Heart the city beneath - ovvero: come non scrivere un manuale

La prendo leggermente alla larga, giusto per contestualizzare l’argomento - ma cercherò di essere super conciso.

Di recente mi sono messo a studiare molto approfonditamente come trasmettere informazioni e comunicare nel miglior modo possibile procedure, regole e setting di un gioco. Dico studiare perché - volendo passare dal “ogni tanto scrivo un gioco come hobby” a “voglio iniziare a sviluppare seriamente giochi di ruolo da tavolo e non solo videogiochi come ho sempre fatto di mestiere”, il punto di partenza è stato quello di rimboccarmi le maniche e studiare il meglio possibile come si fa.

Non c’è tantissima letteratura (a differenza dell’industria dei videogiochi dove ad oggi testi davvero ben scritti si trovano), in compenso il mondo dei gdr ha il vantaggio che i prodotti sono facilmente consultabili (compri il pdf e te lo leggi anche mentre sei in viaggio).

Ora, a un certo punto mi sono ricordato dei thread su SPIRE, me li sono andati a rileggere (Qui e Qui) e mi sono detto “beh, se @danieledirubbo dice che non si è pentito a giocare a Spire, forse qualcosa di buono c’è in quel gioco”. L’ho letto, mi è sembrato super confuso e la mia reazione è stata “boh, forse è uno di quei giochi scritti male ma che poi all’atto pratico funzionano bene”. E l’ho proposto ai miei amici… a cui però non è interessato.
Allora ho scoperto il fratello gemello, Heart. Ho comprato il pdf, me lo sono letto, mi è sembrato ancora più scritto a cazzo di Spire.
L’ho proposto ai miei amici e, visto il tema più classicone (andiamo in un mega dungeon a prendere i tesori, yeahhh), è piaciuto e abbiamo iniziato a giocare.

Siamo alla sessione 6 - e solo dopo 6 sessioni inizio a capire come funziona il gioco. Questo perché, come da premessa, è davvero scritto a cazzo.
Ora: il gioco di per sé non è così INCREDIBILE come fanno sembrare i mille mila premi che ha vinto. Però qualcosa di buon c’è: ci sono delle astrazioni che cercando di mescolare un gioco di tipo più narrativo a un dungeon delver classico. C’è una spruzzata di horror e cose strane.
E ci sono i “fallout” che dovrebbero essere le conseguenze critiche che subiscono i personaggi e che hanno fatto venire le erezioni ai giudici degli Ennies l’anno scorso.
In realtà, i fallout sono mediocri e non così interessanti come dovrebbero essere.

Però il gioco ha uno scopo: creare la sensazione di perdersi nella follia man mano che si prosegue verso il centro del mega dungeon. E questo il gioco riesce a farlo abbastanza bene.
Quindi, come gioco giocato al tavolo, per me è un 6, massimo 6 e mezzo. Diciamo che non lo amo, ma se mi dicono “giochiamoci ancora” non mi rannicchio in posizione fetale e mi metto a piangere.
[C’è da dire che con lo stesso tema e una premessa simile Trophy Gold è cento volte meglio, secondo me].

Il problema, però, è che questo gioco è scritto così male che potrebbe essere un ottimo manuale su come non si scrive un gioco. Non parlo delle idee e delle scelte di design - parlo proprio dell’esposizione di tali scelte e di come cerca di (non) rendere chiaro il funzionamento del gioco stesso.

Ecco gli errori più grossi che ho trovato:

  1. Ripete gli stessi concetti in più punti del manuale ma, ogni volta, aggiunge o toglie dettagli. Quindi, per esempio, per sapere come funziona il sistema di risoluzione dei conflitti - a seconda del dettaglio che cerco - devo controllare in due punti diversi.
  2. Mescola setting e regole in continuazione. Parte spiegando una regola, ci ficca dentro un po’ di ambientazione, torna alla regola, ritorno a citare cose di ambientazione, ecc. Questo non fa altro che confondere, soprattutto alle prime letture o quando mentre stai giocando hai bisogno di consultarlo.
  3. Butta lì concetti e cose e poi ti strizza l’occhio e ti dice “ma vedi tu come preferisci fare”, non dandoti davvero delle indicazioni.
    Faccio un esempio pratico:
  • Il loop di gioco è diviso in Delve (quando esploriamo i cunicoli e affrontiamo mostri) e Landmark (quando siamo in “città”, parliamo con gli NPC, vendiamo e compriamo cose, ecc).
  • Come funziona il delve… non è spiegato da nessuna parte. C’è un esempio (su 300 pagine) di un delve, ma non è spiegato come crearne, come gestirli, come dovrebbero essere risolti.
  • Si parla del “tiro di Delve” che sembra essere il tiro su una delle azioni del personaggio (delve, kill, hunt, ecc). Però, durante un Delve tu incontri anche mostri, trappole, ecc. Quindi, dopo mille mila ragionamenti siamo giunti alla conclusione che il Delve è diviso in scene / stanze. Lì “giochi normalmente”, poi quando esci dalla stanza tiri su delve e guardi quanto avanza l’orologio dell’esplorazione (si chiama in un modo diverso, ma il concetto è quello): se è completo, sei arrivato alla meta.
  • Per confondere un po’ le cose, potenzialmente tu Delve lo puoi usare pure quando sei in città (metti caso che vuoi infilarti nelle fogne di una casa…).
  • Non è chiaro quale sia lo scopo del gioco: fare i delve o visitare i landmark? Dove dovrei passare la maggior parte del tempo? Per fare un paragone: in Blades mi è chiaro che il cuore del gioco sono i colpi - il gioco si aspetta che io giochi ai colpi e le altre fasi (fluide, mescolate, ecc) siano di appoggio. Posso giocare a Blades senza fare mai colpi? Certo… ma sto piegando lo scopo del gioco. Ecco, in Heart lo scopo del gioco è… boh?
  • E’ scritto quasi tutto in slang. Questo ovviamente è un difetto soprattutto per chi non è madrelingua ma per lo meno le regole potrebbero essere scritte in un inglese corretto e non con modi di dire, giochi di parole, ecc. Una traduzione potrebbe sistemare il problema - dovrei confrontare la traduzione di Spire. Al netto che tradurre un gioco così è un delirio.
  • Ci sono concetti mai spiegati nel gioco. Si citano cose (come “gli incantesimi”) ma da nessuna parte viene spiegato come funzionano o cosa sono. Per capirlo bisogna… leggere le abilità avanzate di alcune classi e unire i puntini da soli.

