Ciao a tutti. Sarò un po’ duro e diretto in questa risposta, ma vorrei che non fosse vista come un modo di sminuire @silvermat o gli altri partecipanti alla discussione, e piuttosto come un tentativo di penetrare i vari strati di incomprensione per arrivare alla verità. In realtà si tratta di un ottimo argomento e sono contento che stiamo tornando su delle discussioni abbastanza corpose e piene di cose da approfondire.
@silvermat poi mi farebbe piacere sapere se questa risposta ti abbia chiarito le idee o meno.
Ciao @silvermat. Faccio un po’ fatica a capire cosa vuoi ottenere o cosa stai cercando di dire. Ma provo a indovinare e risponderti.
Partiamo da una premessa, che i giochi “moderni” (cosa sono? che parola buffa[1]) siano progettati per ridurre la capacità del GM di fare railroad. Mi sembra una descrizione già riduttiva e impiantata in una visione tutt’altro che “moderna” della maniera in cui si realizza l’atto ludico. Ovvero, dato che il gioco lo fa il GM, il problema del gioco “non moderno” è lo strapotere del GM, e quindi riducendolo o limitandolo si risolve il problema.
A mio parere, una visione un po’ delirante. Senza giudicare, ti invito a riflettere su questa implicazione e quello che significa riguardo al tuo modo di affrontare il gioco.
In secondo luogo, checché se ne dica, non esistono giochi alla pratica dove il GM ha tutta l’autorità.
C’è stata in molti circoli un’incomprensione fondamentale del concetto di “autorità”, con la quale non s’intende essere il re al tavolo e decidere tutto, ma è avere il diritto/dovere di portare determinate cose in gioco e renderle reali per gli altri[2].
Perché per far andare avanti il gioco, diciamo la sua linea temporale, servono almeno due persone[3] che si parlano a vicenda e che interagiscono ciascuno con le proprie responsabilità e autorità – che queste siano riconosciute e osservate o meno. Altrimenti è un’esercizio di scrittura creativa o una performance. E rifiuto l’idea che prima dell’arrivo di “certi” giochi fosse tutto così – è misurabilmente falso.
Significato di “railroading”
Vorrei chiarire la questione del cosa sia o non sia “railroading” perché alcuni interventi precedenti al mio hanno confuso davvero le acque. Per quanto riguarda i miei pensieri sul railroading vs “continuità intuitiva” puoi vedere questo post (tutto il post è importante e invito a leggerlo, ma questa parte è più rilevante).
TL;DR non mi importa se con “railroading” si intenda strettamente quello monodirezionale anni '90 o quello del contemporaneo illusionismo improvvisativo (e.g. “continuità intuitiva” o “railroading morbido” descritto sopra). L’effetto pratico è molto simile e l’unica differenza è che il secondo è molto più raffinato del primo.
In base a quello che mi dici, @silvermat, stai cercando di non compiere né il primo né il secondo. Quindi inviterei gli altri partecipanti (@Red_Dragon in particolare) a evitare sofismi sul significato stretto di railroading. In più, il fatto che qualcosa sia previsto dalle regole non vuol dire che sia una buona idea o che risponda ai dubbi di @silvermat.
Agency
Mi importa di discutere della questione dell’agency, ovvero, indipendentemente che si sia GM o giocatore, del fatto che si contribuisca al gioco tramite i compiti e le responsabilità stabilite dal sistema e che una volta contribuito, questo venga incorporato dagli altri partecipanti nei loro contributi successivi. Questo è a mio parere ciò da cui deriva la profonda soddisfazione a lungo termine che riesco ad avere da certe esperienze ludiche.
Con “incorporato” non intendo semplicemente “hai detto qualcosa e prendo ispirazione da quello che hai detto”. Mi riferisco proprio al momento in cui quando qualcuno dice qualcosa quella cosa è vera, punto, e devi gestirtela – questo cambierà la situazione attuale e potenzialmente ti obbligherà a rivalutare il tuo punto di vista su di essa.
Ovvero, che ci parliamo e realmente ci stiamo ascoltando. Togliendo quella persona e mettendone un’altra otterrei un’esperienza completamente diversa, non una variazione della stessa esperienza.
La cosa che voglio sottolineare è che l’agency non è qualcosa che il GM dà ai giocatori. È qualcosa che si genera tramite l’interazione tra tutti. Nel momento in cui il GM non riceve una controrisposta ai suoi contributi sulle faccende su cui ha prerogativa, la sensazione di agency è assente anche per lui[4].
