Ma quanto si guadagna dai giochi indie?

Se riesci a capire come si fa a tirare fuori 10.000 $ da un gioco indie, fammi sapere ché lo faccio subito. :joy:

5 apprezzamenti

A tal proposito parlavo qualche tempo fa con l’autore di Mausritter e mi diceva che lui ha ricavato meno di 1000 euro in totale (lordo).

2 apprezzamenti

Nel 2012, a fine anno, Michael Sands, l’autore de Il mostro della settimana, fece due conti e disse: “Con i soldi ricavati mi sono comprato una Xbox One”. Ogni tanto, se mi sentite dire “E con quello che ci guadagno mi compro una Xbox One”, sappiate che sto citando lui. :joy:

3 apprezzamenti

Beh, non ho i conti di Harper sotto mano ma a occhio, prima di Blades, anche lui non è che navigasse nell’oro, visto che faceva tantissima consulenza / illustrazioni per altri prodotti, come freelancer.

1 apprezzamento

Io col KS di The Name of God ho tirato su 2700€.
Una volta pagata l’artista e le guest designer mi sono avanzati quasi 1000€ … e poi ci sono le vendite su DriveThruRPG che dal 2016 ammontano a 388€.
Su itch.io è stato scaricato 964 volte, ma a gratise perchè parte del Bundle of Justice :stuck_out_tongue:

Quindi ad oggi si tratta di 1388€ netti.

Un mese di paga di un lavoro normale, in cambio di incalcolabili sangue, sudore e passione.
Ma vuoi mettere la soddisfazione del fatto che:

  1. esiste
  2. qualcuno nel mondo ci gioca
  3. qualcuno nel mondo mi ha speso soldi per questa mia creazione

Sono ricco DENTRO u_u

7 apprezzamenti

Quante Xbox One ci stanno dentro? :smiley:

2 apprezzamenti

Dentro di me, almeno un paio, con la panza che ho messo su co sto costante lockdown :stuck_out_tongue:

5 apprezzamenti

L’importante è avere lo spazio

2 apprezzamenti

Beh dai un po’ come quando avevo pubblicato due libri ed ero contento del fatto che ogni 6 mesi potevo pagarmi una cena :smiley:
(In realtà tu hai monetizzato di più ovviamente). Vabbè è un mondo difficile, ma almeno scriviamo cose che ci piacciono.

(Nota di rimando all’altro topic: per questo dico che non ha senso chiedere di avere dei prodotti professionali, e lamentarsi pure :grin:)
Di certo siamo appassionati di un hobby davvero particolare. O forse siamo appassionati particolari di un hobby normale.

Ora dirò una bestemmia. Un prodotto che non arriva a “10.000 qualcosa” non può nemmeno essere considerato un lavoro, una fonte di guadagno: è solo passione che sfocia in piccole soddisfazioni personali. Ma voi°°° siete autori validi?

Se posso fare un paragone: quanti pittori ci sono al mondo? Quanti pittori validi *? E’ come aver fatto un post chiedendo quanto si guadagna coi quadri amatoriali.
Ovvio che ci sono migliaia di pittori squattrinati, che recuperano al massimo il costo della tela e dei colori.

Ma quanti autori indie sono davvero validi? E loro, a forza di sfornare buoni prodotti, che hanno quella scintilla che altri non hanno, quanto possono guadagnare? Questa è la vera domanda, io credo.
Guardando i numeri delle loro pubblicazioni, direi “abbastanza” per considerarlo quanto meno un secondo lavoro, che è anche una passione.

E’ (o era) indie Fred Hicks con suo Fate, oppure Shane Lacy Hensley con il suo Savage Worlds?
E’ sicuramente indie Shawn Tomkin, che ha creato il suo Ironsworn come sua particolare interpretazione del PbtA, e lo ha regalato, compiendo un’ottima mossa, mostrando il suo prodotto, creando una community, dimostrando il suo valore: e ora ha venduto Delve, una bella espansione, che di sicuro ha venduto almeno 2500 copie su Drivethru, e probabilmente altrettante su itch.io, e quindi a fare conti a spannone 10.000 qualcosa (o forse più? magari glielo chiedo…) se li è messi in tasca.
Oppure Tom Parkinson Morgan, che è partito dal nulla col suo “fumettino” online Kill Six Billion Demons, e fra le tante ci ha fatto un GdR (basato su PbtA) e l’ha praticamente regalato. E ora ha creato il GdR Lancer, racimolando l’onesta cifra di 432.029 $.
O il già citato Harper. Se sei bravo, e hai un buon prodotto per le mani, probabilmente alla fine ci guadgni.
Se sei un autorino come tante migliaia, paragonabile ad un cantante abbastanza dotato che si fa una serata ogni tanto in un locale di periferia, in cambio della cena per il gruppo e di qualche 50€, non c’è da stupirsi se il guadagno è davvero basso.