Potrei andare avanti ancora un bel po’ a fare esempi e puntare il dito su cose scritte male. Ma lo faccio già alla fine di ogni sessione.

Però, ecco, se volete scrivere un gioco (per hobby o per lavoro) non fatelo in questo modo. E usate Heart come manuale su come non si scrive un manuale.

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Puoi espandere di più su questo aspetto? Cioè, non come secondo te il gioco crea questa sensazione, ma come tu hai vissuto questa sensazione giocando?

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Fantastico. Questo tipo di analisi sono qualcosa che mi aspetterei da ogni recensore di giochi (anche mediocre), e invece solitamente nulla di tutto questo arriva alle mie orecchie.

E la tua non vuole essere una recensione (per quanto alla fine in parte lo diventa).

Mamma quanto è vero. Quanto i manuali hanno bisogno di una razionalizzazione in più, di una figura che si occupi di supervisionare il tutto, e organizzarlo nel modo più fruibile possibile. Varrebbe la pena far avere agli autori anche solo questo tipo di feedback, nella speranza che si sentano un po’ smossi dall’interno, e abbiano il coraggio di smontare il loro libro e rimontarlo meglio… :smiley:

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Ricordo di aver letto Heart in volata tempo fa e di aver avuto la stessa impressione. D’altronde questo “stile di spiegazione” (ossia MALE, alla Barbascura X) io lo trovo tristemente molto diffuso…

Il punto 1 del tuo elenco per esempio è quello che mi fa imprecare tutte le volte che ho davanti un manuale Forged in the Dark. Soprattutto se mi tocca tradurlo e devo scegliere quanto del mio tempo e della mia sanità mentale sacrificare per riorganizzare le informazioni in un flusso sensato e coerente.

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L’ho vissuta con questo mood “ahhh qui i designer sono proprio paraculi”. Perché è una sensazione che il gioco ti dice di fare emergere, ma non ti da vere leve.
O meglio: ti fa un elenco dei Landmark che, più sono in profondità, e più sono “strani”. Ti spiega anche che ogni area del mondo sotterraneo ha dei “domini” che ne stabiliscono la natura. E il mix delle due cose dovrebbe fare emergere questa sensazione.
Ma poi, alla fine della fiera, carica tutto sulle spalle del GM dicendo “tieni, ti do due paragrafi che ti spiegano un po’ di cosa parliamo (tipo il body horror) e poi cerca di cavartela”.

Quindi, quando dico che se la cava abbastanza bene è perché tra gli esempi, le illustrazioni, un po’ di elementi meccanici cerca di dare spunti e riferimenti da usare al GM. Però, ti dico onestamente che se non avessi giocato prima a Ghost Lines e altri giochi horror, sarei stato molto più in difficoltà su questo aspetto.

Consiglio caldamente Wicked Ones come case study. Per dire: i termini di gioco che usa in una spiegazione ma che non sono stati ancora introdotti hanno una sottolineatura diversa da quelli che sono già stati spiegati, così il lettore sa immediatamente se quella meccanica o elemento di gioco non gli è chiaro perché non è ancora stato spiegato oppure perché si è perso qualcosa.

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Oh, sai che non me lo ricordavo? L’ho letto prima di iniziare il percorso di studi, per cui l’ho letto da “giocatore”. Lo riprendo in mano, grazie!

Non ho capito se con questo vuoi dire che consideri wicked ones un esempio di manuale scritto bene oppure di un manuale consapevole di essere disordinato, ma che almeno si arrangia, come se uno correggesse a matita Heart of city beneath.

Lo considero scritto bene: in teoria potresti definire ogni termine prima di utilizzarlo ma non è un buon modo di spiegare un gioco. Wicked Ones parte con una visione molto ad alto livello in cui cita alcune meccaniche, accennandone il ruolo, ma le spiega e approfondisce magari diversi capitoli dopo.

Inoltre ha diversi sistemi che si influenzano a vicenda, sarebbe controproducente fermarsi a metà spiegazione per definire un termine che in quel momento c’entra solo tangenzialmente.

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Capito, concordo. Nel mio unico esperimento concluso di scrittura di un manuale di un gdr quasi metà del tempo è stato impiegato proprio a capire come bilanciare le nozioni nel manuale. E devo dire che alla fine ho usato lo stesso sistema, se ricordo bene: svariati “vedi pagina N.” (successiva).

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