Monomito: la Storia può davvero emergere?

Ok, se trovi lo scritto di Robin D. Laws a cui ti riferisci lo leggo volentierissimo (anche perché il suo videogioco, King of Dragon Pass, è uno dei miei preferiti nonché uno dei riferimenti per il gioco al quale sto lavorando adesso con l’azienda).

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Sarebbe interessante chiedere a Edwards cosa pensa del monomito – ho una mezza idea che lo possa detestare – lo tengo a mente per la prossima volta che ho l’occasione di chiederglielo.

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AH! Finalmente posso scriverlo in pubblico, visto che il thread è sbloccato: io non ho una grandissima stima di Edwards.
Bello eh, bravo eh.
Ok.
Ma andiamo avanti.

Ok, ora che l’ho detto - ritorno in tema sul serio: io non credo si possa scrivere / raccontare / giocare una storia allontanandosi dal monomito. A meno di non voler scrivere / raccontare / giocare qualcosa che “non funziona”.
Il viaggio dell’eroe è l’unico tipo di storia che raccontiamo da quando abbiamo imparato a farlo, evolvendoci da animali a umani.
Ci sono un sacco di espedienti per “nascondere” la struttura, ovviamente. Flashback e Flashforward, piuttosto che archi narrativi incastrati tra di loro.
O storie che iniziano a un certo punto dello schema, invece che dalla prima fase. O storie che si fermano prima dell’ultima fase.
Ma la struttura è per forza quella.

Nello specifico, poi, lo schema di Harmon (che come @ranocchio sa io considero uno dei padri moderni della narrativa), è perfetto per costruire a livello micro delle avventure e a livello macro la campagna (perché una storia per avere complessità e spessore deve avere più strutture una dentro l’altra, ovviamente).

C’è uno schema, in uno dei giochi di Burning Wheels, che rappresenta questo, più o meno. Se lo ritrovo lo posto.
Edit: trovato. E’ tratto da Burning Empires.
Annotation 2020-04-27 023703

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Ciao, perché non ci racconti più concretamente come si è presentato il monomito in una tua campagna? Di un gioco a tua scelta, però che sia una campagna davvero avvenuta. Magari tirando fuori degli elementi salienti che ti sembrano importanti?

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Edit di @ranocchio: aggiungo la chiarifica che il gioco esemplificato è Dungeon World, come chiarito più sotto.

Certo.
Allora, intanto come dicevo più che al monomito esteso (il classico viaggio dell’eroe), io mi appoggio allo story structure di Harmon (che è una schematizzazione più “neutra” e applicabile più facilmente senza stare a studiare il monomito nel dettaglio).

Lo riporto qui per comodità (traducendolo in maniera non letterale)

  1. I personaggi sono nella loro zona di confort
  2. Vogliono qualcosa
  3. Entrano in una situazione “non familiare”
  4. Si adattano
  5. Ottengono quello che vogliono
  6. Pagano un prezzo elevato per esso
  7. Tornano nella loro zona di confort
  8. Sono cambiati

Faccio tre esempi presi dalla campagna precedente: una scena, una sessione, un arco narrativo. Le scrivo come sono avvenute, poi per ognuna spacchetto come ho gestito la cosa da GM per attenermi allo schema.

Scena

[Premessa: è l’applicazione più complicata dello schema, se non si è un minimo pratici]

I giocatori stanno provando a entrare in una prigione nel villaggio degli Orchi del Burrone, per liberare un loro alleato arrestato ingiustamente. Provano a corrompere una guardia (ma non hanno una vera leva per un Parlamentare) che in pieno stile orchesco dice “Voi passare se donna con grandi trecce [la Druida del gruppo] batte me a spacca ossa”.
La Druida accetta la sfida, si trasforma in un orso e spezza un braccio all’Orco.
Il gruppo entra in prigione e parla con il suo alleato prigioniero.
A fine sessione, poi, il Ladro segnerà un nuovo legame con la Druida “l’avevo sottovalutata: è un avversario valoroso, mai farla arrabbiare”.

