda chiara e alcuni vincoli espliciti ma che allo stesso tempo ti chiedeva di farti tante domande senza darti tutte le risposte è stata una nuova epifania. Anche il concetto di Fronte mi è diventato molto più familiare.

Allo stesso tempo abbiamo iniziato a familiarizzare meglio con il concetto di anticipazione e di utilizzo delle informazioni a disposizione sul tavolo.
Per essere significativo un antagonista o un evento, i giocatori (non necessariamente i PG) lo dovevano “vedere”, ancora e ancora. Come un Fronte che si muove o un orologio che avanza.

Scoprire che c’è una talpa senza che sia mai stata anticipata da niente (raccogliendo una intuizione detta da un giocatore ma anche qualora fosse derivata dal GM), al di là dei profili di agency, non l’ avrei trovato interessante perché non erano stati creati sufficienti presupposti narrativi per rendere quella scoperta davvero interessante o davvero sorprendente.

Oggi faccio anche io così. Preparo alcuni elementi solidi, alcune milestone (bang) e una miriade di domande. Alcune cose del mondo saranno una scoperta anche per me, altre no. Ciò che mi interessa maggiormente è scoprire chi sono i protagonisti

Nella prima giocata della prima stagione di Blades ho introdotto un potenziale antagonista di cui avevo un’agenda piuttosto precisa ma che non avevo ovviamente dettagliato del tutto.

Nel classico contesto iniziale di BitD, due fazioni in conflitto più una terza che si intromette, ho mostrato anche questa figura sinistra…e l’ho mostrata a intervalli regolari, giocata dopo giocata. Alcune volte in presa diretta ai PG, altre volte solo ai giocatori con “telecamere” dedicate.
Il conflitto tra fazioni è proseguito, un colpo dopo l’altro, e nel frattempo questa figura si è rivelata sempre di più andando a svelare quello che io avevo preparato: un demone con particolari interessi occulti e spesso tangenti a quelli della banda.

Ciò che non avevo mai messo sul tavolo è che il demone era legato ad una quarta fazione (anch’essa in qualche modo coinvolta con le prime tre) che i PG non avevano minimamente toccato e di cui probabilmente ignoravano anche l esistenza. Sarebbe rimasto sullo sfondo o i PG avrebbero approfondito? Non lo sapevo. Ma intanto lo mostravo, lo facevo agire sullo sfondo, sempre più vicino, e questo ha creato un senso di attesa e di curiosità.

Quando il conflitto iniziale stava volgendo al termine (e la stagione anche) ecco l’idea di un giocatore:
“Stai a vedere che il demone è in combutta proprio con la seconda fazione”.
“Si, potrebbe essere…questo demone ci tormenta dalla prima giocata, sarebbe figo così”.
Si poteva calcare quest’onda, ma non l’ho fatto. Non c’erano elementi sufficienti a rendere interessante questo sviluppo o colpo di scena.

Sta di fatto che i giocatori non hanno mai apertamente spinto la loro indagine o interesse sul demone (affogavano nei problemi e temevano enormemente questo demone) che non si è mai rivelato fino all’ultima scena dell’ultima giocata della stagione, a giochi ormai fatti, quando ho introdotto la mia ultima milestone (e kick per la seconda stagione) portando il demone nel loro covo e portando alla scoperta dei collegamenti tra fazioni.

Il finale è stato molto apprezzato e a posteriori devo dire di essere stato soddisfatto anche io…non avevo ancora scoperto tutto di quel demone ma ero stato coerente rispetto agli elementi iniziali che mi ero dato. La cosa curiosa è che pur non essendo mai stato al centro dell’azione e delle attenzioni dei giocatori, quel PNG è sicuramente quello che ricordano meglio e che li ha interessati molto di più nella seconda stagione.

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In un altro thread della Locanda, quello su “Dungeon World e misteri”, avevo già avuto occasione di condividere un paio di mie esperienze di gioco che ritengo siano piuttosto pertinenti per l’argomento di questo nuovo thread. Qui il mio precedente intervento.

Di recente mi è capitata un’ulteriore esperienza rilevante. Era durante il GdR al Buio di luglio e portavo una sessione di Cyber//Punk, hack di Lasers & Feelings di ambientazione cyberpunk. Lasers & Feelings e un po’ tutti i suoi hack su cui ho messo gli occhi seguono lo schema di presentare tre o quattro tabelle con cui generare casualmente uno spunto di situazione iniziale da cui cominciare la sessione. In questo caso, si trattava di sabotare un carico di animali cibernetici nelle disponibilità di una gang rivale. Giocavo totalmente senza preparazione, un po’ per mio gusto personale e abitudine, un po’ perché queste tabelle sono molto efficaci per supportare questo mio stile di gioco. Nella sessione ci sono stati almeno due casi in cui mi è sembrato doveroso prendere decisioni sul mondo di gioco e fissarle nella mia mente.

