La mossa inaspettata del giocatore

Per la prima volta ho un esempio di gioco concreto di cui discutere.

Stiamo giocando a D&D (diciamo edizione 3.5 se occorre un riferimento - in realtà era un amalgama homebrew ormai parecchio distante da tale edizione).

I PG hanno preso una prigioniera: una regina dei coboldi, sovrana di un piccolo dungeon che loro hanno appena conquistato. Lei si è arresa e li ha guidati nella sua stanza del tesoro, ha consegnato tutti i suoi averi.

Parte una prevedibile discussione su cosa fare di lei: chi la vorrebbe lasciare andare, chi uccidere, chi interrogare ancora.

A un certo punto un giocatore si spazientisce e dichiara che il suo PG la uccide. Alcuni altri inorridiscono: “Nooo cosa fai??”.

Risolvo la cosa in modo classico: iniziativa; il PG del primo giocatore la vince e uccide la prigioniera inerme; gli altri non riescono a fermarlo in tempo. Tutto regolare da manuale, e se la vedranno tra loro per le conseguenze.


In seguito, però, mi sono trovato spesso a ripensare a quella scena.

Mi ha ricordato la questione dei “bang” di cui ho letto con interesse proprio su questo forum.

Di fatto, ho pensato, in quella situazione quel giocatore non stava forse (potenzialmente) lanciando un bang agli altri giocatori? Non è un peccato che gli altri giocatori non abbiano avuto modo di reagire, se non a cose fatte? Certo, avranno adesso l’opportunità di ruolare le ripercussioni, all’interno del gruppo, di quel fattaccio; ma il fattaccio in sé è avvenuto in modo, direi, unilaterale, il singolo giocatore ha preso il controllo di dove andava la scena. È un bene? È un male? Quelle letture sui “bang” mi hanno portato a pensare che sarebbe stato bello se gli altri giocatori avessero avuto modo di fare anche loro una scelta, magari una scelta con un prezzo, anziché assistere impotenti e agire solo a posteriori.

Ho visto anche questo video di “un Canale di Ruolo” che mi ha fatto riflettere. Sono sempre stato molto scettico sull’applicazione delle tecniche / teorie dell’interpretazione teatrale al GdR, e lo sono ancora, ma in questo caso specifico mi è sembrato interessante. Riassumo per chi non ha voglia di guardaselo tutto: l’approccio proposto è che il giocatore che vuole fare una qualche azione “distruttiva” manifesti, e descriva, l’intenzione del suo PG, ma “si fermi” un attimo prima di portare effettivamente a compimento l’azione e lasci agli altri uno spazio per “rispondere”. Naturalmente, così concepita, è una cosa che ricade interamente sui giocatori, infatti viene presentata come una questione di “galateo del GdR”. Mi chiedevo però se poteva insegnarmi qualcosa come DM, se cioè come DM avrei potuto gestire meglio la cosa “spezzando” l’azione del PG uccisore, in modo da lasciare uno spazio di manovra e decisionale agli altri. Avrebbe richiesto, però, di forzare le regole.

Voi, da giocatori, lo avreste accettato? E da master?


Specifico meglio il perimetro del post in base alle regole:

Qui si parla di:

  • situazioni in cui l’iniziativa individuale di un giocatore crea un imprevisto a cui gli altri debbono reagire;
  • situazioni in cui l’iniziativa individuale di un giocatore genera delle conseguenze impattanti prima che gli altri possano reagire;
  • come il master debba o possa gestire positivamente questi casi;
  • il tutto nello specifico contesto dei GdR “tradizionali”, D&D in primis.

Qui non si parla di:

  • come la cosa si sarebbe svolta in altri giochi con impostazione completamente diversa;
  • se il giocatore in oggetto abbia “fatto bene” o abbia “fatto male” a comportarsi così.

Grazie in anticipo per il contributo!

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Fantastico, ottimo post e posto molto bene! Leggo con attenzione e poi rispondo.

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È un bellissimo post, da cui si potrebbe partire per parlare di cose strane, come IIEE o come spotlight o come bang autogenerato e altre cose fantasciccose.

Ma siccome hai chiesto espressamente di limitare il dialogo a D&D, allora tutto questo è (quasi) impossibile e non riesco a dare un contributo interessante temo.