L’agency nel contesto ludico non è una cosa che esiste a priori e che viene limitata da una persona o dalle regole, è qualcosa che non esiste ed è una proiezione del sistema di gioco, che crea un campo di scelta con esiti e conseguenze. Riguardo a questo consiglio di leggere il libro “Games: Agency as Art” di C. Thi Nguyen – non parla nello specifico di giochi di ruolo, ma il discorso che fa è molto rilevante.
E ricordiamoci anche che il railroad o la continuità intuitiva non è qualcosa di solamente imposto dal GM ai giocatori, ma è qualcosa che si crea anche a partire delle aspettative dei giocatori nei confronti del GM e del ruolo che ha al tavolo. È qualcosa che possiamo anche infliggerci a vicenda in un gioco senza GM.
Insomma, i ruoli devono essere chiari, i contributi nel contesto di questi ruoli devono intersecarsi in maniera chiara, significativa e riconosciuta dagli altri, e infine tutti devono aver chiaro il proprio ruolo e tutti devono svolgerlo, senza collaborare o contrattare. Così ottieni agency.
I PbtA e gli storygame
Ti prometto @silvermat che mi sto avvicinando a una risposta. Ora tu hai invocato i PbtA in maniera generica su questo forum, e dunque ricevi la mia classica correzione che i PbtA sono giochi anche molto diversi e l’unica cosa che hanno in comune è una “struttura di design”, ovvero un modo di stendere i manuali e presentare le regole. A livello sistemico non funzionano allo stesso modo. Ti inviterei a chiarire di che gioco parli e in che contesto.
Ci sono delle cose in comune? Sì, dettate più dalla community degli storygame che li circonda che da proprietà intrinseche del “PbtA”. Quello che sto per dire non è vero per Apocalypse World o Monsterhearts, ma tende a essere più vero tanto più vi ci si allontana. La stragrande maggioranza dei PbtA, e alcuni giochi simili della famiglia degli “storygame”, come Not the End, sono già progettati nel contesto di quello che ho chiamato sopra “continuità intuitiva”.
Un modo di “giocare” collaborativo dove ci si strizza l’occhio, si scrive la storia insieme, e si usa il gioco come un generatore di materiale relativo all’ambientazione o al genere scelto. Le storie tendono a essere derivative e saldamente incastonate nelle aspettative del “genere”, e soprattutto non c’è agency di alcun tipo, non nel senso ludico. Si collabora, ma al di fuori dal gioco – ci si strizza l’occhio per indirizzare la storia dove ci pare. Piuttosto che uno strumento musicale, il gioco è un congegno a manovella che produce esattamente quello che ci si aspetta.
Si possono giocare questi giochi solo in quel modo? No, ma è chiaramente quello per cui sono progettati – lo vedi dalla scrittura del manuale, da come ne parlano gli autori, e da come li giocano le persone.
Dato quello che mi hai detto sopra, se mi parli relativamente alla gran maggioranza dei PbtA, importa davvero poco se ti inventi all’ultimo che il cattivo mascherato sia lo zio di un PG – basta che rispetti le regole, sia una “bella storia”, e sticazzi. Riceverai gli applausi. Dubito che ti darà una soddisfazione profonda giocare in questo modo, però – tutte le volte che ho fatto cose del genere, oltre alla momentanea sorpresa e ammirazione dei giocatori mi sono sentito un falso.
Ora, presumo che tu sia d’accordo con me. E presumerò che tu stia giocando ad Apocalypse World o a un gioco simile nella sua modalità più “agentifica”, o perlomeno nel tentativo di realizzare alla pratica un sistema di quel tipo – altrimenti non ti faresti le domande che ti sei fatto.
Colpi di scena, sorpresa e coinvolgimento
Finalmente arrivo al dunque.
Ora, cos’è un colpo di scena? @silvermat anche qui ti invito a chiarire cosa intendi. Ma provo comunque a interpretarti.
Wikipedia dice: “è una svolta improvvisa nello sviluppo della trama, usata per stupire il lettore o per mantenerne vivo l’interesse”. Togliamo la parte del lettore e dell’interesse – se hai questo rapporto con i giocatori, a mio parere non stai proprio giocando – e concentriamoci sulla svolta improvvisa.
Se ti dicessi che nel momento che giochi con piena agency ogni singola azione è una svolta improvvisa? Ogni tiro è un colpo di scena? Che non è necessario ricorrere a trucchetti di questo tipo per avere sorpresa e coinvolgimento?