L’ho detta dura? Ho sono stato troppo ovvio? Sbaglio?

NOTA °°°: “voi” è generico, ovviamente, non riferito a voi partecipanti a questa conversazione. :kissing_closed_eyes:
NOTA *: ok, “valido” come pittore è molto opinabile, ma spero capiate dove vado a parare.

2 apprezzamenti

Io credo che non sia solo questione di valido o meno; anzi, ho visto autori e prodotti mediocri avere successo e autori e prodotti molto validi non riuscire a spuntarla.
Perché, nel momento in cui cerchi di monetizzare, allora ci sono delle regole di mercato che entrano in gioco.
Il time to market, per dirne una. La piattaforma che scegli in quel momento. Il come ti muovi a livello di promozione (che però non ha nulla a che fare con l’essere un autore valido o avere un prodotto valido), scegliendo le fiere giuste e i momenti giusti.

Ci sono un sacco di elementi che non hanno nulla a che vedere con il prodotto in sé, che fanno la differenza.
E’ chiaro che se provi ad approcciare alla cosa in maniera professionale devi metterle in conto e saperle gestire.
Quando lavoro come game designer di videogiochi, infatti, almeno il 50% del mio tempo è speso in attività parallele che nulla hanno a che fare con il game design in sé.

Quando scrivo libri o quando scrivo un gioco di ruolo da tavolo, invece, approccio proprio come dicevi tu sopra, da hobbista - ignorando tutti i punti di cui sopra e facendo semplicemente quello che mi piace fare, senza badare alle logiche di mercato.
E, ovviamente, è normale che io non riesca a racimolare 2 lire.


Il vero problema, però, secondo me è l’altra faccia della medaglia: chi prova ad approcciare alla cosa in maniera professionale, tenendo conto delle logiche di mercato, degli strumenti giusti da usare, investendo anche budget importanti (e non solo il proprio tempo), e poi, a causa di un mercato che ha una base utenti piccolissima rispetto a tanti altri mercati (la proporzione giochi di ruolo → videogiochi è 1:troppi di più, per dirne una), e un’offerta comunque molto ampia (basta fare un giro su itch.io per vedere quanti giochi nuovi escono ogni settimana), non riesce comunque a raggiungere la soglia critica per la quale puoi definire un’attività “lavoro”.
[Nota: 10000 qualcosa per un lavoro che ti ha portato via 6 mesi, non è comunque lavoro - è un hobby andato molto bene o un lavoro andato davvero male]

Questo è il vero problema, secondo me: il fatto che poi, per riuscire a farlo davvero a livello di lavoro non basti essere un professionista e magari avere 10-15 anni di esperienza. Ma ti tocchi anche avere un discreto culo e, spesso, manco quello basta.

6 apprezzamenti

Sotto questo aspetto, sono l’unica a cui il successo di D&D dà fastidio? Perché anche senza entrare nel merito del gioco in sé o delle pratiche interne della WotC, il pubblico effettivo che i giochi indie potrebbero avere è in realtà limitato dalla popolarità di D&D, sia per la sua presenza a livello culturale, sia perché impiega un modello di business apposito per invogliare la gente a investire sempre più soldi sui suoi prodotti.

Ciò si ricollega a una conversazione sugli spettacoli AP sul discord di un po’ di tempo fa, perché mentre solo la WotC può cambiare nulla del suo business model, per me una buona parte del pubblico che si è avvicinato a D&D grazie a Critical Role o a The Adventure Zone potrebbe essere convinta a provare altri giochi, e anzi mi dispiacerebbe davvero tanto se il successo di queste serie andasse soltanto a riempire le casse della WotC e a presentare una visione distorta dei gdr da tavolo, dove ruolare significa solo “D&D, ma ogni tanto ci incastri a forza qualche meccanica mal progettata per farci cose che il gioco è assolutamente inadatto a gestire”, quando invece potrebbe aiutare gli sviluppatori indipendenti.

1 apprezzamento

Premettendo che a me D&D piace - come sono un grande fan di Cyb2020, per dire - io credo che il problema non sia tanto il successo di un prodotto che oscura tutti gli altri, ma il fatto che non esistano veri canali di comunicazione e distribuzione fuori dalle nicchie.