Mi limito pertanto a proporti di espandere il fpcus del thread, visto che altri sistemi, come i pbta, hanno risolto da tempo lo specifico problema di situazione di fiction che hai descritto in actual play.

Ciao

Davos, non sono d’accordo per niente. Si parla della sua giocata e del suo sistema, in pratica, al tavolo. Basta fare i nazisti sul manuale da cui è partito.

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Io, come Master, avrei fatto un paio di domande per inquadrare bene la scena - soprattutto spazi e distanze.
Diciamo un po’ in stile OSR - che arma usi? come ti muovi? a chi passi vicino? ecc.

Giusto per poter dare elementi al tavolo per stabilire SE c’è la possibilità che qualcuno intervenga prima. In D&D 3 esiste l’attacco di opportunità - quindi avrei applicato qualcosa di simile.

Giocatore 1: io voglio uccidere la prigioniera
DM: dove sei posizionato rispetto a lei? chi altro è attorto a te? come la vuoi uccidere?
Giocatore 1: sono dall’altra parte della stanza, corro verso di lei con la spada.
DM: giocatore 2, il giocatore 1 ti passa accanto: hai un’azione di opportunità. Vuoi fare qualcosa per fermarlo?

Se, invece, l’inquadramento della situazione fosse tipo “sono accanto a lei, non c’è nessuno che può fermarmi”, lo avrei accettato senza ulteriori domande o opportunità da parte degli altri (e probabilmente avrei fatto come hai fatto tu: tiro iniziativa e via).

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Hai fatto benissimo a specificare l’edizione di D&D e il fatto che sia un homebrew ormai distante. È molto importante e ci aiuta a capire meglio di cosa stai parlando.

Ha ragione @Davos a parlare di IIEE (Intento, Iniziazione, Esecuzione, Effetto), a mio parere. Il ragionamento sul bang emergente è interessante ma secondario, perché bisogna capire a livello di sistema (sistema pratico al tavolo, non manuale di gioco) se le aspettative sul funzionamento del sistema di risoluzione fossero le stesse tra tutti.

Ti spiego brevemente cos’è: si tratta di fasi diverse del meccanismo di risoluzione degli esiti. Quando qualcuno dice “ammazzo la regina dei coboldi!” ciò può significare molte cose diverse, in base a come funziona il sistema. L’introduzione del tiro di dado (o in generale del meccanismo di risoluzione) può avvenire tra ciascuno di questi stadi.

  • Intento: Il PG ha intenzione di ammazzare la regina dei coboldi;
  • Iniziazione: L’arma del PG è slanciata verso la regina dei coboldi;
  • Esecuzione: Il PG ha trapassato la regina dei coboldi con la sua arma;
  • Effetto: La regina dei coboldi è morta, il PG l’ha uccisa.

Nel vostro caso, dato che D&D3.5 non lo spiega, e che non credo tu l’abbia stabilito nel tuo homebrew, parliamo semplicemente di una parte del sistema che è una vostra convenzione al tavolo.

Se effettivamente fosse una dichiarazione di Intento, allora ci starebbe anche che il giocatore, sapendo questo, l’ha posto come una specie di “e ora cosa fate?”.

Però potrebbe essere diversamente.

Quello che vorrei capire è: pensi che al tuo tavolo ci fosse un’intesa riguardo a quello che implicano questo tipo di dichiarazioni? Come vengono gestite di solito?

E vorrei far notare che non c’è un giusto e uno sbagliato: il manuale di partenza non lo spiega, quindi sta a voi decidere, e questo chiaramente avrà un effetto sulla vostra attività di gioco.

P.S. C’è anche da considerare il fatto che azioni di questo tipo a volte sono un sintomo di noia: ovvero, il giocatore si sta annoiando e dunque cerca di smuovere la situazione in qualche modo. Quanto tempo siete andati avanti a discutere sul da farsi? Pensi questa sia una possibilità?

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Per farti un esempio di un gioco dove questo è definito un po’ più precisamente (non per dire che dovresti giocarci, ma per farti un esempio di come funziona): in Dungeon World, è chiaro che la maggior parte di queste dichiarazioni sono quasi sempre semplicemente di Intento, fin quando non si conferma l’innesco della mossa, al qual punto si parla di Iniziazione, e in generale di Esecuzione ed Effetto soltanto dopo il tiro. Alcune mosse hanno una distribuzione diversa, ma in generale è così.