Voglio coinvolgere @LordPersi e citare la nostra recente giocata (quella dell’assedio) di The Pool – che come ruolo del GM è configurato similmente ad AW – È forse vero che quasi ad ogni frase la situazione cambiava nettamente e siamo rimasti coinvolti per tutta la giocata, anche chi era fuori scena? Siamo rimbalzati continuamente l’uno sull l’altro, tramite le meccaniche del gioco. Anche io, da GM, fui sorpreso dalle vostre scelte. @LordPersi ti invito a contribuire un tuo ricordo di questa giocata, che a mio parere è rilevante a questa discussione.
Ecco, @silvermat, questo tipo di svolte le potete ottenere normalmente anche con AW, se capite come giocarlo. Senza bisogno di trucchetti.
Conclusione: Lo zio mascherato
Nel contesto in come funziona il sistema e le autorità di AW, ti dico: sì, introdurre il personaggio mascherato senza saperne l’identità tu stesso è continuità intuitiva – se porti al tavolo dei personaggi vuoti la cui le cui motivazioni non le sai nemmeno tu, non stai eseguendo il tuo compito come GM, non stai ricoprendo il tuo ruolo. E lo giocherai come uno strumento per influenzare i giocatori o per indirizzare la “bella storia” piuttosto che come un personaggio vero con la propria personalità e obiettivi, che giochi con onestà. Creare personaggi giocabili onestamente è esattamente quello che la creazione dei fronti ti invita a fare.
Se fai un personaggio mascherato, ma tu ne sai l’identità (basta uno scheletro, non serve il curriculum vitae) e lo giochi in maniera onesta, è diverso. Dietro quel personaggio può esserci sempre la potenzialità esplosiva della “rivelazione” della sua identità[5] al giocatore coinvolto. Ma potrebbe anche non accadere – hai messo una bomba lì, magari esplode, magari viene disinnescata. Questo sarebbe un “bang”.
Addendum
C’è un modo invece di giocare un personaggio dall’identità ignota in un gioco di ruolo mantenendo agency? Penso di sì, ma richiederebbe un gioco con ruoli molto diversi di quelli di AW, e non so bene indicare se ne esista uno.
Se davvero ti interessa di sperimentare con le identità dei PG o dei PNG, mi pare che World Wide Wrestling – uno dei pochi PbtA sia buoni che diversi da AW – faccia delle cose interessanti da questo punto di vista, relativo all’identità fluida dei wrestler tra quella sul ring e fuori ring, e ho sentito parlare molto bene di quel gioco. Magari dare un’occhiata a quello può darti qualche idea.
Vorrei precisare che qui non cerco una definizione – semplicemente prendo atto che come è usata questa parola nella pratica ha un significato molto nebuloso. Ci sarebbe da fare una discussione a parte sull’implicazione dell’uso dei termini “giochi moderni” e “giochi tradizionali”, di come questa distinzione implichi una specie di marcia avanti verso il progresso da giochi fatti male a giochi fatti meglio, che a mio parere è una maniera completamente sbagliata di leggere l’andamento del design dei giochi di ruolo.
Non voglio bastonare nessuno. vorrei semplicemente invitare a riflettere prima di usare questi termini e portare nelle discussioni il carico di implicazioni che si portano dietro – anche e soprattutto per chi dice “ma io lo uso in questo modo preciso qui con questa definizione qui”. ↩︎Possiamo distinguere tra vari tipi di autorità in un secondo momento, ma basti sapere che non si tratta semplicemente di “ora è il mio turno di dire quello che voglio”. È una questione più dettagliata che sono lieto di approfondire ma che esula dallo scopo di questa risposta. ↩︎
Lasciatemi tralasciare per un secondo i giochi di ruolo in solitaria. Non stiamo parlando di quelli. ↩︎
Il corollario è che un GM che dice di “dare agency” o “lasciare liberi” i giocatori è il primo segnale è che alla pratica in quella partita di agency non ce ne sia neanche un po’, né per lui né per il resto del gruppo. ↩︎
Considererei nascondere le informazioni in questo modo una tecnica “avanzata” e che è molto facile cadere nella trappola di non presentare adeguatamente le motivazioni di un PNG ai giocatori, appiattendo molto il gioco in funzione di una rivelazione che poi può essere deludente. Però si può fare. ↩︎