Una di queste situazioni si è presentata quando un giocatore, sfruttando l’occhio a raggi X del suo personaggio, ha inteso scandagliare il loro “datore di lavoro”, che fino a quel punto avevo descritto come una figura coperta di abbondanti stracci e dalla voce alterata tramite un dispositivo elettronico. Nella mia testa tutta la segretezza era semplice precauzione di qualcuno che sta assoldando gente al limite della legge per compiere un atto quasi sicuramente criminale, non mi ero proprio posto il problema di chi ci fosse sotto quei panni. Ma siccome il gioco si stava spostando sulla sua identità e da eventuali informazioni avrebbero potuto derivare scelte significative (come effettivamente è stato), ho espressamente messo in pausa qualche secondo la sessione per farmi un’idea. Questo prima ancora di risolvere con i dadi l’incertezza, cosa che abbiamo poi fatto, proprio per evitare un corto circuito mentale come “il tiro è fallito miseramente, facciamo che sia qualcuno che li incasina forte”.

Successivamente, i personaggi si sono addentrati nel Macello, quartiere in stato di guerra permanente in cui chi li aveva assoldati ha detto loro che avrebbero trovato il carico. Anche questo è un elemento ottenuto con una tabella e parte della situazione iniziale. Quantomeno, che si chiamasse Macello e chiunque entrasse generalmente non facesse ritorno, lo stato di guerra permanente è stato il mio modo di concretizzare l’idea. Qui, per fare sì che la ricerca degli animali fosse una vera ricerca, ho descritto tre luoghi di interesse che i personaggi conoscessero di fama: le colline da cui partivano i colpi di mortaio contro gli intrusi, un parco cittadino tornato selvatico e diventato bosco, più un terzo che non ricordo di preciso, probabilmente un mercato nero o vecchi uffici trasformati in base operativa di una gang. A questo punto, mentre lasciavo che gli altri giocatori concordassero dove cercare, ho preso tre dadi di colori diversi, ne ho assegnato uno ciascuno ai tre luoghi e li ho tirati per stabilire, con il risultato più alto, dove si trovassero gli animali. Poi la ricerca è stata comunque brevissima, perché è risultato che i cyber-animali fossero nel bosco e quest’ultimo è stato proprio il primo posto in cui sono andati a vedere, ma fa parte del gioco.

Citare le tabelle casuali per generare la situazione iniziale mi ha fatto tornare alla mente un’altra occasione interessante per questo argomento. Giocavo a Heroes of the Sherwood Forest, sempre da game master in un evento locale. Si tratta di un one page game della serie Tricube Tales, che hanno regole diverse rispetto a Lasers & Feelings, ma che seguono lo stesso schema con le tabelle per gli spunti su cui costruire le sessioni. In aggiunta hanno anche uno strumento molto potente per il game master improvvisatore: in fondo al retro del foglio molti giochi della serie hanno una sequenza di immagini stilizzate associate una a una con le possibili combinazioni di due dadi, à la d66. In quella sessione, che aveva a che fare con lo sfratto dei poveri di Nottingham per fare posto ai Templari che stavano per arrivare in città, una giocatrice a un certo punto aveva sollevato la possibilità che portassero con loro un’importante reliquia. Ora, dalle tabelle era emerso che i Templari fossero in arrivo, ma non per quale motivo. In quel momento mi trovavo un po’ tra incudine e martello, perché da una parte ovviamente lo spostamento di truppe doveva avere un motivo, dall’altra sentivo che, per il tipo di gioco che avevamo sul tavolo, non sarebbe stato corretto validare “gratis” un’idea buttata lì dai giocatori. In questo caso, mi sono affidato alla tabellina con le immagini per stabilire il vero motivo del viaggio, che è finito per essere la consegna di importanti documenti che dovevano incastrare qualcuno. È passato qualche mese e non ricordo se l’obiettivo fosse il Principe Giovanni o il Re Riccardo. Anche in questo caso, comunque, appena prima che qualcuno potesse fondare le proprie scelte su certi elementi dell’immaginato, ho fatto sì che fossero determinati e saldi nella mia mente per poterli gestire coerentemente.

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Ritengo che il focus della questione sia precisamente qui, ma secondo me non è l’atto del cambiare la preparazione che rende la cosa “cattivo gioco”.

Lo è quando la preparazione viene resa irrilevante perchè si piega ad assecondare i giocatori e quindi tutto diventa malleabile, ogni bivio è una non scelta, dietro ogni porta c’è l’ogre.

Ed è qui il nocciolo del problema:
introdurre in corso d’opera nella fiction qualcosa non rende automaticamente irrilevante il pregresso.
La fiction potenziale è per definizione modificabile sia in fiction che fuori!

Quindi che i giocatori, dentro o fuori, possano far porre interrogativi al master al punto da fargli riconsiderare la preparazione fa solo parte di quel continuo farsi domande che dovremmo farci quando giochiamo.

Aggiungere/modificare al non detto (ma preparato) qualcosa non fa che accrescere la “nuvola di potenziale” non può essere “cattivo gioco”.

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Non sono d’accordo sulla tua definizione di fiction potenziale. La fiction potenziale, per me, è quella dove tu, come GM, hai lasciato dei vuoti e delle domande alle quali vuoi dare una risposta giocando.

