Venerdì scorso ho avuto il piacere di fare una sessione di I’m Sorry Did You Say Street Magic, hack di Microscope ad opera di Caro Asercion che probabilmente molti di voi posseggono senza saperlo (era incluso nel Social Justice Bundle di quest’estate).
[Per far fluire meglio il testo tradurrò in italiano i vari termini tecnici del gioco, mettendo tra parentesi l’originale inglese ogni volta che compare una nuova parola.]
Il gioco in breve
Questo gioco GM-less consiste nel creare insieme una città seguendo una struttura analoga a quella di Microscope: una volta stabilita a grandi linee un’estetica per la città si giocano vari round in cui, a turno, ogni giocatore crea o un Quartiere (Neighborhood), o un Punto di Riferimento (Landmark) presente in un quartiere, o un Residente (Resident) collegato a un punto di riferimento, scrivendo ogni nuova aggiunta su un foglietto a parte; a seconda di quale dei tre elementi vengano aggiunti le regole istruiscono di scrivere informazioni diverse (un indirizzo per i punti di riferimento, una reputazione per i quartieri…), ma per tutte e tre le categorie il gioco chiede di limitare le descrizioni a poche immagini sensoriali ed emotive, quasi impressionistiche, che ne rappresentino il Vero Nome [True Name].
Ogni round inoltre inizia con un giocatore che dichiara la Bussola (Compass), un tema che andrà approfondito nelle varie aggiunte che seguiranno (essenzialmente l’equivalente del Focus di Microscope) e termina con un Evento (Event), un avvenimento di invenzione del giocatore che ha deciso la Bussola: a l*i sta poi decidere come esso cambia la città e gli elementi stabiliti in precedenza, mentre gli altri giocatori descrivono come la popolazione reagisce all’Evento.
L’organizzazione della sessione
La sessione si è tenuta in chiamata vocale su un server di Discord anglofono dedicato alle sessioni one-shot di giochi indie, insieme ad altre due persone che non conoscevo (e che in questo post chiamerò A e T). Giocare con perfetti sconosciuti non è una cosa che mi entusiasma particolarmente, ma ho comunque deciso di unirmi a quel server sia per poter provare giochi diversi, sia per fare pratica con l’inglese parlato (e fin’ora tutte le persone con cui ho giocato sono state davvero gentili e comprensive delle mie difficoltà con la lingua).
Come piattaforma abbiamo usato Gingko, un’applicazione pensata per scrivere appunti e copioni in maniera collaborativa; di default ogni documento è strutturato come una serie di schede poste ad albero su tre livelli distinti e quindi si presta relativamente bene a Street Magic/Microscope.
Una nota dolente è che giocare in chiamata rende molto più imbarazzanti i silenzi vari mentre un giocatore è impegnat* a pensare a cosa aggiungere (o almeno, quando stavo io zitta a pensare a cosa scrivere mi sentivo davvero in imbarazzo).
Com’è andata
Seguendo il manuale abbiamo iniziato parlando di safety tools, e in particolare di linee e veli: è uscito fuori che A non vuole includere insetti striscianti, mentre io ho chiesto di mettere discussioni di violenza particolarmente cruenta dietro un velo. Dopodiché abbiamo iniziato a discutere molto a grandi linee che tipo di città volevamo esplorare: ognuna ha scelto un aggettivo (T: Melodica [melodious], A: Inquietante/Misteriosa [eerie], io: Angusta [cramped]), poi abbiamo tirato fuori alcuni punti di riferimento per l’estetica (T ha menzionato l’Organo Marino a Zara, al ché pensando anche a Civita di Bagnoregio ho proposto una città su un altopiano, con i venti forti che creano suoni strani passando tra le vie) e infine abbiamo stabilito che i fantasmi esistono e che il livello di tecnologia è più o meno quello di inizio '900.
La fase successiva è quella del Gettare le Fondamenta [Laying the Foundations], ovvero definire i primi luoghi della città, ed essendo solo in tre optiamo per aggiungere un Quartiere e un Monumento ciascuna, col risultato che la città si ritrova con:
- il quartiere di Ghost Town [T] (il centro della città, popolato da fantasmi e famosa per la vita notturna), contenente la pasticceria 2-to-4 [T], aperta anche nel cuore della notte, e il night club You Can Sleep When You’re Dead [A];
- il quartiere di Cliffside [io] (sull’orlo del precipizio, con rampe di lancio per biplani che sporgono sul vuoto, centro del commercio con il mondo esterno) con dentro The Glass Emporium [io], negozio specializzato nella vendita di gingilli importati;
- il quartiere di Shady Green [A], pieno di orti, giardini e apicoltori ma dato un po’ troppo per scontato da molti cittadini.