Cosa ho fatto io come GM

  • Ho presentato una sfida in modo da portare i giocatori fuori dalla loro zona familiare. Ho puntato la Druida perché sapevo che era un personaggio timido e restio all’uso della violenza: in questo modo l’ho spinta fuori dalla sua zona di confort.
  • Hanno ottenuto quello che volevano; potevano ottenerlo anche in altro modo, inventandosi un altro sistema per affrontare l’orco o per entrare nella prigione; in quel caso, avrei presentato una sfida differente (esempio: se avessero desistito pensando a una cosa tipo “ci travestiamo da orchi e riproviamo” avrei messo in una situazione non familiare un altro personaggio, presentando una sfida tipo “nel villaggio però le vostre monete non valgono nulla; come vi procurate i vestiti da orco?”).
  • Cosa hanno perso: a livello di fiction, la Druida adesso ha una scelta che peserà (la prima volta che dirà ai compagni “io sono contro la violenza”, tireranno fuori la sfida con l’orco).
  • Come sono cambiati: la Druida è cambiata, l’atteggiamento del gruppo nei suoi confronti è cambiato e nello specifico il Ladro ha sviluppato un nuovo legame con lei.

NOTA Ovviamente ho improvvisato tutto sul momento. Prima della scena sapevo solo che il loro alleato era in prigione e che il loro obiettivo era entrare. Sul momento quindi ho dovuto cercare una sfida che avrebbe comportato un prezzo e che avrebbe fatto cambiare i personaggi (uno, tutti o le loro relazioni).

Sessione

[Nota: per “sessione” intendo “avventura”, non una sessione da una serata, perché si sa a volte si gioca 1 ora, a volte 4, in base agli impegni]

I personaggi vogliono accedere alla libreria segreta della città. Escono quindi dalla loro zona di confort e vanno a parlare con il capo dei sapienti. Quando arrivano, però, scoprono che la gilda è sotto attacco da parte di un demone: uno degli accoliti ha sbagliato un rituale e adesso c’è una creatura che gira per i corridoi (l’interpretazione era tipo Mirtilla Malcontenta + Banshee… vabbè). Affrontano la crisi, prima fallendo e poi trovano il modo di fermare lo spirito. Uno di loro (lo Spadaccino), però, viene marchiato dal demone (conseguenze: meccaniche → ha -1 on going finché ha il marchio; in fiction → quel marchio lo tirerò fuori quando mi servirà un aggancio per complicazioni, facendo spuntare dei demoni che reclamano la sua carne, in stile Gatsu di Berserk).
Il capo dei sapienti, ovviamente, li ringrazia dando loro la chiave della biblioteca segreta. Scendono, prendono il libro che cercavano, tornano a casa a studiarlo (tornano nella loro zona di confort).

Cosa ho fatto io come GM

  • Ho subito presentato una sfida, spingendoli fuori dalla loro zona di confort di “gitarella in gilda”.
  • Ho alzato l’asticella rendendo lo spirito del demone immune ai danni normali, spingendo così i giocatori a doversi adattare alla situazione, cambiando strategia (hanno dovuto cercare informazioni sul tipo di demone che stavano affrontando)
  • Hanno ottenuto quello che volevano, ma hanno pagato il prezzo
  • Sono cambiati: hanno scoperto che scherzare con i demoni non è una cosa da sottovalutare e, soprattutto, lo Spadaccino ne è uscito davvero cambiato

Arco Narrativo

Dopo la prima sessione, invece di scrivere i fronti della campagna come da regolamento, io di solito scrivo (basandomi su quanto emerso dalla prima sessione) la traccia dell’arco narrativo che i giocatori affronteranno.
Nello specifico, la prima sessione ha portato i giocatori a finire in mezzo a una lite per soldi tra una ciurma di pirati, e fuggire con uno dei membri dell’equipaggio (una Piratessa / Ladra) che si è unita a loro (era un mio NPC, per chiarezza) nella speranza di lasciarsi alle spalle gli ex compagni a cui aveva rubato l’ultimo bottino - una sorta di Long John Silver o, se preferite, una Nami di One Piece.
L’arco narrativo, quindi, mi sembrava interessante impostarlo come un: lei proporrà loro di accompagnarla sulla costa ovest, dove comprerà una nuova nave e partirà per le Terre Dimenticate, ricompensandoli.
(Nota: per essere sicuro che potesse interessare ai giocatori, ho presentato loro esattamente quello che ho appena scritto. Se mi avessero detto che non era una cosa che piaceva, avrei proposto altro anche a costo di togliere di torno l’NPC che si sarebbe congetato a inizio della sessione 2)