Il giocatore infatti ha sempre il diritto di “tornare indietro” se per caso si decide che abbia innescato una mossa che non voleva innescare.

DW in realtà non è nemmeno il gioco più efficace da questo punto di vista … ma volevo farti un esempio simile a quello che avevi presentato.

La confusione su questi aspetti (IIEE tra gli altri) di solito genera il cosiddetto murk – “foggia”, “foschia”, per definire lo stato dove i partecipanti al tavolo non sono ben sincronizzati su quello che sta succedendo, che procedura si stia usando, oppure quale sia il motivo di ciò che stiamo facendo ora. Per questo è considerato molto generalmente da alcuni (io sono d’accordo solo fino a un certo punto) buon game design specificarlo, ma non è assolutamente un giudizio sulla tua esperienza di gioco.

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Questo punto credo sia completamente impraticabile in questa sezione. Non riconosco la differenza tra GdR “tradizionali” e altro a livello puramente di sistema al tavolo, e non c’è una definizione che regga su questo livello[1]. Parliamo di cose che riguardano più cose come cultura di gioco, editori, come sono scritti e si interpretano i manuali, etc… che sono tutte relativamente off-topic per Giochi e giocare.

Con questo non voglio dire che adesso è caccia aperta su questo thread e gli zeloti di turno debbano convertirti a non giocare a D&D. Anzi, riaffermo ancora più fortemente di te che:

Qui si parla della tua esperienza di gioco.


  1. Se provate a citarmi “Parpuzio”, esso sono 5 cose diverse, e nessuna di queste è sistema. (Per chi non sapesse di cosa parlo, non vi perdete nulla) ↩︎

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Ciao, grazie per la precisazione. Certo, il PG era già armato e già accanto alla prigioniera. E gli altri PG erano nelle immediate vicinanze (la stavano interrogando e la stanza era piccola: potevo tranquillamente presumere - e in effetti ho presunto - che fossero adiacenti alla prigioniera a loro volta).


Grazie della spiegazione.

Dunque, anche se tecnicamente è vero che il regolamento non parla esplicitamente di IIEE, credo che si possa affermare con ragionevole certezza che dichiarare un’azione in D&D 3.5 non è dichiarare un’esecuzione (terzo punto) né tantomeno un effetto (quarto punto).
Tutte le regole sono strutturate in modo tale che, quando il giocatore dice che il suo PG vuole fare qualcosa, si intende che vorrebbe fare quella cosa, cerca di fare quella cosa, ma spetta al DM (e alle regole) stabilire se ci riesce (prima E) e quali sono le conseguenze (seconda E).
Si può discutere di quanto la cosa sia chiaramente spiegata (probabilmente poco), ma penso che dal punto di vista pratico sia abbastanza netta.

Non ne abbiamo parlato apertamente (ed è un’ottima idea farlo in futuro) ma sono certo che nessun mio giocatore ha mai pensato di poter dichiarare il successo di un’azione del suo PG, né di poterne dichiarare gli effetti: solo di poter dichiarare il tentativo.

Possiamo invece approfondire la differenza tra i primi due punti, le due I? Avrebbe fatto differenza, ai fini del mio dubbio, se fosse stato un intento o un’iniziazione?
In D&D 3.5 le azioni sono abbastanza “atomiche” (la dichiari - tiri il dado se necessario - il DM dichiara le conseguenze), non è previsto uno stato di “fermo immagine con la spada a mezz’aria” (scusate se brutalizzo in questo modo il concetto, che sicuramente è più raffinato), quindi la differenza tra le due I all’atto pratico non saprei bene come gestirla nella situazione di cui parliamo.

Se con la prima I si intende che il PG sta “pensando” di uccidere la prigioniera (il che è bello da sapere, ma non permette agli altri di reagire) e con la seconda I si intende che il PG sta “agendo” per uccidere la prigioniera (cioè, ha effettivamente chiesto al DM di poter compiere l’azione “attacco/colpisco”), direi che ci trovavamo nella seconda I di sicuro, ma mi rimarrebbe comunque il dubbio originale.