Gettate le fondamenta il manuale suggerisce di iniziare a pensare a un nome per la città, ma non avendo nessuna di noi una proposta siamo passate oltre.
A questo punto ha inizio il primo round vero e proprio, con T che dichiara come Bussola il quartiere di Shady Green:
- T aggiunge il punto di riferimento The Bee’s Knees, un palazzone a pianta esagonale dove vengono tenuti tutti gli alveari.
- Io similmente aggiungo il Botanical Garden, un orto botanico urbano contenente anche una riproduzione della facciata rocciosa dell’altopiano.
- A aggiunge quindi un residente del Botanical Garden, Beatrice la giardiniera muscolosa.
Come parte della creazione di un residente interpretiamo una Scenetta [Vignette] per vederla all’opera e capire meglio che tipo di persona è: A imposta la scena di una gita scolastica delle elementari, nel momento in cui finito il tour Beatrice invita i bambini ad esplorare per conto proprio; T descrive un bambino che si mette un sasso in tasca per portarlo a casa, A descrive Beatrice che inizia a fargli la ramanzina, e io tiro fuori una bambina che nel frattempo si è arrampicata sulla finta facciata rocciosa e non riesce più a scendere per la paura; la scena finisce con Beatrice che le spiega dove mettere i piedi e la aiuta a scendere.
Finito il giro T dichiara un evento: iniziano a essere organizzati dei mercati ortofrutticoli che rafforzano i rapporti commerciali tra lo Shady Green e il Cliffside. A afferma che il ronzio delle api e degli altri insetti si sta facendo più silenzioso, mentre io suggerisco che alcuni residenti temano che la cultura della città sia messa a repentaglio dai maggiori rapporti commerciali col mondo esterno; T conclude l’evento stabilendo la complicazione che sì, effettivamente la cultura della città sta cambiando in seguito a questi scambi.
Nel secondo round tocca a me scegliere la Bussola, e dichiaro di voler esplorare la quotidianità dei cittadini:
- aggiungo il quartiere popolare del Warren, angusto e labirintico anche per gli standard della città ma caratterizzato da un forte senso di vicinanza e comunità.
- A aggiunge come punto di riferimento del Warren la People’s School, scuola che seppur poco fornita e mal finanziata riesce comunque a fornire un’educazione dignitosa ai bambini del quartiere grazie a metodi basati sull’apprendimento comunitario.
- T aggiunge come residente della pasticceria 2-to-4 Rosalie, l’anziana proprietaria; come scena narriamo una giornata tipo, le persone che frequentano l’attività e il tipo di conversazione che fanno con lei (non esce molto di casa ormai, quindi si tiene informata su quello che succede chiacchierando con i clienti).
Tornati a me dichiaro l’evento: crolla un’ala della scuola e i residenti del Warren iniziano a manifestare contro l’incuria e il degrado in cui si trova il quartiere. Non ricordo cosa abbia detto A (ops), ma T ha dato voce a un gruppo di abitanti del Warren convinti che il crollo sia dovuto a un sabotaggio da parte dei residenti più facoltosi della città; concludo rivelando che i manifestanti hanno occupato il Botanical Garden in segno di protesta.
A questo punto erano le 11 di sera e T diceva di essere troppo stanca per concludere degnamente la partita, quindi decidemmo di lasciarla in sospeso e fare un’altra sessione settimana prossima.
Devo dire di essere davvero soddisfatta di quello che abbiamo fatto fin’ora, ho un po’ un debole per “la Città” come ambientazione e questo gioco fornisce una buona struttura attorno cui costruire e collaborare. Ho trovato molto calzante lo stratagemma del Vero Nome, sia come modo di velocizzare il gioco ed evitare che i giocatori passino minuti interminabili sulle descrizioni di ogni singolo elemento, sia come strumento evocativo per sottolineare la centralità della città come vera protagonista, quasi come avesse vita propria.