Scelto quindi il tema, mi sono scritto un paio di grandi sfide , una manciata di prezzi da pagare e… basta. Per me, la preparazione dei “fronti” (che poi, non è un fronte, quello che ho elencato) finisce qui.
Le grandi sfide e i prezzi da pagare sono spunti da tenere sul tavolo nel caso mi servissero degli agganci al volo (ci sono sere in cui uno è stanco, ha poche risorse ed energie mentali; capita. E’ normale e secondo me un buon gioco di ruolo dovrebbe avere nelle sue regole come impostare delle soluzioni di backup per quei momenti).
Nello specifico, quelle che ricordo erano:

Sfide

  • Attraversare un deserto privi di risorse
  • Uno specchio che vomita copie oscure dei personaggi
  • Un genio malvagio che proporrà un patto, ma mentirà

Prezzi da pagare

  • Perdere i ricordi del passato
  • Il marchio del demone (che poi ho fatto saltare fuori come raccontato prima)
  • Abbandonare il gruppo (inteso proprio come: il personaggio viene ritirato dalla campagna)
  • Un amore spezzato
  • Distruzione del loro oggetto potente
  • La perdita della fede (c’era un Chierico nel gruppo)

Di tutti questi, ho usato solo la prima sfida e solo il marchio del demone. Perché, di sessione in sessione, buttavo via dagli appunti quelli che non sembravano più così tanto interessanti, per come si stavano muovendo i giocatori, e ne scrivevo altri più in linea con gli sviluppi.

Per esempio: quando un personaggio ha svelato alla Piratessa / Ladra che era innamorato di lei, per un istante ho pensato “uh, aspetta: sembra interessante” e per un paio di sessioni lei è sembrata positivamente colpita dalla cosa.
Ma quando uno degli altri personaggi ha suggerito “secondo me fa così con tutti” ho evitato di tirare fuori il prezzo “un amore spezzato” perché non era legato a una sfida. Non sarebbe stato interessante perché non entrava nello schema. E quindi ho chiarito, con una scena, che la Piratessa / Ladra corrispondeva i sentimenti.
Ma, qualche sessione dopo, il prezzo da pagare è stato vederla rapita (e questo ha funzionato bene perché era legato come conseguenza alla sfida che avevano affrontato).

Ok, sono stato super prolisso ma non avrei saputo come altro spiegare la cosa in maniera chiara.

Ad ogni modo, sto pensando di scrivere un capitolo “alternativo” a quello dei fronti, applicando questo approccio del monomito e spiegando passo per passo come usarlo per rendere le sessioni e le campagne davvero interessanti.

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Rispondo il più brevemente possibile, perchè altrimenti finiamo in loop, e credo che tutto sommato le posizioni reciproche si siano capite già nei thread sulla Continuità Intuitiva (che non so come citare…), thread nel quale magari come avevo promesso riporterò la stessa Avventura che giocai in Continuità Intuitiva preparata ora con i Fronti alla Dungeon World giocati come Raccolta di Bang.

Qui si parla di Monomito.

Bene. Il Monomito è una delle possibili ricostruzioni teoriche dello schema, del procedimento e del contenuto di ogni racconto.

E’ una tesi abbastanza vecchia, criticata e sostanzialmente abbandonata in Accademia.

Io stesso mentre mi documentavo riconoscevo tantissime mancanze e punti deboli in tale tesi, semplicemente confrontandone gli assunti con alcune delle Storie che tutti dovremmo conoscere (ad esempio il Trono di Spade o l’Iliade stessa o la Chancon de Roland) o altre comunque famose (ad esempio i Figli di Hurin di Tolkien, in special modo Turin Turambar, ma anche la Storia da cui Turin Turambar è ispirato, cioè il Mito di Kullervo) .

Alcune parti della teoria del Monomito si basano poi su tropoi narrativi davvero comuni ma la tesi li sintetizza poi in modo piuttosto arbitrario e troppo “vuoto” o generico (ad esempio la nozione di “cambiamento”).