Se con la prima I si intende che il PG è “palesemente deciso” a uccidere la prigioniera, e con la seconda I che compie effettivamente l’azione di attacco/colpo per ucciderla, allora forse siamo più vicini alla prima I. Ma, di nuovo, non è quello che succede in qualunque combattimento (in questo gioco)? Ti trovi di fronte un nemico palesemente deciso a combatterti, tu sei palesemente deciso a combattere lui; tirate l’iniziativa, e chi vince agisce (= passa alla seconda I). O mi sto perdendo qualcosa?


Poi, sul lato, diciamo, sociale: concordo con te @ranocchio che queste situazioni siano generalmente sintomo di noia, o di altri problemi sommersi.
Infatti, innanzitutto ho affrontato la cosa da quel punto di vista, parlando con i giocatori dopo la sessione, cercando di capire perché si fossero comportati così e come evitare in futuro che si creino queste situazioni, o perlomeno che producano frustrazione e risentimenti.
Ne è venuta fuori una bella discussione, a fronte della quale ho escogitato e proposto ai giocatori un primo approccio (che non ha funzionato), e in seguito un secondo e diverso approccio (che per ora sta funzionando, ma solo da 2 sessioni, è presto per dirlo). Se siete interessati a questa parte ne parlo con voi più che volentieri, in futuro, in un altro topic.
Qui sarei interessato essenzialmente al lato tecnico di gestione dell’evento da parte del DM, sul momento, a prescindere dalle problematiche sociali a monte che potrebbero averlo generato (e che di sicuro non bisogna trascurare).


Vorrei aggiornare il post originale allo scopo di aggiungere quest’ultimo distinguo ai “non si parla di”, e di rimuovere la dizione “GdR tradizionali” che, come giustamente dici tu, è imprecisa e può confondere.
Posso?

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No, no, parlane adesso! Sia della discussione che del risultato. È rilevantissimo!

Non penso siano “problematiche sociali”. Sono vere procedure, parte del sistema. Magari non le riconosci come tali. Come un giocatore percepisce le procedure è estremamente rilevante al funzionamento del sistema, non credi?

P.S. Ci sta che la confusione nella maggior parte dei casi – o perlomeno nel tuo – sia tra le prime due I. Ma ti stupiresti di quanti gruppi confondono anche le altre :slight_smile:.

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Ok. Ho il lieve timore che stiamo deviando rispetto al punto della mia richiesta, ma mi fido di te.

L’esito della discussione è stato che effettivamente il giocatore-killer, chiamiamolo A, si annoiava, riteneva che l’interrogatorio stesse andando troppo per le lunghe e pensava che avrebbe “fatto un favore” a tutto il gruppo se ci avesse dato un taglio.
Altri due giocatori, che chiameremo B e C, erano invece decisi a proseguire l’interrogatorio. Tra loro, B era anche seccato dal fatto in sé di uccidere un prigioniero. C, invece, era più seccato per quella che percepiva come una “invasione di campo” nel dialogo che stava impostando; una sottrazione di spotlight, diciamo così.
Gli ultimi due giocatori, D ed E, erano neutrali rispetto alla questione specifica, ma uno di loro, D, ha detto che si stava a sua volta annoiando perché C tendeva a monopolizzare la scena.

Non hanno espresso nessun disagio che mi sembrasse riconducibile a equivoci circa l’aspetto “IIEE” o in generale alla dinamica dell’evento dal lato meccanico.
Nessuno dei cinque ha pensato che io avessi gestito male l’evento dal punto di vista delle regole. Non si sono lamentati del fatto di non aver potuto impedire l’uccisione, dato che A aveva vinto l’iniziativa: accettavano tranquillamente com’era andata.
C’era invece del risentimento (blando, eh, per carità) vicendevole per il fatto di essere arrivati a quello, cioè per quello che ho detto sopra.

Per questo l’ho definita una questione “sociale”.

Come l’ho approcciata, dal lato “sociale”?