Credo sia proprio il contrario: D&D non ha abbastanza successo per rendere il nostro hobby più mainstream e allargare così il mercato e i potenziali acquirenti.
Perché parliamoci chiaro: è un mercato piccolissimo, quello dei giochi di ruolo da tavolo. Possiamo farci tutte le pippe mentali che vogliamo e raccontarcela che “eh ma itch.io, eh ma drivethrought, eh ma kickstarter”… ma la realtà è che siamo pochissimi. E di questi pochissimi la maggioranza gioca a 2-3 giochi con un grosso budget; ma capita ovunque eh? La maggior parte dei videogiocatori gioca ad Assassin’s Creed o Fifa, mica gioca al gioco indie super figo.
La differenza è che per i videogiochi i canali di distribuzione e promozione funzionano meglio e che il mercato è 1000 volte più grande come numeri, community e potenziali acquirenti.

Se D&D avesse più successo, aprirebbe di più il mercato, nascerebbero più canali e più opportunità per tutti.

1 apprezzamento

Tu dici «validi», io leggo «commerciali». Perché questo mercato si regge solo se vendi, e vendi solo se fai quello che sei sicuro piacerà a tanti. Non vendi con 14 Days, ma questo non ha nulla a che vedere col fatto che 14 Days sia un gioco valido o meno. Il fatto che non venda vuol dire solo che è poco commerciale.

Amen. Rimango sempre perplesso quando si pensa che il successo economico sia sinonimo di bontà al 100%. Cioè, è davvero una visione piccolo borghese di come vanno le cose.

Ed è esattamente per quello che dico che non basta avere una bella idea o essere bravi per avere successo. Devi anche avere tanta tanta fortuna.

A me dà fastidio solo nella misura in cui si impone come modello culturale egemone. E sì, per me è già così, purtroppo. Mi dà ancora più fastidio quando diventa veicolo di culture tossiche al tavolo di gioco. Ammetto che non è sempre così, per fortuna.

Sì, concordo. Il problema è che non esiste un vero e proprio mercato. Dungeons & Dragons ci prova, ma mi piacerebbe avere i dati della Wizards of the Coast. Secondo me ci mangiano davvero in pochissimi.

2 apprezzamenti

Beh è la visione capitalistica, e il mercato dell’intrattenimento è, se lo affronti come un lavoro, a tutti gli effetti un mercato commerciale come gli altri: piegato alle regole basate sulle vendite e il successo economico.

Chiaro che il discorso non vale se parliamo di chi invece, come dicevamo prima, approccia la cosa da hobbista.

1 apprezzamento

Sì, e infatti io spesso mi definisco un “ideatore dilettantistico di giochi”, così posso evitare di cominciare a discutere di marketing e cose simili, che alla fine mi interessano poco.

2 apprezzamenti

Non fraintendere: nel mio post non c’erano giudizi. Anzi il tuo approccio mi piace molto (è lo stesso che ho io con la scrittura).

La mia era una precisazione perché la definizione ‘piccolo borghese’ la trovavo poco corretta nel contesto.

2 apprezzamenti

Sì, ti capisco bene. Semmai era il mio «piccolo borghese» ad avere dentro un giudizio. È che spesso mi trovo a confrontarmi con persone che non riescono a smettere per un secondo di pensare al mercato e al guadagno. E penso: “Mamma mia, che ansia!”.

4 apprezzamenti

1 apprezzamento

Ci può stare che il mercato sia ancora piccolo, però si sta pur sempre espandendo e prima o poi si presenterà il problema che ho esposto sopra: siamo sicuri che il successo di D&D allarghi effettivamente il mercato pure per gli indie? Oppure creerà soltanto altri appassionati di D&D?
Tu menzioni i videogiochi, ed è vero che c’è molta gente che gioca solo al gioco mainstream X che piace a loro, però lì è diverso per due motivi molti importanti: il primo è che il fanatico di FIFA è perlomeno consapevole che esistano altri videogiochi e che non siano semplicemente “FIFA ma in ambientazione sci-fi”; il secondo è che i più quando comprano una console hanno il minimo impulso a giocarci più giochi, semplicemente perché una console costa 400€ e un gioco ne costa massimo 70, mentre uno che entra nell’ecosistema D&D spende un botto di soldi in manuali e espansioni varie ed è quindi incentivato a non provare altri giochi, sia perché si aspetta di dover fare un investimento di tempo e denaro simile, sia perché avrà la fallacia del costo irrecuperabile a fargli credere che provare un altro sistema significhi “buttare” i soldi spesi in materiale D&D.

2 apprezzamenti