Si potrebbe davvero andare avanti molto e scrivere un pamphlet di demolizione del Monomito come tesi (wikipedia peraltro basta), allo stesso modo in cui si può scriverne uno a favore. Roba da professori di letteratura, semeiotica, filologia etc…

Il punto tuttavia…è che non è questo il punto.
Il Monomito c’entra poco con il game design e c’entra poco o nulla con il modo in cui vanno giocati certi giochi di ruolo.

Per la banale ragione che il Monomito è una teoria del Racconto e della sua struttura…ma noi in Apocalypse World o in Dungeon World non ci sediamo per scrivere o raccontare a voce una storia, un racconto nè per sceneggiarlo o per rappresentarlo per un medium (tele)visivo.

Invece ci sediamo per GIOCARE una storia. Non per giocare a raccontare una storia, ma proprio per giocarla.

Il che certamente implica raccontarla, perchè la storia esiste solo in quanto raccontata, ma sono gli strumenti del racconto che cambiano completamente l’orizzonte e le modalità di attuazione (cioè di messa in realtà, di "credibilizzazione di verificazione) del Racconto, perchè cambiano lo scopo, il fine, per cui vuoi che una Storia risulti raccontata.

Detta semplice: il Gioco di Ruolo è un Medium Narrativo diverso dal libro, dal racconto attorno al fuoco, dal cinema etc etc etc., per questo segue regole e strutture narrative proprie, non fungibili con altre.
D’altronde sono sicuro che avrete pensato, sentito e detto questa evidenza banale mille volte anche voi.

Meno banale è riconoscere che i modi del racconto che vanno bene per alcuni medium narrativi possono non solo non andare bene, ma andare proprio male per il gioco di ruolo.

Il Monomito è una di questi modi sbagliati, perchè implica un Narratore.

Il Gioco di Ruolo non tollera un Narratore a meno che non consideriamo Gioco di Ruolo il Railroad (perchè il Railroad non sia gioco di ruolo si capisce intuitivamente da questa obiezione: "beh…cosa cambia da un librogame?)

Quando dico Narratore non sto parlando di Game Master o meno, nè delle funzioni o task raccolte attorno al centro di gravità normalmente definito Game Master. Può esserci anche Narratore Colletivo infatti, ma se applichi il Monomito non cambia nulla, non giocherai una Storia, ma la vedrai solo raccontata.

Sto parlando invece di AUTORIALITA’ DEL CONTENUTO del Racconto da parte di chi è coinvolto nella partita.

Se ciò che esce dal racconto, come contenuto estetico, è sempre la stessa storia perchè deve essere sempre la stessa storia secondo il Monomito, allora significa che gli autori non sono i giocatori (qui si intende anche il Game Master). Il Racconto è imposto, esiste e viene solo proiettato.

I giocatori possono anche ripercorrere “in play”, durante la partita le “tappe schematiche ed i tropoi che ti fanno gridae al Monomito”, ma per aversi Storia Giocata quello che a te, a posteriori, sembra Monomito deve essere emerso come risposta personale a domande loro poste dal sistema di gioco secondo le regole dei conflitti.

E perchè si abbiano veri conflitti in tal senso c’è bisogno di agency e per avere agency c’è bisogno di icone di gioco solide.

Ecco perchè la Continuità Intuitiva ammazza il Gioco di Ruolo. Toglie ogni possibilità di vera storia

Non mi stupisce che piaccia il Monomito a chi piace la Continuità Intuitiva, la seconda è funzionale al primo.

Ma entrambe implicano un Narratore Sovraordinato, che ha già deciso di proiettare il Racconto Solito, generalmente il Master.

Per rispondere ad una possibile domanda conseguente: io credo che il right to dream non esista come Creative Agenda. Ma rispetto alle cose dette sopra farebbe poca differenza, perchè il right to dream avrebbe grosse differenze rispetto al Monomito e certamente non tollererebbe Continuità Intuitiva, ne sta all’opposto.

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Ciao @Davos, per evitare discussioni circolari appunto, perché non facciamo domande concrete a Matteo su questa campagna di cui ci ha parlato? Così evitiamo di incartarci sui concetti astratti.