Primo approccio, molto in breve. Ho invitato i giocatori:

  • a riflettere sull’obiettivo comune dei loro PG (che avevano scelto insieme all’inizio) e sul fatto che essi volevano lavorare insieme in-game;
  • a tenere presente che, in base a quello che avevamo detto espressamente in sessione 0, volevamo un gioco collaborativo, senza gesti “ostili” tra un PG e l’altro e senza “pestarsi in piedi” tra un giocatore e l’altro. Il giocatore C non era presente in sessione 0, si era aggregato dopo alla campagna, ma prima era stato ragguagliato su ciò che era stato deciso in sessione 0 e lo aveva accettato;
  • a non agire in-game con gesti unilaterali o distruttivi, qualora avessero avuto una divergenza (tra giocatori) sul modo di condurre una scena, ma a fermare invece il gioco e parlarne off-game, eventualmente chiamando una votazione tra i giocatori stessi su come comportarsi, se non si fosse trovato un accordo.

Questo non ha molto funzionato.
Cioè: ha funzionato perfettamente dal lato in-game, perché non ci sono più stati gesti distruttivi unilaterali (“mosse inaspettate” come quella di cui ho parlato all’inizio).
Ma ha funzionato male dal lato che chiamerei “sociale” perché le lunghe discussioni ci sono state comunque, talvolta si sono spostate sul piano off-game ma rallentando e appesantendo comunque il gioco. La noia da parte di A, D e in parte B è peggiorata, sempre per quello che percepivano come l’eccesso di spotlight di C (il fatto che tendesse a parlare troppo e monopolizzare l’attenzione). E questa noia non ha più avuto modo di sfogarsi in-game, il che temo che l’abbia aggravata. Di conseguenza, la quantità di discussioni e di divergenze su come approcciare le scene è perfino aumentata.

Il secondo approccio, introdotto successivamente, sta funzionicchiando ma ha solo 2 sessioni di playtest. Posso astenermi dal discuterlo ancora per un po’?


Quello che per me è rimasto aperto è il nodo, per così dire, “tecnico”.

Mi rendo conto che scene come quella che ho presentato all’inizio sarebbero molto più improbabili se la questione di cui ho discusso in questo commento fosse risolta. E meno male.
Però, da un lato non credo che sia possibile ridurre la probabilità a zero.

Dall’altro, la questione a mio avviso è più generale, cioè: è vero che voglio evitare la “mossa inaspettata” di tipo distruttivo, e per fare ciò sarebbe bene agire alla radice del problema, cioè fare in modo che non si presenti proprio; ma non è detto che una “mossa inaspettata” sia per forza distruttiva. Magari la prossima volta non si parla di uccidere un prigioniero ma di altro, addirittura di qualcosa di fico.

Mi chiedevo: c’è un approccio che potrei usare per risolvere una “mossa inaspettata” (positiva o negativa che sia) in modo tale da coinvolgere gli altri giocatori e PG, anziché tenerli come spettatori?

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Ottimo, fantastico. Devo rifletterci un po’, ma è tutto utilissimo.

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Non mi è chiara la domanda (sto cercando un modo per aiutarti nella faccenda, ma ho bisogno di capire un dettaglio): intendi se c’è un approccio che potresti usare per risolvere una mossa inaspettata senza aggiungere house-rules o senza modificare le regole esistenti, oppure quello è un percorso che vuoi seguire?
Perché cambia un po’ la situazione.

Tu stesso dici:

Che è abbastanza vero (anche se, appunto, ci sono delle meccaniche che cercando i portarti lontano dall’azione atomica - pensa agli attacchi di opportunità, pensa al tempo di casting di un incantesimo) - quindi per suggerirti qualcosa dovrei comunque passare per il “cambiamo questa regola”, aggiornando il sistema (e quindi le procedure al tavolo).

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Ciao, non sono contrario a modificare le regole.

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Domanda da ignorante: chi ha partecipato all’iniziativa? Solo l’attaccante e la prigioniera o anche gli altri? Perché quello forse poteva essere un momento per intervenire, se l’attaccante non agiva per primo.

Poi magari mi sto inventando le regole e in realtà non è così che funziona l’iniziativa, plausibilissimo.

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Rilancio con questo:

Io ADORO in modo sfegatato tutta questa serie di video di Antonio. Se fossi una persona seria, con un’ottima dialettica davanti al mio telefono, e con la dedizione di portare avanti un progetto a lungo termine, sarei esattamente così.

E ovviamente sono totalmente d’accordo con quell’approccio.
Per giocare di ruolo serenamente, e efficacemente, serve un contratto sociale fortissimo. Serve aver fatto una o più “sessione 0”, anche se ci si conosce da parecchio. E quando il tuo personaggio agisce, soprattutto in momenti critici, ci dev’essere un’ottima intesa a livello giocatori, prima di scendere a livello della narrazione.