La preparazione non è fiction potenziale: è fiction non ancora scoperta / giocata.

Se l’assassino mascherato a cui i giocatori danno la caccia ha come identità segreta una domanda (“è il figlio del barbiere? O forse è uno straniero pagato per gli omicidi?”) è fiction potenziale.
Se invece tu nella tua preparazione ti sei scritto nero su bianco “assassino mascherato = duca di paperopoli” quella non è fiction potenziale secondo me, ma fiction già stabilita che, semplicemente, i giocatori non hanno ancora scoperto.

Qualche tempo fa ho giocato una campagna a Brindlewood Bay, un gioco di misteri dove come GM non stabilisci chi è il colpevole in anticipo, ma semplicemente l’antefatto e una lista di indizi strani. I giocatori trovano gli indizi e poi fanno le teorie che vogliono in base a essi. Tirano poi un dado per vedere se la teoria è giusta o meno. Come GM quindi non ho modo di stabilire nulla sull’esito del caso - e la cosa mi piace molto perchè mi aiuta a tirare la linea di cui parlavo in un post precedente in maniera molto netta e facile:

  • ho una preparazione che prevede N cose, e queste N cose sono concrete, non le posso toccare dopo averle stabilite una volta che iniziamo a giocare
  • ho un elenco di cose che possono essere trovate o meno (gli indizi) che sono legati alla mia preparazione ma non so come sono legati al caso
  • c’è un colpevole, che si trova tra il cast di PNG che ho messo nella preparazione, ma che saranno i giocatori (e il tiro di dado) a stabilire chi è

Mi piace molto come gioco perchè non mi pone il problema di creare della fiction potenziale (e lo porto come esempio per questo motivo): la fiction potenziale (le cose sulle quali appiccicare dei post-it con delle domande) sono tutte in mano ai giocatori (che teorizzano idee ogni volta che trovano un indizio).
Io, come GM, a differenza degli altri gioco ho solo due cose: preparazione e improvvisazione.

La preparazione, però, è concreta e immutabile, altrimenti il gioco non può funzionare. Per esempio, l’antefatto prevede le relazioni tra i PNG.

Esempio: Maria, figlia della vittima. Odia la madre.

Questa informazione (odia la madre) è la mia preparazione. Che non è fiction potenziale, è una realtà della partita che stiamo per fare, del mondo di gioco immaginario. Anche se i personaggi ancora non lo sanno.

Concludo dicendo che io non ho mai parlato di cattivo gioco, sia chiaro. Ho scritto cosa ritengono funzionale per me, e cosa ho visto essere un errore per me.

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Grazie Matteo, mi rispecchio molto nel contenuto del tuo messaggio ed è stato chiaro nel rendere espliciti concetti spesso confusi tra di loro.

Come hanno trovato, i giocatori, la possibilità di decidere in che direzione la risoluzione dell’incertezza (mistero) potrebbe (c’è di mezzo un tiro casuale) andare, rispetto a lasciarla in mano al master?

Parlo di aspettative e di solidità del mondo immaginato, ai loro occhi.

Soprattutto mi chiedo, vedendo dal risultato del tiro se l’idea prodotta sia giusta o meno, come cambino le sensazioni in gioco, rispetto al caso in cui il tiro è nascosto e lo fa il master, oppure non vi è nessun tiro richiesto.

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Ah, finalmente ho capito di cosa state parlando e del perché il mio precedente intervento fosse fuori fase.
In effetti é da troppo tempo che non gioco (seriamente… In maniera continuativa) a gdr che presentano la figura di un GM/MC o di una backstory.

Se ritorno in dietro di quei 20 anni, ricordo una partita a CoC dove avevo escogitato una stanza segreta. I giocatori, non trovandola, ma sentendo dei sospiri e movimenti, se ne vennero fuori con l’idea che la casa fosse un organismo vivente e fosse la casa stessa a sospirare e muoversi. Nella loro ottica questo spiegava altri fatti successi in precedenza.
I giocatori in CoC non hanno autorità nel descrivere il mondo, eppure stava succedendo. Fu un casino perché la loro trovata era forte, più della mia. La mia idea era molto più semplice, meno ricercata… Dovetti cancellare tutta la mia backstory, cambiare l’avventura.
Fu una cosa legittima? Non lo so…
Avrei potuto rischiare di deludere i giocatori e mantenere la mia idea, avrei dovuto fidarmi della mia idea e rischiare di rimanerne deluso? Io stesso ero attratto dalla nuova idea e probabilmente ho fatto bene ad adattarmi…
Dove stava in quel caso la linea di demarcazione? Credo partisse dall’intersezione di un drawback di qualche regola del gioco, con la mia volontà e capacità di adattarmi a bypassare il cortocircuito imprevisto.

So solo che fu una delle ultime partite che feci come master e dopo non molto smisi di giocare a GdR per un bel po’… e quando ricominciai in quei nuovi GdR non c’era più il master, ne backstory.

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