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Io ci tengo a sottolineare due cose, che non ho chiarito nel mio post precedente:

  • La struttura che ho postato presa da Burning Empires è formata da pezzi piccoli (scene / confitti) che uniti formano le manovre, che unite formano sessioni, che uniti formano fasi. Non ho spiegato perché secondo me si adatta al mio approccio (pratico) del monomito quando mi siedo al tavolo come GM.
    Semplicemente: io alla domanda “cos’è una campagna”, dove DW ti spinge a rispondere “sono i personaggi che vivono avventure e affrontano i pericoli dei fronti”, rispondo “è un’insieme di archi narrativi che hanno una sfida e dei prezzi da pagare”. Poi alla domanda “cos’è un arco narrativo” rispondo con “è un’insieme di sessioni che hanno una sfida e un prezzo da pagare”. E alla domanda “cos’è una sessione” rispondo “è un’insieme di scene che hanno una sfida e un prezzo da pagare”.

  • Lo schema che ho riportato (quello preso in prestito da Dan Harmon) - che io applico istintivamente da sempre e che ho iniziato a codificare solo qualche anno fa - mi sono accorto solo di recente che è quello che applica Harper nel suo Blades in the dark. Uguale uguale.
    E questo risponde anche a parte dei dubbi di @Davos (non mi metto a elencare punto per punto, per evitare - davvero - partire per la tangente sulla teoria e sul “questo è un approccio, il tuo un altro ecc”). Stando davvero sul pratico: quello è uno dei passaggi che in Blades è più confuso (Harper è un designer incredibile, ma non è agilissimo nello spiegare le cose. Non a caso spesso si sente dire “per capire come giocare a Blades, devi vedere gli actual play di Harper” che non è proprio un buon indizio) ma è esattamente la struttura che ho scritto sopra.

  • Campagna → insieme di colpi

  • colpi → hanno un obiettivo, una sfida, dei prezzi da pagare → sono insieme di scene

  • scene → hanno un obiettivo, una sfida, dei prezzi da pagare → sono un insieme di azioni

  • azioni → hanno un obiettivo, una sfida, un prezzo da pagare

Scusate, avrei dovuto scrivere nel post precedente queste due cose ma me le sono perse in mezzo a tutti i miei ragionamenti :smiley:

Il tuo punto di vista è assolutamente interessante.
Io credo che in realtà il tuo modo di approcciarsi sia davvero vicino al concetto di Bang! piuttosto che quello della Continuità intuitiva. La somma si sfida e prezzo da pagare può, secondo me, essere assimilata alla preparazione di un Bang! Ovvero metti di fronte al personaggio scelte difficile da prendere, ovvero sfide personali che avranno sicuramente un prezzo da pagare.

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@Matteo_Sciutteri

A me ricorda una forma più strutturata (ma anche meno supportata da meccaniche formali) delle Chiavi di TSoY/Lady Blackbird. Prendi una issue del personaggio, spingi il giocatore a fare una scelta relativa a quell’issue, e lo fai vivere con le conseguenze.

La tua struttura, fondamentalmente, ci dice soltanto che quello che non è in discussione è se i protagonisti otterranno quello che vogliono, ma soltanto a quale costo (che è un concetto comune in narrativa).

Ma potrei anche sbagliarmi e magari stai dinamicamente railroadando i giocatori :joy:.

Il fatto è questo, se sto giocando a una Storia – ovvero, con delle tematiche non risposte a cui dobbiamo rispondere giocando – ci sono anche naturalmente degli aspetti di tale storia che hanno già una risposta. Il Padrone in My Life with Master muore sempre, d’altronde.

Nel gioco che sto scrivendo (Conspiratorium, un gioco sulle teorie cospiratorie e sulla trascendenza), ho cominciato subito, istintivamente, definendo lo scopo del gioco. Nel caso di voler generare storia emergente, questo si solidifica in due parti: “What we are playing to find out” e “What we are not playing to find out”. Ovvero, su che parti della Storia (domande) si rivolge l’agentività dei protagonisti.