E intesa significa essere tutti sulla stessa frequenza, in merito a ciò che sta accadendo. Al punto che non c’è alcun problema se, parlando fra giocatori, si arriva a dire “Se tu attaccherai la prigioniera, il mio PG la difenderà, a costo di venire alle mani fra di noi. Ti va bene?” o “Io mi metterò in mezzo, non accetto che nessuno di voi muoia qui. Se accettate di fermarvi prima che sia irreparabile, allora io ci sto.”

Ho anch’io un’esperienza di decenni di gioco, e mi rendo conto che per troppo tempo ho giocato male, e che più campagne sono state rovinate da situazioni simili, solo perché mi mancava tutta quella parte descritta sopra.

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Mi piace molto questa risposta, qui, perché evidenzia qualcosa di molto importante.

Prima di tutto, mentre la discussione su come gestire questo all’interno delle regole di D&D è interessante (per esempio IIEE), non era questo il problema. Sembra che la soluzione utilizzata (“tira l’iniziativa”) sia stata abbastanza efficace, e nessuno sia rimasto insoddisfatto.

Il problema era di tipo sociale: un giocatore era annoiato e voleva danneggiare il gioco per sentirsi meno annoiato. In generale, non è quasi mai bene cercare di risolvere un problema sociale (sul gioco) con azioni all’interno del gioco. Immaginate quanto sarebbe stato meglio se il giocatore avesse semplicemente detto: “Ehi, questo è noioso. Possiamo prendere una decisione e passare alla prossima parte del gioco?”

Tuttavia, questo è il mio punto principale:

Penso che questo illustri un presupposto importante che potrebbe essere d’intralcio. Il presupposto è che la situazione deve essere risolta con adeguate “abilità da GM”.

Tuttavia, il problema qui non ha nulla a che fare con il GM. Sta molto ai giocatori, qui, sforzarsi di rendere il gioco interessante e piacevole.

Immaginiamo per un minuto che il giocatore che voleva uccidere il prigioniero avesse delle buone ragioni per farlo (non perché si annoiava). Come potrebbero loro renderlo interessante?

Se questo giocatore pensa in termini di offrire un “botto”, allora può creare un momento interessante con scelte interessanti per gli altri giocatori.

Per esempio, forse il giocatore vorrebbe dire: “Il mio personaggio è pronto ad uccidere la prigioniera, e la sta fissando con odio! Qualcuno lo fermerà?” Il giocatore sta offrendo agli altri giocatori l’opportunità di affermare ciò che credono, di avere un gioco di ruolo interessante o un eccellente conflitto.

(Noterete che qui l’implicazione delle regole è ben diversa: se i personaggi continuano a non essere d’accordo, sarebbe molto interessante giocare un combattimento tra di loro per decidere il destino della prigioniera. Un semplice tiro di iniziativa non è soddisfacente - fate in modo che sia un vero combattimento).

Tuttavia, forse il giocatore, piuttosto, vuole che gli altri giocatori affrontino le conseguenze dell’omicidio. In questo caso, sarebbe più interessante manovrare in posizione, assicurarsi di poter uccidere il prigioniero senza che nessuno interferisca, e poi dichiarare la propria posizione o il proprio caso. (Forse è: “Siete tutti troppo deboli per prendere decisioni importanti. Ora sono io al comando di questo gruppo. D’ora in poi, farete come dico io. Capito?” Dice, con la spada sguainata e grondante di sangue).

I giocatori, qui, hanno la vera responsabilità di rendere la situazione interessante, drammatica, credibile, e così via. Il GM può sostenere il loro gioco di ruolo con decisioni sulle regole, ma rendere questa scena efficace non verrà semplicemente dalle chiamate alle regole del GM: i giocatori sono quelli che dovrebbero farlo, e troppi giocatori di ruolo se ne dimenticano, a quanto pare. State tutti giocando il gioco insieme; dovreste tutti cercare di renderlo il più buono possibile.

Tradotto con DeepL Translate: The world's most accurate translator (versione gratuita)

Original English

I really like this response, here, because it highlights something quite important.