Cito qua l’estratto:

what are we playing to find out: how long you manage to keep at it when the chessboard pieces start moving, and where do you end up when they stop. this means that your character is probably gonna die some gruesome, mindfucky death at the hands of the powers-that-be, either that or transcend into some beyond-human fuckery, but there’s a chance that the fucker might survive into the new world order and remain a fucking human.

what we are not playing to find out: whatever shit’s going down, is going down, there’s no changing that. whatever mindblowing singularity event or demon summoning power trip shit that the powers-that-be have decided to trifle with despite humanity’s best interests, we’re going to bear the consequences full force.

Nel mio gioco, è impossibile impedire la Singolarità. Non è contemplato. In Don’t Rest Your Head, il protagonista a un certo punto soccombe al sonno.

Se ci si concentra su un particolare e si dice “Ma i giocatori quello non l’hanno scelto!”, indicando così mancanza di agentività, a mio parere non ci si concentra sul punto della questione. L’importante è che ci sia almeno un tema affrontato che è emerso durante il gioco e che è stato risolto dall’interazione tra i giocatori (GM incluso), non importa quale e come.

La domanda che voglio fare a @Matteo_Sciutteri è: a quali domande hanno risposto i tuoi giocatori? La risposta a tale domanda era libera? Se non avessero seguito il tuo schema, cosa avresti fatto? Ti è mai capitato che questo succedesse? I tuoi protagonisti possono fallire?

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Mi associo con vero interesse alle domande.

Giusto ieri ho visto questo video che mi pare abbastanza rilevante :slight_smile:
Non badate al titolo… di fatto parla del monomito.

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Intendi a quali domande iniziali hanno risposto, alla creazione della campagna, o a quali domande hanno risposto mentre giocavamo i primi due esempi che ho fatto?

In entrambi i casi:

Certo che era libera. L’ho anche specificato nel primo esempio:

Volevano una cosa → ho presentato una sfida (e quando presento una sfida, ho in testa il prezzo che pagheranno). Se avessero deciso di non affrontarla, ma di cercare altre vie… nessun problema: avrei presentato loro altre sfide. E’ il mio compito come GM: riempire la loro vita di avventura e situazioni interessanti.
Potevano anche rinunciare alla cosa che volevano: dicendo “oh, sai cosa? sticazzi del nostro amico, marcirà in prigione”. A quel punto, come GM, avrei domandato “ok… quindi adesso cosa fate? Dove volete andare? Cosa volete ottenere?” e su quelle risposte avrei presentato una nuova sfida (e un nuovo prezzo).

Non possono “non seguirlo”. Se non lo seguono, il gioco non va avanti perché l’unico modo per non seguirlo è dire “eh boh, non abbiamo altri obiettivi… quindi non facciamo nulla”. Cosa che difficilmente capiterà quando i giocatori hanno un’agenda propria e i personaggi pure.
Ma, se anche dovesse capitare, presenterei io una sfida, imponendola (un po’ come se fosse uno Showdown di Fellowship): “ah, quindi state andando in taverna a ubriacarvi? Bene. Purtroppo quando arrivate la taverna è in fiamme”. Nuova sfida, nuovo prezzo.

Certo.
I personaggi possono fallire, possono anche morire: sono tra i prezzi da pagare, a volte.

Chiarisco: quando io presento una sfida, non impongo il prezzo da pagare. Ne ho uno in testa ma, a seconda di come andranno le cose in gioco, potrebbe cambiare. Anche drasticamente.

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Quello che descrivi io lo chiamerei comunque Storia emergente. Hai tutte le qualifiche:

  • Ci sono domande tematiche
  • Sono determinate durante l’attività di gioco
  • Ricevono risposta tramite l’attività di gioco

Questa struttura di storia mi pare solo un modo di inquadrarle. Insomma, la prontezza di cui parlavamo qualche settimana fa. Non aiuta tantissimo il fatto che Dungeon World non aiuta molto a definire quali siano i temi relativi a un protagonista.

Penso che sarebbe interessante che tu scrivessi il tuo modulo per Dungeon World per rimpiazzare i Fronti. Cito l’altra discussione.

Hai provato a pensare di mescolare il tuo approccio con le Chiavi, lato giocatore? Almeno si assocerebbe una meccanica concreta di ricompensa attorno a questo ciclo di “issue → sfida → prezzo → cambiamento”.

Questa è una cosa che ho sempre considerato di fare, di rimpiazzare Allineamento e Legami con le Chiavi.

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Il mio giudizio personale invece è contrario al tuo @ranocchio.

Anche se, devo dire la verità, ho mitigato un po’ la mia visione del modo in cui Matteo intende giocare.

Credo ci siano elementi davvero vicini alla mia concezione di Storia Emergente, ma che manchino un paio davvero rilevanti.

Ciò che mi sembra invece davvero mancare nel suo modo di voler giocare forse dipende solo da come lui teorizza le cose e le comunica.

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Anche a me sembra un problema di comunicazione.

Quali?

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Infatti come dicevo nell’altro thread, secondo me questo approccio, che sposo con la Continuità Intuitiva, è il sistema per avere una storia emergente.

Ci sto lavorando. Non so bene ancora dove finirà a parare (ieri notte, fino alle sei ho lavorato al rework della mossa “Declamare Conoscenze” XD), ma arriverà qualcosa prima o poi.

In realtà pensavo a farlo “di gruppo”. La direzione verso la quale mi sto muovendo è sì quella di rimuovere i Legami, ma in favore del concetto di “fellowship”, a metà strada tra l’approccio di @Hasimircon Fantasy World (dove assegna un tema al party) e la gilda di Blades.
Un gruppo ha uno scopo principale, ma i singoli hanno i loro scopi secondari. Spesso si generano dinamiche interessanti tra questi contrasti.

In effetti una domanda che faccio sempre alla prima sessione è: cosa vuole il tuo personaggio? Cosa lo ha spinto a uscire dalla zona di confort?
Per dire, nella campagna attuale ho il Ladro che cerca “la mela di legno dell’albero perduto, per completare la cerca del suo maestro” e il Chierico che ha ricevuto una visione della sua Dea e adesso è alla ricerca del Grande Varco.

E’ che io non vedo assolutamente possibile fare Emergere una storia che sia incentrata sui personaggi senza la Continuità Intuitiva.
Voglio dire: se seguo le regole dei Fronti, quello che emerge è la storia del mondo che io ho tracciato a posteriori della prima sessione, nella quale i personaggi avranno un ruolo. Ma la storia che emerge è quella dei Fronti e di come sono stati affrontati.
Sposterei il focus sul “Villain” piuttosto che sugli “Eroi”.

Riesci a dirmi quali? Sono curioso e, soprattutto, interessato a capire dove posso migliorare o sperimentare un approccio differente.

Sì ma secondo me non hai capito cosa vuol dire :slight_smile:. Non significa semplicemente “improvvisare”. Non mi va di correggerti però, non mi sembra utile mettersi a disquisire su termini. Quello che importa è che con degli esempi concreti ci siamo capiti.

L’intero scontro tra te e @Davos è dovuto alla tua orgogliosa dichiarazione che “uso la continuità intuitiva”, e questo è il motivo per cui scoraggio attivamente le persone dal fossilizzarsi sui termini quando si può parlare semplicemente di attività di gioco.

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Non so, dai suoi messaggi sembra che abbia altre critiche al mio approccio (o falle che vede), non so se è solo questione di etichette.
Cmq, inizio a credere che la vera distinzione sia su quale è il focus principale che si vuole dare alla partita / esperienza attorno al tavolo, più che come si approccia alla gestione della trama.
E’ quello che intendo quando dico:

La domanda che secondo me va posta è: cos’è il fulcro della storia? Il mondo? I personaggi? Un NPC? Una fazione?
Alcuni giochi rispondono in maniera esplicita a questa domanda.
Cito nuovamente the Fellowship e Blades, per esempio. Lì il focus è chiarissimo: sono i personaggi e quello che vogliono ottenere.
Nel primo, il GM ha il compito di provare a mettergli i bastoni tra le ruote. Nel secondo il GM ha il compito di gestire le altre fazioni con le quali loro si relazionano.
Ma il focus è chiarissimo.

In DW il focus è vago. Alcune regole spingono da una parte, altre dall’altra (ma questo, come già detto, credo sia un problema palese di molte parti del regolamento, nato da un’idea ibrida e con l’anima spezzata in due).