First of all, while the discussion of how to handle this within the D&D rules is interesting (e.g. IIEE), it wasn’t the problem. It sounds like the solution used (“roll initiative”) was quite effective, and no one was unhappy.

The problem was a social one: that one player was bored, and willing to hurt the game in order to feel less bored. In general, it is almost never good to try to solve a social problem (about the game) by actions within the game. Imagine how much better it would have been if the player simply said, “Hey, this is boring. Can we make a decision and move on to the next part of the game?”

However, this is my main point:

I think this illustrates an important assumption which could be getting in the way. The assumption is that the situation must be solved by proper “GM skills”.

However, the problem here has nothing to do with the GM. It very much up to the players, here, to strive to make the game interesting and enjoyable.

Let’s imagine for a minute that the player who wanted to kill the prisoner had good reasons for doing so (not because they were bored). How could they make it interesting?

If this player thinks in terms of offering a “bang”, then they can create an interesting moment with interesting choices for the other players.

For instance, maybe the player would like to say, “My character is prepared to kill the prisoner, and is staring at her with hatred! Will anyone stop him?” The player is offering the other players an opportunity to state what they believe, have some interesting roleplaying, or an excellent conflict.

(You’ll note that here the rules implication is quite different: if the characters continue to disagree, it would be most interesting to play out a combat between them in order to settle the fate of the prisoner. A simple initiative roll is not satisfying - make it a real fight!)

However, maybe the player, rather, wants the other players to deal with the consequences of the murder. In that case, it would be more interesting to maneuver into position, make sure you can kill the prisoner without anyone interfering, and then state your position or your case. (Perhaps it is, “You are all too weak to make important decisions. I am now in charge of this group. From now on, you will do as I say. Understood?” He says, with sword drawn and dripping with blood.)

The players, here, have a real responsibility to make the situation interesting, dramatic, believable, and so forth. The GM can support their roleplaying with decisions about the rules, but making this scene effective is not going to come simply from the GM’s rule calls: the players are the ones who should be doing so, and too many roleplayers forget about that, it seems. You are all playing the game together; you should all be trying to make it as good as it can be.

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DeepL ha appena trovato la traduzione italiana per “bang”.

I, for one, welcome our new robot overlords.

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Mamma mia che bella risposta. Sono davvero contento di aver letto questo intervento perché mi sembrava di guardare un oggetto piccolissimo e di rischiare di perdermi invece il meteorite gigante.
Grazie.

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Quello che scrive @Paul_T è assolutamente giusto, almeno in via teorica e preliminare, tuttavia ho l’impressione che @Bille_Boo si chiedesse se c’è qualche regola, qualcosa di “tecnico”, qualche procedura che lo aiuta come master a risolvere in modo soddisfacente questa situazione in fiction.

Va benissimo risolvere la cosa sul piano del contratto sociale, va benissimo risolvere la cosa con un diverso approccio e atteggiamento del giocatore “annoiato”, ma se poi non hai regole che rendono chiaro e trasparente al tavolo per tutti quali sono le dichiarazioni, i tiri, gli step e le conseguenze possibili e le Autorità che possono mettere in moto cosa in quella situazione, allora diventa tutto più difficile, tutto più polveroso, tutto più sulle spalle del master.

Il gioco è responsabilità di tutti, va bene.
Tuttavia potrebbe non essere chiaro dove porta questo specifico gioco che stiamo giocando.

Potrebbe non essere nemmeno chiaro per quale motivo e con quale effetto dovrei limitarmi a dire agli altri “guardate che il mio pg schiuma rabbia, sembra proprio che voglia uccidere la prigioniera”, piuttosto che dichiarare che il mio personaggio la uccide e basta.

In pratica tutti i suggerimenti corrono il rischio di sembrare ridursi a: “non annoiatevi se vi annoiate, non finite in conflitto sociale se rischiate di finire in conflitto sociale, cercate di dare agli altri azioni interessanti”.

Per quanto mi riguarda, onestamente, trovo questa riduzione al contratto sociale sempre abbastanza infruttuosa, anche se è sicuramente una considerazione in sè e per sè corretta.

Ma da un punto di vista tecnico se quello che abbiamo di default in queste situazioni è un tiro iniziativa seguito da una serie di tiri per colpire… allora siamo nei guai.

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